Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Alpi Marittime, tesi di laurea dell’ingegnere
In 100 anni popolazione diminuita del 94 %
Il futuro del territorio: ridotto solo a bosco?


Corso di laurea magistrale interateneo: Università degli studi di Genova Università degli studi di Torino Politecnico di Torino Università degli studi di Milano Relatore: Amedeo Reyneri di Lagnasco Correlatore: Enrico Corrado Borgogno Mondino Laureando: Marco Servalli

Nonostante abiti in una cittadina costiera, da sempre la mia attenzione è rivolta alla montagna, complici i miei genitori e la meraviglia provata ad ogni sguardo ogni volta che
si percorre una nuova valle o si raggiunge una nuova vetta. Da sempre tutto ciò che si pone oltre una certa quota cattura la mia attenzione più di qualsiasi altro luogo, che si tratti di alte cime sulle quali si può spaziare con lo sguardo dalla Corsica al gruppo del Monte Rosa, incrociando la sagoma dell’Elba e dell’isola Caprara, l’urbanizzato
di Cuneo e Torino, i verdi boschi attraversati da fiumi e torrenti, o le scoscese pareti che da alpinista ho imparato a guardare con un’attenzione quantomeno particolare alla ricerca di un passaggio per poterle salire.
Negli ultimi anni accademici però il modo con cui rivolgo l’attenzione a questi paesaggi è cambiata, si è evoluta imparando a leggere i dettagli più piccoli, ma soprattutto è cambiato nel cercare di non cogliere i singoli elementi, ma analizzarli assieme al contesto e alle cause che lo hanno portato davanti ai miei occhi. Il concatenare tutti gli eventi e saper leggere assieme tutti gli elementi di un paesaggio montano suscitano in me in un primo momento un sentimento di gioia, come un matematico che ottiene il risultato giusto di un’equazione; successivamente la gioia fa pian piano posto allo stupore, alla meraviglia di come tutto è fortemente legato a tutto, di come non esiste un elemento senza che ci siano delle precise condizioni dettate da altri elementi.
Purtroppo però, ho anche capito che il paesaggio non è un’equazione matematica nella quale si conoscono tutte le variabili: esiste il paesaggio. E per sua natura il paesaggio è mutevole e non sarà mai immobile e uguale negli anni, soggetto a modificazioni di varia natura e di varia intensità, che siano cambiamenti positivi o danni tremendi che sconvolgono valli intere e pesano sulle popolazioni.
Ed è proprio per questi motivi, che alla fine del mio percorso universitario l’attenzione si rivolge ancora una volta a quelle valli, ai suoi segni e ai suoi abitanti che tanto mi hanno dato. Ora privilegiato di poter esprimere le conoscenze che mi ha trasmesso, assieme a quelle apprese nella mia formazione scolastica e universitaria, vorrei in qualche modo sdebitarmi cercando di comprendere quali siano le cause dell’evoluzione di questi paesaggi; e dato che oggi sappiamo come sono fatti questi territori, e grazie alle testimonianze e ai documenti possiamo sapere come erano un tempo, la domanda a cui parzialmente cercherò di rispondere è come saranno in futuro questi luoghi? cosicché, oltre a provare a dare la risposta ad una semplice curiosità, si possano mettere in atto progetti che possano, se sarà il caso, far fronte a questi cambiamenti cercando di migliorare o preservare tutti i paesaggi montani, il cui pregio e la cui bellezza vanno ben al di là di quello che si potrebbe mai scrivere.

OBIETTIVO DELLA TESI

L’evoluzione delle aree montane appare dunque costellata di variabili che agiscono differentemente e in proporzioni diverse nello spazio e nel tempo. “A seconda dell’ampiezza e frequenza delle trasformazioni, il paesaggio può mostrare variazioni periodiche, tendenze evolutive e variazioni casuali”.  Lo scopo di questa tesi è dunque
capire quale è stata l’evoluzione del paesaggio montano nelle Alpi Marittime. Attraverso un confronto tra due epoche (la metà del ‘900 e i giorni nostri) ragionando su 3 casi studio, e in base a ciò proporre un modello per la previsione del paesaggio futuro dell’area montana del Piemonte meridionale.
Per far questo, occorre comprendere i meccanismi che insistono sui territori al fine di poter rispondere preventivamente a certi bisogni e a certi rischi, attraverso la predisposizione di strumenti idonei e una progettazione consapevole.
“I territori montani sono di fondamentale importanza per la vita dell’uomo in molti modi, e sono stati definiti la sottovalutata spina dorsale ecologica dell’Europa”.

