Si può trovare una linea di confine nella storia recente di Savona, dalla Liberazione ad oggi. Pubblichiamo la prima parte del “Progetto e Visione per Savona”, in via di elaborazione, da parte del “Rosso non è il Nero” che conferma l’appoggio al ‘Patto per Savona’ proposto dal candidato sindaco avv. Marco Russo.
di Franco Astengo
Si può trovare una linea di confine nella storia recente di Savona, dalla Liberazione ad oggi.
Fatta salva la constatazione di limiti e contraddizioni che hanno attraversato l’intera storia dell’amministrazione cittadina la differenza tra le giunte di sinistra in carica (salvo brevissima parentesi) tra il 1945 e il 1993 e quelle successive rette dal centro-sinistra tra il 1998 e il 2016 (sarebbe un eccesso di generosità formulare giudizi sull’amministrazione in carica) si può riassumere come residente nella diversità di concezione dell’interesse generale e nella differenza di rapporto con gli interessi costituiti delle corporazioni imprenditoriali.
Nel primo caso, tra il 1945 e il 1993, si ricercò comunque di perseguire un quadro di interessi collettivi in una Città sostanzialmente omogenea dal punto di vista della composizione sociale; nel secondo caso, quello racchiuso nella fase a cavallo del nuovo secolo, si è evidenziata una sostanziale subalternità a interessi di carattere particolaristico e privato in una Savona assolutamente trasformata dal punto di vista sociologico in una dimensione di complessità (invecchiamento, immigrazione) dovuta alla crisi industriale.
E’ necessario allora tornare all’impostazione originaria, quella dell’interesse e della regia pubblica, coniugandola con una forte capacità d’innovazione progettuale e di visione, cogliendo un dato di fondo: la sfida fondamentale che proviene dall’emergere del nuovo paradigma tecnologico.
Quella sfida che sta nello spostamento verso il modello di crescita e sviluppo fondato sulla “Città inclusiva”.
Attorno all’idea di un ritorno all’idea dell’interesse generale debbono essere raccolte le forze migliori di cui può disporre in questo momento la società savonese, evitando accuratamente un richiamo alla stagione del privato particolaristico nel corso della quale si è realizzata l’ultima fase di accelerato declino.
Franco Astengo
RICEVIAMO E VOLENTIERI PUBBLICHIAMO – Stimo Franco Astengo come un attento analista politico e un profondo conoscitore dei temi cittadini. Mi stupisce la sua banalizzazione del tema che ho espresso in questi giorni. Io metto in discussione un modello di competizione elettorale fondato solo sulla contrapposizione e sul pregiudizio. Se avessimo parlato, come faccio con molti, non avrebbe scritto quelle cose. Semplicemente credo che l’amministrazione di questa Città non possa più permettersi di fare a meno del contributo di idee e della collaborazione operativa di quella parte della sinistra che ha molto da dare e da dire. Tra questi, gli piaccia o no, c’è anche lui. Ma bisogna volerlo.
Dario Amoretti
DA SERGIO RAVERA (FACEBOOK) – Alle elezioni politiche comunali dell’anno in corso, auspico che i vari candidati Sindaci ricordino che Savona-Vado è un unico emporio marittimo-portuale. Dividerli significherebbe l’impossibilità anche nel prossimo futuro di riprendere la nostra autonomia.
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ECCO LA PRIMA PARTE del “Progetto e Visione per Savona” in via di elaborazione da parte del “Rosso non è il Nero” che conferma l’appoggio al Patto per Savona proposto da Marco Russo.
Nell’allegato si trovano, oltre alla premessa, il prologo e l’introduzione , capitoli già resi pubblici anche i punti riguardanti la Comprensorialità, l’Economia, il Lavoro, la Collaborazione Pubblico/Privato e il Piano Strategico “Savona 2030”, Portualità, Rete Commerciale,Decentramento e Partecipazione, Quartieri e Qualità della Vita, Sanità. Cultura, Integrazione e Completamento dei percorsi culturali, Quotidianità, Sicurezza, difesa dell’ambiente, Traffico.
In via di elaborazione i capitoli relativi al Rilancio del Centro cittadino con al centro un progetto di riqualificazione per lo smart working il recupero dei contenitori storici, il rapporto Città/Università la situazione abitativa, il risparmio energetico, la macchina comunale, il bilancio, le aziende partecipate, la scuola e i servizi sociali, il ruolo dell’istituzione e le funzioni di Sindaco, Giunta, Consiglio Comunale.
“La sinistra savonese deve recuperare la capacità di immaginare un futuro diverso per la Città, per risollevarla dalla fase di declino che sta attraversando.In questa direzione la prossima scadenza elettorale per il rinnovo del Sindaco e del Consiglio Comunale rappresenta soltanto un primo passo verso una visione di “pensiero lungo”, che ridisegni il volto di Savona nei prossimi decenni, facendola nuovamente diventare una città socialmente viva e bella.Si tratta quindi di promuovere la presenza della sinistra nella prossima competizione elettorale in un afflato di grande respiro ideale nel quale ritrovare anche le proprie radici ed il senso di un’appartenenza. Il nostro primo obiettivo, naturalmente, è quello di far comprendere ai cittadini perché diventa improcrastinabile combattere e battere questa destra e la sua attuale, rissosa e fallimentare gestione amministrativa.Grazie per l’attenzioneil gruppo “Il Rosso non è il nero” (riferimento al sito: www.sinistrasavonese.it)
“IL ROSSO NON E’ IL NERO”:
UN PROGETTO E UNA VISIONE PER LA CITTÀ DI SAVONA
PREMESSA, PROLOGO, INTRODUZIONE
In questa occasione rendiamo di pubblico dominio la premessa, il prologo e l’introduzione del “Progetto e Visione per la Città di Savona” elaborato dal nostro gruppo.
L’intento è quello di fornire una prima possibilità di presa di conoscenza attraverso un testo cui seguirà nei prossimi giorni un documento completo, all’interno del quale proveremo a declinare il complesso degli aspetti sui quali sarà chiamata a intervenire la futura amministrazione comunale che uscirà dalle urne si presume nella prossima primavera cercando anche di intrecciare il “pensiero lungo” che è necessario esprimere e le proposte di soluzione per le esigenze più minute di quotidianità comune.
E’ noto e confermato il nostro appoggio al “Patto per Savona” presentato da Marco Russo, il nostro intento di contribuire a costruire una larga alleanza democratico – progressista e in quest’ambito fare in modo che si evidenzi una presenza di sinistra unitaria autorevolmente qualificata sul piano progettuale.
PREMESSA
Per risollevare le sorti della nostra Città non basta un programma di cose da fare ma occorre un vero e proprio progetto innovativo e di lunga durata, che spezzi definitivamente l’attuale apatia.
Occorre, in altre parole, una nuova idea di Città da costruire attraverso il confronto con le altre forze politiche, sociali e culturali, ed a questo proposito la sinistra savonese deve mettere in campo uno sforzo notevole di immaginazione e intelligenza.
Offriamo quindi questo livello di elaborazione alla discussione delle forze politiche, delle associazioni, delle imprese, delle professioni e delle diverse intelligenze e sensibilità che intendono muoversi per imprimere una alternativa e una svolta all’amministrazione della Città in vista delle elezioni comunali 2021.Affrontiamo questa fase della nostra vita sociale e politica al centro di un’inedita emergenza sanitaria, mentre vediamo crescere attorno a noi rancore, contraddizioni e disuguaglianze che dobbiamo essere capaci di combattere all’interno di un progetto di profonda ricomposizione e trasformazione sociale.
