Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Albisola, ricordo inedito di Giovanni Parola


La nostra amicizia. Gli Alpini e i comuni amici alpini. La Resistenza e i comuni amici nella Resistenza: il geom. Pasquale Balaclava, progettista dell’aeroporto di Vesime, ed i figli.Nel novembre 2000, durante una castagnata nella sede del gruppo degli Alpini di Albisola, un anziano e distinto signore mi intrattenne casualmente con i ricordi della sua vita: era Giovanni Parola, nativo di Busca, classe 1922, storico, scrittore, insegnante, dirigente scolastico e combattente della resistenza italiano, con il cospirativo “John”, come indica la sua biografia, essenziale quindi veritiera, non una di quelle forse gonfiate a fini promozionali, sulla quale non mi dilungo, perché potete benissimo leggerla su Wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Parola

Giovanni Parola

Nomen omen, pure le sue erano parole essenziali. Rispondeva serio alle mie domande, anch’esse sobrie e concrete. Tutto si svolse con essenzialità piemontese, la sua, e ligure, la mia. Giovanni Parola non dava confidenza, né la prendeva. Ma risultò accogliente e disponibile verso di me, di oltre quarant’anni più giovane. Con graduale naturalezza, per me si trasformò da sconosciuto in amico con il quale ci siamo frequentati per alcuni anni in ambienti associativi e condiviso persino un’esperienza letteraria, che fu per me la prima, fino alla sua scomparsa avvenuta nel novembre del 2005. La triste notizia mi fu comunicata telefonicamente dalla comune amica Giovanna Rolandi, già mia insegnate di lettere ed ora Assessore alla Cultura di Albisola Superiore; non potei purtroppo partecipare personalmente alle esequie, ma mi feci rappresentare da soci dell’Associazione nazionale carabinieri di cui ero presidente pro tempore nella Sezione di Savona.

Gli argomenti prevalenti di Parola avevano per sfondo gli Alpini, la Resistenza e la Scuola. Tre immagini forte e rappresentative del nostro Paese, pure in momenti segnati da mutazioni radicale, tanto storiche che sociali. Che sono state foriere di grandi valori, perché lo era il nostro Paese attraversando grandi stagione. In allora, Parola si palesò a me uomo, protagonista di fatti pregressi, di cui già faticava a verificare un esito esemplare, e soffriva, come altri suoi coetanei, di una trasformazione non amata. Parola, che era nato in un tempo difficil,e ma non cresciuto ai margini della cultura, bensì nel suo stesso cuore, da osservatore saggio ed avveduto, sapeva ancora affrontare di petto il “nuovo mondo”, senza lasciarsene traumatizzare. Credeva fosse arrivato il momento di fare due conti, di vederne i limiti e non solo i pregi. Capire cosa restasse oltre la mera ideologia, l’indottrinamento, l’obbligo morale interiorizzato sotto forma di abitudine. Perché riteneva un errore credere di avere la verità in tasca, di sapere più degli altri, di poter dettare legge su tutto e tutti. Tutto ciò specialmente per quanti banalmente sono annoverati fra intellettuali, sapienti e giusti.

Procedo con alcuni passaggi puntuali, che reputo utili a delineare il rapporto che vi fu tra di noi.

La Resistenza. Non solo testimone e protagonista, scrisse diversi libri sulla Resistenza, soprattutto quella cuneense, mi fece presto dono di una copia del suo “Detto Dalmastro“, con una dedica per il Natale 2001, che ancora mi commuove.



La lettura delle vicende di un personaggio come Detto Dalmastro, che militò insieme a Parola nelle formazioni GL delle valli del Cuneese, mi fece constatare quale fosse la passione profusa da Giovanni per divulgare e tramandare i tratti distintivi di icone del nostro passato, che oggi appaiono forse sbiadite, ma dovrebbero essere comprese per il segno che hanno lasciato. Per trovare consonanza non scontata, mi rifaccio volentieri allo sforzo espressivo che, ad esempio, compie, fra i pochi, come disegnatore, un artista genovese che ho conosciuto, Igor Belansky, ruotando intorno alla consapevolezza che il consueto motivo chiaroscurale impreziosisce il bianco e nero, con una forte propensione per figure e scene, sempre di grande originalità e coraggio, a volte forti e indovinate, che restituiscono inedite prospettive della storia.

Igor Belansky: ufficiale italiano della II GM


Via via, ne trassi una lezione che segnò alcune scelte che furono alla base dell’antologia “Alpini e Carabinieri al servizio dell’Italia”, del 2002, da me ispirata per la mia esperienza militare prima alpina poi nell’Arma, scritta a più mani fra autori legati alle sezioni savonesi dell’Associazione nazionale alpini e dell’Associazione nazionale carabinieri. Per la prima volta vidi stampato un mio testo, scrivendo l’introduzione. Azzardando ma non troppo, fui io a proporre a Giovanni Parola di collaborare alla stesura ed egli, con vivo entusiasmo, accetto curando la parte denominata “Intermezzo partigiano“. Una sezione molto ricercata che verteva sul contributo dato dall’Arma dei Carabinieri alla Resistenza. In questo frangente, la sua passione per gli Alpini, unita alla sua ammirazione per i Carabinieri.

