Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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‘Vessi’ Portio e dintorni: il suo territorio, caratteri fisici, paesistici, ambientali. 150 grotte con vertebrati endemici, 90 specie di uccelli tutelati, fiori rarissimi


Tornando al Sito di Importanza Comunitaria “Finalese – Capo Noli” (IT 1323201), vediamo come la costa è dominata da falesie, “vive” e “morte” (non più soggette all’azione delle onde), spiagge fossili cementate dall’azione dell’acqua calcarea (beach rocks), terrazzi marini che testimoniano antiche linee di riva, e grotte, come la spettacolare Grotta dei Falsari, generata dall’acqua dolce ma modellata dal mare.

di Alesben B.

Nell’entroterra, un sistema di altipiani carsici si sviluppa ad una quota di circa 300 metri, costituito da una roccia che esiste solo qui: la “Pietra di Finale”, un calcare bianco-rosato ricchissimo di fossili, nel quale si sono sviluppate morfologie carsiche come valli cieche, doline, grotte e caverne al cui interno si sono rinvenute testimonianze di un’antichissima presenza dell’uomo nel territorio.

Una flora speciale e specifica – La Pietra di Finale ha costituito un fattore di isolamento che ha favorito l’originarsi di endemismi, come la campanula a foglie uguali (Campanula isophylla), che cresce solo nelle fessure di questa roccia ed è stata proposta per l’inserimento nelle liste della “Direttiva Habitat“. Sul calcare trovano spazio anche la campanula di Savona (Campanula sabatia), endemica della Liguria occidentale, il vilucchio di Capo Noli (Con-volvulus sabatius), relitto paleomediterraneo raro allo stato spontaneo, e terreni erbosi che ospitano oltre venti specie di orchidee protette a livello internazionale e/o regionale.

Altre specie sono presenti con popolazioni isolate o al limite della propria distribuzione, come il fiordaliso ovoide (Leuzea conifera) e l’afillante (Aphyllanthes monspeliensis). Sopra le rupi e dentro le grotte Nell’area abbondano gli ambienti rupestri, che ospitano comunità vegetali casmofitiche (cioè adattate a vivere nelle fessure delle rocce) e sono siti idonei alla nidificazione del falco pellegrino (Falco peregrinus) e del gufo reale (Bubo bubo).

La presenza di questi uccelli è il motivo del divieto di arrampicata sportiva su alcune pareti di roccia; sono comunque una novantina le specie di uccelli presenti e tutelate da norme internazionali. Nelle oltre 150 grotte vivono diverse specie di invertebrati di rilievo, molti dei quali sono endemici (come gli aracnidi Histopona paleolithica, Chthonius concii e C. gestroi, endemismi puntiformi); sono inoltre presenti diverse specie di pipistrelli ed il geotritone (Speleomantes strinatii).

Animali al limite- Il SIC rappresenta l’area di presenza meglio conservata di alcune specie che si trovano in Liguria al limite orientale della propria distribuzione. Tra i rettili e gli anfibi, la lucertola ocellata (Timon lepidus) ed il pelodite punteggiato (Pelodytes punctatus) sono anche specie rare ed assenti dal resto d’Italia, proposte per l’inserimento nelle liste della “Direttiva Habitat“.

Le aree vincolate ai sensi della Legge n. 1497 del 29/06/1939, ricoprono interamente la parte meridionale del territorio comunale ed hanno come baricentro il Bric Carè. Tutti i versanti di tale culminazione sono quindi soggetti a vincolo ambientale. Anche gli insediamenti gravitanti sui versanti del Coreallo (Magnone), e dello Sciusa (Portio) rimangono compresi all’interno del vincolo.

È stata svolta una indagine geologico-tecnica a livello puntuale, estesa a tutto il territorio, a corredo del Piano Urbanistico Comunale Generale. Scopo dell’indagine è stato quello di fornire, per quanto di competenza, la descrizione fondativa dell’intero territorio comunale, sotto l’aspetto geologico strutturale, geomorfologico ed idrogeologico, sulla base del quale fornire indicazioni inerenti alla sua fruizione insediativa, con particolare riferimento al profilo delle problematiche geotecniche, quali elementi di base per l’elaborazione delle scelte e delle previsioni urbanistiche compatibili con l’esistente assetto del territorio stesso.

