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Il medico: ‘Musica e emozioni nell’uomo’
ma il pum, pum non è fatto per emozionare


Musica ed emozioni che trasmette all’uomo. Cosa influisce sul rapporto tra musica e emozioni? La percezione di ciò che ascoltiamo dipende dalle caratteristiche di un brano ma anche dalle capacità di ascolto del pubblico. Come la tecnologia può entrare in questo gioco.

Il binomio musica ed emozioni, negli ultimi anni, è stato oggetto di moltissimi studi che comprendono senso estetico, scienza, cervello, stili di vita della società. Ma perché una canzone può indurre sensazioni piacevoli e stimolare ricordi? E come mai ascoltando un brano ci si può innamorare, sognare, volare con la fantasia o annoiarsi a morte?

Il rapporto tra musica e emozioni, nell’uomo, ha origini antichissime. Le ricerche più recenti in ambito neurologico si concentrano anche sull’aspetto evolutivo dell’ascolto dei suoni. Sembra infatti che solo alcune aree del cervello siano correlate all’aspetto emozionale, mentre altre verrebbero impegnate nella comprensione del linguaggio di armonia, melodia e ritmo. C’è chi cerca di stabilire se tutto ciò abbia a che fare con aspetti innati o sia conseguenza di educazione. Ciò ha sicuramente conseguenze sulla definizione del bello nell’arte della musica e ne condiziona l’evoluzione. 

Musica ed emozioni soggettive – Rimane il fatto che ascoltando un determinato brano non tutti si emozionano nello stesso modo. Anzi è vero piuttosto il contrario. Se per qualcuno una sonata di Bach apri le porte del paradiso, altri dopo due note potrebbero tranquillamente addormentarsi. Ma la stessa cosa vale per qualsiasi genere musicale. Quando ci sono di mezzo le orecchie, la linea di demarcazione tra apprezzamento e fastidio è sottile.

Sappiamo che ciò che ci trasmettono i suoni è frutto di esperienze soggettive e personali. Inoltre diamo sempre per scontato che quando parliamo di musica ed emozioni a suonare dall’altra parte ci sia un uomo. Cosa non proprio vera, data la recente evoluzione tecnologica nel settore dell’intelligenza artificiale oramai in grado di comporre canzoni. Ma anche senza pensare alle crescenti capacità cognitive dei robot, sarà capitato a tutti di ascoltare dal vivo una canzone suonata elettronicamente. Vi siete emozionati? 

Musica all’elaboratore: emoziona? – La domanda quindi è necessaria: se a suonare è l’elaboratore, come e cosa cambia nel rapporto tra musica e emozioni? Risponde a questa domanda uno studio condotto dal Max Planck Institute for Human Cognitive and Brain Sciences. Gli scienziati hanno dimostrato che anche per gli ascoltatori poco esperti esistono differenze rilevanti tra la percezione di brani eseguiti elettronicamente oppure suonati dall’uomo.

Solo la musica eseguita da musicisti e quindi non da elaboratore sarebbe in grado di scatenare reazioni a livello celebrare e quindi di emozionare. Se, a qualche festa di piazza o matrimonio, avete assistito ad un finto pianista intento a muovere le mani a caso e suonare MIDI file o basi preregistrate, sapete di cosa stiamo parlando. La musica era poco emozionante? Non servono facoltà innate o una specifica educazione musicale per smascherare un falso musicista. 

Importanza espressività musicale – Lo conferma l’esame eseguito su un campione di ascoltatori non musicisti a cui è stata monitorata l’attività del cervello e il valore di conduttività elettrica della pelle. Sottoposti a brani di musica classica, il sistema è stato in grado di rilevare prontamente le reazioni del cervello a cambi di tonalità o di accordi. Ciò dimostra la correlazione diretta tra stimoli musicali e attività celebrale, ma sono emersi altri particolari interessanti.

Quanto conta chi suona?  – L’attività del cervello è stata molto più intensa quando la musica veniva suonata da musicisti reali piuttosto che se gli stessi brani fossero eseguiti dall’elaboratore. Il dottor Stefan Koelsch ha spiegato che le risposte neuronali sono molto più definite se i passaggi musicali vengono eseguiti con ‘espressione musicale’. Compito dei musicisti è proprio amplificare il responso tra musica e emozioni su determinati accordi, passaggi armonici o melodici.

Quanto conta l’orecchio del pubblico? – Potrebbero sembrare conclusioni ovvie, ma non è poi così banale sapere che l’uomo ha una naturale possibilità di difendersi dal rumore o dalla cattiva musica. I musicisti reali sono gli unici ad avere la possibilità di raccontare storie davvero emozionanti. Il resto non conta. Il pum, pum in cui ci imbattiamo quotidianamente non è fatto per emozionare, forse per divertirsi, o peggio per consumare. Ma questo è un altro discorso che ha più a che vedere con l’evoluzione della musica in una società che non sceglie cosa ascoltare.


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