Il nostro obiettivo è quello di contribuire a realizzare, sia pur nell’ambito di una comunità locale, elementi concreti di uguaglianza, solidarietà, sostenibilità, per un equilibrio nuovo nella vita delle persone e con l’ambiente.Attraverso le note che seguiranno cercheremo di connettere ancora una volta i termini più alti della nostra cultura politica coniugando con intelligenza pessimismo della ragione e ottimismo della volontà.
PROLOGO – “La Savona che vorrei”, “Interrogativi e osservazioni di partenza” e “La sinistra e Savona”
Prima di entrare nel merito delle diverse proposte vogliamo esporre alla riflessione alcune considerazioni di partenza che aiutano a cogliere l’idea di Città che abbiamo in mente, come luogo positivo di crescita, di vita e di lavoro, con i suoi avanzati rapporti personali e sociali.
La Savona che vorrei
Non è facile per nessuno realizzare un pensiero critico sulla propria piccola cittadina di provincia in quanto ricordi quasi onirici riportano alla serenità fanciullesca degli asili con le vetrofanie Disney (fatte a mano da amorevoli maestre) o alle canzoni dei Pink Floyd o di Bob Dylan cantate a squarciagola da ragazzi.
Dopo, crescendo, se ne sono andati in molti, a studiare e lavorare fuori, tutti evasi alla ricerca di una proposta culturale meno stereotipata o di un impiego meno precario, da trovare nelle grandi metropoli del Nord o – più modestamente – a Genova. Chi è arrivato più lontano, lo ha fatto per non fare ritorno. Savona ha cresciuto, ma non formato, le ultime generazioni.
Solo oggi, solo per coloro che hanno scelto di rimanere o di tornare sotto la Torretta, la ricerca di una vita savonese più bella si fa reale e tangibile.
Negli ultimi mesi, a fronte di un’emergenza sanitaria mondiale, incontrollata e spaventosa, si è riscoperto che la vita in provincia va oltre il tedio ed offre, per chi sa coglierle, anche grandi esperienze positive. Grazie allo smart working, a tempi di vita più ragionevoli e ad un approccio alla città fondamentalmente umano, si possono apprezzare i vantaggi di un orizzonte magari più limitato, ma certamente rassicurante, e di una vita più appagante. La Savona che vorremmo, soprattutto, coopera. È la città solidale, antifascista, ribelle dei racconti dei nostri nonni.
È una famiglia sincera che può dare solo quel che ha, ma lo fa con la consapevolezza che l’appartenenza conti.La Savona del domani sono i suoi giovani, quelli tornati, quelli che, ostinati, sono rimasti, quelli che credono che la grandezza risieda nei piccoli luoghi e nelle piccole cose. Savona resta se stessa se sa ritrovare se stessa, diffidando da chi la propone futuribile ma distonica. Savona è fedele, perché anche i nostri bambini possano farne parte, ma Savona deve crescere, perché se anche i suoi giovani decidono prima o poi di partire, alla fine, comunque, scelgano di tornare.
Interrogativi e osservazioni di partenza
Immaginare la Città per i prossimi anni ci impone di iniziare da alcuni interrogativi e da alcune osservazioni di fondo.
Non abbiamo più la piena titolarità della Camera di Commercio ma ci sono i commercianti, le piccole imprese, gli artigiani, gli imprenditori agricoli.Così come non abbiamo più la piena titolarità (e la sede) dell’Autorità portuale ma abbiamo i lavoratori dei servizi portuali, le imprese che nel porto lavorano, gli autotrasportatori, gli spedizionieri.
Non abbiamo più una banca cittadina, ma quanti se ne sono accorti nell’era delle banche online e dell’espansione delle concentrazioni bancarie?Abbiamo bisogno di occhi nuovi per leggere un presente che si è fatto talmente complesso (ed instabile) da necessitare di nuove categorie di analisi. Che città è oggi Savona da un punto di vista economico, demografico, culturale? Chi la abita? Quali bisogni esprime?
Come far diventare il problema demografico elemento di sviluppo economico e tecnologico cercando risposte a bisogni tradizionali con il ricorso alla tecnologia? Come far sì che Savona torni ad essere capoluogo di Provincia, anche dal punto di vista economico e non solo amministrativo, accentuando il suo carattere di fornitrice di servizi ed opportunità a tutto il comprensorio?
Come far valere uno “sguardo giovane” nella città che offra luoghi di crescita vera, generando nuove occasioni di scambio e crescita reciproca in un incrocio virtuoso ( giovani/anziani, cultura/culture, lavoratori/imprese, artigianato/industria/commercio, persone) ?
La Savona di Sinistra
Savona deve ritrovare se stessa per vivere con fiducia e serenità il proprio tempo
Savona è città antica, a tratti nobile, a tratti appartata e ritrosa, a tratti vivace e curiosa, a tratti stanca e depressa, come i suoi abitanti, come la sua gente, ricca di storie, di tradizioni, e, ora, di aspettative. Ma Savona negli anni’70 aveva inventato anche la più formidabile, e mai più eguagliata, delle risposte al terrorismo, senza corpi speciali e super squadre ha fatto tacere le bombe, le ha disinnescate col semplice esserci.
La sua gente è uscita di casa, si è organizzata, si è parlata e si è capita, si è guardata negli occhi ed hanno vinto la solidarietà e l’uguaglianza: non si è di parte, si è parte della città, contro il terrore. Ed inizia un tempo di partecipazione: i quartieri, le circoscrizioni, la gestione del Comune più vicina, più a casa.
Non la rivendicazione di qualcosa che qualcuno con sopraffazione ci ha tolto ma un diritto, un bene che forse è di tutti, è comune e pertanto anche nostro, di ciascuno.
E sono nati i servizi sociali, gli asili nido, le scuole d’infanzia, i consultori, le mense aggiungendosi
alle società di mutuo soccorso e ai circoli come centri di aggregazione e di vita sociale, collettiva.
Si sta meglio quando si sta insieme: sono, questi, servizi che mettono insieme, che ci accomunano e noi individui diventiamo qualcosa di più, un gruppo, una compagnia, una comunità.
Ma poi sono venute le esigenze di bilancio, gli “equilibri finanziari”, i tagli e i servizi sono diventati nuovamente individuali, e siamo nuovamente a rivendicare quella che era una realtà oramai acquisita.
Savona ha inventato un suo modo di aprirsi, di accogliere e di integrare: in tanti sono venuti, nel Novecento e prima, dalle riviere e dall’entroterra, dal Veneto, dalla Toscana, dalla Lombardia, tantissimi dal Piemonte e poi dal Sud e dalla Sardegna e Savona si è ingrandita. Nuovi edifici, in verità non sempre belli, e strade e traffico e trasporti e confusione e tanta vitalità.
Allora Savona ha saputo e voluto guardare a ponente di Zinola, lo aveva già in testa dalla fine dell’Ottocento, al di là di Legino verso Vado e Quiliano, oltre la Madonnetta verso le Albisole e mettere insieme idee, progetti, modalità, intese perché potesse esserci sviluppo sì, ma equilibrato, scelte oculate che non rinchiudono nel recinto del proprio orto, perché mettersi insieme può convenire, può essere utile, magari anche per evitare di nuovo errori che erano stati fatti.
