Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Ceriale, la perizia conferma il suicidio Pedriali. Quanto fango per gli innocenti ! Ma i giornali ora non hanno spazio. Figuraccia


Nostro fratello è stato amazzato’ scriveva La Stampa del 18 giugno 2014. Ma il diritto di cronaca esiste quando si è vittime di un asserito ‘giallo’, sospettati, additati al ludibrio con titoloni e locandine davanti alle edicole ? Nessun delitto, né indagati. La perizia disposta dal magistrato conferma il suicidio del povero Gino Andrea Pedriali, a 62 anni. Due figli. Una moglie, per 7 anni irreprensibile consigliere comunale, figlia di quella che è stata, anni 50-70, una delle più agiate, apprezzate famiglie di Ceriale e Peagna. Pionieri del commercio ortofrutticolo della piana sul mercato all’ingrosso di Alessandria. Oggi una donna esemplare due volte vittima. Ha perso il marito (e padre), poi ha subito l’onta di leggere che era stato presentato un esposto accusatorio. Si sosteneva la tesi dell’omicidio. C’era anche una polizza vita. E ora ‘silenzio stampa’ ? Ultima ora: La Stampa- Riviera di domenica 8 febbraio ha finalmente dato notizia. Vedi fondo  pagina 3 articolo: L’autopsia conferma suicidio.     

Marilena Costa, per 7 anni consigliere comunale di Ceriale

La involontaria protagonista è Marilena Costa, abita in frazione Peagna, paese d’origine dei genitori, dei nonni. E’ mamma  e nonna. Per  due decenni è cresciuta, con i fratelli maggiori, nella casa, con sottostante magazzino  laboratorio, di via Aurelia alle Muragne. Qui un paio di generazioni hanno vissuto la fiorente attività commerciale della famiglia Costa. Acquistavano le primizie dei contadini di Ceriale, Peagna e dell’albenganese. Nei periodi di punta (pomodori, asparagi, carciofi) avevano una quindicina di dipendenti, in maggioranza donne che pulivano, preparavano il carico. Di notte il camion con la merce raggiungeva i mercati all’ingrosso del Piemonte. I Costa (u Merlettu), famiglia stimatissima, laboriosa, onesta che ha conosciuto l’agiatezza solo con l’olio di gomito, la serietà, correttezza, coraggio commerciale. Mai avventurieri o speculatori. Ma la cultura della terra e dei suoi tesori naturali.

A Marilena Costa,  lunedì mattina del 9 dicembre 2013, è crollato il mondo addosso. Non è solo un modo di dire. Bisogna vivere, da innocenti, un dramma di queste proporzioni, o se volete anche minori, per rendersene conto. Da non augurare a nessuno. Ha trovato Gino, l’ uomo con cui aveva condiviso fino a quel momento l’esistenza di moglie e mamma, esanime sull’auto. Un gesto disperato che pur tra le immancabile difficoltà comuni ad ogni coppia, ma legati da un solido affetto, da rispetto reciproco, dall’amore e della gioia per i figli, restava incomprensibile. O meglio, solo la consapevolezza di cosa significhi l’insidia di un esaurimento nervoso può dar conto dell’abisso autodistruttivo. La folle ricerca della morte come soluzione finale.

I sopralluoghi minuziosi dei carabinieri, dei vigili del fuoco, le relazioni di servizio, il medico incaricato degli accertamenti di competenza. Molto scrupolo degli inquirenti, con la supervisione del sostituto procuratore. In quei giorni giornali e web fecero la scelta più saggia. Di fronte alla morte di un malato, notizia ad una colonna.  Trascorsi alcuni mesi, il corrispondente della Stampa (allora Angelo Fresia), quasi in sequenza, firma due articoli ai quali la redazione di Savona riserva titoli che lasciano sconcertati. Un cocktail di dubbi, sospetti, ombra di illazioni, interrogativi che creano un’onda lunga. Atroce e devastante moralmente per chi subisce le conseguenze, nonostante la coscienza e le mani pulite.

