Anche quest’anno, dal 29 al 31 maggio, si è svolta la Maratona Ferroviaria di AMoDo (Alleanza per la Mobilità Dolce) che raggruppa circa 30 Associazioni di livello nazionale. A Pompei un compendio d’arte e di cultura unico al mondo. Un viaggio e un utile confronto con Genova e la Liguria. La sorte e le conseguenze dello spostamento a monte dei binari.
di Massimo Ferrari
Siamo ormai all’undicesima edizione. Lo scopo è quello di incontrare i rappresentanti di istituzioni e comitati locali interessati a promuovere modi di viaggio rispettosi dell’ambiente. E riaprire, dove è possibile, linee secondarie “sospese” o dismesse, ma ancora recuperabili. Quest’anno la Maratona si è dipanata da Firenze a Napoli, principalmente lungo la Tirrenica, una linea un tempo fondamentale (da Torino e Genova a Roma) ed ora un poco negletta, dopo l’avvento dell’Alta Velocità.
La sfida 2025 era particolarmente impegnativa. Ci si doveva muovere su una rete lardellata da mille cantieri aperti per rispettare le scadenze del PNRR, senza contare la sfilza di scioperi (spesso inutili, quasi sempre corporativi) che le piccole sigle sindacali proclamano per affermare la propria visibilità. E senza incappare nelle consuete anomalie che congiurano per perturbare la regolare circolazione dei treni, dalle persone che camminano lungo i binari agli episodi di microcriminalità e bullismo, spesso enfatizzati dai media. I quali, pur mossi dall’intento di stigmatizzare certi comportamenti, spesso finiscono con l’alimentare un sentimento di sfiducia nel viaggiatore.
Ebbene, bisogna riconoscerlo: la prova è andata benissimo. Eravamo una squadra di una quindicina di persone provenienti da diverse località del Centro Nord della Penisola. Tutti sono arrivati in tempo all’appuntamento fissato per mezzogiorno di giovedì 29 maggio alla stazione fiorentina di Santa Maria Novella. Nelle successive 48 ore, insieme, abbiamo preso 11 treni regionali, con un solo biglietto da 35 euro (“Italia in Tour”). Tutte le corse sono state sostanzialmente puntuali. I convogli (nuovi ed accessibili) erano affollati, ma si sono sempre trovati posti a sedere, pur senza prenotazione. Scarsi i controlli dei titoli di viaggio (due volte in tutto, per oltre 600 chilometri), ma personale gentile e disponibile. Ci si lamenta giustamente, io per primo, delle scelte del gruppo FS, ma, nelle condizioni sopra descritte, difficile fare di meglio. Bisogna riconoscerlo. Chapeau!
Gli incontri sul territorio: cominciamo da Pisa. Alla stazione ci attendeva l’assessore ai trasporti ed un suo assistente. Ci hanno brevemente illustrato il progetto della nuova rete tranviaria della città, articolata su due linee. Dopo il grande successo che sta riscuotendo il tram a Firenze, la pregiudiziale contro questo mezzo, tanto radicata in Italia da aver affossato diversi progetti (per esempio a Genova) e ritardato altri di decenni, come a Bologna, sembra ora superata, almeno in Toscana. Ma bisogna vedere se il Governo troverà i fondi per finanziare l’opera.
Seconda tappa a Piombino, antica roccaforte rossa, poi travolta dalla crisi del centro siderurgico ed ora amministrata dal centro destra, come la vicina Follonica. Il sindaco ci accoglie alla stazione e ci parla della volontà di superare la storica funzione di porta verso l’isola d’Elba per valorizzare le attrattive turistiche della località con i siti etruschi che la circondano. Intanto, però, la diramazione che proviene da Campiglia e si spinge fino ai moli (caso ormai raro dei collegamenti treno nave sopravvissuti in Italia) va strenuamente difeso, se vogliamo arginare il traffico motorizzato.
Il venerdì scendiamo nel Lazio e, nella sosta a Civitavecchia, incontriamo i rappresentanti delle associazioni che si battono per il ripristino della linea da Orte, accompagnati da un sindaco della Tuscia. L’amministrazione regionale appare alquanto inerte e non sembra pungolare RFI, che non ha mai creduto nella riattivazione di questa linea – per la quale erano stati spesi non pochi quattrini – in guisa di corridoio merci alternativo al nodo di Roma. Intanto il porto laziale è divenuto uno dei principali attrattori dei croceristi . Il tentativo di lanciare treni dedicati per raggiungere Roma, effettuato negli anni scorsi, sembra ora tramontato. Ne approfittano taxi e van che stazionano davanti alla stazione per trasportare turisti italiani e stranieri con bagagli al seguito.