Perché accogliere ci ha sempre reso più forti, e più ricchi, e migliori.
Comprensorialità l’abbiamo chiamata.
Si è persa, strada facendo, occorre ritrovarla.
Savona inventa e anche sperimenta un meccanismo di confronto, e di intese, tra i tanti e diversi che vivono e operano in città. Lavoratori, imprese, commerci, arti, mestieri, professioni e tutti hanno esigenze, interessi, cose proprie che spesso sono diverse, distinte, talvolta confliggono.
Incontrarsi, parlarsi, discutere, anche litigare ed infine decidere. A chi tocca?
All’amministrazione comunale, Sindaco, Giunta, Consiglio, soprattutto questo, che quasi sempre tirano le fila anche se non sempre con pieno successo.
Abbiamo detto che questa cosa è qualità della città, qualità complessiva, democrazia.
E un po’ ci piace poterne essere partecipi.
Savona diventa quelli che vincono a pallanuoto, quelli che trasformano il Priamar dalla ‘fortezza’ inaccessibile e ingombrante, fardello del dominio genovese, in ‘leggerezza’ delle sere estive tra spettacoli e frittelle, quelli che fanno cineforum e mostre d’arte, quelli che strusciano e si incrociano sotto le bacheche de L’Unità in via Paleocopa, quelli che affogano nei frappè di piazza Chabrol, la farinata o le fette di panissa di via Pia… Savona ha un cuore grande di generosità nella vasta area delle associazioni e del volontariato.
Ce ne sono talmente tante che viene da immaginare una persistente circolazione di uomini e donne e giovani ed anziani con le loro idee, aspirazioni, volontà, sentimenti tale da rendere il corpo della città minutamente ossigenato da vitalità ed energia. Non oggi. Oggi quella circolazione appare in affanno, in difficoltà, contrastata, affogata nella diffidenza verso gli altri, i vicini, o nell’odio verso quelli che vengono più da lontano, che sono (sembrano) diversi.
Oggi la città pare orfana di queste, e molte altre, invenzioni e qualità; oggi è smorta, confusa, ad un passo dal declino, oggi appare senza una visione del domani, priva di guida e di confronto (e di conforto), oggi si perde nella curva cieca, nel punto più acuto dello sbandamento e dell’incertezza da quando ha visto prima l’indebolimento, e poi la scomparsa, delle manifatture e dell’industria.
Eppure anche oggi li conosciamo i tanti che sono come quelli che se vedi uno che scivola e cade e prende una straccionata per terra, prima rimani lì indeciso, ma subito dopo scatti e gli presti soccorso, gli dai una mano a tirarsi su, e ti sei accertato che non sia messo peggio e ti rendi conto che la cosa ti interessa davvero e te ne prendi cura. Ecco appunto gli dai una mano non tanto perché sei generoso ed altruista, forse lo sei anche, ma perché è nella natura umana, nella ragione che gli uomini hanno e che produce cultura e sapere, mettersi insieme, fare società e comunità, vincere le spinte potenti dell’egoismo, dell’odio e della violenza, far prevalere la solidarietà sulla sopraffazione. E questo è un atto sociale di volontà, è il compito degli uomini e delle donne di buona volontà. È il lavoro che la Sinistra oggi ha di fronte a Savona e nel mondo che sempre più ha bisogno, nel progresso, di uguaglianza e giustizia sociale, ha bisogno di una società nuova.
INTRODUZIONE- UNITA’ E PROGETTO
Il “Patto per Savona” presentato da Marco Russo rappresenta il punto di riferimento per realizzare un vero momento di svolta nell’amministrazione comunale di Savona.
La realizzazione di questo obiettivo presuppone un’articolazione di forze particolarmente ampia e coesa, caratterizzata da una innovativa proposta progettuale capace di realizzare un vero e proprio “avanzamento strategico”.
La sinistra savonese deve saper uscire dalla logica della ricerca della mera rappresentanza, assumendo la dimensione di un soggetto ben visibile e fortemente capace, sul piano della progettualità, di risultare determinante nell’ambito della coalizione al fine di garantire una capacità innovativa nel governo della Città.
E’ questo il senso della proposta per una “Sinistra Savonese: Unità e Progetto”.
Abbiamo davanti una triplice dimensione di impegno:
- a) avanzare una proposta di governo rispetto al fallimento che il centro – destra ha fatto registrare nel corso della tornata amministrativa che sta per concludersi;
- b) segnare un vero e proprio salto di qualità anche nei confronti delle precedenti amministrazioni di centro – sinistra;
- c) fare in modo che la sinistra disponga di una propria identità fondata sulla fuoriuscita da una dimensione minoritaria nella quale, purtroppo, è parsa costretta da diverso tempo
Tutto ciò può essere tradotto in concreto lavorando per realizzare una progettualità complessiva, non limitata a singoli interventi disordinatamente raggruppati tra loro.
E’ il caso però di precisare e declinare al meglio le principali linee progettuali partendo da alcuni punti che possano costituire, per così dire, una sorta di “marchio distintivo” per il progetto medesimo.
Saranno tre gli assi portanti della nostra visione per il futuro della Città:
1) Il tema della comprensorialità legata alle questioni dell’economia, del lavoro, della portualità, delle infrastrutture;
2) Decentramento e partecipazione;
3) Rilancio del centro cittadino
Su queste basi decliniamo alcuni titoli di iniziativa:
1) Savona deve impegnarsi attivamente per l’attuazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, cercando inedite collaborazioni tra il pubblico e il privato promuovendo anche opportunità come quella della scelta come Città capitale italiana della Cultura;
2) Savona deve uscire dalla subalternità rispetto a Genova, da sempre vera e propria “Città Regione” e recuperare anche per l’amministrazione comunale un ruolo di rappresentante degli interessi dei suoi abitanti nei confronti delle altre istanze di governo a livello centrale e periferico;
3) Savona deve attrarre nuovi residenti stabili, tornando a far crescere la propria popolazione elevando la qualità complessiva della vita e dell’aspetto cittadino, sviluppando la presenza culturale, offrendo le migliori condizioni complessive al lavoro da remoto che rimarrà come vera e forma di nuovo stile di vita anche al momento (auspicato) di termine dell’emergenza sanitaria;
4) Dovrà realizzarsi un impegno per un’adeguata offerta di servizi sanitari, difendendo il patrimonio di professionalità ed eccellenze rappresentato dall’Ospedale San Paolo e ritornando ad estendere sul territorio i servizi socio sanitari.
5) Scuola, asili, servizi sociali rappresenteranno altri aspetti fondamentali di un impegno complessivo per il recupero di una capacità di risposta dell’amministrazione pubblica ai grandi bisogni sociali.
LINEE PROGETTUALI E PROGRAMMATICHE
- Comprensorialità, Economia, Lavoro
La questione della comprensorialità appare come quella decisiva per affrontare le principali sfide che la Città ha di fronte a sé. L’ampiezza territoriale del comprensorio savonese deve estendersi oltre a quella che, a suo tempo, fu definita nel PRIS (Piano regolatore intercomunale del savonese). Occorre allargare l’orizzonte soprattutto verso la Valbormida ed il Levante per far sì che l’insieme delle questioni economiche e delle presenze produttive siano affrontate a quel livello.
