Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Il ‘cervellone ligure’ scoperto dal Secolo XIX
Un ingegnere nucleare di Savona scrive:
Abbaglio, leggete Wellcome Genome Campus


“Io, negli anni ’70, ho lavorato col supercomputer CDC 6600, allora il massimo ! Ebbene 7 anni or sono era possibile avere in tasca un Iphone 3Gs “potente” 6,42 il CDC 6600 ma con potenzialità grafiche e di comunicazione neppure “pensabili” ai tempi del CDC 6600. Tra l’altro, il CDC era molti metri cubi di macchina mentre l’Iphone è un giocattolo tascabile”. “In Italia l’IIT, centro di ricerca, parte in grosso ritardo e che fa la politica ?”. Paolo Forzano, ingegnere nucleare in pensione, abitazione a Quiliano, non ha il curriculum del ‘diplomatico’. Oggi è tra i cittadini che, con esperienza professionale di meritocrazia, preferiscono scrivere soprattutto, documentandosi bene. Tra chi non cavalca il  mestiere dei tuttologi. Così gli capita spesso di scontrarsi, quasi ad indossare i panni che non merita: il ‘bastian contrario’.  Affronta temi, anche complessi, con cognizione di causa. Ha le sue idee e capita che ‘non le manda a dire’ in particolare ai chi detiene il potere di turno, quello della politica partitocratica o del quarto potere (giornalismo), si suole dire. Non molti mesi fa ha lanciato la proposta di ospitare, nell’area ex Enel di Vado Ligure o a Ferrania, il ‘centro della fusione nucleare’ aderendo al bando promosso dall’Enea (Divertor Tokamak Test). Progetto di ricerca con 1600 posti di lavoro (500 diretti, ingegneri e non solo), con ricadute sul territorio stimate in 2 miliardi. Colsero subito la palla al balzo il segretario provinciale del Pd. dr. Vigliercio, seguito dall’ex sindaco di Cairo Montenotte, avv. Briano. Ora i media locali che non erano parsi molto attenti alla proposta dell’ing. Forzano (Il Secolo XIX – Savona l’aveva inizialmente ignorata) danno la buona notizia che la Liguria  si candida, con due aree, per ospitare il nuovo centro della fusione nucleare: a La Spezia e a Ferrania.

Ne ha parlato il vice presidente della Regione, il leghista Rizzi, in partenza sicura per il parlamento che uscirà dalle elezioni politiche del 4 marzo. Non sarà però una partita facile per la Liguria, ci sono altri concorrenti a Casale Monferrato, a Lago di Brasimone ( Toscana- Emilia), Frascati, Marchera e Brindisi.  La nostra regione si è impegnata ad una partecipazione di 25 milioni di € in 5 anni; altre regioni più ricche stanno aumentando la posta.  Questa volta l’ing. Forzano focalizza la divulgazione di una notizia che in realtà di sensazionale pare abbia abbastanza poco, trattandosi di tematiche come  “un cervellone che aiuta a sconfiggere le malattie più insidiose come il cancro“.  Per il quotidiano dei liguri si tratterebbe di un ‘gioiello’ unico. Ecco l’articolo – approfondimento di Forzano.

IiT  ecco il super cervellone per scoprire l’origine delle malattie. L’accordo con Liguria Digitale”.Così titola il Secolo XIX del 27 gennaio 2018 ! La scelta è quella giusta ? L’articolo in sintesi dice che i tecnici italiani di tecnologia IIT hanno “scoperto” il megacentro computazionale di Liguria Digitale, costituito da: 3.000 calcolatori con una memoria complessiva di 3 milioni di gigabytes. L’IIT si appoggerà per le sue ricerche nel campo della genomica, lo studio del patrimonio genetico per capire l’origine delle malattie e sviluppare nuove terapie.

“Pensavano di trovarlo all’estero, poi si sono accorti che la soluzione l’avevano in casa” ! Una cosa salta subito all’occhio: ma finora che facevano? Sembrerebbe nulla ! Ma poi avranno cercato bene? Faccio breve ricerca in internet e trovo, senza inoltrarmi troppo:

Il Wellcome Genome Campus (GB) che è una struttura specializzata con un supporto informatico considerevole.

