Sono stati utilizzati dati di costo taroccati per cagionare e giustificare il naufragio della “filiera legno delle Alpi Liguri” (vedi…..)? Un interrogativo, un tarlo che non lascia in pace il vecchio cronista di montagna e di mare, testimone dei tempi da 65 anni, di queste valli alpine. Non si può tacere delle cure palliative con un malato (in economia e mancato sviluppo) che ha bisogno di una terapia da cavallo. Vale a dire interventi e strategie capaci di riportare a Ormea investimenti pubblici e privati, posti di lavoro, sfruttando una risorsa di madre natura. Il bosco. Non si può vivere solo di turismo nei 40 giorni clou dell’estate, di feste e fiere, manifestazioni enogastronomiche da fine settimana, fuochi artificiali, processioni. Bisogna ‘tonare a crescere’. Ormea svegliati se non vuoi perdere tutte le sfide e le opportunità di crescita ! Perchè la gente non deve sapere che, a Ormea, gli utenti pagano il teleriscaldamento più caro del Nord: 142 € /MWh.
Siamo ritornati in argomento ‘filiera del legno’: era un nostro impegno con i lettori, spesso sollecitati al giornalismo di approfondimento e di indagine quasi passato di moda nelle cronache provinciali. La scorsa settimana un servizio sulla ‘svendita’ di un vasto compendio immobiliare e di aree dell’ex storica cartiere di Ormea (vedi……) in attesa che il sindaco, la giunta, rispondano alle nostre osservazioni. Tra l’altro, il ‘contatore del blog’ indica, ad oggi, oltre 700 visualizzazioni (lettori) dell’articolo ‘cartiera story’.
Questa volta affrontiamo un altro capitolo. Per dirlo alla maniera della Cassazione, un’informazione consistente nel resoconto di attività di ricerca e di documentazione allo scopo di portare alla luce presunte “verità nascoste” nell’ambito della vita pubblica, socio economica. Come ? “Tramite il collegamento critico e ragionato di fatti, di notizie e di commenti volto alla raccolta e alla elaborazione di dati destinati a formare oggetto di comunicazione interpersonale, per sollecitare i cittadini ad acquisire conoscenza di tematiche meritevoli, per il rilievo pubblico delle stesse” (Cass. 2010/13269).
IL PROTOCOLO D’INTESA – Era stato siglato un protocollo d’intesa territoriale per la valorizzazione e la gestione di immobili pubblici attraverso la costituzione di un sistema integrato di filiera: legno, energia, sviluppo. Ne erano coinvolti 11 comuni, 2 Regioni, 2 Province; 2 Camere di Commercio, la Comunità Montana del Tanaro, il Parco Alpi liguri, il Corpo Forestale dello Stato e l’Università di Torino. E tutti sottoscrittori di impegni con reciproci vantaggi ed opportunità con lo sfruttamento razionale dei boschi. Non proprio un ritorno all’antica quando i boschi producevano carbone e legname, il Tanaro un veicolo da trasporto, oltre i carri, i muli.
Tra le varie attività, l’iniziativa prevedeva una gara dall’oggetto articolato, per realizzare un impianto di cogenerazione alimentato a legna, il suo collegamento all’impianto di teleriscaldamento di Ormea e una installazione per la lavorazione della biomassa legnosa.
Premettendo la possibilità fisiologica che all’aggiudicazione provvisoria di una gara d’appalto non segua quella definitiva per sopravvenuti motivi di interesse pubblico, la gara di Ormea era impostata nel senso che l’aggiudicatario avrebbe anche fornito energia termica (i kWh) “all’ ingrosso”, che Calore Verde srl (la società controllata dal Comune che gestisce il teleriscaldamento cittadino) avrebbe venduto “al dettaglio“, consentendole – in base alla legislazione in divenire sulle società pubbliche (oggi il Dlg.175/2016) – di essere mantenuta in vita: infatti essa produce pure energia idroelettrica venduta all’ENEL, che non è l’oggetto sociale prevalente e non è considerabile né servizio pubblico locale, né strumentale.