Gli strumenti da utilizzare dovranno essere decisi di comune accordo da tutti i soggetti del comprensorio, ma a questo proposito potrebbe essere utile pensare ad una Associazione di comuni del Savonese e delle Bormide che gestisca i servizi per i quali è necessario un intervento di più ampia scala.
Dalla comprensorialità derivano:
- a) l’uscita dall’isolamento affrontando, attraverso una più ampia programmazione territoriale, il tema delle infrastrutture, dell’utilizzo delle aree industriali dismesse e della protezione dell’ambiente;
- b) un diverso approccio al tema dell’area industriale di crisi complessa rispetto al quale va reclamato immediatamente un ruolo per il Comune capoluogo, fin qui completamente ignorato.
Nel ragionamento riguardante l’area di crisi complessa debbono essere inseriti due punti assolutamente imprescindibili e decisivi: quello del ritorno alla presenza di realtà produttive fortemente misurate sull’innovazione tecnologica e quello di di una forte capacità di espressione di conoscenza e di sostenibilità sociale e ambientale;
- c) il confronto con l’Amministrazione Provinciale che non può rimanere, avendo mantenuto la Provincia il rango costituzionale (ancorché con elezione di secondo grado), nell’attuale posizione assolutamente marginale sia rispetto al coordinamento delle istituzioni sia nella programmazione del territorio;
- d) l’elaborazione progettuale sui temi dei raccordi ferroviari (in particolare verso il Piemonte, con il raddoppio della linea), della viabilità ordinaria (pensiamo al completamento dell’Aurelia bis) e autostradale, del trasporto pubblico, del ciclo delle acque e dei rifiuti. Temi che non possono essere affrontati in una dimensione territorialmente ristretta e seguendo soltanto inaccettabili logiche privatistiche.
I recenti dati statistici del mercato del lavoro indicano una leggera flessione dell’occupazione in Liguria anche se il tasso di occupazione rimane sostanzialmente stabile. Vi è una leggera prevalenza di nuova occupazione femminile, probabilmente legata ad attività di cura delle persone.
Il numero dei disoccupati diminuisce, probabilmente in ragione del lockdown che ha limitato gli spostamenti e perché in tanti hanno rinunciato di cercare attivamente un’occupazione. Riguardo alle forme contrattuali di lavoro subordinato utilizzate, prevale il tempo determinato (50,3%), seguito dal tempo indeterminato (25,6%) e dal lavoro flessibile (20,5%) che comprende: lavoro in somministrazione (in prevalenza), collaborazioni e lavoro intermittente.
Nel contesto industriale savonese, che è sostanzialmente in linea con il dato nazionale vi sono alcuni punti di forza:
- Forte posizionamento nel comparto industriale;
- Una rinascita delle offerte lavorative rispetto al resto della regione;
- Forte propensione all’export;
- Capacità attrattiva del settore turistico (sul podio regionale per numero di notti prenotate);
- Buone competenze nel campo della manifattura e dell’energia, anche grazie al Campus Universitario (la media laureati/diplomati è superiore alla media nazionale).
I punti di debolezza sono:
- infrastrutture inadeguate, con rischio di isolamento;
- forte decremento demografico, con aumento importante della fascia di età vicina al pensionamento;
- mancanza di una visione strategica del territorio sul medio/lungo termine;
- mancanza di figure professionali qualificate e formate per sostenere lo sviluppo del territorio.
Indipendentemente dal Covid, pare di notare un certo ottimismo da parte delle Imprese. Non articolano grandi progetti, ma si nota che hanno intenzione di guardare al futuro con maggior fiducia rispetto a quel che spesso ci viene comunicato dai mezzi d’informazione.
La vera difficoltà non è solo quella di far incontrare domanda e offerta, ma far sì che entrambi gli attori in scena (datore di lavoro e lavoratore) si vengano incontro su più piani: contrattuale, sociale, umano.Questa è una sfida più culturale che economica, ma è una strada che occorre percorrere per uno sviluppo sociale e lavorativo davvero sostenibile.
- Collaborazione pubblico/privato – Piano strategico “Savona 2030”
L’amministrazione comunale, pur mantenendo il fondamentale ruolo di indirizzo e programmazione, necessita di ritrovare un rapporto sinergico con le categorie economiche industriali, commerciali e artigiane, con il mondo del lavoro e con gli imprenditori per poter rimettere in moto la Città verso occasioni di sviluppo, anche attraverso gli strumenti dell’area di crisi complessa e le risorse del cosiddetto “Recovery plan”.
Se prestiamo fede alle prime proposte sembra che Savona rimanga marginale rispetto all’utilizzo di queste risorse e, soprattutto, che si tratti di interventi calati dall’alto che hanno ben poca incidenza sullo sviluppo della Città e sull’impiego di imprese e lavoratori del comprensorio.Occorre quindi aprire un confronto serrato con la Regione ed il Governo cercando di esercitare una forte pressione per individuare specificità territoriali, economiche e sociali su cui intervenire prontamente.
Lo strumento da utilizzare per immaginare e progettare la Città nuova può essere quello di un piano strategico che potremmo definire “Savona 2030”, mettendo l’accento sulla prospettiva di lunga durata del lavoro da fare attraverso il coinvolgimento dei cittadini, dei lavoratori, delle imprese e l’utilizzo di tutte le professionalità disponibili. A questo proposito occorre un vero e proprio disegno di collaborazione pubblico/privato in cui coinvolgere oltre alle aziende e le organizzazioni sindacali, anche l’Università, le forze della cultura, i soggetti sociali, la cittadinanza tutta. Le indicazioni di sviluppo dovranno essere comprese nel modello “sostenibile” identificato nell’Agenda 2030 dell’ONU.
In primo luogo bisogna insistere per il raddoppio della ferrovia da Savona verso il Piemonte, l’allaccio ferroviario della piattaforma Maersk, il casello autostradale di Vado Ligure, il completamento dell’Aurelia bis ed interventi di riassetto e rigenerazione urbana, a partire dal recupero dei contenitori storici, decisivo per far tornare Savona e il suo comprensorio ad essere centro appetibile per l’insediamento di attività produttive nel settore delle nuove tecnologie, incrementando quindi popolazione e soprattutto occupazione ed impieghi di qualità. Va tenuto presente il fenomeno della forte liquidità presente nei settori finanziario e assicurativo: la capacità progettuale dell’amministrazione dovrà rappresentare un forte stimolo agli investimenti nell’ottica dell’intreccio tra programmazione pubblica e iniziativa privata.
2.1 Portualità
La questione della interconnessione tra il porto (anzi i porti) e il comprensorio è elemento assolutamente decisivo in una prospettiva di rilancio dello sviluppo. In questo senso risulta assolutamente decisivo il tema delle infrastrutture, già affrontato in questa sede nel richiamo alla comprensorialità.
Per quel che riguarda la vecchia darsena appare indispensabile attivare un livello di traffico commerciale in modo da non dipendere esclusivamente dall’attività delle crociere rivelatasi esposta a una fragilità strutturale come abbiamo ben visto nel corso di questa emergenza sanitaria. Occorre affrontare la questione dell’accorpamento dell’Autorità Portuale con Genova non nel senso di proporre un semplice ritorno al passato ma per rivendicare un ruolo forte del bacino portuale di Savona-Vado come fattore complessivo di sviluppo dell’intera portualità ligure. Un compito non facile al riguardo del quale l’amministrazione comunale deve mettere in campo strumenti di pressione, di iniziativa e di intervento.
