Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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‘Il giallo Marzola’ ucciso a Calizzano
Lettera dall’archivio del partigiano Ernesto


Il 14 marzo 1945, il Comando della divisione garibaldina Baltera richiede ai distaccamenti Moroni, Revetria e Pesce, la restituzione di armi di appartenenza alle formazioni Mauriane, tra cui alcune in dotazione al defunto Gino Marzola, a testimonianza dei rapporti fra lo stesso e appunto i Mauriani, all’origine forse della sua uccisione. Il documento proviene dall’Archivio del Partigiano Ernesto, all’epoca ceduto dal figlio Nanni de Marco, giornalista sportivo, all’ISREC di Savona. Fu emesso dal comando della 5º brigata Baltera, ci sono altre storie poco note legate a questa formazione e alla zona di Calizzano dove operava.Chi era Ernesto De Marco ? Leggi nota a fondo pagina

Il caso di Gino Marzola, un lato assai oscuro della Resistenza nel Finalese, affidato a tre penne per raccontare il ‘mistero’. Gianni Toscani, Ferruccio Iebole, Pier Paolo Cervone, nientepopodimeno che con la partecipazione di Enrico Caviglia, il Maresciallo d’Italia. Le storie possono raccontarle tutti ma la percezione del non detto, del non raccontabile, il lato oscuro della memoria, è stata in un caso consegnata a tre penne del Mistero. Tre scrittori, tre narratori di vicende complicate, ci accompagnano in questo viaggio alla scoperta di una cupa vicenda del Finalese: Toscani (Altare),  Iebole (Alassio),  Cervone (Finale Ligure), nientepopodimeno che con la partecipazione di Enrico Caviglia, generale e politico italiano, Maresciallo d’Italia per le imprese della prima guerra mondiale. A Peagna di Ceriale aveva acquistato – con il fratello avvocato – una dimora con un ampio parco; negli anni cinquanta venduta a don Angelo De Negri, famiglia di Pieve di Teco (mobili da arredamento), da questi finita per ultimo in eredità alla diocesi di Albenga – Imperia. Ora utilizzata da cooperative sociali per ospitare una sessantina di migranti. Del complesso immobiliare (ne sono sorti altri due) si era parlato dopo che la proprietà era stata messa in vendita. Sei milioni di euro, ma con il vincolo, richiesto dall’autorità ecclesiastica, di destinazione sociale. No a ogni forma di speculazione o sfruttamento residenziale.

Il partigiano finalese Gino Marzola è al centro una di quelle storie controverse della Resistenza sulle quali sarebbe sempre meglio sentire “tutte le campane“, specie se e quando si svolge una funzione “istituzionale“. È infatti un affaire di cui hanno scritto negli ultimi anni almeno tre autorevoli autori, locali ma non solo, di opere a carattere storico, alcune delle quali realizzate nell’ambito di collaborazioni con gli Istituti Storici della Resistenza e dell’Età Contemporanea, in ordine di tempo: Gianni Toscani, nel 2013, Ferruccio Iebole, nel 2015, ed infine Pier Paolo Cervone, nel 2017.

Tre autori, certamente tra loro legati da relazioni personali e evidenti passioni, che, sulla base di documenti e testimonianze, hanno ripercorso le imprese di Marzola, giovanissimo partigiano di Finalpia, guerrigliero audacissimo ed imprevedibile. Le sue apparizioni erano fortuite e rapidissime. Abile nel maneggio delle armi, sapeva usarle in maniera micidiale come pochi altri. Il Destino gli riservò una tragica sorte a Calizzano, dove, proveniente dalle Langhe, rientrando nel Finalese per formare un proprio distaccamento, fu falciato alle spalle da raffiche partite per mano partigiana. Strenuo persecutore di un’iniziativa mal tollerata, intraprendente fino alle estreme conseguenze, Gino Marzola, certo si muoveva su uno sfondo di contrasti tra formazioni dal fazzoletto di diverso colore, ma nominalmente alleate, combattendo per la stessa causa. Durante la guerra civile, tra le bande partigiane, era già iniziata una fiera contrapposizione politica, la quale talora non fu soltanto dialettica.

La Città di Finale e presentazioni di libri dedicate ai fatti specifici nella stessa susseguitesi, rappresentano un avviciente fil rouge tra i ricercatori storici che, più di recente, hanno sviscerato la vicenda del valoroso e temerario combattente della Libertà finalese, non comunista, la cui memoria è, oggi, affidata ad una stele in frazione Caragna di Calizzano, sul luogo ove cadde colpito da una raffica fratricida, a soli 20 anni. Primo del terzetto, Gianni Toscani, nato ad Altare nel 1937, una vita lavorativa trascorsa nell’industria. Ha scritto diverse opere sui temi resistenziali. Da sempre appassionato di storia, compiendo un’intensa attività di ricerca e raccolta di fonti archivistiche e di testimonianze, nel 2013 esce, per le edizioni L.Editrice di Savona, il suo libro dal titolo “Gino Marzola, la sua vita e la sua tragica morte”.

Gino De Marco, Ernesto nome di battaglia, è il terzo a destra in primo piano

De Marco Gino, nome di battaglia Ernesto nato a Seren del Grappa in provincia di Belluno il 16/06/1910 da Gildo e Secco Vitalina. Coniugato con Peluffo Annita da cui ha due figli, Gildo e Gino.
Partigiano combattente, attivo dal 1-10-1943 presso la I Divisione Garibaldi “Gin Bevilacqua“, all’interno della quale svolgeva il ruolo di comandante, già nel gruppo partigiano di Roviasca di Quiliano
Dal settembre 1931 viene assunto come semplice operaio nello stabilimento “Petrolea” di Legino a Savona, raggiungendo in seguito la posizione di capofabbrica. All’interno dello stabilimento stringe amicizia con i vari direttori, che si susseguono nella direzione della stessa, di nazionalità russa.

Profilo biografico di Gino de Marco

Già arrestato nel giugno del 1932 per detenzione di armi e nel 1933 per aver gridato “viva la Russia“.
Il 17 febbraio 1936 viene nuovamente arrestato dalla Questura di Savona per propaganda comunista e antifascista, l’8/04/1936 viene assegnato al confino di polizia per quattro anni da scontarsi nella colonia di Ventotene (LT), commutato in ammonizione il 15/04/1937.
Dagli atti della Prefettura di Savona risulta che: “E’ individuo intelligente pur senza possedere cultura alcuna… non ha mai chiesto l’iscrizione al P.N.F., e nei confronti del regime si è sempre dimostrato ostile…”. Ferito in combattimento Il 16-11-1944 a Calizzano, nonostante l’invalidità conseguita, Gino De Marco tornò a combattere e il 24-3-1945 dove viene nuovamente ferito in battaglia presso La Rocca dei Corvi (tra Quiliano e Vado Ligure).
Di lui si dice che “Subito dopo l’armistizio, con decisione e con ardimento, intraprendeva la lotta partigiana nella provincia di Savona, vivamente segnalandosi per le sue esimie doti di organizzatore e animatore. Valoroso combattente e comandante capace, durante tutta la campagna forniva prove di perizia e di coraggio. Particolarmente si distingueva nelle azioni di Roviasca, di Vado Ligure, di Varigotti, di Osiglia e di Calizzano. Due volte seriamente ferito manteneva e subito riprendeva il suo posto di lotta” (“Zona di Savona, settembre 1943 – 25 aprile 1945”). Fu decorato con la medaglia d’argento al valore militare. Il suo nome di battaglia era “Ernesto”. Muore a Savona il 24/12/1982


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