I titoli rappresentano un ‘ giallo che diventa più fitto‘, il neo di ‘una polizza  stipulata a favore di un famigliare’,  ‘un’intricata vicenda sollevata dalla denuncia (sic !) del fratello e della sorella del morto’. La prima lavora al Trincheri di Albenga, il secondo è pensionato delle Poste, sempre ad Albenga. Il giornalista che conosce da anni Marilena Costa, i due figli, aggiunge che “i carabinieri  avevano inizialmente ipotizzato un suicidio col gas di scarico della macchina, ma poi si sono trovati di fronte un elemento strano, l’incendio divampato sul retro del veicolo…in un primo momento le verifiche investigative  avevano ricondotto l’incendio al calore creato dal tubo di scappamento, invece c’è il sospetto che sia stato appiccato in maniera dolosa….c’erano taniche di  benzina vicino, miracolosamente integre, come se qualcuno  le avesse appoggiate in quel punto dopo lo spegnimento….Nell’abitacolo dove è stato trovato il cadavere mancava qualsiasi traccia di affumicamento, così sul corpo, sui vestiti e sulle scarpe di Pedriali...“.

Altro titolo “ Riesumato il cadavere…presentava molte anomalie”. Per la seconda volta il termine giuridico ‘denuncia’ che “…evidenzia una serie di incongruenze, pur senza indicare colpevoli”. Segue la classica, per chi fa cronaca nera, ciliegina. Rimarca Angelo Fresia: “…I fratelli Moreno e Ivana si sono rivolti ad uno specialista in indagini private ed hanno presentato un dettagliato esposto  alla Procura della Repubblica assistiti dall’avvocato Mauro Vannucci…”. E’ stato candidato a sindaco di Albenga,  vice sindaco, una vita spesa al servizio dei cittadini, persona estroversa, originale, molto popolare nella piana e nel foro savonese.

E’ doveroso, inoltre, rimarcare la macroscopica assenza dell’uso del verbo condizionale: nei ‘sospetti’, nelle ‘incongruenze’, nelle possibili illazioni. Infine va da se che la consecutio dell’attività dell’investigatore privato (speriamo di conoscere nome e cognome, visto che quel lavoro viene svolto con licenza della prefettura, che per ogni pratica si compila un formulario sottoscritto in triplice copia, viene emessa fattura di acconto e saldo) ha portato  i fratelli Pedriali ed il loro legale di fiducia a presentare un ‘doveroso esposto’ all’autorità giudiziaria.  Ultimo particolare. Chi ha scritto e riscritto sul ‘giallo di Ceriale’ non ha mai ritenuto di interpellare la vedova. Ha fatto ‘suonare’ sempre la stessa campana. Non c’è altro da aggiungere, si commenta da se.

Da ultimo risulta che su  espresso incarico di Marilena Costa e dei figli, l’avvocato Andrea Laureri abbia fatto pervenire ai maggiori organi di informazione locale, già lo scorso lunedì, 2 febbraio, la lettera che sotto riportiamo.

L. Cor. 

Leggi a fondo pagina il primo articolo de La Stampa. Leggi il secondo articolo de La Stampa.

LETTERA

Suicidio Gino Andrea Pedriali. Grazie per aver violato il nostro lutto.

Non vi sono più dubbi, Gino “Andrea” Pedriali si è tolto la vita.

Questo è quanto risultato dall’autopsia svolta sul corpo del sessantaduenne cerialese, molto conosciuto in zona in quanto titolare dell’Autodemolizione Riviera, che si tolse la vita l’08 dicembre 2013 collegando il tubo di scarico all’abitacolo della propria Fiat 600, parcheggiata all’interno del garage di casa.

Benché le cause e le modalità del suicidio, legate alla depressione di cui il Pedriali soffriva da mesi, fossero chiare sin dal ritrovamento del corpo e dagli accertamenti svolti dai soccorritori, dai Carabinieri di Ceriale e dai Vigili del Fuoco di Albenga, tanto che il Pubblico Ministero di turno ne aveva immediatamente autorizzato i funerali, lo scorso giugno la Procura della Repubblica di Savona era stata costretta a riaprire il caso e disporne l’autopsia.

Quanto sopra a seguito di un esposto firmato da Moreno Pedriali, fratello della vittima e dal suo difensore, Avv. Mauro Vannucci di Albenga, che manifestava evidenti dubbi sul fatto che si fosse realmente trattato di un suicidio.

