Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Monesi, ‘Festival della memoria’ ?
No, solo i ricordi di nonna Tersilia


Era il 2012,  2 dicembre, a Cuneo presentazione del materiale raccolto al primo ‘Festival della Memoria’ dei Comuni che avevano aderito all’iniziativa. Mendatica si era presentata col tema “transumanza e vita di pastori nelle malghe” con l’intervista a Pierina Pelassa in Grasso, memoria storica di cui trucioli.it ha raccolto e pubblicato molti suoi scritti e che ora se ne è andata. Ma un Festival lo meriterebbe Monesi ? da lasciare a futura memoria. Fino agli anni ’90 lo storico per antonomasia era Baccì di Stecchi: l’unico capace di ricordare perfino i confini delle singole proprietà. A dito conosceva i tecci, da chi erano abitati dal dopoguerra. Resta un’ultima testimone tra i più anziani: Tersilia Pelassa, qui trascorreva a casa di ‘Lalla Milia’ l’infanzia estiva. E lei che oggi ci riporta al grande dramma ambientale che dal 24 novembre 2016 vive il ‘vecchio borgo’.

Il vescovo Mario Oliveri in visita all’agriturismo Il Castagno saluta con una carezza la cuoca Tersilia

Davanti ai fornelli della cucina dell’agriturismo di famiglia, a Mendatica, Tersilia Pelassa, 76 anni, ben portati nonostante la stufa e lavoro, narra, descrive, spiega, chiarisce in dialetto mendaighino tutto il suo sapere. Lei nella sventurata e ferita Monesi di Mendatica ha vissuto la prima gioventù ospite della casa di “lalla Milia” e ‘ barba Riccu ‘. La raccolta d’acqua nel ruscello a due km, il servizio igienico nella stalla. La spesa a Piaggia (CN), 4 km a piedi. Tersilia che ricorda come fosse ieri quando ‘Nonnu Peantugnin‘ spiegava perchè i tecci erano stati costruiti nella zona a Nord Est e non a Sud Ovest. “I nostri vecchi sapevano dell’esistenza della paleofrana; per l’estate hanno eretto casotti in pietra di poco valore e povere fondamenta. Non volevano investire su un terreno che loro consideravano a rischio scivolamento, instabile e comunque una sistemazione provvisoria. La parte migliore di Monesi – aggiunge Tersilia – era invece rimasta vergine perchè la terrà è ricca e generosa, molto produttiva. E’ qui che crescevano le patate migliori, grosse e gustose. E qui che le famiglie di pastori e boscaioli avevano un appezzamento di terreno per la coltivazione dell’orto. E’ qui che non hanno voluto vendere fino a quando i figli, le nuove generazioni, hanno ceduto ed è stato costruito prima uno, poi due palazzi ed altri ancora. E’ anche la zona più stabile che con l’alluvione ha tenuto”.

Senza pretendere di rubare il mestiere a geologi, ingegneri, architetti, viene spontaneo chiedersi se nessuno di questi professionisti si sia mai posto il problema del sottosuolo di Monesi. Il vice sindaco e per anni sindaco, Emidia Lantrua, all’affollata e pacata assemblea popolare di Pieve di Teco, con ammirevole franchezza, ha spiegato che in effetti in Comune si sapeva della paleofrana, ma nessuno in buona fede immaginava potenziali conseguenze catastrofiche.

Domanda da profani: se in un’area è indicata la presenza di paleofrana, anche minima, quali sono le precauzioni urbanistiche, statiche che bisogna adottare ? A Monesi sono  state adottate ? Anche nella realizzazione della provinciale disastrata in più tratti, uno in particolare ? Negli anni del boom è stato sindaco un affermato mendaighino geometra, Mariano Porro; hanno comprato casa a Monesi altri tecnici e consiglieri provinciali, ex assessori a Imperia. E’ probabile che nessuno, pur con nozioni tecniche che cittadini comuni non hanno, si sia posto il problema della sicurezza del suolo e sottosuolo. Un possibile disastro colposo ? Inquirenti e Procura di Imperia tacciono e forse non hanno nulla da obiettare. E ora a pagare le conseguenze sono i cittadini, diamo per scontato a loro volta incolpevoli.  Pagano i cittadini, paga la comunità tutta. La massa d’acqua non sappiamo se non abbia avuto precedenti analoghi almeno negli ultimi due, tre secoli. Non sappiamo se esistano statistiche provinciali e regionali. Abbiamo soltanto davanti agli occhi il fiume d’acqua che in superficie si è riversato su Monesi e dintorni.

Tersilia ha un ricordo preciso. “Credo che sia il 1994 o ’95; avevamo appena realizzato l’agriturismo, nella parte a monte non era ancora stato eretto il muro. Sta di fatto che un pomeriggio di pioggia intensissima, come mai ricordo, ci ha colto di sorpresa. Ero in cucina con mia figlia Simona e d’un tratto nella sala da pranzo l’acqua ha creato, verso il terrapieno, un buco nel muro portante, usciva come un torrente; sono corsa ad aprire la porta, per fortuna. E’ andata avanti così un paio d’ore. Era l’inferno.  Mia figlia e mio genero erano preoccupati, non funzionava il telefono, il cellulare forse non c’era ancora; sono saliti sull’auto per lasciare il paese, 500 metri dopo hanno rischiato di essere travolti da una frana caduta sulla strada. Ecco anche all’ora, il paese, le montagne circostanti, si erano trasformate in tanti ritani alluvionali, in superfice.  A novembre 2016 un torrente d’acqua, poco lontano da noi, ha investito la casa di Stefano, un conoscente, provocando seri danni e smottamenti anche più a valle. Purtroppo le condizioni dei boschi, dei terreni non sono più quelle di una volta. L’abbandono è desolante”.

Tersilia, testimone dei tempi, capace di stare ai fornelli dall’alba a tarda sera, ha una sua visione del futuro di Monesi. “I mendaighini l’hanno abbandonato, con poche eccezioni; i mendaighini, i più giovani, devono tornare, darsi da fare ed investire. Monesi è il loro futuro. A mio figlio ho già detto perchè non compra  l’ex albergo Capanno, un delitto che resti chiuso da anni. Sono sicura che anche solo come residence avrebbe clienti e lavoro. Si ricreerebbero posti di lavoro. La montagna, la nostra montagna è apprezzata, ha tante bellezze e caratteristiche uniche sulle Alpi. E sempre più frequentata da stranieri, dai giovani, l’apertura della strada per Limone ha iniziato a dare un impulso. Insomma, io vedo la riscoperta della montagna; avessi solo 20 anni in meno, andrei io. Oggi – conclude Tersilia – il deserto di Monesi si ripercuote terribilmente su Mendatica e non solo. Non abbiamo più il passaggio, non ci sono più pendolari della domenica, stiamo soffrendo una crisi senza precedenti proprio mentre la nostra valle stava ripartendo”.

Luciano Corrado

LA RIVISTA LINEA VERDE OGGI DELLA RCS EDITORE, DIFFUSA IN MEZZO MILIONE DI COPIE NEL MONDO,

 NEL NUMERO DI FEBBRAIO 2000, HA DEDICATO DUE PAGINE ALL’AGRITURISMO DI MENDATICA E AI CONIUGI RISTORATORI E ALLEVATORI


L.Corrado

L.Corrado

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