Wellcome Genome Campus: 20,000 cores of computational resource, using IBM Spectrum LSF DRM; 13.5Pb of lustre clustered file systems; 18Pb of iRODS managed storage repository; 160Gb/s network backbone; ed in arrivo: 6,000 cores (SuperMicro); 50TB memory (SuperMicro); 3PB NVMe accelerated Ceph storage (SuperMicro); ~1TB SSD per compute node for high speed ephemeral storage; 100GB/s point to point software defined networking (Arista).

La domanda “Avranno cercato bene?” permane!!! Ma hanno “trovato bene”? E’ ancora un’altra…

Intanto ad occhio: Il centro ligure (a parte la potenza specifica dei computers non identificati) ha 7 volte meno computers: 3.000 contro 20,000 che aumenteranno a breve di altri 6.000! Inoltre il centro ligure è un servizio già attivo per altri scopi, mentre quello inglese è al solo servizio della genomica! Una sproporzione di potenza di calcolo tra Genova e Wellcome Genome Campus (GB) ?

Il confronto non è molto approfondito, ma abbastanza indicativo del fatto che al Wellcome Genome Campus (GB) stanno lavorando duro ed investono tanto, mentre quì da noi facciamo più parole che fatti. Perché tanta “potenza di calcolo”? Serve per mappature genomiche, per confronti, per medicine e cure “personalizzate” che finora non potevamo concepire, ma “adesso” siamo in grado di fare. Per spiegare meglio ho pensato di proporre alcuni illustri pensieri.

Riporto sotto 5 articoli: IL PROGETTO GENOMA UMANO, Le strategie dell’Istituto in attesa di chiarire il progetto Human Technopole su Milano, PERCHE’ CI SERVE LO HUMAN TECHNOPOLE (L’Espresso, 27/05/2016), Il progetto genoma made in Italy, una mappa del genoma in 3D, dall’Italia le basi per studiare il DNA.

Questi 5 articoli dovrebbero dare un quadro della situazione italiana “genomica”.

Ora alcune considerazioni sull’aumento della “potenza di calcolo” dei computers in pochi anni.

1964

CDC 6600 primo supercomputer 1 megaFLOPS

1

2010

six-core PC processor (Intel Core i7 980 XE) 109 gigaFLOPS

109.000

2010

US Air Force unveiled a defense supercomputer made up of 1,760 PlayStation 3 consoles 500 teraFLOPS

500.000.000

2016

China’s Sunway TaihuLight was ranked the world’s fastest 93 petaFLOPS

93.000.000.000

2011

iPhone 3Gs 6.42 megaFLOPS

6

1 megaflop = a million floating point operations per second

 

Io negli anni ’70 ho lavorato col supercomputer CDC 6600, allora il massimo! Ebbene 7 anni or sono era possibile avere in tasca un Iphone 3Gs “potente” 6,42 il CDC 6600 ma con potenzialità grafiche e di comunicazione neppure “pensabili” ai tempi del CDC 6600. Tra l’altro il CDC era molti metri cubi di macchina mentre l’Iphone è un giocattolo tascabile.

Come si vede anche i “giocattoli” hanno capacità staordinarie: come si può vedere dall’applicazione di PlayStation 3 consoles che fa l’US Air force. Con questa “divagazione” sulla potenza dei computer che voglio dire?

Il significato è che tra il 2010 ed il 2016 c’è stato ad esempio un “salto” di potenza di 930.000 volte circa, e che se si vuole cavalcare la cresta dell’onda della ricerca “bisogna” essere aggiornatissimi come computers (l’HW), bisogna essere aggiornatissimi sul SW di base, avere personale di supporto aggiornato e competente. Questo come azienda fornitrice di servizi.

Poi ci sono gli utilizzatori, i centri di ricerca come l’IIT, che oggi in Italia partono in grosso ritardo rispetto ad altri, ma che “dovranno” partire e partire bene e velocemente se vogliamo che l’Italia almeno segua quelli che “stanno davanti”.

In ultimo, ma non certo l’ultimo problema, che fa la politica?

