Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Storie di editori e giornalisti: battaglia finora persa contro disuguaglianze e sfruttamento.
Pubblicista condannata: stalking all’amante


Dagospia mette in copertina la clamorosa vicenda di Novella 2000 e Visto, settimanali che anni or sono andavano a ruba in edicola, tra scoop, Vip dello spettacolo, spay story di tradimenti e gran folla di massaie lettrici. Ora è crollato l’effimero ? ( Vedi….)  Uno spaccato, direbbe il direttore de La Stampa, Maurizio Molinari, di “una battaglia contro le disuguaglianze sociali di cui soffre l’Italia ? e che il Pd di Matteo Renzi non ha fatto, perdendo due grandi opportunità….e tanti elettori”. Dichiarazione a La 7,  trasmissione serale della Gruber. Chissà se nella ‘lista disuguaglianze’ figurano centinaia di giovani (quote rosa incluse) che sopravvivono allo sfruttamento del lavoro giornalistico. E per i quali i media autorevoli e diffusi non trovano spazio per raccontare drammi umani e professionali, pagati a notizia (una per due per i quotidiani del Gruppo Gedi). Storie taciute. Indifferenza ? Menefreghismo ?  E al Gazzettino di Venezia ora si paga 4 € lordi a notizia pubblicata.Ognuno dovrebbe fare la sua parte ? Guardarsi allo specchio con la propria coscienza ? Trucioli, umile blog di provincia, ha descritto il dramma di tre savonesi (e non sono certo gli unici) che hanno avuto il coraggio, per ora senza fortuna, di rivolgersi alla giustizia del Lavoro: Angelo Fresia, Guglielmo (Willy) Olivero, Barbara Testa. Tanti altri  subiscono e tacciono, vedono magari collaborazioni ben pagate a giornalisti pensionati e non certo con pensioni da fame. Tanti collaboratori gregari, a volte a vita, osteggiati alla stessa stregua dell’ostracismo al giornalismo d’inchiesta, di approfondimento, documentato.  Si ubbidisce spesso solo agli interessi di chi vuole il silenzio, come quello di tacere lo scenario di molte redazioni distaccate. Forse c’è chi è convinto, e non sono pochi,  che nascondere i problemi sia un modo per risolverli o per non affrontarli. Semmai togliere il velo serve a migliorare il paese.

GLI EX GIORNALISTI DI “VISTO” E “NOVELLA 2000” FANNO CAUSA A DANIELA SANTANCHE’ – GLI AVVOCATI HANNO DEPOSITATO PRESSO LA SEZIONE LAVORO DEL TRIBUNALE DI MILANO IL RICORSO CONTESTANDO LA DECISIONE DELLA “PITONESSA” DI LASCIARE A CASA, SENZA STIPENDIO, 14 DIPENDENTI, IN VIOLAZIONE DELLE NORME DEL CONTRATTO DI LAVORO GIORNALISTICO

“Abbiamo sempre contestato la scelta della Visibilia Editrice srl in liquidazione, che fa capo all’onorevole Daniela Santanchè, di affrontare le sue difficoltà economiche abbandonando gli ammortizzatori sociali e licenziando tutti i giornalisti di Visto e Novella 2000. Per di più affidando a soggetti esterni la produzione delle due riviste. Ora sarà il Tribunale ad esprimersi su quei licenziamenti e il sindacato lombardo dei giornalisti ancora una volta sarà vicino ai colleghi”. Il presidente dell’Associazione Lombarda dei Giornalisti, Paolo Perucchini, esprime così la solidarietà del sindacato agli ex giornalisti di Visto e Novella 2000 che hanno diramato una loro nota sulla vicenda.

STORIA BOCCACCESCA DA L’AQUILA: COINVOLTA PUBBLICISTA DELL’UFFICIO STAMPA DELLA CAMERA DI COMMERCIO.  CONDANNATA A 5 MESI (PRIMO GRADO) PER STALKING DELL’AMANTE

DA L’Aquila la storia della giornalista alla quale viene contestato dalla Polpost di aver mandato dal proprio indirizzo email all’ex amante messaggi ingiuriosi e minacciosi nei quali lo apostrofava con i più  vari epiteti, prospettando future azioni giudiziarie nei confronti suoi e della coniuge e paventando la rivelazione alla donna e alla stampa di mail compromettenti e privatissime.