Lo studio è stato sviluppato in osservanza delle normative vigenti in materia.

Nel corso dell’iter approvativo del documento urbanistico programmatorio comunale, la Provincia di Savona, in adempimento dell’art. 1, comma 1, del D.L. 180/1998 convertito in L. 267/1998, con Delibera del Consiglio Provinciale n. 27/39198 del 12/07/2001, ha adottato il Piano di Bacino Stralcio sul Rischio Idrogeologico dei bacini idrografici dell’arco ligure specificatamente riguardante l’individuazione delle caratteristiche idrauliche e geologiche del territorio (versante ligure) con valutazione del relativo rischio idraulico e geomorfologico. Tale documento programmatorio è stato poi approvato in via definitiva con D.C.P. n. 43 del 28/10/2002.

Il territorio comunale di Vezzi Portio risulta pertanto inserito nello studio del rischio idrogeologico relativo ai Piani di Bacino di tre diversi corsi d’acqua, rispettivamente il torrente Sciusa, il torrente Crovetto ed il torrente Quiliano e pertanto nella circostanza il presente lavoro è stato integrato anche con la valutazione della natura e della consistenza delle condizioni di rischio idrogeologico gravanti sul territorio comunale come proposto nelle varie cartografie di sintesi allegate ai singoli Piani di Bacino.

Dal punto di vista idraulico è stato utilizzato il materiale relativo allo “Studio di rischio idraulico” per la perimetrazione delle aree inondabili del Torrente Sciusa, redatto dallo studio tecnico Ing. Alberto Ferraris e Ing. Cosimo Versace per conto del Comune di Finale Ligure. Parallelamente si è attivato un processo di analisi bibliografica – i lavori consultati sono citati di seguito e di validazione dei dati in modo tale da disporre di una base affidabile sulla quale impostare l’analisi del rischio geomorfologico.

Infine si sono consultate alcune monografie di cui viene riportata la bibliografia: A.Biancotti – M.Motta (1989): Morfotettonica dell’altipiano delle Manie e zone circostanti (Liguria occidentale). Suppl. Geog. Fis. Din. Quat. , I, 45-68.

A.Biancotti-G.Brancucci-M.Motta: Note illustrative alla carta geomorfologica dell’altopiano delle Manie e dei bacini idrografici limitrofi (Liguria Occidentale).

R.Ajassa-M.Motta: Osservazione sui suoli della zona dell’altipiano delle Manie – Monte – Capo Noli.

G.Pilla-S.Seno (1987): Senso di taglio, direzione di trasporto, mesostrutture nello sviluppo di alcuni sovrascorrimenti brianzonesi (Finalese- Alpi Liguri).

P.Streiff (1956) Zur Geologie des Finalese (Ligurien – Italien) – Mitt. Geol. Inst. Zurich, 67, 1-88.

M. Vanossi: Contributi alla conoscenza delle unità stratigrafiche-strutturali del Brianzonese ligure s.l. I° Le strutture tettoniche della zona tra Bardineto e Noli. Atti Ist. Geol.Univ. Pavia- Vol XXI, 37-66.

G. Vicino (1982): Il Paleolitico inferiore in Liguria. Atti XXIII Riun. Scient. Ist. It. Di Preistoria e Protostoria – 109-122, Firenze

FLORA SPECIALE E SPECIFICA – Quello che vogliamo oggi offrire, a chi ci legge, è una carrellata di specie [flora e fauna] remote che tutt’ora si sono conservate e che rappresentano un territorio le cui origini partano dall’aspetto finalese dal langhiano – serraviliano fino allo stato odierno.

