Le Arene Candide: ne abbiamo sempre sentito parlare, ma che aspetto potevano avere? Molti hanno chiesto se esistono immagini antiche delle Arene Candide.
di Giuseppe Testa
Non esistono ad oggi immagini che dimostrino come erano vaste, in origine, le sabbie candide della duna eolica (cioè formata dal vento) “appoggiata” al promontorio di Caprazoppa. La poche foto (immagine numero 1) ce le mostrano poco più di secolo fa, quando ormai erano un residuo dell’antico splendore.
Abbiamo una relazione del 1892 in cui Arturo Issel (insigne geologo e paleontologo) scrisse a proposito della duna di sabbia: egli la descrive (allora) alta 100 mt e lunga ben 400! Era ancora notevole! Un primo grave danno per la duna era stato la tracciatura della strada litoranea (1836-1839 circa) che obbligò alla rimozione del “piede” della duna e quindi di molto materiale soprastante che in caso di piogge e maltempo poteva scivolare a valle sopra la strada. La cosa avvenne effettivamente nell’alluvione del 1900, quando le sabbie cadute furono rimosse e gettate in mare (!). Allora non si poteva fare altro.
E’ difficile immaginare la bellezza originaria del sito, ma possiamo intuirla con l’immagine numero 2, che mostra un analogo “ammasso” di sabbia in Francia, dove una duna sabbiosa (non paragonabile a quella della Caprazoppa), ma molto più “giovane”, è ancora intatta, anzi in continua crescita, per altri fenomeni.
Non voglio fare paragoni geologici (ci vorrebbe un esperto), ma ciò non è importante. Quello che volevo mostrare è l’impatto visivo ed ambientale di una duna simile, posta in una condizione simile tra mare e costa. Quella della foto è circondata da boschi, ed è probabile che alla formazione anche la “nostra” fosse in una condizione simile. La sabbia di questa duna è comunque sabbia “marina”, più o meno fine, ma tipica di molte spiagge. Quella delle Arene era bianchissima ed impalpabile, tipo la farina.
Le Arene Candide erano una duna di sabbia eolica, quasi impalpabile, quarzosa, bianca (candida) che l’impeto dei venti, per lunga successione di secoli dell’ultima glaciazione, (i quali soffiavano con grande potenza), avevano addossato al versante occidentale del promontorio della Caprazzoppa, nell’estremità ovest del litorale di Finale Ligure. Durante l’affermarsi della glaciazione Wurmiana (80.000/15.000 anni fa), il livello del mare sceso fino a -120 metri rispetto a quello medio attuale, e la susseguente risalita postglaciale del mare stesso, favorì la formazione della grande duna ricca di sedimenti costieri di quarzo. La duna s’appoggiò alla falesia, il cui apice giunse quasi fino all’imboccatura della caverna omonima. Ritratta in alcune fotografie degli anni venti del “900”, la duna risulta completamente rimossa, per alimentare l’industria vetraria e degli abrasivi. La cava di sabbia di quarzo ha successivamente lasciato il posto ad una grande cava di calcare che ha determinato l’attuale (degradata) situazione paesaggistica.
Scriveva Issel: ….appena oltrepassata la galleria del promontorio della Caprazoppa, il viandante vedeva in passato il versante meridionale del medesimo, coperto, per buon tratto della sua altezza, di finissima e bianca sabbia silicea, che dalla vicina spiaggia fu scaraventata sui fianchi del monte per opera dei venti di mezzogiorno, colà gagliardissimi. Questa sabbia,si innalza fino ad un centinaio di metri e si estende in lunghezza per circa quattrocento metri. Si tratta di una duna che potrebbe propriamente qualificarsi “duna d’ostacolo”. Supponevo che le Arene Candide e le altre accumulazioni di sabbie silicee che s’incontrano a ponente di questa, verso Borgio, e, a levante, tra Finalpia e Varigotti, avessero avuto origine a spese di un’antica spiaggia quaternaria. Mi sono persuaso, di poi, che la formazione della duna è un fenomeno recente e non ha connessione col sollevamento quaternario del litorale. Infatti, nella caverna di Galusso, presso la stazione di Borgio, il suolo dello speco è formato dalla medesima sabbia e contiene avanzi di remoti tempi storici ed anche verosimilmente neolitici; ma questa sabbia viene a mancare del tutto nello strato più profondo della grotta, rappresentato da piccoli lembi di una breccia ossifera, quaternaria. Trovandomi sul lido delle Arene Candide, mentre spiravano venti temporaleschi da sud, sud-ovest, ho avuto agio di assicurarmi che, senza punto ricorrere alla ipotesi di una spiaggia emersa, si spiega facilmente come le correnti atmosferiche, assumendo, per le condizioni speciali del luogo, un moto vorticoso, abbiano il potere di sollevare l’arena e di adunarla sul fianco della montagna. La duna di sabbia asportata in gran copia a vantaggio di parecchie industrie, è ridotta da qualche anno a scarso residuo.
Scrive ancora Issel: “… in vari siti nel nostro suolo è segnalata l’esistenza di sabbie quarzose, buone per le vetrerie. Nella località detta le Arene Candide, a ponente di Finalmarina, queste sabbie sono bianche, minute, quasi esclusivamente quarzose e si trovano in quantità sufficiente da soddisfare ai bisogni d’una industria di qualche rilievo. Da taluno furono ritenute opportune per migliorare le condizioni dei vigneti invasi dalla Phylloxera…”
Un’altra grande occasione persa…
Giuseppe Testa