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Liguria e Basso Piemonte

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Savona si confronta con la sua identità perduta


Trent’anni di storia savonese, dal 1960 al 1990, nel libro a tre voci di Luciano Angelini, Franco Astengo e Giovanni Burzio con la prefazione di Francantonio Granero. Presentazione venerdì 27 novembre, ore 18, nella Sala Rossa del Comune. Interverranno, oltre agli autori, Giunio Luzzatto, Bruno Manghi e Luciano Pasquale. 

Scrive Francantonio Granero nella sua prefazione: …Abolita (forse, si, forse no, chissà) la Provincia, la Prefettura, al momento in cui scrivo, è ormai da mesi senza prefetto ed inserita in un elenco di sedi da declassare. La Questura sembrerebbe avviata alla stessa sorte, forse provvisoriamente scongiurata. Sono già stati declassati il comando dei Vigili del Fuoco e la sede dell’Arpal (ogni “razionalizzazione” prende di mira soltanto gli Organi che danno fastidio), mentre l’Autorità Portuale, entità con fini economici produttivi ancora vitale, appare destinata quasi ineluttabilmente ad essere inglobata, con la retorica dell’integrazione e con toni ultimativi da parte della politica nazionale, al servizio dell’area genovese, con conseguente spostamento anche di quel centro decisionale. Dopo 175 anni di storia, analoga sorte ha subito la Cassa di Risparmio di Savona, altro fondamentale polo di sviluppo di ogni politica economica locale, ormai inglobata per incorporazione nella Cassa di Risparmio di Genova e sostituita, a partire dal prossimo mese, da una semplice direzione di area. Sopravvive, ormai sempre più indebolita e incapace di risposte incisive sul piano della legalità, per mancanza spaventosa di mezzi e di risorse umane, la locale sede giudiziaria che vede invece crescere, senza alcuna logica apparente, la finitima sede di Imperia, come inevitabile conseguenza – anche questa – di una mancanza di lungimiranza ed anzi di un fastidio che sembra diffuso nella classe dirigente per ciò che da quell’istituzione promana. Ebbene, se ancora c’è qualcuno che ami questa città e questa provincia, e sia desideroso di riflettere e lavorare per il recupero dell’identità perduta o, più realisticamente, per la costruzione di una nuova identità, riconoscerà agli autori il merito che la lettura di questo libro e le riflessioni cui essa induce possano essere una seria base di partenza.

Nella sua intervista, Giovanni Burzio affronta il tema della speculazione edilizia connesso alla questione urbanistica a Savona: A sollevare il problema, alla fine degli anni Ottanta, fu un intervento dell’architetto Gianluigi Buccheri, apprezzato docente,  presidente  di Italia Nostra, sul periodico della Sinistra indipendente della Liguria. Sotto il titolo “Identità urbanistica perduta”, l’amico Gianluigi, affrontò il tema della crescita e dello sviluppo urbanistico della città proiettata verso il Duemila e i rischi conseguenti. La sua fu una relazione esemplare, sia nel ricordare la sua specificità culturale, “espressa nei tessuti urbanistici medioevali e ottocentesci”, sia sottolineando come tale identità fosse “andata perduta nelle smagliature del tessuto urbano contemporaneo”. Buccheri mise in luce con acuta analisi errori e contraddizioni che andranno ampliandosi nel tempo, fino alle conseguenze che hanno caratterizzato gli ultimi trent’anni.  Rimase inascoltato.

…e fa un amaro bilancio sulla politica e sulla sinistra in particolare: “Nell’ultimo decennio del novecento si determinerà un passaggio fatto di compromessi in continua discesa, a dire poco, negli equilibri politici e nella sinistra. Un passaggio che si inoltrerà nel successivo secolo tra insignificanti luci e molte ombre. Mi sento di affermare che non era assolutamente accaduto, anche in epoca lontana, di sentire la politica così distanrte, così fredda, estranea e inutile come oggi, per realizzare il bvene comune e generale reale pasrtecipazione, confronti e condizioni di aslternative democratiche. Penso sia andato poerduto gran parte del patrimonio secolare del popolo protagonista: quello risorgimentale, patriottico, insurrezionale dell’Ottocento e ancora quello mazziniano, laico, liberale, socialista., cattolico, azionista, comunista, antifascista, resistenziale e oltre del Novecento”.

  1. Scrive Luciano Angelini nel suo “Come eravamo”: …Approdo al Secolo XIX all’inizio del 1969. La redazione è in piazza del Mameli, secondo piano, sotto i portici c’è il Bar Ligure, ritrovo prestigioso della famiglia Franco. Il capo è Bruno Bini, importato dalla Toscana da Amedeo Massari, braccio organizzativo del direttore Piero Ottone, poi tra i fondatori di Repubblica. Ha grinta e carisma, sa dialogare con la Città e motivare la sua squadra (il vecchio corrispondente De Benedetti, esperto di bianca; il cronista Franco Rognone, poi trasferito a Sanremo; Pietro De Martini, vecchia e prestigiosa firma di Tuttosport, già inviato alle Olimpiadi di Roma ’60; un giovanissimo Gino Pellosio, appena uscito dal Liceo, calcio e automobilismo nel sangue, fedele al Decimonono fino alla tragica scomparsa nel 2010; poi arriveranno Luciano Corrado, punta di diamante ad Alassio ed Albenga ai tempi del sequestro di Sara Domini, nipote di Geloso, il re dei registratori, e del pittore Mario Berrino; Giuseppe Giannotti, Mario Muda e Nanni Basso).
  2. Ma come non ricordare Armando Moreschi, la passione per il giornalismo nel sangue, cacciatore di notizie, nottambulo, memorabili le interminabili partite a carte, al posto di pronto soccorso con i medici Selis e Vanara, l’amico Cicci Scotto e i poliziotti di turno (il pacioso Barbieri e il finto arcigno Casari), in attesa di notizie. Moreschi se n’è andato a 35 anni, la sera del 7 gennaio 1976.

Scrive Franco Astengo nella sua analisi su passato e presente della Città: …L’identità perduta è la testimonianza dell’arretramento storico. Le note che seguiranno contengono un semplice abbozzo di riflessione sulle vicende savonesi, dal dopoguerra in avanti. Sarà necessario scavare a fondo nell’identificazione di ciò che è accaduto per ricostruire i passaggi di una trasformazione d’epoca, che ha portato una piccola città di provincia a rappresentare una vera e propria fuoriuscita dalla prospettiva del futuro.

Questo va detto con grande chiarezza alle giovani generazioni perché si superi lo smarrimento dell’oggi. Savona non ha più identità. Quella di città operaia l’ha perduta irrimediabilmente, smarrendone la memoria, principalmente in ragione di una totale assenza di capacità progettuale del suo ceto dirigente inteso in senso lato, nella politica, nell’economia, nella società.


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