2.2 Rete Commerciale
- a) Esercizi commerciali
La normativa vigente in materia – di forte liberalizzazione – non consente molti interventi pubblici nel guidare il fenomeno delle aperture di nuovi locali. Nel passato, con un commercio sottoposto a contingentamento, operando su singole zone o specifiche tipologie merceologiche, si potevano meglio programmare le presenze di attività sul territorio, guidando le scelte degli imprenditori.
L’avvento ed il proliferare dei contratti di franchising che di fatto ha trasformato i titolari dei negozi (soprattutto del settore abbigliamento) in dipendenti dei marchi più diffusi, ha fatto venir meno lo spirito di iniziativa del singolo e la ricerca di una specifica qualità e mortificato quel rischio di impresa che costituiva l’elemento più importante della vitalità del settore. La contemporanea diminuzione delle piccole imprese artigiane sartoriali, messe fuori mercato dall’avvento della globalizzazione, con annesso sfruttamento della manodopera a basso costo, ha standardizzato l’offerta, riducendone il pregio.
Sono pochissime le realtà di soggetti che ancora creano prodotti in autonomia e riescono ad offrire un prodotto di qualità. I prezzi però si rivolgono necessariamente ad élite e non al grande pubblico. Questi soggetti lavorano, ma sono veramente una minoranza non significativa nel quadro generale. Il fenomeno delle vendite on-line ha aggravato la situazione. Si è puntato sui prezzi contenuti (anche qui sfruttamento della manodopera e riduzione massima dei margini di guadagno delle imprese produttrici a tutto vantaggio della distribuzione) e sulla comodità del servizio direttamente a casa.
Il settore alimentare ha risentito molto del proliferare di supermercati di vario genere (soprattutto hard-discount). Questa forma distributiva certamente può offrire prezzi più bassi, anche se, pure in questo caso, a discapito della qualità, ma il commercio tradizionale non ha saputo reagire puntando sul servizio al cliente (accoglienza, consegna a domicilio, ecc.). In ogni caso non vi è più spazio per nuovi insediamenti della grande distribuzione.
La catena distributiva dell’ortofrutta di prossimità è molto ridotta, il mercato all’ingrosso non è attrattivo per la produzione locale, si è visto il proliferare di piccoli esercizi soprattutto da parte di migranti (alcuni anche di una certa qualità) che hanno loro canali di approvvigionamento, lontani dalla città, anche se efficienti. Fuori dall’ortofrutta stanno reggendo solo negozi specializzati con prodotti di qualità, ma ovviamente rivolti ad una cerchia non ampia di consumatori.
In queste condizioni l’amministrazione comunale deve proporsi di aiutare i piccoli negozianti a migliorare la qualità, a promuovere i prodotti tipici ed a costruire una rete di servizi (dalla consegna a domicilio alla creazione di campagne promozionali mirate, all’utilizzo delle vetrine per pubblicizzare attività pubbliche stimolando anche le associazioni di categoria che non sempre in questo periodo hanno saputo sostenere od indirizzare i loro associati.
- b) Nell’insieme è fin qui mancata una capacità d’accoglienza rispetto al turismo e in particolare verso quello crocieristico. In funzione dell’offerta commerciale va stimolato e promosso una processo di riqualificazione nella professionalità degli operatori. All’amministrazione comunale spetterebbe proporre un’analisi della possibile domanda al fine di favorire d’intesa con i soggetti associativi un adeguato livello di programmazione della presenza commerciale.
- c) Commercio ambulante
Questo settore è sempre stato il più reattivo e flessibile rispetto alle situazioni di crisi, ma oggi risente sia del calo complessivo dei consumi che della scelta di aver spostato il mercato settimanale (da sempre vero polo attrattivo per gli abitanti della città e del comprensorio) nelle vie del centro. L’operazione ha avuto l’effetto di disperdere i banchi su una superficie vastissima senza alcun collegamento logico, smembrare la “piazza del mercato” da sempre carta vincente della categoria, creando notevolissimo disagio alla clientela (che spesso non riesce nemmeno a valutare e confrontare le offerte presenti) e aggravando la situazione economica degli operatori sin quasi alla distruzione una aggregazione commerciale che ancora offriva una certa risposta alle esigenze di acquisti dei cittadini.
Bisogna lavorare di concerto con la categoria per trovare soluzioni alternative diverse e più valide, come ad esempio quelle di tendere a concentrare i banchi nella zona di Corso Italia con le sue vie laterali più prossime, Piazza Pertini, Piazza Sisto IV e Piazza Giulio II con l’obiettivo della pedonalizzazione del centro cittadino.
- d) Bar/ristoranti
Il settore dei pubblici esercizi è spesso privo di specializzazione e non riesce a fornire un’offerta di particolare livello, selezionando i prodotti, anche tipici, e valorizzando la qualità. Anche in questo settore hanno fatto la loro comparsa catene di fast-food, con conseguente standardizzazione dell’offerta. Occorre quindi che l’amministrazione adoperi tutti gli strumenti a sua disposizione (concessioni di suolo pubblico, imposte comunali, incentivi, ecc.) per orientare il settore al rispetto di elevati standards igienici, all’impiego di personale regolarizzato ed alla applicazione della contrattazione collettiva, nonché alla ricerca di una migliore qualità, anche mediante l’utilizzo e la promozione dei prodotti tipici della cucina e del territorio ligure.
- Decentramento e partecipazione
La riflessione sul tema del decentramento deve partire dalla constatazione del fallimento fatto registrare dai tentativi fin qui svolti per ritrovare una qualche funzione dopo la chiusura delle Circoscrizioni. Chiusura delle Circoscrizioni avvenuta in una fase di vera e propria “furia iconoclasta” rispetto a soggetti istituzionali utili e non certamente costosi o fonte di spreco.
Debbono essere definite alcune caratteristiche riguardanti un’ipotesi di decentramento cittadino:
- a) il punto di partenza in materia di decentramento può essere costituito dalla riproposizione degli antichi “quartieri”, tenuto però conto della diversa configurazione sociale affermatisi nel corso degli anni e della necessità di coordinare i livelli di partecipazione popolare (assolutamente indispensabili e da valorizzare nelle diverse forme associative) con la necessità di adottare tempestivamente ed in modo concreto scelte amministrative per affrontare le esigenze del territorio;
- b) l’obiettivo complessivo non può essere che quello di un raccordo tra centro e periferia e la migliore vivibilità della periferia stessa, dotata di singoli centri di aggregazione per cui occorre ricercare alcune vere e proprie “vocazioni” sulle quali impostare un progetto di riqualificazione del decentramento cittadino che potrà realizzarsi attraverso la presenza di uffici decentrati e di figure formate per essere idonee a svolgere compiti e funzioni di raccordo con la popolazione anche al fine di favorire e sollecitare la partecipazione.
- c) l’idea di un rilancio del decentramento (identificando i necessari elementi organizzativi e di formalizzazione della partecipazione sociale e politica) passa attraverso la proposta di un nuovo intreccio tra intervento sociale e territorialità sanitaria, che nei frangenti più drammatici dell’emergenza è apparso quanto mai indispensabile.