Riporto soltanto un paragrafo dell’articolo sotto riportato di Piero Carninci Direttore della Divisione di Tecnologie del Genoma Centro per le Tecnologie della Vita RIKEN Yokohama Campus: Giustamente, lo Human Technopole propone il coordinamento tra la produzione di dati e di analisi tra diversi centri ricerche, finalizzati per progetto. È vero che per questi progetti servono molti fondi ma il ritorno è enorme: 141 dollari ogni dollaro investito, hanno calcolato negli Stati Uniti. Una simile organizzazione va molto al di là di un laboratorio accademico, dove la libertà di condurre ricerca esplorativa è più centrale.

Bisogna partire subito e di corsa, questo è un settore in cui bisogna correre e chi corre un po’ più piano ……

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Si stima che l’intero genoma umano sia costituito da oltre 3,12 miliardi di queste basi messe in sequenza, e sequenziarlo vuol dire individuare e ordinare ciascuna di queste lettere. Il genoma è diverso tra individui, ma solo dell’uno per mille, e questa differenza è sufficiente per riflettersi nella variabilità che si osserva non solo tra le persone, ma anche tra i gruppi etnici. Questo vuol dire che non esiste un genoma universale da sequenziare, infatti il Progetto Genoma Umano intende sequenziare il genoma di un’unica persona e poi andare a ricercare le differenze tra i vari individui, in particolar modo tra soggetti portatori di determinate malattie e soggetti sani. Questo anche dell’ambito di un ambizioso progetto, quello di ricercare nel DNA la storia dell’evoluzione e delle migrazioni delle popolazioni umane.

IL PROGETTO GENOMA UMANO

Che cos’è il genoma? http://archivio.torinoscienza.it/dossier/che_cos_e_il_genoma_3097.html. Il genoma è l’insieme di tutte le informazioni genetiche depositate nella sequenza del DNA contenuto nel nucleo delle cellule sotto forma di cromosomi. Ogni cromosoma è costituito da un lungo filamento di DNA organizzato in una complessa struttura tridimensionale.

Nel genoma risiedono sia sequenze che non sembrano avere apparentemente una funzione, il cosiddetto “junk DNA” (DNA spazzatura), come le sequenze fossili che si sono inserite nel nostro genoma milioni di anni fa ma senza assolvere alcun compito, sia geni, cioè le sequenze in cui risiede l’informazione genetica per la sintesi delle proteine, che stabiliscono le caratteristiche peculiari di ogni individuo.

Si stima che nel genoma umano siano presenti circa 50000 geni. La sequenza del DNA risulta dalla disposizione lineare di quattro molecole differenti, i nucleotidi o basi. I nucleotidi vengono denominati con i nomi adenina, timina, citosina, guanina e vengono indicati rispettivamente con le lettere maiuscole A, T, C, G. Un esempio di sequenza potrebbe pertanto essere ATC-TCC-CAG-TTA-GCT.

A ogni tripletta di nucleotidi corrisponde una determinata informazione per la sintesi delle proteine, i macchinari che eseguono tutte le funzioni fondamentali delle cellule. Se una di queste lettere cambia, subisce cioè una mutazione, l’informazione genetica può risultare alterata e le proteine potrebbero DNA in costruzione non venire più prodotte in modo funzionale causando lo sviluppo di una malattia genetica.

Un esempio di questo fenomeno è la talassemia, causata proprio dalla mutazione in una base del DNA, che conduce alla formazione di un’emoglobina, la molecola che trasporta l’ossigeno, non funzionale. Il link Mutazioni puntiformi permette di scaricare gioco divertente in formato eseguibile che aiuta a comprendere il significato delle mutazioni puntiformi.

Si stima che l’intero genoma umano sia costituito da oltre 3,12 miliardi di queste basi messe in sequenza, e sequenziarlo vuol dire individuare e ordinare ciascuna di queste lettere. Il genoma è diverso tra individui, ma solo dell’uno per mille, e questa differenza è sufficiente per riflettersi nella variabilità che si osserva non solo tra le persone, ma anche tra i gruppi etnici.

