Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

Settimanale d’informazione senza pubblicità, indipendente e non a scopo di lucro Tel. 350.1018572 blog@trucioli.it

In Liguria è rovente. Un’estate calda sui binari italiani


Alla fine l’estate è arrivata. Adesso è lecito aspettarsi il peggio. Le avvisaglie ci sono proprio tutte. In Liguria? E’ rovente. Perchè?

di Massimo Ferrari*

Nei giorni scorsi ad Abbadia Lariana, sulle sponde del lago di Como, ci sono state scene di guerriglia urbana con lancio di bottiglie e calci contro gli autobus che cercano (senza riuscirci) di sostituire il servizio ferroviario, Pendolari e turisti uniti nella lotta, si sarebbe detto nei turbolenti anni Settanta del secolo scorso.

La linea della Valtellina, da Lecco a Tirano sarà, infatti, interrotta per l’intera stagione. Come era già in parte avvenuto nelle estati precedenti. Si avvicinano, infatti, le Olimpiadi Invernali Milano/Cortina 2026 e le infrastrutture, trascurate per decenni, vanno in qualche modo adeguate in tutta fretta. Un poco di pazienza, che diamine!

La pazienza sarebbe più che giustificata, se, dopo l’evento sportivo, la qualità dei trasporti ferroviari migliorasse drasticamente. Ma sarà davvero così? E’ lecito dubitarne. La linea, da Lecco in su, resterà a binario unico; i numerosi passaggi a livello che ne costellano il tracciato nel fondovalle tra Colico e Sondrio, spesso responsabili di incidenti mortali – perché automobilisti, ciclisti e pedoni mal sopportano i lunghi tempi di attesa imposti da Ansfisa (burocratica agenzia per la sicurezza, specializzata nello scarico di responsabilità) – resteranno quasi tutti al loro posto. Si pensa, però, di riuscire a far circolare, durante le due settimane dei Giochi, treni diretti da Milano a Tirano ogni mezz’ora. Con poche fermate intermedie, sopprimendo quelle secondarie  Altro conflitto alle viste.

Tensioni confinate all’estrema propaggine settentrionale della Lombardia? Manco per niente. I cantieri sulla rete ferrata (ben 1.200, secondo l’AD del gruppo Fs, Donnarumma) sono sparsi lungo l’intera Penisola, dal Brennero a Trapani. E le interruzioni, più o meno prolungate, non si contano più. Solo per fare qualche esempio, in Toscana chiude per mesi la Faentina, interessata da movimenti franosi, assieme alla strada statale parallela. Niente bus sostitutivi, quindi. Per andare da Faenza a Firenze bisogna passare per  Bologna, con costi triplicati. Ma chiudono anche a lungo parte della Pistoia – Lucca e della Empoli – Siena (tutte località a forte vocazione turistica).

Ci sono da completare i lavori di parziale raddoppio e allora bisogna stringere i denti. Ma che dire dell’interruzione parziale di sette giorni tra Pisa e Livorno per favorire il movimento di mezzi militari a Camp Derby? Forse siamo già stati trascinati in guerra e non ce ne siamo accorti?

Poi ci sono i lavori tra Firenze e Roma, che sloggiano i treni regionali dalla Direttissima, facendo infuriare marchigiani, umbri ed aretini, cui verrà imposta una “via crucis” per raggiungere la capitale. Ma siamo in tempo di Giubileo, di peccati da espiare ce ne sono molti, e qualche sacrificio è dunque inevitabile. Se scendiamo al Sud lo scenario si tinge di surreale. Tra Napoli e Benevento la Valle Caudina è interrotta da anni e non si sa quando potrà riaprire, nonostante le proteste dei sindaci tra cui Clemente Mastella.

E intanto il completamento della linea Alta Velocità Napoli – Bari slitta di un altro anno, fino al 2028. Tra Palermo e Trapani è cominciata la posa dei pali per l’elettrificazione, ma la linea, interrotta dal 2013, non si sa quando tornerà in esercizio forse a fine 2026. Stessa sorte a Terracina: anche qui 13 anni di interruzione per un masso caduto sul binario come nei fumetti di Jacovitti, ma nemmeno è certo che si riaprirà, visto che bisogna perfezionare accordi sulla messa in sicurezza dell’intera collina. E, come si sa, il meglio è nemico del bene.

Neppure le informazioni basilari vengono aggiornate, a dispetto dei prodigi di Internet, network utilissimo, a condizione che qualcuno si prenda la briga di aggiornare i siti. Così – denuncia un lettore sul “Corriere della Sera” – capita che un treno prenotato e pagato da Metaponto a Bari, per poi prendere una Freccia e raggiungere Bologna, sia stato cancellato da settimane, senza che nessuno si sia preoccupato di informare i viaggiatori al momento della vendita del biglietto (di cui ora è arduo anche il rimborso). Solo il tabaccaio di stazione era al corrente della triste novità.

