La storia del Marchese di Ormea che nonostante non appartenesse ad un casato di ricchi, viene descritto, dagli storici, come il più illustre diplomatico piemontese prima di Camillo Benso conte di Cavour. Nacque a Mondovì nel 1680, studiò giurisprudenza e nominato giudice di Carmagnola. Per benemerenze venne designato dal Duca Vittorio Amedeo di Savoia referendario ed intende della provincia di Susa. Nel 1722 il re lo nominò Marchese di Ormea, fu poi ministro delle Finanze, dell’Interno e degli Esteri. Mori nel 1745 all’età di 65 anni. Nel 1724 fondò il lanificio composto da più fabbricati nella parte alta di Ormea. Un complesso industriale, modello inglese, con macchinari moderni, mentre la filatura era stata realizzata a Garessio e Bagnasco. Ad Ormea infatti sarebbe stato impossibile trovare la manodopera. Sono trascorsi quasi tre secoli e il paese si trova di fronte ben altre emergenze, a cominciare dal lavoro. Chi pensava che il turismo e le seconde case, il mercato immobiliare e delle aree edificabili, fosse la panacea di Ormea ha dovuto ricredersi. E chi ha rinunciato a sfruttare la ‘filiera del legno’, ma speriamo in un risveglio della comunità, non ha certo dimostrato lungimiranza, oculatezza. Si è accontentato, magari, di ospitare migranti nel rispetto del Vangelo – la carità cristiana che dovrebbe comunque essere sempre praticata, credenti o atei – e di tenere desto il popolo con manifestazioni, feste e appuntamenti folkloristici, culturali, della tradizione. Utile, non basta ovviamente, dicono i dati di fatto. Servono altri capisaldi, sfruttando le ricchezze naturali e facendo si che lo Stato, la Regione (che in molti vorrebbero federalista e automa dimenticando disastri, sperperi, ruberie) diano priorità alle aree depresse. Come ? Iniziando dalle infrastrutture stradali e ferroviarie (si pensi al tunnel Acquetico – Cantarana, alla ferrovia Garessio – Albenga), alle opere di salvaguardia idrogeologica. E’ vero, ricordava al cronista un funzionario in pensione della Comunità Montana, si sono spesi miliardi lungo il Tanaro; evidentemente occorrono interventi che affrontino l’origine del dissesto, l’abbandono dei boschi, dei terrazzamenti. Opere pubbliche e finanziamenti ad hoc che garantirebbero, tra l’altro, posti di lavoro e non solo ossigeno all’economia locale. Un’inversione di rotta, con iniziative di alto valore sociale. Le forze politiche che chiedono il voto agli ormeaschi hanno messo in agenda questi interventi ?