Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Celle Ligure, intervista a Daniela Piazza
La musica per amica, tra arte e letteratura
Ha scritto due romanzi e nel cassetto un ‘ligure’, un thriller storico, un noir


Intervista inedita (che cosa è la felicità) di Gian Luigi Bruzzone a Daniela Piazza che è nata a Savona nel 1962, vive a Celle Ligure. Papà cellese, mamma tedesca, pittrice e figlia di compositore; è lei che ha ‘trasmesso’ l’interesse per le arti. Daniela insegnante di Storia dell’arte, diplomata in pianoforte, scrittrice. Una ‘confessione’ ricca di spunti e notizie, racconta doti, virtù, successi, delusioni, progetti per il futuro di chi a 8 anni si era innamorata di Michelangelo e da grande voleva fare lo scultore. Poi la musica solistica pianistica, canto corale, musica antica d’insieme come compagna di fede. Da ultimo la vena di romanziere e tre ‘progetti’ nel cassetto. Un romanzo ‘ligure’, un nuovo thriller storico e un noir scritto in collaborazione con un altro scrittore.

Qual è stata la tua prima passione?

Daniela Piazza è nata a Savona nel 1962 e vive a Celle: ” Mio padre è cellese, mia madre tedesca; è soprattutto da lei, pittrice e figlia di un compositore, che ho acquisito l’interesse per le arti.”
E’ laureata in Lettere, con specializzazione in Storia dell’arte, e  diplomata in pianoforte. Insegna Storia dell’Arte: “La musica è sempre stata una mia passione; così, oltre a seguire le attività del Laboratorio di musica del mio Liceo, canto in un coro e faccio parte di un gruppo di musica antica.
La mia grande passione è viaggiare, ovunque e in qualunque modo: dal trekking a piedi o in bicicletta dietro casa al volo intercontinentale”.
Ha pubblicato  articoli di storia dell’arte: “Ma ho scoperto solo recentemente, e quasi “per caso”, il piacere della narrazione”.
“Il tempio della luce” è il suo primo romanzo. Il secondo, “L’enigma Michelangelo” nel 2014.

E’ difficile da dire. Le tre passioni che hai citato, arte, musica e letteratura, mi hanno sempre accompagnata. Forse la musica è quella che è arrivata per ultima e in un certo senso è stata indotta, più che spontanea. Ma ho sempre amato l’arte e la letteratura, fin da bambina. Appena imparato a leggere, sono diventata una lettrice vorace, insaziabile. Leggevo anche di nascosto, sotto le coperte, con la pila, a notte fonda. Ma sentivo pure una forte attrazione per l’arte. A 8 anni, dopo un viaggio a Firenze con una zia, mi ero innamorata di Michelangelo, tanto da decidere che da grande avrei fatto lo scultore (quella della scultura è l’unica via artistica che non ho mai tentato, in realtà, ma ho sempre coltivato il disegno). Nella stessa occasione ho provato a scrivere un sonetto in rima, ma non sono andata oltre la prima quartina (che ancora ricordo). Alle medie ho iniziato un racconto d’avventura, anche quello abbandonato. Da allora, avendo poi intrapreso una strada più “scientifica”, rigorosa, non ho più fatto tentativi narrativi per quasi quarant’anni, quando mi sono lanciata nella scrittura di un romanzo.

Che cosa rappresenta la musica per te?

La musica è una compagna fedele, un’amica, che mi è stata accanto per tutta la vita, in ogni momento e nelle forme più svariate (musica solistica pianistica, canto corale, musica antica d’insieme…). Ma ci sono stati periodi in cui abbiamo litigato violentemente, soprattutto durante gli studi di Conservatorio, che purtroppo hanno messo in evidenza in me un talento piuttosto limitato, cui ho parzialmente sopperito con la caparbietà. La musica in un certo senso era la mèta agognata, ma non sono mai riuscita a raggiungerla veramente.

Vuoi parlarci un po’ di tua madre? Quale tua passione artistica ha favorito?

Debbo a mia madre ogni interesse in campo artistico. Lei, tedesca approdata in Liguria per caso e per amore, persona solare e comunicativa, proveniva da una famiglia di creativi. Suo padre era un pianista e compositore affermato, suo zio un editore musicale. Ma lei non aveva grande talento musicale, e forse ne soffriva, tanto da insistere molto affinché io intraprendessi e poi non abbandonassi, anche nei momenti di maggiore scoramento, gli studi di pianoforte. Lei era invece un’ottima pittrice, che ha vissuto, ma purtroppo troppo tardi, prima a causa degli impegni famigliari cui si era dedicata prevalentemente, poi per la morte prematura, il riconoscimento della sua bravura.

Come mai hai scelto di approfondire lo studio sul pittore EsoPeluzzi?

In realtà inizialmente ho approfondito lo studio sul muralismo in generale, perché mi sembrava un campo interessante e troppo poco studiato; l’incontro con questo aspetto della pittura di Peluzzi è arrivato di conseguenza e mi ha molto coinvolto anche grazie all’amicizia stretta anni fa con Nietta, sua moglie, una persona carissima, molto cordiale e accogliente.