Questo vuol dire che non esiste un genoma universale da sequenziare, infatti il Progetto Genoma Umano intende sequenziare il genoma di un’unica persona e poi andare a ricercare le differenze tra i vari individui, in particolar modo tra soggetti portatori di determinate malattie e soggetti sani. Questo anche dell’ambito di un ambizioso progetto, quello di ricercare nel DNA la storia dell’evoluzione e delle migrazioni delle popolazioni umane.

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Le strategie dell’Istituto in attesa di chiarire il progetto Human Technopole su Milano

di MASSIMO MINELLA su Repubblica, 23 marzo 2016

L’Iit rilancia su Genova e cresce agli Erzelli.

Toccherà a una commissione di esperti valutare il progetto “Human Technopole”, il polo scientifico che sorgerà sull’area dell’Expo il cui coordinamento è stato affidato dal governo all’Iit. Il via libera all’operazione è stato dato ieri dal ministero dell’Istruzione, il giorno dopo le pesanti critiche piovute dai rettori delle tre università milanesi all’impostazione data dal governo al progetto, con l’Iit nel ruolo di regista.

Scelta che peraltro era stata stigmatizzata anche dal governatore della Lombardia, Roberto Maroni, che in più di una circostanza aveva contestato la scelta di un “regista genovese”.

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PERCHE’ CI SERVE LO HUMAN TECHNOPOLE (L’Espresso, 27/05/2016)

Di Piero Carninci, Ho seguito con estremo interesse da Yokohama la discussione attorno allo Human Technopole e all’opportunità che questo progetto offre all’Italia di entrare, finalmente, nella ricerca scientifica sul genoma.

Creando, allo stesso tempo, una piattaforma di conoscenze poco sviluppate in Italia, che ci porterebbero finalmente al livello dei Paesi guida nella scienza e nell’innovazione.

Ho lasciato l’Italia 21 anni fa per seguire il sogno di decifrare il genoma.

Ho avuto la fortuna di iniziare il mio “postdoc” al Riken, un istituto indipendente supportato dal governo giapponese che si focalizza su grandi temi, tra cui neurobiologia, genomica e biologia rigenerativa. Ho potuto partecipare alla costruzione del centro in cui abbiamo sviluppato tecnologie per mappare su larga scala geni umani, studiando in particolare le condizioni in cui l’attività del genoma diventa difettosa, causando malattie.

Per il successo di questi progetti è stato essenziale importare conoscenze non presenti in Giappone, costruendo il Fantom, consorzio internazionale con più di 250 ricercatori da oltre venti Paesi, che ha proiettato il Riken a livello mondiale e promosso un vivissimo scambio di ricercatori: il 62 per cento di quelli coinvolti oggi sono giovani talenti stranieri.

Ma torniamo all’Italia e allo Human Technopole che dovrebbe sorgere a Milano, e chiediamoci il perché di una proposta il cui senso è stato oscurato dalle polemiche. Prima di tutto bisogna dirci una verità. Le conoscenze relative al genoma e la drammatica evoluzione tecnologica stanno cambiando la medicina più velocemente di quanto molti scienziati pensano: ottenere la mappa di un genoma per una diagnosi è fattibile. Il costo di sequenziamento di un genoma sta precipitando, avvicinando questa scienza alle cure sanitarie in un orizzonte compreso tra 5 e 10 anni. La ricerca promette di sconfiggere i tumori e altre malattie, come quelle neuro-degenerative, anche se c’è molto da fare: è necessario costruire database genomici connessi alle cartelle cliniche di migliaia di persone.

Va notata l’importanza delle mutazioni genetiche specifiche di una popolazione: sebbene i genomi umani siano per il 99,9 per cento identici tra loro, ci sono differenze che accomunano specifiche popolazioni, come quella italiana. Da questa prima verità ne deriva una seconda, altrettanto scomoda: la conoscenza in questo campo non progredisce automaticamente.

