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Il Comune di Savona affonda. Cura la polmonite con l’aspirina mentre tira aria di commissario. E Santi merita il premio Attila


Dove va Savona? Eviterà il naufragio finanziario e politico? Interrogativi d’obbligo con l’emergere in modo prepotente e allarmante della disastrosa situazione delle casse comunali e l’improvvisazione dei nuovi amministratori nell’affrontarla.

Il sindaco di Savona e papa Francesco, una benedizione non si nega mai

Il buco di bilancio (in parte) scoperchiato dalla giunta di centrodestra a guida Ilaria Caprioglio, si sta rivelando un utile paravento per dare il via ad una penosa e penalizzante serie di dimagrimenti nei settori più diversi dal welfare alla cultura, dagli spettacoli dal volontariato, dallo sport alle spese per le pulizie e dell’energia elettrica di palazzo Sisto IV. Provvedimenti sgradevoli e sgraditi, destinati a penalizzare una larga parte di savonesi, e solo in parte (il taglio dei gettoni di presenza, in primis) condivisibili. Ma siamo ai palliativi. Si cura la polmonite con l’aspirina. Si evitano le spese sigillando il frigo di casa. Si guarda nel futuro spegnendo la luce.

In queste settimane molto si è sproloquiato sui perché e i per come. Ma sempre senza andare al nocciolo del problema: la denuncia delle responsabilità. Ovvero come si è arrivati a questa situazione di crisi delle finanze comunali senza attivare per tempo tutte le misure necessarie ad evitare il rischio di default. Altra domanda delle cento pistole: se tutti sapevano, o dovevano sapere, perché nessuno è intervenuto prima?

E’ evidente, lo ripetiamo, che le responsabilità della situazione del Comune di Savona sono per la gran parte dovute alla pessima amministrazione delle giunte Pds-Ds-Pd succedutesi tra il 2002 e il 2016 (dal 2006 con il concorso decisivo, anche se fin troppo silente, di Rifondazione Comunista). Ma sarebbe troppo facile liquidare tutto con la pur legittima e indiscutibile chiamata di correo delle giunte pilotate da Carlo Ruggeri e Federico Berruti a loro immagine somiglianza.

C’è, oggi come oggi, anche un’altra pesante responsabilità, quella di soggiacere alla logica del “tanto non c’è scelta” e di non essere stati capaci di trarre fino in fondo le conclusioni al riguardo della realtà dello stato di cose che si stava determinando: stato di cose al riguardo delle quali in molti (inascoltati) avevano comunque posto l’accento.

Adesso siamo al “si salvi chi può”.

L’interrogativo pressante è ora questo: perché i nuovi inquilini di palazzo Sisto si sono assunti l’onore (e l’onere, beniteso) di una impresa di questo genere, agendo in una logica che dovrebbe appartenere esclusivamente a un Commissario straordinario? Marco Travaglio, al riguardo della sanità italiana, ha parlato di un Prefetto, ma tedesco.

La risposta all’interrogativo è desolante, soprattutto al riguardo dello sviluppo democratico: soltanto per vanità e arroganza. Può essere soltanto per vanità e arroganza che ci si può imbarcare in un’impresa tanto deleteria, nell’incapacità e nell’improvvisazione evidente di chiarire davvero quali siano state le responsabilità e farne trarre le conseguenze a tutti i livelli.

Il fatto che Ilaria Caprioglio e la sua giunta con i loro tagli indiscriminati tolgano ossigeno ad enti, associazioni e organizzazioni di vario ordine e grado, senza né logica, né strategia ma esibendo soltanto giustificazioni di tipo ragionieristico e confermando ancora le decisioni prese da chi li ha disastrosamente preceduti, è indicativo di una pericolosa continuità. E soltanto per far finta di governare la Città (quindi per assecondare un istinto vanesio) si impedisce quel taglio netto che sarebbe necessario e che andrebbe individuato in un periodo seppur limitato di assunzione delle scelte da parte di un soggetto terzo: un commissario.

E’ evidente che commissariare il Comune comporterebbe un vulnus democratico: ma a questo punto deve essere detto senza incertezze che il vero “vulnus democratico” è stato attuato da chi, a cominciare dai sindaci Ruggeri e Berruti, pretendeva di interpretare la democrazia a modo proprio con il triste risultato di affossare la Città. Come è sotto gli occhi di tutti.

L’assessore Piero Santi

P.s.: Tempi duri per gli uomini forti, si fa per dire, della giunta Caprioglio. Dopo il coro di poco onorevoli apprezzamenti, diciamo così, rivolto all’assessore (al Bilancio) Silvano Montaldo, detto “Mani di forbice” (citazione dal film di Tim Burton con Johnny Depp del 1990), per i tagli indiscriminati a destra e a manca, e le scarse simpatie raccolte dall’assessore allo Sport per la chiusura della piscina di piazzale Eroe dei due Mondi e “potature” in ordine sparso agli sport minori, ecco spuntare di prepotenza l’autorevole candidatura al “Premio Attila” dell’assessore ai Lavori pubblici Pietro Santi*, uno degli ultimi fedelissimi di Claudio Scajola. La nomination dopo l’annuncio della decisione di desertificare corso Tardy e Benech con il taglio di oltre 100 alberi (bellissimi e sanissimi pini marittimi) le cui radici provocano il sollevamento di tratti d’asfalto. “Ci sarà più spazio per parcheggiare le auto”, ha aggiunto con una punta di orgoglio. Sublime.

La redazione di trucioli.it

* Pietro Santi è nato a Savona il 26 Giugno 1964. Fin da giovane è stato impegnato nell’Azione Cattolica e nelle Associazioni di Volontariato parrocchiali. Ha aderito ai Gruppi giovanili della Democrazia Cristiana dal 1980 ricoprendo nel tempo vari incarichi fino a quello di Dirigente provinciale. Cresciuto alla scuola politica dell’ex Segretario Provinciale Francesco Accordino e del senatore  Giancarlo Ruffino del quale è stato per anni suo collaboratore. Nel 1998 è presidente del gruppo consigliare C.D.U (Cristiani Democratici Uniti). Nel 2002 aderisce all’U.D.C (Unione Democratica Cristiana). Da ultimo esponente di spicco di Forza Italia.

 

 


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