Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Vangelo e Costituzione (5ª): La schiavitù


Il nebbiun di vapore e veleni ammalava più dei nubifragi i fabbricati abbandonati, tana di giovani animali bianchi e neri, scappati dalla fame per ritrovarla. Ognuno custodiva la sua storia, ma non la raccontava, la stringeva al petto come il tesoro di un’isola remota.

Bogdan era nato buono! Era diventato… cattivo!

A dieci anni appena, era stato esiliato da genitori fecondi di marmocchi e spogli di cibo. Aveva zappato campi senza frutti e vegliato digiuno dentro una baracca. Deportato in Italia come alternativa alla disperazione, ne aveva conosciuto l’abisso. Almeno in Serbia aveva un territorio, minuscolo ma suo, uno spazio d’intimità, la figlia del contadino da dondolare. Aveva addirittura frequentato un’anziana maestra, che gli aveva insegnato a leggere e scrivere; un po’, solo un po’, ma quel tanto che gli aveva procurato sicurezza, capacità di affrontare le situazioni… come quando ottenne giustizia da un poliziotto… come quando rapinò il pane alla donna per pagare il naufragio… e approdare a quei caseggiati.

Ma era nato buono, era diventato… cattivo!

Lì aveva conosciuto Dumitru, il tribuno degli immigrati, che aveva conservato l’indole violenta; solo che ora la scagliava contro i negrieri milanesi, dediti al traffico di clandestini e al loro sfruttamento.

Karim era il braccio destro di Dumitru, con il padre in tasca e il fratellino di otto anni in Tunisia: Tarek era bravo a scuola: studiava con i soldi spediti da Karim e mangiava a casa della mamma di sua mamma, che evitava da anni perché dilaniata dai monili che i predoni le donavano in cambio. Soffriva ancora la morte del papà, caduto da un tetto mentre lavorava.

Karim era rimasto buono!

La sua allegria colmava piatti di carta vuoti e inteneriva materassi di cemento. Tarek era la sua tenerezza, la sua stella cometa, guidava i suoi affanni verso il verde delle oasi: guardare la sua foto sorridente lo rendeva più felice di quando era felice: con quei denti grossi che significavano forza e quegli occhi enormi che promettevano generosità.

 Il tunisino la mattina vendeva cianfrusaglie al centro e il pomeriggio scaricava container in periferia. Erano le 11.00 esatte quando riconobbe Bogdan dall’altra parte della strada. Stava per chiamarlo, ma con lui c’era uno dei loro schiavisti, che inspiegabilmente mollò venti euro al serbo.

La sera Karim pedinò Bogdan e lo vide pestare un croato, che subito dopo scappò con moglie e figlioletti dalla stanza. Dopo mezzora se ne impossessò una cicciona con due figlie adolescenti, smilze e carine, e… e dopo un’altra mezzora c’era una fila di muscoli alla porta e pianti all’interno.

Informò subito Dumitru, che una notte senza stelle ebbe la prova definitiva che Bogdan era complice del loro padrone. In un baleno eterno scippò il corpo al serbo, che non si difese, accettò i colpi come una benedizione sconsacrata, cercando sua madre che lo tratteneva mentre suo padre lo cacciava. Anche il rumeno ebbe le sue visioni, mentre gli distruggeva a randellate lo scheletro: fu assalito dall’anima di Anna, rubata per strada tempo prima, e dal viso serafico di Alexandra che, al di là delle Alpi, ancora aspettava un uomo onesto… Se le strinse entrambe nelle mani cieche, mentre fuggiva verso il carcere.

 … vennero imposti loro… lavori forzati per opprimerli … gli Egiziani… Resero loro amara la vita… (Esodo, 1:11 e 13-14).

… al tempo della deportazione in Babilonia (Matteo, 1:11).

Michele Del Gaudio



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