METODOLOGIA DI LAVORO

La prima considerazione è da fare sulla scala di lavoro che si è tenuta nell’elaborazione di questa tesi, la quale fortemente condiziona gli elementi analizzati e i processi attuati.
Si tratta di una scala grande (riferendosi ai parametri ecologici) non più piccola di 1:25000, in cui sono stati analizzati i cambiamenti apprezzabili relativamente a questa grandezza. Inoltre la tesi verte su aspetti del territorio più “naturali”, di fatto dando un’importanza minore ai centri urbani e agli aspetti legati ad essi, che sono stati trattati a patch in conformità agli altri elementi del paesaggio (bosco, praterie…), senza approfondire gli aspetti architettonici e urbanistici legati all’edificato.
Indispensabile per lo sviluppo della tesi e la creazione di un modello di previsione del paesaggio futuro è stata l’analisi territorio attraverso l’analisi delle 3 aree di studio. Per più di due mesi sono stati effettuati diversi sopralluoghi, in differenti stagioni e con differenti situazioni metereologiche, poiché la visione e lo studio diretto del territorio, nonostante i potenti mezzi che la tecnologia odierna ci offre, rimangono in questo caso i migliori strumenti per conoscere, analizzare e studiare le diverse aree. Durante queste giornate la comunicazione con i locali si è dimostrata essere fondamentale per la conoscenza di particolari aspetti delle diverse aree che sarebbero altrimenti rimasti
nascosti e ignorati.
Congiuntamente ai sopralluoghi è stata operata un’analisi tramite strumenti GIS dei caratteri naturali ed antropici. Questi hanno evidenziato diversi aspetti del territorio che sono stati la base dei processi e delle elaborazioni che hanno portato alla creazione della Matrice di previsione del paesaggio futuro e a un Indice di marginalità ambientale. Da sottolineare i dati più rilevanti e “particolari” utilizzati, ovvero le ortofoto ricavate dai voli 2009/2011 della Regione Piemonte, le quali hanno evidenziato la situazione appena passata, e le riprese aeree del volo GAI del 1954, fotogrammetrie in bianco e nero (con la risoluzione dell’epoca) che sono state convertite tramite processi otogrammetrici in ortofoto sovrapponibili a quelle attuali.
L’interpretazione di queste e l’analisi delle differenze tra le epoche hanno costituito la parte più rilevante e importante di questa tesi, dalle quali sono nati i ragionamenti e le elaborazioni. Il risultato finale, ottenuto tramite la classificazione e l’incrocio di aspetti geomorfologici con l’evoluzione dell’uso del suolo, è dunque una proposta di un Modello per l’interpretazione dell’evoluzione del paesaggio e per la previsione del paesaggio futuro, che può essere valido nelle Alpi Marittime.

INQUADRAMENTO AREE DI STUDIO

Le aree di studio sono state scelte per le loro peculiarità e le diversità che ci sono tra esse, esemplificative per l’area meridionale del Piemonte (Alpi Marittime). Si collocano nella provincia di Cuneo e sebbene si trattino tutte di aree alpine esistono grandi differenze tra questi tre ambiti sia per caratteri naturali, sia per i segni che ha lasciato l’uomo nel passare del tempo.
Le aree in esame sono il vallone di Nivorina, detto anche vallone di Upega situato nel comune di Briga Alta (con aree marginali nei comuni liguri di Cosio d’Arroscia
e Mendatica), la media-alta val Pesio, compresa nei comuni di Chiusa Pesio e Peveragno, e la parte terminale del vallone del Bousset, facente parte del comune di Entracque. La delimitazione di tali aree è stata compiuta seguendo i crinali che funzionano da spartiacque tra un bacino idrografico ed un altro, prendendo in considerazione tratti di valle che negli ultimi cinquant’anni hanno subito delle sostanziali modificazioni in seguito alla gestione, o meglio la non gestione, da parte dell’uomo. Tale elimitazione è stata valutata e tracciata successivamente ad uscite in campo e grazie all’utilizzo di ortofotocarte e modelli digitali del terreno, elaborati attraverso software GIS.In seguito, per una mancanza di dati relativi al 1954, sono state operate due piccole rettifiche dei confini in Val Pesio e nel Vallone di Nivorina.