Un tempo, quando le prospettive della rete ferroviaria erano incerte – dal momento che la classe dirigente sembrava convinta che l’avvenire dei trasporti fosse riposto solo sulle autostrade e gli aeroporti – ero confortato dalla lettura di qualche avviso di gara che preannunciava lavori di ammodernamento di binari e stazioni. Se si investe, pensavo ingenuamente, vuol dire che c’è futuro (ragionamento semplicistico, visto che in certi casi si è riusciti a chiudere linee appena completati i lavori di potenziamento). Adesso che il pensiero dominante è quello di puntare sul treno e di penalizzare la circolazione veicolare (infatti, complici ingorghi, limiti di velocità, dossi e zone a traffico limitato, spostarsi in auto è spesso sempre più lento e faticoso) la notizia di nuovi investimenti sulla rete ferroviaria mi induce ad una certa preoccupazione.

Abbiamo intercettato una ingente fetta del PNRR da destinare al trasporto su rotaia (come chiedeva l’Unione Europea). Pare che, miracolati dalla copiosa panacea, i vertici delle FS abbiano tirato fuori dai cassetti progetti che lì dormivano da anni. Quelli indubbiamente utili, ma anche quelli non strettamente necessari. E così siamo arrivati ai 1.200 cantieri aperti in contemporanea e attivi prevalentemente di giorno (per non disturbare chi dorme, per carenza di maestranze, per risparmiare sui costi degli appalti?) che perturbano la circolazione dei treni – e degli incolpevoli viaggiatori – come non accadeva dagli anni della Seconda Guerra Mondiale (quando però c’era la scusante dei bombardamenti), Tutto pur di rispettare la scadenza del 2026. Altrimenti c’è il rischio di dover restituire i fondi, come paventa il sindaco di Bologna, alle prese con i cantieri del tram, che, in caso di mancato completamento, rischia di dichiarare bancarotta e di chiudere persino gli asili nido.

Intanto, comunque, l’AD Donnarumma pensa già al futuro e prefigura una ben più robusta stagione di investimenti di ben 100 miliardi di euro (con quali risorse?) da spendere entro il 2030. per completare l’ammodernamento della rete. Grandi opere, certo – ha parlato di Alta Velocità da Palermo a Milano, il che presuppone la realizzazione del Ponte sullo Stretto ed il completo rifacimento della linea tirrenica in Calabria – ma anche interventi sulle tratte secondarie. Già adesso si sta lavorando sul segnalamento tra Terni e L’Aquila (con relativa chiusura stagionale, ovviamente). Ma il sistema ERTMS dovrebbe facilitare l’incremento del numero delle corse a distanza ravvicinata. Ottima cosa attorno ai nodi metropolitani. Ma è proprio necessario tra le montagne spopolate dell’Abruzzo?  O magari bisogna semplicemente spendere tutto il disponibile.

Forse si pensa di attrezzare itinerari alternativi in caso di interruzioni sulle linee principali. Il che sarebbe eccellente, se non fosse stato affossato dalla “rete snella” imposta a suo tempo dall’ing. Moretti, per risparmiare sugli scambi nelle stazioni, di modo che, in caso di anomalie, ora bisogna perdere intere mezze ore per incrociare o superare un treno in ritardo. E senza contare le normative sempre più rigide imposte dai soliti organi di controllo non per migliorare la sicurezza, ma per parare qualsiasi seppur remoto rischio di addebito in caso si palesi qualche responsabilità.

Dal 21 luglio al 29 agosto ci aspetta la completa interruzione della linea Milano – Genova, nel pieno della stagione balneare e quando molti uffici sono ancora aperti. Si tratta di lavorare al ponte sul Po presso Bressana Bottarone a sud di Pavia. Se gli itinerari alternativi fossero stati mantenuti agibili, si sarebbe potuto istradare almeno qualche treno sulla Pavia – Valenza – Alessandria (pochi chilometri di differenza, ma la tratta non è elettrificata). Oppure, da Milano verso il Ponente ligure, via Mortara – Alessandria – Savona. Non se ne parla neppure. Il massimo che la Regione Liguria è riuscita ad ottenere è il mantenimento di qualche intercity via Piacenza, ma in non meno di tre ore (neppure in casi di emergenza si riescono a ridurre i tempi del “cambio di banco”, ossia l’inversione di marcia necessaria nella stazione emiliana. Improbabili i rimborsi ai malcapitati utenti.

In alternativa qualche bus diretto via autostrada da Genova a Milano Centrale. Naturalmente, anche se il traffico viario fosse scorrevole, bisogna mettere in conto quasi un’ora per attraversare Milano. Ci sarà però la possibilità di scendere a Famagosta, a sud del capoluogo lombardo, e proseguire in metropolitana. Peccato che anche la linea verde (MM2) sarà interrotta tra Cadorna e Porta Garibaldi, sembra per il cambio degli ascensori. Lavorare in pendenza di esercizio, anche no?

 Massimo Ferrari

(Presidente UTP/Assoutenti)


Avatar

M. Ferrari

Torna in alto