Stati Uniti, Giappone, Cina stanno programmando grossi investimenti. In Italia non ci sono progetti comparabili per creare conoscenze comparabili, database, ricercatori e medici competenti. Per ottenere queste tecnologie vedo due scenari possibili: iniziare a lavorarci anche noi il prima possibile; oppure – e sarebbe una scelta catastrofica – importare soluzioni preparate da altri, pagandole a caro prezzo ed esponendoci al rischio di essere il soggetto debole di una distribuzione delle scoperte non egualitaria. Uno scenario che, peraltro, non comprenderebbe l’uso di varianti genetiche italiche e altre influenze ambientali particolari. Attuare questi grandi progetti in Italia secondo standard internazionali è dunque imperativo. Non avendo tutte le expertise necessarie, bisogna attrarle dall’estero. Questo tipo d’investimento ha una natura diversa dalla ricerca universitaria. I grandi progetti richiedono anni di organizzazione, centinaia di persone e un’essenziale continuità per costruire linee di produzione coordinate fra team diversi.

Giustamente, lo Human Technopole propone il coordinamento tra la produzione di dati e di analisi tra diversi centri ricerche, finalizzati per progetto. È vero che per questi progetti servono molti fondi ma il ritorno è enorme: 141 dollari ogni dollaro investito, hanno calcolato negli Stati Uniti. Una simile organizzazione va molto al di là di un laboratorio accademico, dove la libertà di condurre ricerca esplorativa è più centrale. Chiaramente, in parallelo agli investimenti nei grandi progetti, investire nella ricerca di base è necessario per le idee del futuro.

Ma la natura di questo genere di ricerca è diversa da quella, altrettanto essenziale, che dev’essere sviluppata in grandi progetti come quello dello Human Technopole. Perciò trovo paradossale la discussione che si è sviluppata tra l’accademia e i sostenitori del Technopole. Francamente, spero che l’Italia superi i dubbi e attui questo grande progetto, essenziale non solo per la scienza ma per applicare in modo massiccio nella società conoscenze che stanno diventando mature. Gli italiani se lo meritano.

(Piero Carninci Direttore della Divisione di Tecnologie del Genoma Centro per le Tecnologie della Vita RIKEN Yokohama Campus)

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Il progetto genoma made in Italy. Leggere il Dna di ogni malato per scoprire se un farmaco funziona, volta per volta. E disegnare terapie personalizzate: è il nuovo fronte della medicina di precisione. Che si apre anche nel nostro Paese. di ELENA CATTANEO, 15 dicembre 2015. Il progetto genoma made in Italy MOLTI DI NOI ASSUMONO farmaci da cui non trarranno beneficio. Non perché sbagliati ma perché la variazione di qualche lettera nel nostro Dna comporta una diversa risposta ai trattamenti. Negli Stati Uniti solo 1 su 4 dei dieci farmaci più usati sono efficaci per chi li assume. Da tempo si cerca di identificare i pazienti che trarranno beneficio da un trattamento. Lo si fa cercando le varianti (lettere diverse) in specifici tratti del Dna. Una rivoluzione in corso consente in poche ore di leggere tutto il Dna di un individuo e studiarne le varianti.

Numerosi Paesi hanno avviato progetti per sequenziare il Dna di migliaia di individui (spesso volontari) appartenenti a una popolazione scelta secondo alcuni parametri. Studiare i genomi di persone sane e di persone che non rispondono a un farmaco permette di identificare quali lettere del DNA comportano la sua maggiore o minore efficacia o tossicità. Conoscere questi dati significa somministrare farmaci con più precisione, ridurre rischi e sprechi e migliorare la prevenzione.

Qualche esempio. Per i pazienti affetti da trombosi venosa profonda esiste un farmaco anticoagulante molto efficace e diffuso, la warfarina.

Oggi sappiamo che il 3 per cento di noi richiede una dose molto inferiore (pena il rischio di emorragia) perché ha una A al posto della T nel gene implicato nella degradazione del farmaco. Sappiamo anche che donne con familiarità per tumore al seno o ovaio e portatrici del gene Brca1 o 2 presentano un rischio cumulativo di svilupparlo che aumenta progressivamente con l’età. Per queste donne, l’opportunità di leggere le lettere dei due geni Brca (su suggerimento del medico e con un’indispensabile consulenza genetica) può salvarle da tumori attraverso una modifica dello stile di vita, controlli e un trattamento sanitario mirato. Esistono anche “donne mutate” che non sviluppano tumore. Sequenziando il loro genoma si possono individuare altre varianti, che non sono relative ai geni BRCA1 o 2, ma ad essi associate e protettive. Più lettere implicate scopriamo, più varianti conosceremo e più beneficio individuale raggiungeremo.