Alla donna aquilana, inoltre, è stato contestato di aver telefonato al centralino della Camera di Commercio “comunicando all’interlocutrice un altro nome: ‘Deve dire a S. che è un uomo morto, morto, lo perseguiterò per tutta la vita’”. Tra le altre accuse, anche quella di aver inviato una mail alla moglie dell’ex amante, in cui “dettagliava i particolari della relazione asseritamente avuta con lui, epitetandola e sbeffeggiandola”. Secondo l’accusa tutto ciò avrebbe avuto come conseguenza il “perdurare e grave stato di ansia, con lesione della reputazione della coppia e della segretaria’”. La giornalista, davanti al giudice del Lavoro, ha intentato una causa contro l’Ente camerale. La vicenda era stata diffusa dalla stessa interessata in una nota in cui, qualche tempo fa, lanciava alla Camera di commercio l’accusa di sfruttare lavoro nero e precario.

Sulla vicenda Cna e Api hanno chiesto spiegazioni a S. ed è stato interessato anche l’Ordine dei Giornalisti dell’Abruzzo. Nel procedimento l’indagata è stata assistita dagli avvocati Stefania Pastore e Paola Iacone, del Foro dell’Aquila, le parti civili dagli avvocati Antonio Pimpini del Foro di Chieti e Massimo Manieri del Foro dell’Aquila. “Prendiamo atto del lancio Agi diffuso nella mattinata odierna, relativo alla vicenda che coinvolge la nostra assistita e siamo costrette a precisare quanto appresso al fine di limitare il pregiudizio a carico della stessa, che si è determinata a patteggiare la pena non perché si riconosca nei comportamenti che le vengono contestati ma al solo fine di uscire il più rapidamente possibile dal circuito penale ad ella totalmente estraneo e pregiudizievole. La scelta del rito alternativo al dibattimento è dunque una scelta esclusivamente tecnica motivata anche da ragioni legate alla professione della Pelliccione. L’intera vicenda trae origine da rapporti di lavoro intercorsi tra la dottoressa Pelliccione e il Santilli: nella fattispecie si tratta di incarichi come addetta stampa e comunicazione della stessa presso la Camera di Commercio dell’Aquila, oltre ad altri rapporti lavorativi sempre riconducibili allo stesso. Va evidenziato che per quanto riguarda il rapporto di lavoro presso la Camera di Commercio è sub Judice l’intera vicenda al fine di accertare se vi siano state illegittimità nell’ambito del predetto rapporto di lavoro, sia con riferimento ad alcune presunte retribuzioni mai corrisposte sia per la corretta qualificazione del rapporto di lavoro”. Avv. Stefania Pastore, Avv. Paola Iacone

AL GAZZETTINO DI VENEZIA ORA SI PAGA DA 4 A 19 EURO LORDI A NOTIZIA

Taglio drastico unilaterale ai compensi dei collaboratori. Sindacato e Ordine: “Inaccettabile sfruttamento del lavoro giornalistico”.