La zona interna è definibile come un altopiano piatto, che a nord delle Manie acquista una sua singolarità. Infatti, circa 25 milioni di anni fa, in questa area esisteva un golfo [33] separato dal mare aperto da una soglia, forse coincidente con l’altopiano delle Manie e della Caprazoppa: le acque di questo golfo possono essere assimilate ad una attuale zona caraibica con acque tranquille, calde, limpide che pullulavano di vita. Con gli eventi successivi che hanno portato ad un ulteriore sollevamento della catena alpina, questo fondo marino è stato sollevato a quasi 400 metri di quota, mantenendo quasi intatto il suo stato originario di giacitura formando un altopiano debolmente inclinato verso sud: l’altopiano di Finale. Una volta esposto agli agenti atmosferici, l’altopiano è stato interessato subito da fenomeni di dissoluzione legati da un lato alla natura stessa della roccia, dall’altro al fatto che la roccia non è compatta, ma vacuolare e talora interessata da fratture generatesi durante le fasi di assestamento della catena alpina nel quaternario.

Una delle forme di protezione che potrebbe essere consona a conservare ed ad incrementarne la presenza degli endemici è appunto l’arresto della perdita degli habitat maggiormente minacciati. La Regione Liguria, in attuazione di due direttive della Comunità europea, ha localizzato, nell’ambito del territorio di propria competenza, un sistema di aree aventi un elevato valore per la biodiversità: sono i Siti di Importanza Comunitaria (SIC), individuati ai sensi della Direttiva “Habitat” 92/43, e le Zone di Protezione Speciali (ZPS), individuate ai sensi della Direttiva “Uccelli” 79/409; il loro insieme costituisce il contributo ligure alla “Rete Natura 2000″ europea.

Campanula di Savona- Questa specie ha fiori formati da una corolla campanulata a cinque petali, di colore azzurro-violaceo chiaro, del diametro di 1-2 cm. Il calice è fittamente ricoperto da un rivestimento di papille (piccole sporgenze dell’epidermide, molto ravvicinate e arrotondate all’apice). Il fusto, erbaceo, è alto 20, 30 cm e porta fiori isolati, all’apice di lunghi rami arcuati verso il basso. Le foglie basali, picciolate, hanno lamina ovale con alcuni denti acuti. Habitat: ambienti sassosi e ben soleggiati, dal livello del mare fino a circa 1000 metri di quota. Distribuzione: specie endemica ligure esclusiva, limitata alle provincie di Savona e Imperia. Protezione: specie a protezione totale ai sensi della Legge Regionale n. 9/84. Fioritura: tra maggio e giugno

Euforbia Arborea –Nel periodo invernale questa splendida pianta forma dei cuscini sferici di colore verde poiché le foglie sono presenti su di essa già a partire dall’autunno; all’inizio della primavera presentano un netto colore giallo, dovuto ai primi fiori che cominciano a sbocciare. All’inizio dell’estate l’Euforbia, prima di entrare in riposo vegetativo, comincia a perdere le foglie che prima di cadere si colorano di rosso. In estate sono degli arbusti privi di foglie e dall’aspetto scheletrico, ma per fettamente vitali e pronti a riprendere in pieno la propria attività ai primi sentori dell’autunno. La defoliazione estiva è un adattamento al clima. Le foglie contengono un lattice urticante che spesso viene utilizzato come acido per bruciare porri e verruche; la sua presenza all’interno dei tessuti rende l’Euforbia poco appetibile, proteggendola così dall’attacco degli erbivori, in particolare delle capre

