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Il ‘somarario’: schizofrenia pubblica italiana e partiti, politicanti e selezione del personale


Si parla spesso dei prodotti delle amministrazioni pubbliche (come anche di altre organizzazioni private) come tangibili / intangibili. Per l’organizzazione che produce, la differenza è solo di processo e non di natura.

di Sergio Bevilacqua

Sergio Bevilacqua che collabora anche con trucioli.it è sociologo clinico, progettista dello sviluppo economico e sociale di area vasta presso Enti pubblici e consorzi pubblico-privati

In un’azienda privata i commerciali sanno benissimo come sollecitare il potenziale cliente su un oggetto o un altro. Nel settore pubblico invece ci sono astuzie e deficit professionali: i politici in veste di amministratori, spessissimo mal selezionati da partiti inconsistenti, giungono baldanzosi e arroganti a ricoprire posti di vertice relativo e di controverso complemento alle funzioni operative (o, meglio, gestionali degli uffici dell’Ente), ottenendo molto spesso la disistima malcelata dei dirigenti dei settori e servizi dell’ente pubblico.

Infatti, sentirete raramente un dirigente pubblico usare la definizione di “bene intangibile”: essa è definizione da fruitore, e non da produttore. In un’amministrazione pubblica, il solo versante politico li può chiamare così, in quanto esiste una solida corrispondenza tra fruitore ed elettore.

In realtà della pratica organizzativa delle amministrazioni, i processi relativi all’erogazione di servizi (di qualunque tipo) sono tangibilissimi, e quelli definiti “intangibili” sono esattamente come gli altri.

La schizofrenia e il conseguente teatrino delle Amministrazioni pubbliche su “cosa e chi  fa davvero” sono un gravissimo problema dell’Italia che, come provincia dell’approccio amministrativo francese, lo ha scimmiottato in modo appunto provinciale, cioè “somarario” (somarario e asinesco insieme).

La sensazione del popolo riguardo all’amministrazione pubblica vede infatti un soggetto maitre che è il politico, mentre il funzionamento corretto ne prevede minimo 2, forse alla fine anche equivalenti, ma ove il secondo dappertutto nei Paesi civili conta di più: il dirigente interno.

Com’è logico, peraltro, in quanto la gran parte della realizzazione dei servizi di tutti i tipi passa attraverso l’organismo pubblico, la cui parte permanente funziona sempre, anche in assenza del politico di turno in veste di “amministratore“. E ciò vale per gli Enti Locali come per quelli Centrali.

Si combatte infatti una guerra neanche tanto sotterranea tra politici e dirigenti, con i primi preposti a indirizzare (e qualche ideuzza ogni tanto gli viene) e a controllare (attività che vede invece gli amministratori eletti quasi sempre impreparati e incapaci), e i secondi a fare muro di gomma o trabocchetti, o, peggio, a dire signorsì al re nudo, per interesse più o meno di tipo collusivo.

Senza contare che questa schizofrenia, gravissima malattia italiana condivisa dai Paesi meno blasonati in termini di civiltà, è un pò come il detto “fare i conti senza l’oste“. Oste: i cosiddetti “uffici“, tutt’altro che poveretti, come sembra ispirare la parola, e, certamente, non “meccanismo“, come vorrebbe la retorica politichese, che usa spesso il termine sbagliatissimo di “macchina burocratica“, anziché quello di “organismo“, cioè forma organizzativa non semplicemente meccanica.

Organismo” è infatti accezione che evoca ben altri (e appropriati) tratti soggettuali, discrezionali, dunque non riconducibili assolutamente, per impianto operativo-e-giuridico, a semplici esecuzione di ordini, come i politicanti in veste di amministratori spesso tendono a fare figurare astutamente, con “gli uffici” frustrati, resistenti o abituati a fare i pesci in barile.

In sintesi, mentre in Francia, da cui abbiamo copiato un ottimo modello di organizzazione pubblica, sono riconosciute queste differenze, in Italia la gente, non per causa sua, confonde ancora.

Ed è di certo un segno di sottosviluppo civile, che va ancora una volta attribuito ai politici e ai partiti, che non hanno la professionalità che le .attività di questo tipo di amministrazione richiedono, la esperienza e, conseguentemente, la sincerità nel trattarle, producendo distorsioni nel modello organizzativo, nella coscienza pubblica e nella cultura civile. Con esiti gravosissimi per il Paese e per il popolo.

Anche su questo aspetto centrale della politica, molto di più di tanti altri di facile stampa, occorre una responsabile attività di partito, che significa di certo competenza strategica, ma anche capacità di selezione del personale politico e amministrativo fatto su base di competenza specifica.

Sergio Bevilacqua


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