VENEZIA, 13 APRILE 2018 – Sindacato e Ordine giornalisti del Veneto sono stati informati dal Cdr del Gazzettino della decisione assunta unilateralmente dall’editore di tagliare i compensi dei collaboratori. Una scelta comunicata oggi dall’azienda con una lettera nella quale viene spiegato che dal 1. maggio sarà alzato il rigaggio dei pezzi, lasciando inalterato il compenso, già in precedenza esiguo. La griglia di riferimento, imposta senza alcuna contrattazione, va da un minimo di 4 euro a un massimo di 19 euro lordi, senza alcun rimborso delle spese sostenute. Per 19 euro lordi sono richiesti i servizi superiori alle 68 righe.  Si tratta di compensi inaccettabili: uno sfruttamento del lavoro giornalistico, di cui viene calpestata ogni dignità in una fase in cui sarebbe invece necessario investire sulla qualità professionale. Sindacato e Ordine si attiveranno in tutte le sedi, ad iniziare dalla magistratura, per tutelare gli interessi dei colleghi e per perseguire eventuali responsabilità individuali. DI SEGUITO IL COMUNICATO DEL CDR: “Care colleghe, cari colleghi, questa mattina ai collaboratori è stata inviata una comunicazione che li informa, prendere o lasciare, che dal  1. Maggio subiranno un taglio unilaterale dei compensi già di per sé esigui. Ovviamente senza preoccuparsi in minima parte che così facendo si va a incidere nella carne viva delle persone, molte delle quali hanno nel Gazzettino l’unica fonte di reddito fornendo la loro prestazione quotidiana in regime di monocommittenza. La giustificazione? Testuale “abbiamo rilevato che il nuovo Gazzettino presenta una sostanziale e significativa variazione dei volumi interni, determinatasi principalmente come conseguenza dell’ampliamento del format e delle modifiche intervenute sulla grafica”. Tradotto: i pezzi imposti dal grafico sono più lunghi, ergo, si scrive di più, ergo risultano più pezzi con rigaggi maggiori e relativi compensi e quindi la spesa cresce. E dove sta l’anomalia? Anche un bambino si rendeva conto fin dall’inizio vista la nuova grafica – che non è stata decisa certo dai collaboratori – avrebbe comportato una “variazione dei volumi interni”. Da che mondo è mondo – per lo meno quello civile e democratico – se uno lavora di più guadagna di più. Non al Gazzettino: non hanno nemmeno avuto il coraggio di firmarla con nome e cognome la lettera!  E nemmeno di riportare nero su bianco i nuovi compensi, che, sia chiaro, non cambiano negli importi ma “solo” nelle griglie. Tradotto: resta lo stesso prezzo ma devi scrivere di più. Eccole le nuove tariffe, sia chiaro a scanso di equivoci “comprensive di ogni spesa eventualmente sostenuta e al lordo delle trattenute contributive e fiscali”: 7-20 righe: euro 4 lordi – 21-43 righe: euro 9,5 lordi – 44-68 righe: euro 15 lordi -dalle 69 righe in su: euro 19 lordi.  Una decisione che, da quanto consta al cdr, è stata illustrata dal direttore a tutti i capi delle redazioni in una riunione che si è svolta questa settimana, e che ci fa desumere che lo stesso direttore quindi abbia avvallato. Ma chi di noi farebbe lavorare i propri figli a queste condizioni? Nessuno, ne siamo sicuri. Anzi gli diremmo lascia stare. Ed è quello che noi diciamo ai collaboratori: non firmate. Abbiamo contattato Sindacato e Ordine e stiamo valutando tutte le iniziative da intraprendere dal punto di vista legale, politico, mediatico. CARE COLLEGHE, CARI COLLEGHI, vi chiediamo e ci chiediamo: con che coraggio si può proporre un trattamento economico così umiliante, lesivo della dignità prima ancora umana che professionale; con che coraggio ci si osa incazzare se il “pezzo” non è scritto in maniera tale da essere inserito in pagina senza doverlo “passare”?  Con che coraggio? E poi ci scandalizziamo dello sfruttamento del lavoro sui campi, nelle fabbriche, nei ristoranti: questo in casa nostra come lo vogliamo come lo dobbiamo chiamare? Tagliare: questa è l’unica politica industriale messa in campo dal Gazzettino da anni. Una logica cui il cdr si è sempre opposto, invocando strategie di rilancio concrete e condivise. Solo chi non ha una visione a lungo termine poteva pensare che nuovo formato e nuova grafica, legati alla rotativa a colori, rappresentassero un reale rilancio: si è colmato un colpevole ritardo – come ribadito dal cdr più volte – condizione necessaria ma non sufficiente. Manca un progetto editoriale: da quanto lo diciamo? Manca la qualità e l’agibilità del lavoro: carichi sempre più pesanti, turni compressi, costretti al desk senza il tempo di pensare e pianificare. Tagliare organico, stipendi, servizi: il risultato? Una impressionante emorragia di copie, aspetto che pare preoccupare solo il cdr e i giornalisti. Tagliare solo tagliare:  allora perché non tagliare anche i contratti in essere con i colleghi pensionati e con le grandi firme, così magari si può assumere qualche giovane e  pagare meglio i veri collaboratori . Chi campa grazie al lavoro prestato al Gazzettino siamo noi redattori al pari della gran parte dei collaboratori glebalizzati: ci risultano anche accordi da 100 pezzi all’anno per 10mila euro stipulati con ex colleghi già percettori di pensioni che in media sono più alte dei nostri stipendi medi. Al solito due pesi e due misure: quando fa comodo si invoca la qualità (!) quando fa comodo si invoca la livella sempre in basso… ma quella di Totò ricordiamolo non risparmia nessuno. – Il cdr

 

 

 


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