L’AGGIUDICAZIONE PROVVISORIA – Nel corso della procedura, la gara giunse alla fase di ‘aggiudicazione provvisoria‘. Cambiò l’amministrazione comunale (il sindaco Benzo perse le elezioni per pochi voti lasciando il posto a Ferraris, per entrambi è stato un ritorno) e quella subentrante – diciamo assai critica e altezzosa già nella campagna elettorale – invitò il Responsabile del Procedimento (il RUP è il funzionario comunale legittimato a controllare ed esercitare i poteri decisionali sull’ iniziativa) ed il Responsabile del Servizio Tecnico (il funzionario che deve garantire l’esattezza dei dati in gioco; la funzione era ricoperta dal Sindaco medesimo, che ha quindi invitato se stesso!) a non procedere alla conferma dell’aggiudicazione provvisoria della gara. Non ci fu pertanto l’assegnazione definitiva. La rinuncia all’aggiudicazione formalizzata dal RUP e dal responsabile tecnico innescò una vertenza giudiziaria che – discussa e decisa in termini di legittimità e non di merito – non entrò nella considerazione delle cifre in gioco. Quali cifre?
LA PENTOLA – Nella formazione delle decisioni della Giunta comunale, i funzionari che esprimono il parere di regolarità contabile e quello tecnico sul provvedimento – i quali compaiono nella formazione dell’atto – hanno l’obbligo di effettuare le necessarie verifiche tecnico-contabili per garantire l’esattezza dei dati concernenti le decisioni da assumere. Ma il Responsabile del Procedimento ed il Responsabile del Servizio Tecnico non hanno evidentemente controllato i numeri in gioco, hanno espresso il loro parere venendo meno, pare, a precise competenze ?
Risultato finale e pratico: mancato introito per il Comune di Ormea di circa 150.000 € l’anno per canoni d’uso di immobili e per concessione di boschi, mancata creazione di occasioni di lavoro per la collettività e mancata riduzione a 0,115 €/kWh delle salatissime tariffe del calore, che al momento dei fatti erano di 0,134 €/kWh per gli utenti del teleriscaldamento cittadino! Tariffa ancora recentemente aumentata! Torneremo sull’argomento tariffe.
Con la Deliberazione n. 165 del 12 dicembre 2014 la Giunta Comunale aveva estratto dal cappello del prestigiatore la comunicazione secondo la quale “i costi sostenuti (da Calore Verde S.r.l) per la produzione dell’energia termica necessaria ad alimentare l’impianto di teleriscaldamento esistente sono stati, per gli anni 2012 e 2013, rispettivamente, di 0,0335 €/kWh e di 0,0347 €/kWh. Inoltre, se l’energia termica venisse acquistata dalla società Calore Verde al prezzo di vendita offerto dalla Società Aqva 430 S.r.l. (0,115 €/kWh) in sede di gara, si determinerebbe un aggravio in misura superiore al 100% delle tariffe applicate”. Cifre sotto controllo?
MANCA IL COPERCHIO – Dietro il gioco di prestigio c’era il trucco ? L’artificio con cui si nasconde, si maschera o si falsa la realtà: invero
0,115 € al kWh sarebbe stata la tariffa finale da applicare all’utenza, mentre 0,0335 e 0,0347 €/kWh – costi dichiarati storici dunque verificabili – sono dati senza alcun plausibile riscontro, facile analizzare.
Va da se, ciò che interessa è il costo del calore fornito, e pagato dall’utenza, dai cittadini. Non quello sprecato o perduto, quello che la società Calore Verde non può “mettere a magazzino”. A magazzino, semmai, c’è il cippato, il legno ridotto in scaglie con dimensioni variabili da alcuni millimetri a qualche centimetro utilizzato come combustibile (di cui Calore Verde non avrebbe più avuto necessità di occuparsi).
Dai documenti ufficiali, dai dati dei bilanci che la società Calore Verde ha obbligatoriamente predisposto e presentato relativamente agli anni 2012 e 2013 presi in considerazione nella Deliberazione, emerge una diversa realtà. Nella Nota Integrativa al bilancio si legge che il costo di produzione del calore è stato di € 662.755,00 nell’anno 2012 e di € 704.119,00 nel 2013. Il calore venduto e distribuito agli utenti risulta essere stato di 5.565.985 kWh nel 2012 e 5.248.910 kWh nel 2013. Una elementare divisione – proprio quella insegnata dai nostri maestri a scuola – permette di conoscere che il costo di produzione del kWh venduto a Ormea è risultato di € 0,1191 nel 2012 e di € 0,1339 nel 2013. Oltre tre volte il costo dichiarato nella delibera n. 165 del 2014 !
I costi indicati in quella delibera non troverebbero riscontro nemmeno se si volessero considerare meri “costi diretti variabili di produzione“. Tanto per chiarire, per la scienza aziendalistica si tratta dei costi imputabili in maniera certa al solo processo di lavorazione (quali costi per le materie prime, per la mano d’opera diretta, ecc…) che, nel caso, variano proporzionalmente al variare della produzione del calore. A volume zero corrisponde costo zero.