Gli Alpini, qui da soli. Di una storia che si insinuava tra la determinazione di trasmettere l’amore per l’arte, nel canto, e il ricordo di gesta gloriose di un corpo, gli Alpini, – evocate tra l’altro in melodie, quelle della tradizione militare diventata popolare, vissute uno spazio nuovo con un’armonizzazione polifonica – , nel 2003 venne, quasi in punta di piedi, con raffinata mestizia, l’ultimo suo contributo intellettuale. Un articolo sulla storia della musica polifonica nell’ambito del libro commemorativo “Coro Monte Greppino”. Prendendo il nome dall’omonimo monte alle spalle della città di Varazze, dove ha anche avuto sede, il Coro Monte Greppino si costituì nell’ottobre del 1993 in seno alla sez. Alpini di Savona e, direttamente o di riflesso, nelle sue attività e nelle sue esibizioni erano coinvolti suoi amici, anche miei, visto che al tempo ero consigliere della Sezione ANA di Savona, tra i quali Emilio Patrone, presidente allora del Coro ed attualmente della Sezione, Pier Giorgio Accinelli, Sergio Ternavasio e, il compianto, Giorgio Sogno, rispettivamente all’epoca presidente, vicepresidente e segretario sezionali. E molti ancora.

La scuola. Nella vita civile fu il suo zelo professionale, il suggello di una carriera dal basso sino ai più elevati livelli. Amava parlare di scuola, avendo a cuore il senso dell’umano e le responsabilità che innervano il mondo dell’istruzione, conoscendo l’ambiente in cui si misurano personale docente, non docente e studenti. Con una certa apprensione per le tensioni e nell’atmosfera pesante in cui certe scuole si ritrovavano a vivere, già negli anni successivi al suo pensionamento. C’erano in lui impressioni che tuttavia sarebbe stato opportuno valutare non lontane dal contesto genuino in cui si era avviato, nel primo dopoguerra, all’insegnamento. In un plesso rurale, a Cortemilia, estrema propaggine orientale della Provincia Granda, nell’Alta Langa e Langa delle Valli Bormida e Uzzone. Dal 1946, vi è Direttore Didattico, per conto dell’istituzione scolastica si rapporta ufficialmente con la locale amministrazione, che è rappresentata dal primo cittadino Pasquale Balaclava. Si consolida una reciproca stima, che diventa amicizia. Me ne parla oggi un’amica, con cui condivido l’esperienza del Centro XXV Aprile, ispirato ai valori della Resistenza, essendone io presidente, lei vicepresidente. E in questa descrizione di una cerchia di relazioni, composta persone si contattano regolarmente o che si ritengono reciprocamente importanti, ecco così la professoressa Luigina Balaclava, figlia appunto di Pasquale, geometra, classe 1911, primo Sindaco dopo la Liberazione di Cortemilia. Anche l’altro figlio, Giuseppe, laureato in legge e funzionario di banca in pensione, è mio caro amico.

La Resistenza, di nuovo. Parola e Balaclava ne condividono l’esperienza. E’ l’autunno del1944, i partigiani della 2ª Divisione Langhe, il cui comandante è un ufficiale della Regia Marina, Piero Balbo Poli, insieme ai contadini dei dintorni, in condizioni ai giorni nostri inimmaginabili, in breve tempo realizzano a Vesime, nella Langa astigiana, un’opera di grande ingegno. Si tratta di campo di atterraggio, concepito per facilitare l’atterraggio ed il decollo degli aerei alleati, impiegati per aviolanciare le missioni e trasportare armi e feriti. La pista è progettata da un geometra della vicina Cortemilia, Pasquale Balaclava, cospirativo Excelsior, e, nella fase iniziale, misura ben 900 metri.

Pasquale Balaclava a Vesime


Il primo atterraggio avviene il 17 novembre 1944. Qualche settimana dopo, nel corso di una campagna di rastrellamenti, i tedeschi la arano per renderla inutilizzabile, tuttavia, nella primavera del 1945, viene completamente ripristinata e ampliata, cosicché raggiunge la lunghezza di 1100 metri. L’aeroporto viene denominato Excelsior. La vicenda raccoglie un’importante testimonianza in nuova struttura: il Museo dell’Aeroporto partigiano di Vesime, che è stato inaugurato nel gennaio 2016 in una locale concesso dal Comune.

Una memoria che raccoglie anche Giovanni Parola, pubblicando, nel 1994, “Cuneo Provincia Partigiana”.


A pag 121 del volume, nel capitolo “Missioni alleate”, scrive infatti: “L’incarico della progettazione è affidato al geom. Pasquale Balaclava, residente nella vicina Cortemilia e titolare di un’impresa’ edile. Ho avuto la fortuna di intervistare, il 18.2.1993, l’amico Balaclava — classe 1911 — che ora abita a Savona e mi parla con entusiasmo di quell’iniziativa.”




Figura 9 – Immagini riportate sul volume relative al progetto dell’aeroporto

Ricordando Giovanni Parola, con cui ho intrattenuto una sincera
amicizia, ho avuto modo di fare cenno a persone e momenti per me importanti, di parlare di vicende significative del passato del nostro Paese.

Parola è stato uomo di cultura, che si è addentrato in diversi generi letterari, non mostrando incertezze ideologiche o estetiche, affidandoci i messaggi più ambiziosi dell’assoluta onestà e dell’alta moralità, ponendosi marcatamente al di fuori da ogni aspettativa di banale altrui acquiescenza.

Questo resoconto personale spero mostri come un incontro casuale può essere foriero di opportunità, in una realtà, la vita, di cui risulta sempre meglio comprendere sino in fondo limiti e azzardi.

Antonio Rossello


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A. Rossello

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