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Calabria. 12 logge, un massone ogni 91 abitanti nella sola provincia vibonese


Da IL CORRIERE DELLA CALABRIA – 12 logge, un massone ogni 91 abitanti nella sola provincia vibonese

VIBO VALENTIA «Dove non arriva la ‘ndrangheta, arriva la massoneria». È il 19 ottobre 2020 quando, audito dalla Commissione parlamentare antimafia, il procuratore Camillo Falvo sintetizza in una frase gli inquietanti dettagli emersi dalle inchieste della Dda: l’oscuro connubio tra la criminalità organizzata vibonese e le logge massoniche del territorio. Dichiarazioni, da poco secretate e di pubblico dominio, che richiamano le frasi dell’allora procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri (ora a Napoli) che aveva descritto Vibo come «la città a più alta densità massonica d’Italia».
Ben 12 logge nella sola provincia vibonese, un massone ogni 91 abitanti. La statistica scende (e di molto) nel capoluogo: un massone ogni 18 abitanti. Un dato inquietante se si valuta l’esistenza non solo della massoneria “legale”, ma anche di quella deviata. Politici di primo rango, avvocati e imprenditori: “colletti bianchi” «tutti appartenenti al medesimo contesto massonico» che avrebbero, negli anni, fornito «all’organizzazione mafiosa un contributo causale determinante alla realizzazione, almeno parziale, del programma criminoso dell’organizzazione delinquenziale».

Una struttura “intermedia”

Frasi messe nero su bianco dagli investigatori nell’operazione Rinascita Scott. Ma è con l’inchiesta Mammasantissima della Dda di Reggio che si descrive in modo dettagliato l’esistenza di «rapporti tra alcune delle più importanti cosche della ‘ndrangheta e un sistema di potere massonico – politico». Legami che si sarebbero talmente consolidati da supporre l’esistenza di una struttura intermedia, una specie di cupola della zona grigio-scura che ingloba ‘ndranghetisti e colletti bianchi. «A metà degli anni ’70 – scrivono gli inquirenti – è stata creata nella struttura interna della ‘ndrangheta “la santa”, una sorta di sovrastruttura all’organizzazione tradizionale, costituente anello di collegamento tra la ‘ndrangheta e la massoneria». Della “Santa” farebbero parte anche i vertici delle ‘ndrine vibonesi, come lo stesso Pantaleone Mancuso conferma in una conversazione del 2011: «…la ‘ndrangheta fa parte della massoneria! […] diciamo … è sotto della massoneria, però hanno le stesse regole e le stesse cose».

Vibo «l’epicentro della massoneria»

In particolare, Vibo rappresenterebbe «l’epicentro della massoneria sia legale che di quella cosiddetta deviata». A dirlo è Cosimo Virgiglio, collaboratore di giustizia reggino e «maestro venerabile» della Gran Loggia dei Garibaldini d’Italia di Vibo per sua stessa ammissione. Virgiglio, nella sua descrizione, distingue tra Logge regolari (quelle dei «professionisti, avvocati e medici…») e Logge coperte. Quest’ultime si dividono a loro volta in due filoni: i “sussurrati all’orecchio”, ovvero «persone che rivestivano delle cariche istituzionali e per questo non potevano essere inserite nelle liste segnalate alla Prefettura» e i “sacrati sulla spada”, quelli «con precedenti penali di vario genere, compresi ‘ndranghetisti». Appartenenti alla criminalità organizzata anche (auto)definiti «rispettosi del Vangelo di Giovanni, loro si reputano infatti Angeli di Dio». Virgiglio individua anche la sede del tempio vibonese della massoneria: un palazzo sito in Piazza Morelli, in pieno centro cittadino.

La potente loggia Morelli di Vibo

Dai dettagli di Rinascita sui legami tra massoneria e ‘ndrangheta emerge un nome su tutti: Giancarlo Pittelli, avvocato penalista condannato a 11 anni nel primo grado del processo che si è svolto presso l’aula bunker di Lamezia Terme. L’ex esponente di Forza Italia, insieme ad altri soggetti, avrebbe avuto «colleganze con la struttura ‘ndranghetista dei Mancuso» e allo stesso tempo «rapporti con l’ambiente massonico, anche ufficiale». Pittelli era, infatti, membro ufficiale del Grande Oriente d’Italia, dal quale fu sospeso dal Gran Maestro Stefano Bisi appena dopo l’operazione di Rinascita. Legami che avrebbero consentito a Pittelli di «risolvere situazioni di interesse». C’è poi il ruolo della storica loggia Michele Morelli: secondo l’ex vigile urbano Bruno Villone «detiene il potere finanziario ed amministrativo di tutta la città a tutti i livelli». Capo della loggia, afferma Villone, «l’amico degli amici» Ugo Bellantoni, ex dipendente del Comune di Vibo, storico massone e anche lui indagato (con la posizione che è stata poi archiviata) in Rinascita Scott. Dagli anni ’80 in poi, a Vibo, ci sarebbe stato «un vero e proprio gruppo di potere costituito da politici e delinquenti che si era letteralmente appropriato della città». (Ma.Ru.)


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