Eppure a Roma si può scendere alla stazione di San Pietro, all’ombra del Cupolone, come abbiamo fatto noi. Molto più comodo dei bus d’agenzia per chi vuole visitare il Vaticano. Percorriamo la Passeggiata del Gelsomino, già realizzata in occasione del precedente Giubileo del 2000, a fianco del binario che si spinge oltre le Mura Leonine. Raccordo realizzato a seguito dei Patti Lateranensi del 1929 ed utilizzato ben poche volte dai treni dei Papi. Ma recentemente rispolverato in qualche occasione come risorsa escursionistica aperta al pubblico. La novità del Giubileo 2025 è il percorso ciclo pedonale di Monte Ciocci, che arriva fino alla stazione di Valle Aurelia, sfruttando una galleria dismessa della linea per Viterbo, finalmente raddoppiata. Bella realizzazione, come pure il percorso ciclabile tra il Circo Massimo ed il Colosseo che potrà contribuire ad alleviare l’assedio delle auto.
Nel tardo pomeriggio arriviamo a Formia. O, per meglio dire, alla stazione di Formia Gaeta. Trenitalia sceglie questo doppio nome, quando non può (o non vuole) ripristinare le preesistenti diramazioni. E’ successa la stessa cosa anche a Terracina. La linea da Priverno, pur elettrificata, venne interrotta nel 2012, dalla caduta di un grosso masso. Rimuoverlo avrebbe comportato un intervento di pochi giorni. Ma sono trascorsi 13 anni e nulla è stato fatto. Salvo istituire un collegamento con bus da Monte San Biagio, stazione ribattezzata Monte San Biagio-Terracina.
Facile prevedere che anche in Liguria, con lo spostamento a monte dei binari, si procederà così.
A Gaeta, la situazione, se possibile, è ancor più clamorosa. La breve antenna – una decina di chilometri – da Formia fu chiusa ai passeggeri nel lontano 1966. Nel frattempo il traffico stradale è notevolmente cresciuto e nei fine settimana della bella stagione rischia spesso la paralisi. Il sedime dell’antica linea – incluso l’imponente viadotto in uscita da Formia – è praticamente intatto. La precedente stazione di Gaeta è situata nel cuore dell’agglomerato urbano in posizione baricentrica. Cinque anni fa la questione sembrava sul punto di essere risolta. La giunta regionale guidata da Zingaretti aveva deciso il ripristino ed erano già stati posati alcuni chilometri di binario nuovo.
Poi tutto si è fermato. Cambio di amministrazione, il contenzioso non sanato per un parcheggio terminale. Adesso si parla di una soluzione tram treno. Meglio che niente, ma c’è la volontà?
Certo, tra Formia e Gaeta ( una conurbazione di oltre 60 mila abitanti) gira un bus del Cotral. Le paline di fermata, però, non lo indicano. Tra le 7.00 e le 18.00 si ferma al porto per non congestionare il piazzale della stazione di Formia. Le obliteratrice sono fuori uso, ma una vetrofania minaccia il passeggero: “l’autista ti vede e ti può controllare”. Pochi se ne preoccupano.
Sabato mattina scendiamo verso Napoli. A Villa Literno, nodo importante ora alquanto degradato, si cambia per penetrare nel capoluogo dal versante flegreo. Dal 1927 questa era la Direttissima proveniente dalla capitale. Fino agli anni Novanta da Mergellina partivano i rapidi che in 1h30′ approdavano a Roma Termini. Erano frequentati dalla élite politico culturale partenopea. Il celebre giurista Gustavo Minervini aveva costituito un “Comitato anti sdrucciolo” per vigilare contro il rischio di cadute sul marciapiede in caso di pioggia. Ma poi è arrivata l’Alta Velocità che entra in città da Afragola e la grande stazione di Mergellina adesso è utilizzata solo per il traffico locale.

Finalmente, dopo vicissitudini durate oltre quarant’anni, con scandali, lavori interrotti, stazioni murate con dentro i treni, è stata aperta la linea 6 della metropolitana dalla stazione Mostra a piazza Municipio. Ma per ora mancano i nuovi convogli ed i conducenti. E così le corse con il vecchio materiale rotabile simile a quello del metrò di Genova, corto e palesemente inadeguato – si susseguono ogni 20 minuti e solo fino alle 14.50. Una situazione surreale che farebbe arrossire un paese in via di sviluppo. Poi però arriva da Pompei una bravissima guida: ci illustra l’architettura delle nuove stazioni che costituiscono un compendio d’arte e di cultura unico al Mondo. Specialmente quella di Chiaia che sprofonda a decine di metri sotto il livello del mare e racconta, tra volute a spirale e centinaia di occhi che ti osservano dall’alto, il passaggio dagli inferi alla luce. Napoli è così, sempre pronta a sorprenderti. Una battuta la descrive come “un paradiso abitato da diavoli”. Diavoli devono essercene in giro parecchi, ma talvolta qui sembra davvero di essere in paradiso.
Massimo Ferrari