Villucchio Di Capo Noli – Campanula A Foglie Uguali-  È uno dei fiori liguri più pregiati dal punto di vista ornamentale e scientifico. Vive esclusivamente nelle fessure delle rocce calcaree e dei muri di pietra che caratterizzano un’area di pochissimi km quadrati compresa tra la Caprazoppa e Capo Noli, dal mare sino a circa 400 m. Fiori campanulati azzurri spiccano sulle rosette di foglie cuoriformi e seghettate e creano splendide macchie di colore sulle tonalità chiare del calcare. Fiorisce tra agosto e ottobre. Questa Convolvulacea ha fusto strisciante, con fitti peli rivolti verso il basso. Le foglie, su piccioli di 1 cm, hanno lamina ellittica e le maggiori sono arrotondate. I fiori, con corolla azzurro-violacea e gialla sul fondo, sono riuniti in fascetti di 2 – 5. Fiorisce da aprile a giugno. Vive sulle rupi calcaree litoranee, su terreni aridi e sassosi, dal livello del mare fino ai 300 m di quota. Specie presente in poche località d’Italia, Marocco e Algeria, ma per la quale è difficile stabilire se si tratti di popolazioni indigene. In Liguria attualmente la pianta è nota allo stato spontaneo solo per Capo Noli e immediati dintorni; altrove è stata ampiamente impiegata nei giardini e sulle scarpate da dove è poi sfuggita. Ha significato di specie dell’antica flora mediterranea cenozoica.

Afillante – Pianta erbacea perenne, alta 20-30 cm, dal portamento cespuglioso. Dal breve rizoma basale si elevano numerose foglie giunchiformi, gracili, di colore verde glauco e avvolte alla base da guaine brunastre. I fiori sono portati a 1-3 per volta in fascetti apicali. I tepali (di circa 1,5 cm) sono di un delicato color azzurro pallido. Forma densi cespi, quando è fiorita è inconfondibile Fiorisce tra aprile e maggio Vive su prati aridi e garighe, dal livello del mare a 800 metri di altitudine. la specie, rara, in Italia è presente solo in Liguria occidentale e centro-occidentale (fino al confine tra le province di Savona e Genova) e in qualche località disgiunta del nord-ovest (dal Basso Piemonte al Bresciano) e della Sardegna nord-occidentale. È l’unica appartenente al genere monotipico Aphyllanthes, unico rappresentante nell’area mediterranea di un gruppo sistematico di piante tipiche della flora australiana.

Fiordaliso Ovoide (LEUZEA Conifera)- La Leuzea conifera è una specie tipica della regione mediterranea occidentale. In Italia si rinviene nel Piemonte meridionale, nella Liguria occidentale, in Toscana, Sicilia e Sardegna. Nella nostra regione cresce dal livello del mare fino a circa 1000 metri di quota, in seno a praterie collinari e submontane, assolate, aride e pietrose, dove fiorisce nei mesi di giugno e luglio.

Poche piante hanno un aspetto inconsueto come il fiordaliso ovoide: un fusticino bianco per una fitta copertura di peli, foglie sottili ed elegantemente incise, verdastre di sopra, bianco-lanose sulla pagina inferiore, un capolino grosso ma slanciato, che ricorda nell’aspetto una curiosa pigna di colore chiaro.

La rarità in Liguria, il significato di specie dell’antica flora mediterranea cenozoica, la foggia inusuale e la diffusione lungo tratti di Riviera molto alterati dall’uomo, giustificano una protezione totale.

Anthyllis Barba-Jovis –La Barba di Giove è una pianta perenne a portamento arbustivo che può oltrepassare anche 1metro e mezzo di altezza. Ha fusto eretto e rami legnosi e specialmente i getti giovani sono ricoperti da finissima peluria appressata e setosa, di color bianco argenteo. Le foglie sono composte da 9/19 segmenti lineari-spatolati, lunghe poco più di 1 cm e mezzo e larghe fino a 5 millimetri, ricoperte anch’esse da fitta peluria. I fiori riuniti in vistosi capolini terminali, hanno un luminoso color giallo crema chiaro, avvolti da un involucro di brattee appressate. Il calice campanulato, è lungo 4-6 mm con brevi denti triangolari;la corolla ha forma papilionacea ed è lunga 8/9 mm, con dieci stami riuniti. Il frutto è un breve baccello glabro, piuttosto schiacciato, contenente un solo seme scuro.

La pianta di grande effetto estetico, spesso viene coltivata nei giardini rocciosi costieri. Il suo nome scientifico proviene dal diminutivo della parola greca ‘Anthos’, che significa perciò ‘fiorellino’. ‘Barba Jovis’ è invece un termine latino che si riferisce alla pelosità argentea della pianta che può ricordare la barba di un dio.

