Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Un ricordo. La mia “stagion lieta” a Noli


Se mai raccoglierò in un libro i miei ricordi di fanciullezza a Noli, credo che l’intitolerò ”La stagion lieta”. ”Godi fanciullo mio, stato soave, stagion lieta è cotesta …” scrive il grande Leopardi.

di Massimo Germano

Il ricordo della mia “stagion lieta” a Noli

In ogni tempo, in ogni luogo gli anni magici della fanciullezza hanno ispirato le pi`u belle pagine della letteratura. Non che tutto andasse sempre liscio. Per uno come me, abbastanza precoce ma parecchio tonto, la prima elementare a Torino fu un disastro. Una maestra anziana che sembrava uscita dal libro Cuore, un’insegnamento vecchio e lento, una pagina di punti oggi, una di virgole domani, mi rendevano la vita difficile. A tutto ciò si aggiungeva un compagno molto obbediente e coscienzioso. Succedeva che dopo tre righe di punti e virgola ne avevo abbastanza, strappavo un foglio dal quaderno e mi mettevo a disegnare di nascosto. Lui andava a dirlo alla maestra.
A Noli tutto era diverso. La maestra era giovane, allegra e i metodi di studio più moderni. I miei nuovi compagni essenzialmente si facevano i fatti loro e in più non erano tutti maschi, come a Torino, c’erano anche delle bambine, il che cominciava ad interessarmi.

Telefono al mio amico Aldo, voglio fare un piccolo controllo: ”E’ vero che la nostra seconda elementare, nel 1949, era mista?” E’ un po’ stupito dalla domanda, ci pensa un momento su, poi dice di sì, mi fa alcuni nomi, ci mettiamo a parlare, ed infine riaffiora un episodio che avevo accuratamente rimosso dalla mia memoria.
Era successo qualcosa in classe che non andava. Bisognava che il malfattore confessasse. La maestra era ferma su questo punto: ”Si resta qui finchè il colpevole non salta fuori”. Era già mezzogiorno, io guardavo fuori dalla finestra, pensavo alla nostra solita corsa quotidiana giù per la via Defferrari.
Allora si interrompeva alla prima curva in salita verso Voze, non era ancora asfaltata, niente macchine, una vera pista di lancio verso il mare che luccicava nel fondo. Pensavo ai miei nonni che mi aspettavano a casa, la pastasciutta pronta, e tutto ciò scatenò in me l’eroe. Mi alzai e dissi che ero stato io, tra lo stupore generale. La maestra mi guardò incredula e divertita, e poi ci diede il largo, allora non si facevano indagini psicologiche molto accurate come oggi. Uscimmo, finalmente, e ricordo che ero molto imbarazzato, allora diventavo tutto rosso come un peperone, tra gli sguardi ironici e divertiti dei compagni.
A ripensarci bene, che figura da imbecille! Forse per questo completamente rimossa dalla mia memoria, dimenticata. Allora si dimenticava in fretta, tutto era risolto in allegria dando qualche calcio al pallone in quel campetto di fortuna, tutto storto, che si trovava in una Piazzetta Chiappella ancora divisa in due dalla massicciata del treno. Il nostro modo di giocare non era dei più ortodossi, imparai a difendermi. Quando tornai a Torino convinsi il mio compagno a non fare più la spia.
Massimo Germano


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M. Germano

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