COMPITI DEL DECENTRAMENTO
1) Patrimonio rurale e boschivo
Al decentramento dovrà essere affidato anche il tema del recupero e della valorizzazione dell’ambiente rurale e boscoso alle spalle della Città.
Il territorio del Comune di Savona, al di là del centro abitato, si caratterizza per grandi spazi verdi percorsi da una fitta rete di agevoli sentieri e dalla presenza di boschi antichi e maestosi. Ormai da diversi anni tutto versa in stato di abbandono e può rappresentare fonte di pericolo vero nel caso di incendi. Anni che furono le prime avvisaglie della protezione civile nacquero proprio dalle squadre antincendi che si occupavano prioritariamente della pulizia dei sentieri, indispensabile nei casi di interventi di emergenza, squadre composte dagli stessi abitanti dei luoghi che volevano contribuire fattivamente alla conservazione del patrimonio verde. Oggi sono rimaste pochissime cascine abitate, con persone anziane che non hanno la forza né fisica ne economica per proseguire quei lavori. Ma non andrebbe disperso il grande patrimonio di esperienza e di conoscenza dei luoghi da parte di questi abitanti rimasti, patrimonio da utilizzare a favore dei giovani in termini di formazione e supporto. Intervento necessario da parte dell’amministrazione comunale per impegnare cooperative di giovani – istruiti e formati sulla gestione del verde – per la ripulitura dei sentieri con l’intento oltre che di salvaguardia anche di valorizzazione a fini turistici (percorsi guidati, punti di ristoro). Esistono in tal senso diverse linee di finanziamento sia regionale che direttamente europee che non vengono utilizzate. Inoltre viene da chiedersi come mai il patrimonio immobiliare di Opere Sociali (cascine e terreni), particolarmente rilevante nella zona verso il Santuario, non possa essere utilizzato per favorire la nascita di aziende agricole di giovani che troverebbero nelle vicinanza delle città la possibilità di vendita diretta dei prodotti, con vantaggi per loro e per i cittadini savonesi. In molte altre regioni ormai questo fenomeno è consolidato e contribuisce oltre che a fornire un reddito per tante famiglie giovani anche al mantenimento e la custodia del patrimonio verde.
2) QUARTIERI E QUALITA’ DELLA VITA
Il miglioramento della qualità della vita nei quartieri passa anche attraverso il mantenimento di luoghi di incontro (Società di mutuo soccorso, associazioni sportive, ecc.) e l’organizzazione diffusa di iniziative culturali in tutta la città, in modo da integrare, pur nel rispetto delle differenze, le diverse culture e costituire un baluardo contro le occasioni di violenza. Le funzioni di indirizzo, coordinamento e amministrazione del decentramento devono avvalersi essenzialmente della funzione del volontariato evitando, sinché possibile, qualsiasi forma di “professionismo del volontariato”.Per quel che riguarda il rilancio della partecipazione al di fuori del decentramento appare poco utile una consulta che raggruppi tutte le Associazioni presenti sul territorio e che si riunisca “una tantum” per mettere insieme un freddo e poco omogeneo calendario di iniziative.
E’ invece necessario pensare a forme di consultazione separata in funzione degli argomenti che interessano (sportivi, sociali, culturali, ecc,) affinché gli interventi siano più mirati.
Occorre lavorare a gruppi per arrivare alla predisposizione di progetti studiati in funzione degli specifici campi di intervento con il contributo del Comune sotto forma di idee e di stimolo, non sempre e solo come intervento economico, ma come supporto nella logistica, nell’organizzazione e nel rapporto con altri enti. I contributi economici e quelli in natura (sedi o attrezzature a prezzo politico, ecc.) devono essere indirizzati al perseguimento di programmi decisi dal Consiglio comunale previa ampia consultazione con i soggetti interessati, allo scopo di contribuire al raggiungimento degli obiettivi concordati.
Esempi.
- alle Associazioni sportive richiedere l’organizzazione di corsi di formazione a titolo gratuito per l’accesso dei giovanissimi alle singole discipline (dal calcio all’atletica, dal canottaggio al rugby, ecc.) a fronte di facilitazioni nell’organizzazione di specifici eventi e manifestazioni,
- a quelle culturali l’organizzazione di percorsi di formazione a favore dei giovani e giovanissimi sulle specifiche materie trattate dalla singola associazione per una più capillare diffusione della cultura al di fuori del nozionismo scolastico (dall’arte alla musica, dalla meteorologia al teatro) a fronte di facilitazioni nell’organizzazione di iniziative pubbliche, mostre e simili,
- a quelle sociali un miglior raccordo degli interventi a favore dei più deboli al fine di migliorare l’efficienza e la rapidità, ma anche per creare specifici progetti su situazioni particolari,
- a quelle ambientaliste predisporre formazione soprattutto pratica rivolta a tutti sulle varie tipologie di interventi (dal mare al verde) per accrescere la consapevolezza sui problemi dell’ambiente ma anche la conoscenza di quali interventi siano più utili ed efficaci e quali strumenti siano più idonei
- a quelle d’arma (marinai, carabinieri, ecc. in congedo) un presidio sul territorio per supportare le forze dell’ordine attive sugli aspetti della sicurezza nella città (dalle scuole ai giardini)
- a quelle delle categorie economiche la realizzazione di progetti comuni che favoriscano, da un lato, una maggiore comprensione delle problematiche delle specifiche attività ma che aiutino anche a superare l’isolamento e l’arroccamento su posizioni di chiusura in se stesse trasferendo all’esterno capacità organizzative e conoscenze tecniche acquisite in ciascun settore.
Sotto questo aspetto sulla scorta di alcune positive esperienze italiane ed estere (dal bilancio partecipativo di Porto Alegre al Débat public del modello francese) si potrebbe costituire una Carta della Partecipazione ed agire sui diversi piani e temi sopra indicati a titolo esemplificativo per la creazione di gruppi di lavoro al fine di realizzare una vera comunità partecipativa.
L’obiettivo di tale comunità dovrebbe essere duplice: da un lato concentrarsi sulla facilitazione e sui metodi partecipativi per la soluzione creativa dei problemi (creative problem solving) e la gestione di progetti partecipativi; dall’altro lato, si tratta di attivare un processo permanente di innovazione e miglioramento continuo basato sull’ascolto, il coinvolgimento e la valorizzazione delle competenze interne ed esterne rispetto all’organizzazione. Attraverso la predisposizione di un regolamento la gestione potrebbe provvedere a costituire una Rete permanente dei Gruppi e il coinvolgimento dei cittadini, lo studio di uno slogan del tipo “IoPartecipo”, ovvero “IoCi sono” o “IOxSavona”. La rete dei gruppi permanenti potrebbe agire attraverso sportell8i e canali posti a disposizione della comunità, la creazione di appositi webtv o canali tematici digitali, ed anche l’apertura di una Piazza o di un’Agorà dedicata al gruppo di lavoro formato da cittadini e operatori dell’Amministrazione impegnati nella partecipazione, la presenza dell’Assessore di riferimento e così via.
- Sanità
Il tema della sanità, pur nei limiti delle competenze assegnate al comune, deve essere affrontato mantenendo ferme le linee di riferimento costituzionale così come dettate dall’articolo 32 della nostra Carta fondamentale e poi attuate attraverso la legge n. 833/78, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale.
