Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Il mistero di tre Caduti ad Osiglia e il campo di concentramento a Garessio per ex ufficiali


Il mistero di tre Caduti: Ardù, Gennari, Rizzo e l’irrisolvibile aporia che esso rivela l’11 aprile 1944, Rocca del Mortaio in Osiglia. Dal certosino lavoro di ricerca all’archivio di Stato messo a confronto con l’archivio della Resistenza del capo partigiano Gino De Marco (il compianto figlio Nanni, giornalista pubblicista, ha venduto i dossier) emergono altre palesi contraddizioni e realtà cruciali sulla sorte di partigiani, forse considerati spie o traditori. O forse vittime innocenti del fuoco amico e dei quali si era finora taciuto.

Indubbiamente, si può eccepire che le versioni ufficiali degli episodi inerenti la Resistenza risentano, e non poco, del periodo storico in cui venivano scritte, del contesto politico e culturale a cui apparteneva chi le redigeva, a volte quasi con timore reverenziale. Tuttavia, è proprio con la ricerca archivistica ‒ e con le irrisolvibili difficoltà logiche che essa spesso rivela – che si dovrebbe confrontare una serena riflessione storica tesa a sciogliere i nodi che avvolgono il diritto/dovere di fare emergere la verità.

Non è in tal senso un caso anodino quello che di seguito viene presentato accaduto appunto l’ 11 aprile 1944 – Rocca del Mortaio in Osiglia.

Antefatto – Al momento dell’attacco alla Val Casotto, del marzo 1944, un gruppetto di partigiani, comandato dal Ten. Mario Ardù, si attardò facendo fuoco con mitragliatrici sugli avversari che avanzavano, dando così modo ad un gran numero di partigiani di sfilarsi dalla trappola e porsi in salvo. Terminate le munizioni anche loro si misero in salvo. I tre però sparirono e furono ritrovati solo nel 1946 sepolti in località Rocca del Mortè di Osiglia.

Dietro iniziale sollecitazione del padre di uno di essi, il col. Vincenzo Ardù, e successivamente dei parenti, i carabinieri indagarono a lungo per scoprire cosa fosse accaduto. Ecco quanto risulta al riguardo col. Ardù su ArchoS. Sistema integrato dei cataloghi d’archivio, Archivi della Resistenza e del ‘900, pagina: http://www.metarchivi.it/biografie/p_bio_vis.asp?id=1292

Nome: Vincenzo  Cognome: Ardù  Genere: M
Nascita:06/10/1883, Busaschi (OR), Italia
Morte: 17/04/1944, Mondovì (CN) Profilo: Ufficiale di fanteria, prende parte da sottotenente – a Tempio Pausania, nella primavera del 1915 – alla formazione del 152. Reggimento, che con il 151, costituisce la Brigata Sassari; con esso combatte sul Carso (Trincea delle Frasche) e sul Piave. Nel 1943 ricopre il grado di colonnello e comanda il campo di concentramento di Garessio per ex ufficiali. Dopo l’armistizio, contravvenendo all’ordine dei tedeschi, libera tutti i prigionieri, compresi gli jugoslavi. Prende subito contatto con le formazioni partigiane autonome del comandante Mauri e risulta appartenere dal 1 ottobre 1944 alla IV Divisione Alpi, Brigata Val Casotto. Muore per malattia a Mondovì il 17 aprile 1944.

( ndr: sic! Morto almeno 5 mesi prima di appartenere alla predetta formazione!)

Alla stessa formazione appartiene anche il figlio Mario (nato a Trieste il 3 febbraio 1922, residente a Genova), tenente di Cavalleria, preso prigioniero in combattimento in Val Casotto è successivamente ucciso. Alla sua memoria è stata concessa la Medaglia d’Argento al Valore Militare con la seguente motivazione: Soldato fedele e valoroso, ancora convalescente da ferita riportata in combattimento, nei giorni dell’armistizio si dedicò con entusiasmo alla lotta di liberazione, distinguendosi come comandante e combattente in due azioni di guerra, mantenendo posizioni importanti in situazioni particolarmente difficili. Caduto in mani nemiche, venne barbaramente trucidato. Val Tanaro – Val Casotto – Val Bormida. Ottobre 1943 – 15 aprile 1944.
Padre e figlio sono sepolti nel Sacrario partigiano di Bastia Mondovì (CN). Uno dei nipoti di Vincenzo, Pietrino (Mogoro, OR, 1915 – Firenze 1999), sottotenente della Divisione paracadutisti Nembo di stanza in Sardegna nel settembre 1943, rifiuta di unirsi ai reparti che decidono di seguire i tedeschi in ritirata, entrando più tardi a far parte con il suo reparto del Corpo Italiano di Liberazione con il quale combatte in Italia centrale rimanendo per due volte ferito. Avrà dopo la guerra incarichi di comando nella Brigata paracadutisti Folgore.