Nei giorni immediatamente successivi alla riapertura del fascicolo Moreno ed Ivana Pedriali dichiaravano ai giornali (La Stampa del 18.06.2014) “nostro fratello è stato ammazzato” sollevando gravi perplessità e velate accuse, pur senza indicare né colpevoli né possibili sospettati, contro la moglie, Marilena Costa, ed i figli del povero Gino Andrea.

Moreno ed Ivana Pedriali dichiaravano infatti ai giornali che, assistiti dal proprio legale e da uno specialista di indagini private rimasto ignoto, avevano rilevato numerose anomalie sul luogo in cui avvenne il suicidio e sul corpo del Pedriali tanto da far temere che qualcuno avesse ucciso il fratello e successivamente allestito una messinscena; a rendere ancora più delicata la vicenda l’esistenza di una polizza sulla vita del Pedriali a favore di un familiare, come titolato da La Stampa in data 19.06.2014.

“Parole che risuonano, ora come allora, come velate insinuazioni contro di me ed i miei figli” dichiara oggi la vedova del Pedriali.

“È stato violato il nostro lutto. Parole ed insinuazioni che non hanno fatto altro che aggiungere dolore, amarezza e sconforto allo strazio di una grave perdita familiare ed al timore, che chiunque prova in un momento del genere, di non aver capito o fatto abbastanza per aiutare mio marito a non abbandonarsi alla depressione.”

“Ci siamo ritrovati sulle pagine dei giornali da un giorno all’altro senza neppure essere stati informati dai miei cognati dell’esposto che avevano presentato e, dopo esserci rivolti ad un legale che ci ha spiegato cosa stava succedendo abbiamo accettato, capendo che fosse un atto dovuto per la Procura di fronte a supposizioni del genere, che il corpo di mio marito venisse riesumato.

La speranza è che quanto definitivamente accertato dalla Procura possa mettere fine a questa dolorosa vicenda, riportando ad un rispettoso silenzio coloro che hanno gratuitamente puntato il dito contro la nostra famiglia che si trovava a dover affrontare un terribile lutto.”

Ad oltre un anno dalla morte le conclusioni portate dalla perizia medico – legale redatta dal consulente nominato dalla Procura della Repubblica fugano ogni dubbio.

La perizia chiarisce infatti che “i dubbi del Sig. Pedriali Moreno relativamente alla condotta anticonservativa posta in essere dal fratello sono stati ampiamente fugati dalle indagini medico legali eseguite.” Le ustioni rinvenute sul corpo del Pedriali si sono infatti dimostrate post- mortali, quando il Pedriali, soggetto sottoposta a terapia anti-depressiva era già deceduto a causa dell’intossicazione acuta da monossido di carbonio, ed “è ampiamente verosimile ritenere che il surriscaldamento della parte posteriore della Fiat 600, imputabile all’ostruzione del tubo di scappamento collegato all’abitacolo, abbia innescato non solo l’incendio, rimasto confinato alle porzioni posteriori del garage, ma anche il fenomeno della fiammata di rientro all’interno dell’abitacolo che ha prodotto le ustioni” rinvenute sul Pedriali e notate dalla sorella in Cameria Mortuaria.

“L’assenza di qualsivoglia lesione traumatico – fratturativa sul copro del Pedriali ha inoltre consentito di escludere ulteriormente eventuali responsabilità di terzi.”

“Quanto è risultato dall’autopsia non lascia dubbi sul tragico gesto di Andrea né restituirà serenità alla moglie ed ai figli ma mi auguro che possano restituirgli quella riservatezza in più che questa dolorosa vicenda avrebbe meritato”, commenta l’Avv. Andrea Laureri dello Studio Associato Ramò – Laureri di Albenga, legale ed amico di famiglia della moglie e dei figli di Andrea Gino Pedriali.

“Stupisce che chi ha presentato l’esposto in Procura, una volta visti i risultati dell’autopsia, non abbia sentito l’esigenza di avvisare i giornali e smontare il caso mediatico che aveva creato in precedenza.”

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L.Corrado

L.Corrado

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