Elemento decisivo dell’impegno in campo sanitario da parte dell’amministrazione comunale rimane la diversità non nominalistica ma sostanziale tra “servizio” e “sistema”: l’idea di servizio deve rimanere nell’insieme come punto fermo ispiratore riappropriandosi degli intenti originari della riforma.
Il Comune, attraverso il Sindaco quale autorità sanitaria locale (nel caso, deve essere considerata l’ipotesi di attribuzione di una specifica delega assessoriale), agisce nel quadro del principio di sussidiarietà svolgendo le funzioni di indirizzo, programmazione e controllo.
Nell’ambito del confronto con l’ASL è assolutamente prioritario far funzionare la Conferenza dei Sindaci e l’ambito del distretto socio sanitario. In questo senso, e tenuto conto della nostra proposta di assoluto rilancio del concetto di comprensorialità, Savona deve esaltare la propria funzione-capoluogo, valorizzando appieno il lavoro della Conferenza e assumendone la guida, con lo scopo di affrontare da subito i termini di criticità esistenti sia sul terreno dei tentativi di depotenziamento della presenza ospedaliera, sia di recupero sul territorio dell’indispensabile nesso tra sociale e sanitario.
La risposta ai bisogni di salute delle cittadine e dei cittadini, perché alla fine di questo si tratta, è stato compromesso nel corso degli anni da una continua serie di riduzioni lineari dei finanziamenti delle strutture e dei servizi e dagli insostenibili tagli al personale ed alla sua formazione continua.
Questo quadro è stato deteriorato dal crescere di una visione assolutamente negativa di delega al privato.
Nel frattempo sono stati assunti anche provvedimenti legislativi ben costruiti sul piano di una visione complessiva, ma che si sono rivelati astratti al riguardo della complessità delle esigenze cui è necessario corrispondere e inadeguati rispetto al massiccio assalto dei processi di privatizzazione, tra l’altro fortemente intensificatisi con il passaggio alle Regioni della competenza nel settore.
Passaggio alla Regione che, nel caso della Liguria, ha dato luogo a vere e proprie dispute di carattere territoriale che nel savonese hanno palesato forti tensioni tra il capoluogo, in diminuzione verticale nella capacità di espressione di peso politico, la Val Bormida ed il Ponente.
Le necessità e le urgenze nel fornire un adeguato livello di soddisfazione ai bisogni emergenti risultano inoltre enfatizzate dall’emergenza sanitaria COVID-19 che ormai stiamo vivendo da un anno.Senza discendere in enunciazioni di dettaglio va dunque affermato come, nell’esercizio delle proprie specifiche funzioni di indirizzo e di controllo l’Amministrazione Comunale deve operare, nella realtà savonese su due direttrici: il mantenimento e l’arricchimento nella struttura ospedaliera e la gestione dei servizi socio-sanitari sul territorio.
Nel caso specifico dell’Ospedale San Paolo bisogna tenere presente come risultino prioritarieil potenziamento delle funzioni di emergenza, con l’entrata in funzione dell’angiografo, e l’attivazione di un centro ictus di primo livello, già reclamato a gran voce da più parti. La riorganizzazione della struttura nel dopo-Covid, che ha stravolto l’organizzazione interna dei reparti, richiederebbe la presenza di un centro-infettivi in sede distaccata rispetto al monoblocco ospedaliero.
Una struttura utilizzabile attraverso opportune opere di ristrutturazione potrebbe essere individuata nell’ex-padiglione Vigiola (già originariamente destinato in quel senso) liberandolo dagli uffici che potrebbero essere trasferiti nello spazio destinato all’ASL nell’ambito della ristrutturazione dell’edificio dell’ex-Ospedale San Paolo di piazza Giulio II. Gli interventi socio-sanitari sul territorio, spesso tralasciati negli ultimi anni, devono nuovamente portare al centro l’attività di prevenzione e l’offerta di servizi decentrati attraverso vere e proprie “piastre diagnostiche”.
Le “piastre diagnostiche” possono essere realizzate decongestionando la struttura di via Collodi e trasferendone parte delle attività sul territorio, seguendo le proposte da sviluppare attraverso il coinvolgimento del decentramento.Assieme al rilancio dei servizi sociali e ad una riforma nei compiti e nelle funzioni nei medici di base si deve intervenire riattivando la presenza dei consultori a cui affidare compiti di educazione e di prevenzione. Occorre ragionare, inoltre, sul modello di gestione sino ad ora promosso per l’assistenza agli anziani unendo la maggiore presenza di assistenza domiciliare con nuove soluzioni che modifichino profondamente il modello oggi prevalente della case di riposo.
- Cultura
La grave crisi di identità civica e la scarsa fiducia dei savonesi in Savona stessa non si possono vincere senza un ripensamento delle attività culturali cittadine entro una cornice capace di armonizzarle, svilupparle, talvolta ricostruirle. Questa cornice non può che derivare dall’impulso dell’amministrazione comunale, che rappresenta per proprio statuto le istanze dell’intera società savonese. Primo requisito per l’azione dovrà essere l’autorità politica dell’amministrazione stessa: solo un governo cittadino riconosciuto come autorevole dagli operatori del settore, capace di ascoltare proposte e bisogni delle diverse realtà, ma nel contempo in grado di indirizzarle entro un progetto definito, può rappresentare una vera forza propulsiva.
L’amministrazione uscente di centrodestra si è dimostrata in questo assai debole, rinunciando pressoché completamente alla regia pubblica sul settore; peraltro gli ultimi anni del centrosinistra precedente, pur agevolando talvolta felici iniziative di realtà del territorio, non avevano tuttavia mostrato un interesse di fondo verso questa leva come stimolo alla crescita cittadina.
Un programma culturale forte dovrà prevedere in primo luogo la valorizzazione attenta delle più importanti realtà locali, non solo consentendo loro di operare al meglio, ma chiedendo loro precisi impegni nei confronti della comunità: è un intero tessuto civico a dover essere insieme sostenuto e “sfidato” per poter raggiungere, nelle sue diverse articolazioni, la massima qualità possibile.
La continuità e il costante arricchimento delle manifestazioni andranno dunque premiati, senza che questo crei rendite di posizione, ma per consentire alle forze del territorio di esprimerne – e talvolta definirne – l’identità.
Questo, naturalmente, senza trascurare quegli apporti esterni capaci di segnare davvero il passo, non come presenze “spot”, ma come fonte di idee che possano sedimentare nella riflessione cittadina.
Spesso la vita culturale civica appare velleitaria: dovrà diventare ambiziosa.
Servirà per questo un profilo culturale più sorvegliato e omogeneo delle attività, pur giustamente indipendenti e in diversi casi per niente irrilevanti, che già si svolgono.
Circa gli spazi, per prima cosa si dovrà sostenere un lavoro molto impegnativo sul Teatro Chiabrera. Non solo l’apertura di cui già molto si è parlato del bar anche all’esterno e non solo in occasione degli spettacoli, ma altresì la riapertura (urgente) del Ridotto, con il suo bellissimo bar annesso; il ripristino delle porte di comunicazione fra la galleria del Ridotto e la balconata; l’acquisto di una dotazione tecnica fissa (la cui mancanza è da sempre incomprensibile); l’introduzione di un impianto di aria condizionata per sfruttare la sala anche in estate; il ripristino della figura del custode; e, naturalmente, un forte intervento sui programmi e sulle produzioni, a partire da quelle del Teatro dell’Opera Giocosa, che al Chiabrera ha sede e un membro del cui consiglio di amministrazione è indicato dal Comune di Savona.