L’INFOGRAFICA – I centri italiani specializzati – E ancora: Sabrina Giglio, professore di Genetica medica dell’Università di Firenze che opera all’Ospedale pediatrico Meyer, mi ha segnalato la storia di Niccolò, un bambino che ama il rugby e ha la stessa malattia di Jonah Lomu, il campione degli All Blacks morto nelle settimane scorse a quarant’anni, vittima della sindrome nefrosica, che ha danneggiato i suoi reni, costringendolo a giocare con un’insufficienza renale dalla quale neppure un trapianto lo ha salvato.

Uno studio iniziato in Italia di recente ha rivoluzionato la diagnosi di questa malattia: analizzando il Dna si può ora arrivare alla diagnosi in modo rapido, a basso costo e pressoché senza errore; e si possono anche meglio identificare i pazienti che non risponderanno ad alcuni farmaci. Si tratta a volte di persone che hanno alterazioni genetiche a carico di cellule fondamentali per il mantenimento dell’integrità delle funzioni renali. Per migliorare le loro condizioni di salute è necessario cambiare le medicine che si dimostrano inefficienti, e avere una terapia personalizzata capace di ritardare per quanto possibile la progressione verso l’insufficienza renale.

Niccolò quando è arrivato la prima volta al Meyer sembrava destinato ad una immediata dialisi per il suo quadro renale quasi disperato, ma dopo il test e la terapia formulata apposta per lui ha potuto correre con la sua palla ovale. Con molta probabilità aumentare le conoscenze della malattia in base agli studi sul Dna rimanderà di anno in anno la sua insufficienza renale. L’obiettivo è farlo giocare nei campi di rugby a lungo come ha fatto Jonah Lomu.

In Italia ci sono le competenze per realizzare questi studi, ma servono organizzazione, fondi e una strategia nazionale. Se approvato nella legge di Stabilità, il Progetto Genomi Italia si potrà avviare solo con la garanzia della vigilanza e la guida del ministero della Salute e dei suoi organi istituzionali.

Il Governo mette a disposizione 15 milioni in tre anni. Con lungimiranza e partecipazione sociale, Enpam, l’Ente Nazionale Previdenza Medici, è disposto a erogarne almeno altri 15. Si immagina un domani il Ministero possa aprire la porta ad altri enti e filantropi. Si dovranno poi selezionare i pazienti da sequenziare e i centri che interpreteranno e conserveranno i dati, resi anonimi, disponibili solo a rigide condizioni. Se il Parlamento, come credo, approverà nella Legge di Stabilità il Progetto Genomi- Italia, bisognerà renderlo innovativo anche nella regolamentazione dei bandi. Le erogazioni di soldi pubblici tramite “phone calls” (invece che “public calls”) o “ad personam” e senza competizione tra le idee sono pratiche inaccettabili.

Chi le propone o ne trae vantaggio fa un danno al per il bando è dunque previsto un comitato di esperti, terzi, indipendenti e competenti,

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Ricerca: una mappa del genoma in 3D, dall’Italia le basi per studiare il DNA. “Questo studio è nato dall’esigenza di fare chiarezza in un campo in rapida evoluzione come lo studio dell’architettura 3D del Dna“. A cura di Filomena Fotia 14 luglio 2017

Un gruppo di ricercatori coordinato dall’Università di Modena e Reggio Emilia e dall’Istituto Firc di oncologia molecolare di Milano ha analizzato e confrontato i diversi metodi matematici per ricostruire al computer la forma 3D del genoma. I risultati pubblicati dalla rivista scientifica ‘Nature Methods’ dimostrano la potenza di combinare strumenti computazionali e tecniche genomiche per svelare con sempre maggior dettaglio la struttura del Dna all’interno delle nostre cellule. Determinare la struttura tridimensionale del Dna permette infatti di comprendere l’utilizzo del genoma, identificare le modificazioni conformazionali che trasformano le cellule e potrebbe anche contribuire a sviluppare strategie più precise ed efficaci per correggere i loro comportamenti aberranti.