ANALISI DELLE AREE

L’analisi del paesaggio, proprio per la definizione che ha quest’ultimo, non può prescindere da un’analisi mltidisciplinare del territorio. Per poter sovrapporre i diversi tematismi e ragionare prima su aspetti differenti, per poi considerare il territorio come un unico sistema complesso, sono stati utilizzati sistemi informativi territoriali (GIS – Geographic Information System). Tutte le analisi svolte sono state operate in funzione del risultato finale; per esempio la classificazione dell’’esposizione è avvenuta in 6 classi: nord, nord-est, sud-est, sud, sud- ovest e nord-ovest poiché è stata ritenuta più funzionale per una lettura del territorio e per l’evoluzione delle sue coperture, rispetto alla comune divisione in 4 classi. Oltre allo studio analitico, è stata operata un’analisi percettiva delle tre aree, molto utile per fornire una prima visione del paesaggio studiato a grande scala (panorama). “L’atto percettivo è un processo cognitivo attraverso il quale l’uomo raccoglie dall’ambiente una varietà di informazioni per poi classificarle, confrontarle, immagazzinarle, valutarle e infine utilizzarle a livello mentale e comportamentale. Si tratta di un’analisi poco approfondita, ma che fornisce delle prime informazioni importanti al fine di un’analisi più dettagliata. “La “lettura” estetico-percettiva consente di analizzare e valutare le qualità visive dei paesaggi così come essi, in occasione di viaggi o di spostamenti quotidiani abituali, si presentano nelle loro immagini ed espressioni figurative agli occhi dell’osservatore; questo tipo di lettura, certamente la più diffusa e spontanea, porta a confrontare le immagini di quel determinato paesaggio con quelle di altri luoghi conosciuti e di verificare, in quegli stessi siti, anche inconsapevolmente memorizzati dall’osservatore, i cambiamenti che si sono succeduti nel tempo.
Di seguito, l’analisi percettiva delle 3 aree di studio:

VALLONE NIVORINA UPEGA

Il vallone di Nivorina ha come unico centro abitato posto nel fondovalle Upega, un piccolo paese montano facente parte del comune di Briga Alta. Storicamente questo territorio ha subito molte influenze di diverse culture a causa sia della posizione di passaggio tra la Pianura Padana e il Mar Ligure, sia delle diverse appartenenze storico politiche. Fino alla seconda guerra mondiale il comune di Briga comprendeva i territori ormai francesi dell’alta val Roya, passati alla nazione transalpina assieme al comune di Tenda In seguito ai trattati del 1947: si trattava della Terra Brigasca per la quale le popolazioni locali avevano un grande senso di appartenenza e per cui ancora oggi esistono tradizioni molto forti, come la parlata caratteristica che accomuna certi paesi di Italia e Francia. Anche la vicina Liguria ha contribuito con le sue influenze a rendere caratteristico questo territorio, come testimoniano I muretti a secco ancora oggi presenti. Abitata sin dal 900, Upega vede nell’allevamento (pecore brigasche) e nella coltivazione (segale, avena, miglio, orzo e patate) il sostentamento per le prime popolazioni qui stabilitesi. Queste attività hanno lasciato degli importanti segni sul territorio osservabili ancora oggi. Molto evidenti sono i resti di terrazzamenti sopracitati che insistono su tutto il versante a solatìo della valle, mentre nel versante a nord sorge il bosco
delle Navette, una lariceta antropica un tempo gestita per lo sfruttamento del legname. Oggigiorno il territorio è molto meno sfruttato di un tempo e anche a livello demografico si è assistito ad un grande cambiamento. Di seguito si riportano i dati relativi alla popolazione del comune di Briga Alta, formato da Upega e altri due paesi limitrofi, simili per grandezza: Piaggia e Carnino.
Dall’inizio del ‘900 al 2011 la popolazione si è sempre ridotta con una diminuzione del 94% in 100 anni.

Marco Servalli (continua)

 

 

 

 


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