Trucioli

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Loano era la ‘Camogli del Ponente’. Libro di storia marinara e famiglie loanesi da 32 anni in attesa di stampa. L’autore Serafini ha donato la prefazione. E gli equipaggi di navi mai restituiti dal mare…


Il Com.te Flavio Serafini, direttore Museo Navale Internazionale Imperia, da 32 anni custodisce, in attesa di sponsor, il lavoro di una ricerca di ‘storia marinara (e non) di famiglie loanesi’. Abbiamo consigliato di  pubblicare la prefazione scritta nel 1989! Moltissimi i cognomi che si possono leggere. Loano che forse potrebbe completare,  arricchire, correggere. Una comunità colpita con equipaggi e navi perdute quasi al completo, mai restituiti, le salme che giacciono  nei fondali! Un patrimonio storico da valorizzare prima che sia troppo tardi per il suo tenace e meticoloso autore.

                                                          Prefazione di Flavio Serafini

Loano, autunno 1989.

I caruggetti orbi nel centro storico di Loano

Mi ritrovo a percorrere un itinerario della memoria, quello dei ricordi di mare lungo i “carrugi orbi” del centro storico di Loano, osservando attentamente quanto è rimasto dell’antico cuore del paese. Vie strette ed ombrose ove operarono nell’inconfondibile e pregnante odore di pece i maestri velai, i bozzellai, i canapini, i maestri d’ascia, gli intagliatori di polene, i decoratori ed i calafati.

Un’epoca irripetibile, lontana nel tempo. Quella che era stata una grande marineria , il vanto loanese di tutte le costruzioni ed imprese armatoriali navali, è scomparsa, mortificata dal peso schiacciante, inesorabile ed impietoso di decenni di silenzio. Gio Bono Ferrari nel suo volume “ l’ Epoca eroica della Vela – Capitani e bastimenti di Genova e dela Rivera di Ponente”, nel lontano 1941 dedicava soltanto ventuno pagine ai trascorsi marittimi loanesi. Ben poco, se si considera che in quell’epoca molte fonti storiche erano ancora disponibili con molti protagonisti ancora in vita.

Questo lavoro che mi accingo ad ultimare, ben più approfondito per intenti e serietà di ricerca, raccoglie comunque solo spezzoni di storia che faticano a collegarsi tra loro: non è stato possibile e non lo sarà mai, fare qualcosa di più! Oggi alle soglie degli anni Duemila, solo quattro luoghi, toponimi ben identificabili nel tempo e nello spazio, conservano labili tracce di una grande tradizione marinara durata oltre un secolo, con i suoi miti e le sue suggestioni: la “Casetta” dei Lavoratori del Mare, già sede dell’antico Ufficio del Console di Marina e che fu in seguito, proprio sulla riva, sede della “Associazione dei Capitani Marittimi”; la “Madonnetta”, la chiesina di Nostra Signora di Loreto, ove nella penombra fresca profumata di incenso, qualche ex voto superstite fra i tanti che adornavano un tempo  le pareti, oggi annerito dal fumo del tempo e delle candele, ricorda ai Loanesi un prestigioso passato sugli oceani; il Castello, già sede dei Doria e dei Rocca che domina fortunatamente solitario e silente la piana  sottostante, ed infine, il cimitero cittadino, raccolta di fredde lastre di marmo con epigrafi che fissano nomi di tanti marinai e talvolta i contorni di lontane tragedie.

La Loano marinara di un tempo è oggi tutta qui! I cantieri navali siti sull’arenile sono ormai un  ricordo vago, i caruggi scintillanti di neon e cristalli, un tempo sedi di magazzini, scagni e corderie, sono oggi occupati da “boutiques”, “coiffeurs”, agenzie immobiliari. paninoteche, ristoranti, ecc. I grandi Casati armatoriali dei Rocca, degli Accame,  dai cognomi quasi scomparsi come  Patrone, Ramella, Coxe, Marchesano, Traverso, Lavagna, Bruna, Craviotto, Degiovanni, Isnardi, Chiozza, Marengo, Carrara, Elice, Molle, Bertora, tanto per citarne alcuni, non compaiono più nelle statistiche anagrafiche della Loano degli anni Novanta del Novecento.

Quella che era stata  chiamata, a buon diritto, la “Camogli del Ponente”, non esiste più! Per i vicoli e la nuova passeggiata a mare un tempo occupati dai cantieri, una marea di gente “foresta”, i nuovi padroni della Città, si muove confusamente in un ambiente che non sarà mai intimamente sentito come proprio. La scenografia è quella di una nuova generazione che appare sempre più orfana di radici e identità. Con rare e ammirevoli eccezioni.

