Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Stellanello, frantoio museo e arte artigianale dei nostri giorni. Dino Bestoso, i segreti del bravo frantoiano. 2800 alberi, resistono i secolari


Un’arte tanto antica quanto difficile e in continua evoluzione. Poteva appendere il cappello al chiodo e godersi la meritata, seppur povera, pensione da agricoltore, dopo una vita di lavoro e sacrifici. Personaggio d’altri tempi verrebbe da dire e testimone della civiltà contadina: quella degli olivicoltori d’eccellenza e ammirevoli traguardi raggiunti. Senza farsi intossicare dalle mode, dalle tentazioni di approfittare. Parliamo di Domenico (Dino) Bestoso, classe 1943,  appartenente alla gloriosa categoria dei frantoiani della Val Merula.

Dino Bestoso frantoiano di Stellanello esibisce un’antica macina di pietra da cava di Toirano dove sono incisi i nomi

Lui cittadino di Stellanello (in altro articolo leggi le pagine di storia del paese). Dino Bestoso, una prima gioventù nel Seminario vescovile di Albenga (un don Bestoso fu anche parroco di Borghetto S.Spirito dal 1939 al 1964), che ha voluto tenacemente seguire le orme dei suoi antenati, dei bisnonni, nonni, del papà. Al punto che oggi può esibire oliveti con piante che risalgono al 1700-1800. Veri e propri ‘monumenti della natura‘ che hanno resistito alle guerre, alle tempeste, agli incendi, alla siccità nelle tipiche fasce di borgate del paese.

La storia dei Bestoso comincia nella frazione Caneto ed è qui che gli antenati hanno realizzato il loro frontoio, oggi trasferito nella moderna sede (e moderni impianti di ultima generazione) di San Lorenzo  dove si trova anche il Municipio.

L’incontro con Dino Bestoso è frutto solo di una lunga conoscenza ed amicizia, seppur rara frequentazione, che risale appunto ai tempi del seminario. L’attività del ‘Frantoio’‘ non ha peraltro bisogno di pubblicità. La promozione qui è ben altra. Da qualche anno non presenziano neppure alle ‘mostre’- esposizioni che si tengono nel ponente ligure. Dino e la premurosa moglie Rosalba hanno peraltro affidato le immancabili e farragginose incombenze amministrative, la gestione commerciale nei locali del frantoio artigianale alla figlia Daniela, laurea in giurisprudenza, un breve periodo di pratica in uno studio legale di Albenga. Poi l’abbandono della professione per dedicarsi alla famiglia (il marito, una figlia che studia Medicina all’Humanitas di Milano, un figlio studente che forse seguirà la strada del nonno) e all’avviata azienda dei genitori.

Papà Dino continua a ‘sporcarsi le mani’, indossare l’abito da lavoro, a lottare con quella fierezza e forza d’animo da cui c’è molto da imparare. Intanto la pratica dell’antico mestiere  frantoiano, di chi conosce i segreti della ‘salute’ degli oliveti, fino al certosino impegno per ricavare un prodotto genuino, eccellente, dunque salutare. Non a caso tra i pensieri più ricorrenti c’è quello di non deludere l’affezionata clientela. “Ho famiglie che ci onorano da due, tre generazioni”. Una fedeltà mai tradita parrebbe. Clienti liguri, genovesi in particolare, ma anche da altre province e regioni del Nord Italia: Piemonte, Lombardia, Veneto.

Dino che conosce a dito piante, terreni, muretti a secco, un mestiere vecchio di secoli proprio nella sua valle. Dino che rivela come è cambiata nel tempo coltivazione e produzione, ma non è cambiata la dura esperienza della terra e piegare la schiena. Che bisogna rassegnarsi quando arrivano annate poverissime, come quella del 2021-22. Conoscere e prevedere, mitigare, i nemici in agguato che non bisogna combattere a suon di fitofarmaci ed erbicidi. Non bisogna ignorare le conseguenze delle ‘malattie’ (mosca), della siccità e soprattutto evitare potature sbagliate.