E la tua “conversione” al romanzo?

E’ avvenuta in modo quasi casuale, perché prima mi sentivo in qualche modo in dovere di scrivere “cose serie”, saggi, tesi, ecc.

Elaborando invece insieme a una mia classe un racconto storico legato allo studio della storia dell’arte romanica ligure a scuola (un testo multimediale), mi sono resa conto che le idee mi scaturivano con grande facilità e che oltretutto mi divertivo moltissimo. Ho deciso di provare a sviluppare quell’idea in un vero romanzo… ed è andata bene.

Ci vuoi presentare il tuo primo romanzo, che ha avuto tanto successo?

Il mio primo romanzo, “Il tempio della luce”, edito nel 2012, in realtà è il secondo scritto perché, avendo terminato quello di ambientazione ligure e avendolo inviato alla casa editrice Rizzoli, ne ho ricavato grandi lodi ma un sostanziale rifiuto, perché la trama era stata giudicata poco attraente per un pubblico non regionale. Ma mi era stato suggerito un nuovo possibile spunto, la creazione di una sorta di “leggenda” della costruzione del Duomo di Milano, tema che mi aveva appassionato immediatamente, dato il mio interesse per l’architettura gotica.

Ho portato avanti le ricerche relative e la scrittura nel corso di diversi anni, sempre accompagnata dai consigli e dalla fiducia della redazione diretta da Michele Rossi, responsabile Rizzoli della narrativa italiana, e la scommessa si è rivelata vincente.

Il libro racconta la storia di Niccolò, un trovatello che in realtà è un (inesistente nella realtà) figlio illegittimo dell’ultimo duca della famiglia Visconti, Filippo Maria, morto nel 1457. Il neonato viene in segreto affidato alle cure di alcuni canonici del Duomo, che portano avanti oscure ricerche alchemiche, e cresce nel cantiere della cattedrale, aspirando a divenire lui stesso architetto e scultore. Ma quando si scoprirà la sua vera identità dovrà fare delle scelte molto difficili e dolorose…Accanto al protagonista Niccolò si trovano altre figure importanti, come la sua amata Angelica, di estrazione borghese, e i popolani Maria e Lorenzo, cui sarà unito da una profonda ma travagliata amicizia.

E il secondo?

L’enigma Michelangelo” è ambientato più o meno nella stessa epoca e riprende, velatamente, alcuni temi e personaggi del primo libro. Ma la trama principale si snoda intorno a una statua giovanile probabilmente perduta di Michelangelo. Quest’opera ebbe una storia molto interessante sebbene sfortunata. Fu dapprima protagonista di una vera e propria truffa, essendo stata venduta al cardinale Raffaele Riario come opera classica, forse (o forse no) ad insaputa dello stesso Michelangelo; in seguito passò nelle mani di alcuni dei personaggi più interessanti del nostro Rinascimento, quali Cesare Borgia, Guidobaldo da Montefeltro, Isabella d’Este. Percorrendo le vicende in parte vere, in parte di fantasia della statua, che molti signori desiderano ardentemente per motivi diversi, apro uno scorcio “dall’interno” sull’Italia della straordinaria stagione rinascimentale e sui suoi protagonisti.

Quali progetti accarezzi?

Gli ultimi due anni della mia vita sono stati molto difficili, per gravi lutti famigliari. Ma la scrittura ormai mi ha catturata e appena recuperata un po’ di serenità mi rimetterò al lavoro. In realtà ho già nel cassetto, oltre al romanzo “ligure”, anche un nuovo thriller storico e un noir scritto in collaborazione con un altro scrittore. Ora voglio cambiare un po’ genere, e scrivere una sorta di “diario di guerra” basato sui racconti di una persona a me cara, che ha vissuto in prima persona esperienze ad un tempo dolorose e avvincenti, che raccontano una vicenda storica e umana che non deve essere dimenticata.

Che cos’è la felicità?

Un miraggio irraggiungibile, forse, o comunque uno stato d’animo destinato a non durare. Ma ci sono situazioni che vi si avvicinano molto e che cerco di moltiplicare nella mia vita. Se devo definirlo, per me lo stato d’animo più felice è quello dell’armonia. Io amo molto la natura, ad esempio, e mi sento bene in armonia con il mondo quando ne sono circondata. Mi sento molto vicina alla felicità quando sono serena, in pace con me stessa (il che non capita molto spesso, ma ora più spesso che in passato), in pace con le persone a cui voglio bene, che per fortuna sono molte e mi ricambiano e anche, perché no, quando mi sento riconosciuta nei miei sforzi. La scrittura mi ha regalato momenti di felicità irripetibili, in questo senso. Ma anche se disincantata, non sono affatto pessimista, anzi il contrario, e perciò spero e credo che si ripeteranno.

Gian Luigi Bruzzone

 



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