Incredibile poi la constatazione di quanto si sia rapidamente dissolto il tessuto degli originali nuclei famigliari loanesi, fenomeno  solo in parte dovuto ai lutti  che hanno falcidiato nel corso dell’Ottocento il personale navigante. Non bisogna infatti dimenticare come buona parte della Marineria locale sia finita in fondo all’oceano.

Quanti funerali mancati in una comunità colpita con equipaggi e navi perdute quasi al completo e mai restituiti dal mare! L’apparente benessere della Loano odierna è conseguenza di un sacrificio e lavoro secolare di generazioni che hanno permesso l’affermarsi attuale  del turismo e della industria immobiliare.

Eppure la fisionomia del “Borgo Marina” è rimasta quasi inalterata, almeno nel centro storico vero e proprio, in contrasto con il dolce degradare della collina verso il Monte Carmelo, oggi devastata da condomini senza storia. Sgomento, mi guardo attorno alla disperata ricerca di un passato inafferrabile, quasi archeologico, nell’illusione di un suggerimento o di qualche ispirazione, ma mi rendo conto che l’ azione perversa del tempo mi priva inesorabilmente di quelle fonti attendibili e di testimonianze dirette di cui aveva  beneficiato il Gio Bono Ferrari.

Dovrò seguire un metodo di ricerche capillare e paziente, quello impersonale ed arido dei documenti cartacei, ovunque questi possano ancora trovarsi. Solo così un saggio può avvicinarsi alla Storia. La Marineria di Loano emerge in frammenti riportati alla luce in uno scenario riscoperto e completo che vede protagonista assoluto l’uomo di mare inserito in una marineria dagli aspetti tipicamente locali.

Nel lungo lavoro di ricostruzione non sono stati estranei il muto incoraggiamento di tante vestigia del passato ancora visibili, quelle dei Doria, i loggiati di case settecentesche, i colonnati delle abitazioni patrizie e degli armatori che finiscono per essere al centro di questa vicenda. Frammenti  di storia lentamente si ricompongono in un mosaico che porta lontano alla genesi di una marineria che trovò, a differenza di altre rivierasche, in cantieri, armatori e naviganti, espressioni e valori quasi esclusivamente locali, dalla grande epopea dei Rocca, all’affermarsi dei grandi armatori Accame e di un tessuto cittadino coinvolto principalmente nell’economia marittima, sino al precipitare di un inesorabile declino sul finire del XIX secolo.

Queste pagine, dove i Loanesi ritroveranno le radici di una identità perduta, sono intessute da una lunga sequenza di nomi e di bastimenti, di caparbie intraprendenze armatoriali, di naufragi e di testimonianze ufficiali inedite.

Pochissimi dei cognomi legati alle famiglie che resero florida Loano sugli oceani sopravvivono oggi: Desidero in questa sede ricordarli :  Rocca, Accame, Patrone, Lavagna, Chiozza, Coxe, Genta, Isnardi, Bollorino, Delbalzo, Bellando, Marengo, Podestà, Ferro,  Debernardis, Pendola, Baietto, Molle, Bado, Craviotto, Gandolfo, Ratto, Maggi, Chiappori, Amico, Cerruti, Oliva, Vaccarezza, Vigliani, Oxilia, Bertora , Rosa, Vacca, Rolando, Pizzorno, Calderone, Didone, Taramasso, Garbagna, Repetto, Elice,  Acquamorta, Schiappapietra, Degiovanni, Lanfranco, Balduino, Carrara, Casaccia, Spirito,Torello, Stella, Lertora, Porro, Carli, Borro, Firpo, Dassori, Bianchi, Carmignani, Fassio, Zunino, Sosto, Bertoluzzo, Valerga, Opizzo, Rembado, Tassara, Olivieri, Mexea, Molfino, Maccagli, Boccone, Ferrando, Sereno, Saccone, Passino, Tossino, Puppo, Piccardo, Guastavino, Dell’isola, Rossi, Pedevilla, Vignolo, Demaestri, Ghiglione, Grossi, Lanteri, Magnetto, Martino, Massa, Perasso, Rubado,Traverso, Solimano, Picasso, Merello, Burrone, Ferrari,  Bo’, Ramella, Tallone, Compardo, Marchesani.

Tutti sono stati ricordati in queste pagine. A loro memoria questo lavoro è dedicato, con l’augurio che possa  far rinverdire nei Loanesi la fierezza dei loro avi.

Flavio Serafini


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