Quindi, nel frattempo, al Ten. Ardù venne concessa la Medaglia d’Argento al V.M. alla memoria, in quanto: “Caduto in mani nemiche, venne barbaramente trucidato”. Ed ecco la trascrizione del documento originale, conservato presso l’Archivio di Stato di Savona, della tardiva risposta dell’ANPI di Savona, giunta solo nel 1950:

A.N.P.I. Comitato Provinciale di Savona – prot.908/12 -Savona, lì 6/giugno/1950

Oggetto: rinvenimento tre cadaveri in località Rocca del Mortaio (Osiglia) – Al

Giudice Istruttore – Dott.Varalli – Savona

A seguito di quanto concordato verbalmente con il ns. incaricato De Marco Gino – ci pregiamo comunicarle quanto segue: In data imprecisata aprile 1944 il S.I.M. ebbe indizio che nella zona di Osiglia si aggiravano 3 individui che si professavano partigiani ma che davano adito a qualche sospetto. Inviato un incaricato nella zona per appurare la reale identità dei sospettati si appurò quanto segue: tre individui che si dicevano provenienti dalla zona di Garessio erano alloggiati in una cascina – il loro atteggiamento dava adito a sospetto perché insistentemente cercavano di sapere quali erano le cascine che davano ospitalità ai partigiani, di quale armamento erano in possesso, dove era dislocato il Comando. Inoltre fecero proposte di avere in consegna armi non automatiche dicendosi in grado di trasformarle in automatiche. Elementi slavi (ufficiali) che erano nella zona denunciarono questi tipi quali spie ed agenti del Comando del Campo di Concentramento di Garessio. Bisogna tener conto che nel mese di marzo era avvenuto l’attacco alle Bande di Val Casotto e in seguito nel Calizzanese, cattura ed il conseguente assassinio di 5 giovani di Vetria, addebitati ad elementi di passaggio nella zona su indicazioni di un certo Bacchetta di Calizzano. Questi elementi erano stati sufficienti a mettere sull’avviso il Comando partigiano, il quale inviò una squadra per accompagnare al suddetto Comando il sospettato gruppo. L’ordine era di non dar l’impressione di un arresto per non allarmare eventuali altri agenti. Con uno stratagemma furono invitati a seguire la squadra la quale fece poi la seguente relazione: poco lontano dalla cascina ove furono trovati si fermarono e vollero spiegazione sulla strada che stavano facendo, al ché il capo squadra rispose loro che avevano l’ordine di condurli al Comando per spiegare la loro presenza nella zona. Primo dei tre, colui che si faceva chiamare Tenente, cavò dalla cintura una pistola e fece fuoco. A questo punto i volontari della squadra fecero fuoco a loro volta ed eliminarono i tre. Il Comando per gli ordini severi che aveva dato alla squadra non poté che approvare l’operato dei volontari che in questo modo avevano bonificato la zona da elementi infidi e pericolosi. La Segreteria Provinciale.

L’incaricato dell’ANPI era quindi Gino De Marco, il partigiano Ernesto, il depositario dell’omonimo archivio, ora conferito all’ISREC di Savona. Da notare l’ammissione che autori dell’uccisione dei tre furono – nel bene o nel male – i volontari della squadra che doveva accompagnarli.

I tre protagonisti di questa intricata vicenda pertanto risultano:

1) ARDU’ Mario di Vincenzo nato a TRIESTE di anni 23 PARTIGIANO Tenente – atto di morte 2/II/B/1946, altri dati dalla fonte (*): http://intranet.istoreto.it/partigianato/dettaglio.asp?id=3244

ove si cita: Caduto il 31/03/1944 nel Comune di GARESSIO-VAL CASOTTO Causa della morte DISPERSO IN COMBATTIMENTO

2) GENNARI Guido di Giuseppe nato a DOGLIANI (CN) di anni 20 PARTIGIANO – atto di morte 3/II/B/1946, altri dati dalla fonte (*): http://intranet.istoreto.it/partigianato/dettaglio.asp?id=41896 ove si cita:

Caduto il 15/04/1944 nel Comune di OSIGLIA Causa della morte DISPERSO

3) RIZZO Ugo di Giuseppe nato a CENGIO (SV) di anni 20 PARTIGIANO – atto di morte 1/II/B/1946, altri dati dalla fonte (*): http://intranet.istoreto.it/partigianato/dettaglio.asp?id=74369 ove si cita: Caduto il 14/04/1944 nel Comune di OSIGLIA Causa della morte DISPERSO IN COMBATTIMENTO