Sempre in tema di spettacolo, la Convenzione che regola i rapporti fra Comune, Arci e Officine Solimano andrà utilizzata a fondo, con un maggior, reciproco sostegno.
Fondamentali saranno il recupero dei grandi contenitori storici e la valorizzazione degli spazi culturali entro i quartieri, molto importanti come elemento di presidio periferico, per evitare l’ingrigimento ulteriore di zone che è fondamentale rendere di nuovo comunità e non solo insiemi edifici.
Savona è città dal ricco tessuto associativo, che vive oggi, in tempo pandemico, una grave sofferenza. Questo tessuto associativo, i suoi luoghi di riferimento, i cittadini che esso è in grado di raggiungere, la possibilità di sostenere in diversi modi la ripresa o l’arricchimento di attività oggi sospese ma che hanno talvolta significato molto per l’identità cittadina, dovranno essere oggetto di interlocuzione profonda e attenta: circoli, associazioni, SMS devono poter ancora costituire un punto di riferimento cui molto si può chiedere, ma cui molto si deve anche riconoscere, in termini di attenzione, di ascolto, di solidarietà.
L’integrazione dell’offerta non dovrà essere considerata meno importante della qualità dell’offerta stessa. Se è giusta e necessaria la piena libertà di iniziativa di ogni realtà, una più scrupolosa attenzione affinché le attività tra di loro affini non alternino fasi di vuoto con altre di sovrapposizione non può che toccare al Comune di Savona: sarebbe prezioso il recupero di strumenti – cartacei o digitali – sul modello dell’antica e non dimenticata “Agenda”.
Accanto all’offerta, sarà opportuno che un’attenta regia amministrativa indaghi peraltro le caratteristiche della domanda di cultura. Quale tipo di pubblico esiste in Savona per le diverse attività? In quali fasce può essere suddiviso? Verso quali tematiche o forme espressive si indirizza maggiormente? Questa ricognizione potrebbe non solo evitare dispersioni di forze creative ed economiche verso operazioni di ridotta efficacia, ma consentire altresì di mettere in campo azioni volte a indirizzare la domanda stessa, proponendo nei modi più opportuni alla cittadinanza anche un’offerta volta ad allargare il confronto culturale, fuori da convenzioni e stereotipi.
Il bilancio stesso della Cultura andrà riconsiderato non solo in quantità, ma in modalità di gestione: per esempio, i costi degli allestimenti estivi al Priamar andrebbero spostati verso il settore del Turismo, cui maggiormente fanno riferimento: meglio allora garantire una qualità dignitosamente professionale e un’attrattiva “di massa”, magari usando il Chiabrera anche in estate per occasioni più raffinate: ma, in questo caso, il capitolo di spesa dovrà logicamente riguardare più il Turismo.
In generale, il bilancio del settore Cultura dovrà essere considerato uno dei punti di partenza su cui costruire l’idea di città.
Se l’amministrazione dovrà dimostrare autorevolezza politica, capacità di dialogo e superamento della tendenza attuale a delegare agli uffici anche questioni di responsabilità e di scelta, lo strumento di tali scelte dovrà riconoscersi nella gestione economica del settore.
Il bilancio, se rivisto nei suoi criteri di fondo, può costituire il mezzo per incidere non solo economicamente, ma con senso civico e visione, sul sistema delle attività culturali e – di conseguenza – dell’identità civica.
5.1 Integrazione e completamento dei percorsi culturali
Il tema riguardante la fruizione dell’offerta culturale necessita di una valorizzazione nella presenza di strutture esistenti da raccogliere in precisi percorsi da offrire con continuità al pubblico.
Ad esempio occorrerà prendere in considerazione e valorizzare:
- a) la Pinacoteca con la presenza di lasciti importanti come le icone del prof. Mantero e la collezione Figliolia
2) il notevolissimo Museo della Ceramica
3) il complesso costituito dal Duomo, dalla Cappella Sistina e dalle stanze di Pio VII al Vescovado
4) la quadreria del Seminario (attualmente chiusa)
5) il convento dei Cappuccini alla Villetta che rischia di rimanere abbandonato
6) il convento di Santa Teresa in via Firenze
7) la chiesa di Sant’Andrea
8) il Teatro Sacco
9) la caratteristica via Saredo alle Fornaci
10) Palazzo Chabrol
11) Il Planetario conservato nella sede del Liceo Classico Chiabrera già dell’Istituto Nautico Leon pancaldo
Da considerare a parte il discorso riguardante il Santuario di N.S. di Misericordia con il Museo, il Palazzo delle Azzarie, ecc.
In questo ambito deve essere ricordata, salvaguardata e e promossa anche la funzione di promozione delle più importanti associazioni culturali come la Società Savonese di Storia Patria, l’Associazione intitolata a Renzo Aiolfi, “A Campanassa“, l’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età contemporanea.
- Quotidianità: sicurezza, difesa dell’ambiente, traffico
La vita di una qualsiasi città (al di là delle dimensioni) è fatta dell’ordinario e di eventi straordinari (iniziative, concerti, manifestazioni di vario genere).
Quindi una città viva, produttiva, partecipata e sicura.
La sicurezza e la relativa percezione non si esauriscono con il sistema di video-sorveglianza o con un pattugliamento mediante il passaggio di un’auto di servizio, sicuramente utili a fini di prevenzione e deterrenza, ma è necessario ridurre le cause dei conflitti sociali e individuali e migliorare i rapporti tra le persone, disperdendo le paure irrazionali.
In materia di sicurezza, anche nell’ottica del decentramento, deve essere ridisegnato il ruolo della polizia locale la quale ha da assumere un migliore controllo del territorio attraverso la presenza fisica in centro ed in periferia (anziché chiudere le sedi distaccate come è stato fatto nel recente passato).
La stessa polizia locale in questi anni ha patito un forte ridimensionamento della pianta organica per cui si dovrà intervenire per aumentarne le dotazioni e per attrezzarla sempre meglio per lo svolgimento delle sue molteplici attività ed in particolare nella presenza sul territorio del centro e delle periferie.
In questo senso va anche potenziato il raccordo con le altre forze dell’ordine e con i comuni vicini nell’ottica di una proficua collaborazione per il mantenimento della sicurezza.
Le polizie locali non sono più i vigili di una volta; da tempo svolgono compiti diversificati, tra questi quelli di di polizia giudiziaria, polizia commerciale ed ambientale oltre che i tradizionali compiti di polizia stradale e del traffico.
La tutela dell’ambiente e del verde pubblico e privato passa anche attraverso il controllo da parte della polizia locale delle discariche e micro-discariche abusive oltre agli interventi per la rottamazione dei veicoli ridotti a relitti, con giovamento per l’ambiente ed il decoro e con recupero di posti auto indebitamente occupati.
Il controllo del traffico, scoraggiando il caos delle soste selvagge, conduce ad un miglioramento del sevizio del trasporto pubblico e della circolazione in generale.
Miglioramento dei rapporti interpersonali, presenza sul territorio, deterrenza, prevenzione e campagne informative, e quando del caso repressione, sono sinonimi di sicurezza e relativa percezione della stessa.