Ma ad oggi la tecnica Hi-C, la più sofisticata per una fotografia completa delle centinaia di milioni di contatti tra frammenti diversi di Dna all’interno del nucleo, ha creato un nuovo problema da risolvere: come sviluppare, ottimizzare e armonizzare i diversi metodi computazionali per l’analisi dei dati? La sfida è stata raccolta da un gruppo tutto italiano di scienziati coordinati da Silvio Bicciato di Unimore e da Francesco Ferrari di Ifom.

Dallo sforzo congiunto di bioinformatici, biologi, biotecnologi e ingegneri è nata la prima analisi esaustiva dei più complessi strumenti informatici per l’identificazione sistematica della struttura tridimensionale del Dna a partire dai dati di conformazione della cromatina.

“Siamo partiti raccogliendo tutti gli algoritmi e i software disponibili per lo studio dei dati prodotti da Hi-C e li abbiamo applicati a decine di campioni rappresentanti tipi cellulari diversi per verificare l’efficacia di ciascun metodo nell’identificare interazioni e strutture tridimensionali del Dna”, spiega Mattia Forcato, ricercatore del Dipartimento di Scienze della Vita dell’Unimore.

L’enorme mole di dati analizzati e il numero di algoritmi confrontati ci hanno permesso di fornire un’immagine dettagliata di quali siano i punti di forza e i limiti degli strumenti bioinformatici attualmente disponibili per lo studio dei contatti del Dna all’interno del nucleo – aggiunge Ferrari, che nel 2015 ha aperto il laboratorio di Genomica computazionale all’Ifom – Questo studio è nato dall’esigenza di fare chiarezza in un campo in rapida evoluzione come lo studio dell’architettura 3D del Dna. Noi stessi stiamo già usando questi risultati per migliorare la caratterizzazione dell’organizzazione spaziale del genoma”. “Fornire le basi computazionali per studiare il ruolo della struttura tridimensionale del Dna e delle sue modificazioni è un passaggio fondamentale per identificare quei processi molecolari che portano alla rigenerazione dei tessuti o alla crescita tumorale”, spiega Bicciato, a capo dell’Unità di bioinformatica del Centro interdipartimentale di ricerche genomiche.

“Se arriviamo a comprendere come le cellule sfruttano la struttura del genoma nelle loro trasformazioni – aggiunge – possiamo concretamente aumentare le nostre possibilità di intervenire per correggere quei meccanismi che, ad esempio, sono fattori chiave della trasformazione tumorale”. http://www.meteoweb.eu/2017/07/ricerca-una-mappa-del-genoma-in-3d-dallitalia-le-basi-per-studiare-il-dna/933416

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Fondato nel 1998 da FIRC-AIRC, IFOM è un centro di ricerca dedicato allo studio della formazione e dello sviluppo dei tumori a livello molecolare, nell’ottica di un rapido trasferimento dei risultati dal laboratorio alla pratica diagnostica e terapeutica. Conoscere il cancro. Per curarlo. Questo il principio fondante della ricerca condotta in IFOM, l’Istituto FIRC di Oncologia Molecolare: un centro dedicato allo studio dei meccanismi molecolari alla base della formazione e dello sviluppo dei tumori, proprio in base alla convinzione che, in questo ambito scientifico, la conoscenza sia il presupposto fondamentale della cura. Oncologia molecolare a 360 gradi. Verso questo unico obiettivo convergono, in ottica interdisciplinare, ricercatori di provenienza internazionale impegnati in diversi ambiti conoscitivi, dalla biologia molecolare e cellulare allabiologia strutturale e computazionale, dalla genomica alla proteomica, dalla diagnostica molecolare alla farmacogenomica, dall’immunologia alla metabolomica.

Fare ricerca insieme. IFOM considera di fondamentale importanza da un lato la cooperazione con gli istituti clinici e di ricerca e con le istituzioni del territorio e, dall’altro, la promozione di una rete di alleanze strategiche con i più competitivi centri di ricerca internazionali. Fare ricerca insieme, quindi, nell’obbiettivo di dare vita a progetti congiunti mirati a velocizzare l’acquisizione di nuove scoperte e la loro applicazione.

Paolo Forzano

 


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