Come  ottenere un olio non solo garantito nella genuinità, ma anche evitare una spremitura non appropriata, che non è più quella di qualche decennio fa. Si sono fatti progressi impensabili. Si è migliorato il prodotto, la garanzia verso il consumatore finale.  Anche se aggiungiamo che qualche ‘furbetto’ nel settore non manca mai. Basta aggirarsi tra gli scaffali di un supermercato per scoprire ‘prezzi invitanti’ della filiera frantoiana.

Oggi restano le foto, da album dei ricordi, di storia dei vecchi ‘gumbi’ e di antiche tradizioni. E di aiuto è senz’altro anche aver raggiunto il traguardo di ‘assaggiatore d’olio’, con l’esperienza di anni di lavoro. Eppure nonostante i brillanti risultati (Dino non si dilunga, taglia corto, quando gli chiediamo quanti oliveti e quante case ha comprato negli anni), preferisce narrare l’evoluzione delle moderne attrezzature del frantoio dove

Dino Bestoso classe 1943 fratoiano da una vita

guai a non fare investimenti nell’innovazione. “Certo, oggi vorrei avere più forza e salute, purtroppo devo rinunciare a tante cose. A volte cominci a farti tante domande. Ho 2800 alberi, le ultime 120 piante sono le più giovani. E senza l’aiuto di un operaio impossibile accudire a tutto”.  La potatura si fa ogni due anni,  c’è lo sbattitore, le reti per la raccolta; le taggiasche, perle del ponente, hanno una maturazione lenta,  dai primi di novembre a maggio. “Non si usa più il letame per concimare – osserva Bestoso – ma sostanze organiche ricche di potassio, fosforo, azoto. Diciamo che consumo una media di 180 quintali, con i costi schizzati in alto. Poi c’è la sfalciatura dell’erba e ovviamente non si ricorre più al vecchio aratro”.

Sono 400 le piante dell’azienda  Bestoso che possono fregiarsi del marchio di origine protetta (Dop).  “Proprio il mese scorso abbiamo avuto un’ispezione, è giusto che i controlli siano sistematici e rigorosi, ne va di mezzo il buon nome. Tre sono le linee dii produzione: l’olio vergine, olio d’oliva e l’extra vergine. Si va da un’acidità di 0,13, o,26, 0,4.  C’è da dire che la linea di ‘vergine’ non la pratica quasi più nessuno  ed in media si paga un’euro in meno al litro”.

Il frantoio macina anche per conto terzi e nel tempo si è ampliato, arricchito  dei locali di esposizione  dove si può acquistare  anche patè di olive Taggische, pesto, olive liguri Taggiasche in salamoia, sottoli, sott’aceti, prodotti tipici della dieta mediterranea, confezioni regalo.

Il cuore, la mente, il viso si illumina quando Dino esibisce quella che è la parte museale del ‘santuario’ frantoiano.  Una macina di pietra di Toirano da cava anni ’30, di colombrino nero. “E’ un’opera d’arte che si è consumata di 30 cm a macinare olive, sansa. E in antico girava con il bue. C’è pure una macina ancora più data, dell’800, del vecchio frantoio: è di colombrino bianco.

Stellanello che resiste come terra di coltivatori diretti e produttori. Sono circa una quarantina se si aggiunge il confinante Testico. Ma quello che può esibire la maggiore estensione di oliveti e produzione d’olio è l’antico frantoio Fratelli Morro di Andora, cinque generazioni, in località San Bartolomeo. (L.Cor.)

QUASI UN ALBUM DI FAMIGLIA E DELL’ANTICO FRANTOIO, IERI E OGGI

E DALL’ARCIVHIO DI TRUCIOLI.IT ANNI 2013. Domenico Dino Bestoso con l’amato nipote durante la raccolta delle olive e nonna Rosalba ad uno stand espositivo a Ceriale.

 


L.Corrado

L.Corrado

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