Euphorbia Dendroides – Il nome del genere in onore a Euphorbius, medico del Re Juba II di Mauritania nel I secolo a. C. e fratello di Antonius Musa, medico presso l’Imperatore Cesare Ottaviano Augusto; questa attribuzione fu data per il fatto che Euphorbius fu il primo ad utilizzare le piante del genere Euphorbia in campo medico. Il nome specifico dal greco δένδρον (dendron) = albero, col suffisso latino -oides che ha il significato di “somigliante a”, quindi dendroides = “che ha le fattezze di un albero”, con ovvio riferimento al portamento della pianta.

Pianta monoica, caducifolia, a portamento cespuglioso, alta fino a 2-3 m, o poco più, lattiginosa, con chioma spesso arrotondata, densamente ramificata, ma lassamente fogliosa. Fusti semilegnosi con corteccia grigio-brunastra, variamente scabra; ramificazione prevalentemente dicotoma, con rami giovanili bruno-rossastri; nuovi getti erbaceo-lattiginosi, glabri, verdastri-chiari in alto, fortemente arrossati verso la base; rami di più di un anno con evidenti cicatrici fogliari. La ripresa vegetativa avviene all’inizio dell’autunno, in corrispondenza delle prime piogge, con fioritura che avviene nel tardo inverno.

Con l’inizio della stagione secca le foglie si arrossano fino a cadere; il riposo vegetativo lo si ha dunque durante l’estate, essendo questa, nelle regioni temperate mediterranee, la stagione più avversa. Le foglie, portate solo sui nuovi getti e su questi sparsamente disposte, sono sessili; lamina intera, lineare-lanceolata (o lineare-oblanceolata), lunga fino a 8 cm, con apice ottuso, arrotondato, spesso brevemente mucronato; pagina inferiore leggermente più chiara della superiore.

In ciani portati da ombrelle apicali a 4-8 (di rado anche 10-15) raggi, generalmente biforcati (in alternativa doppiamente biforcati); brattee alla base dell’ombrella in verticillo, in genere di 5 elementi simili alle altre foglie, ma di norma meno allungate, e quindi a lamina ovata o ellittico-lanceolata, da concolori alle foglie a verde-giallastre; brattee alla base di ciascuna biforcazione 2, libere, opposte, a lamina da largamente ovata a subrotonda, verde-giallastre. Ciazio sessile, glabro (rarissimamente peloso) con brattee alla base dell’involucro simili, per forma e colore, a quelle alla base delle biforcazioni, ma più piccole, quasi sempre mucronate; nettarii subrotondi, da irregolarmente lobati a brevemente bicornuti, concolori alle brattee alla base dell’involucro, a maturità di un giallo più carico. Fiorisce da settembre a maggio

Lo sviluppo della vegetazione è direttamente collegato al clima della zona, che generalmente varia con l’altitudine. Per questo motivo si parla di piani o orizzonti vegetazionali corrispondenti a determinate fasce altitudinali. La dinamica e l’evoluzione della vegetazione portano nel tempo ad uno stadio finale detto climax, in equilibrio con il clima del territorio. Pertanto ad ogni fascia climatica e altitudinale corrisponde teoricamente un determinato climax. In realtà molti altri fattori come esposizione, morfologia del terreno, uso del suolo, composizione del substrato geologico, incendi, influenze antropiche di vario tipo determinano equilibri vegetazionali diversi.

Il territorio della provincia di Savona presenta, come tutta la Liguria, situazioni climatiche e orografiche molto diversificate in spazi molto ristretti. Per questo motivo anche la vegetazione si presenta sovente “a mosaico” e le diverse fasce spesso si compenetrano tra loro, influenzate anche dell’intervento umano, che nella maggior parte dei casi costituisce un fattore determinante.

Queste repentine variazioni ecologiche si riflettono anche sulla distribuzione dell’erpetofauna rendendo così possibile la presenza in pochi chilometri di specie spiccatamente termofile e di specie mesofile.

[by Prof. Ettore Arch. Bianchi – pag. 75 + bibliografia]

 


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