(*) Dalla consultazione della Banca dati del Partigianato piemontese elaborata dall’ISTITUTO PIEMONTESE PER LA STORIA DELLA RESISTENZA E DELLA SOCIETÀ CONTEMPORANEA ‘GIORGIO AGOSTI’ (http://intranet.istoreto.it/partigianato/default.asp ) emerge un’ulteriore discrepanza cronologica: Ardù risulta: Caduto il 31/03/1944 nel Comune di GARESSIO-VAL CASOTTO Causa della morte DISPERSO IN COMBATTIMENTO a differenza di Gennari che risulta: Caduto il 15/04/1944 nel Comune di OSIGLIA Causa della morte DISPERSO e Rizzo che risulta: Caduto il 14/04/1944 nel Comune di OSIGLIA Causa della morte DISPERSO IN COMBATTIMENTO

Ulteriormente, il partigiano Rizzo, nato a Cengio, quindi in Liguria, non compare nell’Elenco del partigianato ligure elaborato dall’ILSREC di Genova: forse riconoscere che un partigiano “CADUTO IN MANI NEMICHE” era stato “BARBARAMENTE TRUCIDATO” da partigiani dava fastidio?

Tra le varie pubblicazioni che trattano del fatto, anche Fulvio Sasso, apprezzato autore cairese di opere sulla Resistenza e sulla seconda guerra mondiale, ne parla in uno dei suoi libri, “Folgore, il Biondino” a pag. 159, 160 e 161, vedi immagini.


Resta complicato capire chi fossero i suddetti i volontari della squadra, certo è che appartenessero ad una formazione “garibaldina”, anche se è quasi impossibile definire quale.

Dal settembre 1943 al giugno 1944, in provincia di Savona, fu infatti un proliferare di gruppi. Interessante è seguire la progressiva strutturazione del movimento resistenziale.

La necessità di coordinare questi distaccamenti sia sul piano militare che quello logistico, non disgiunto da quello politico, portò alla decisione, il 24 giugno 1944, di creare la XX^ Brigata d’Assalto Garibaldi.

Nel breve termine, una prima riorganizzazione, il 15 luglio 1944, trasformò la XX^ brigata in 2^ Brigata d’Assalto Garibaldi, strutturata su quattro distaccamenti: Astengo – Bori – Calcagno – Rebagliati.

Il primo comandante fu Hermann Vigoda (ENRICO), un ebreo polacco che, entrato nella TOD per mascherare le sue origini ebraiche, giunto in Italia raggiunse le formazioni partigiane.

Uomo di indubbio valore, dalle grandi risorse umane e militari. La sua scelta si rese necessaria anche per evitare ogni eventuale contrapposizione fra i singoli Comandanti di Distaccamento che ambivano quell’incarico. Nel settembre del 1944, ai primi quattro distaccamenti se ne aggiunsero altri sette : Giacosa – Revetria- Maccari – Corradini – Minetti – Moroni – Negri – .

La Seconda Brigata, sempre agli ordini di Enrico, operava nella zona a ponente di Savona delimitata dalla Statale per il Piemonte fino all’entroterra di Albenga.

Nella zona a levante, altipiani di Montenotte, si erano venuti formando due distaccamenti: il Sambolino e il Wuillermin. Questa zona fu poi potenziata con il trasferimento di due distaccamenti: l‘Astengo e il Giacosa. Questi quattro distaccamenti furono raggruppati a costituire una nuova Brigata, la Sesta, assumendo il nome di “Nino Bixio”.

Il comando viene assunto da Vittorio Solari (Antonio) un ex ufficiale del Regio Esercito. Commissario Emilio.


Con decisione del 26 settembre 1944 la Seconda Brigata si scinde e origina due nuove formazioni: la Quarta Brigata e la Quinta Brigata.

La Quarta Brigata prende il nome di “Daniele Manin” e il Comando viene assunto da Enrico. Commissario Vela.

La Quinta Brigata prende il nome di “Baltera” e il comando viene assunto da Bill (Cagnasso Eugenio) Commissario Leone.

Le zone di competenza delle singole Brigate sono così ripartite: Quarta Brigata, Finale – Calice – Rialto – Vezzi P. – Orco Feglino – Magliolo – Giustenice – Bardineto.

Quinta Brigata, Osiglia – Bormida – Pallare – Plodio – Carcare – Murialdo – Massimino – Roccavignale – Cengio – Castelnuovo – Priero.

Sesta Brigata, Pontinvrea – Mioglia – Giusvalla – Corona – le Stelle – Montenotte – Ferrania.

Agli inizi di Ottobre 1944 la forza complessiva delle tre Brigate era di circa 900 uomini.

La competenza finale sulla zona di Osiglia divenne quindi della 5ª Brigata Garibaldi ” Baltera” ( in seguito “Fratelli Figuccio “), retta inizialmente dal Comandante Bill (Eugenio Cagnasso) e dal Commissario politico Leone. A questa unità è dedicato “Baltera… Baltera! Cronistoria della quinta brigata Garibaldi”, un libro di Maurizio Calvo, autore savonese che da tempo mette la sua cultura e la sua esperienza, acquisite con anni di rigorosa ricerca, al servizio della ricostruzione della storia del movimento partigiano savonese.



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