LA PROVA DEL NOVE – A riprova, basta moltiplicare il dato utilizzato dalla Giunta per il numero annuo dei kWh fatturati agli utenti e si ricava il costo di produzione annuale del calore che sarebbe stato necessario coprire: 186.460 € nel 2012, e 182.137 € nel 2013. Importi che non tornano con le risultanze dei bilanci, dove si legge che il solo costo per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci è stato di 226.247 € nel 2012, e di € 233.956 nel 2013. Se si pensa che il solo legno “cippato” rappresenta oltre il 95% dei costi variabili dell’impianto, se fossero veri quelli indicati dalla Giunta, la società Calore Verde avrebbe coperto a stento appena l’80-85% del costo del solo legno bruciato!
E il resto dei costi variabili come sarebbe stato coperto ? Al rovescio, avendo avuto così bassi costi di produzione, dove sarebbero finite le decine di migliaia di €uro (almeno 476 mila nel 2012, circa 520 mila nel 2013) di cui non si rinviene traccia ? Almeno cosi emerge dalle nostre ricerche, nei bilanci del 2012 e del 2013. Siamo incapaci a leggere ?
Siamo davanti a presunti falsi bilanci della società Calore Verde ? O al classico esempio in cui il potere è gestito non solo diffondendo indicazioni farlocche, ma soprattutto tacendone diverse ? Nel gergo giudiziario si invocherebbe il falso ideologico ? Una menzogna contenuta in un documento .
Siamo di fronte ad attestazioni di pubblici ufficiali, sul contenuto del documento che, non risultando né contraffatto, né alterato, reca dichiarazioni a primo acchito menzognere. Se ne dovrebbe dedurre la non veridicità dell’atto. Speriamo che, invece, chi ha il dovere di rispondere agli interrogativi posti dal giornalista possa rispondere. Porte spalancate anche in questo caso, ai pubblici amministratori, come agli esecutori e firmatari funzionari del Comune. Non abbiamo verità in tasca, non possediamo il dono dell’infallibilità.
Sicuramente si può dire in modo chiaro e forte che è stata affondata l’unica iniziativa di creazione di serio lavoro nella “green economy” delle Alpi Liguri. Senza peraltro un’alternativa. Un tempo c’erano il turismo, l’industria, l’agricoltura e la pastorizia, le cave che formavano l’ossatura portare della comunità ormeasca e non solo. Smantellati posti di lavoro dell’impresa, ridotta al lumicino pastorizia e attività agricola, è rimasto turismo & commercio che sarebbe ancora più solido e promettente in sinergia con la filiera del legno. Non aver colto questo possibilità è da suicidio sociale. Non possiamo e non dobbiamo stare zitti, né finire nell’angolo dei rassegnati. Lo dobbiamo alla gloriosa storia dei nostri avi, lo dobbiamo alle generazioni a venire. Lo dobbiamo ai giovani e ai meno giovani che hanno lasciato il paese alla ricerca di un futuro, una vita migliore, mantenendo la forza morale nelle nostre radici. Signor sindaco, questa è cultura imprenditoriale, non è business da affarismo speculativo. Non è di destra, né di sinistra. E’ soprattutto buon senso del buon padre di famiglia.
Luciano Corrado
Nota: Dispositivo dell’art. 479 Codice penale (Capo III – Della falsità in atti
Il pubblico ufficiale, che ricevendo o formando un atto (1) nell’esercizio delle sue funzioni (2), attesta falsamente che un fatto è stato da lui compiuto o è avvenuto alla sua presenza, o attesta come da lui ricevute dichiarazioni a lui non rese, ovvero omette o altera dichiarazioni da lui ricevute, o comunque attesta falsamente fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, soggiace alle pene stabilite nell’art. 476 [487, 493] (3)
(1) La dottrina maggioritaria ritiene che la nozione di atto pubblico debba qui intendersi in senso più ampio rispetto a quello civilistico, ovvero comprensivo di tutti quei documenti che vengono redatti da pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni. Quindi vi rientrano anche gli atti preparatori, gli atti interni d’ufficio e gli atti di corrispondenza tra uffici.
(2) L’espressione “nell’esercizio delle sue funzioni” deve intendersi in senso ampio ovvero rileva qualsiasi collegamento della condotta con la sfera di competenza funzionale del pubblico ufficiale. Diversamente risponde come privato ex art. 483.
(3) Dato il rinvio al regime delle pene di cui all’art. 476, si ritiene che venga ad applicarsi in tale sede anche la circostanza aggravante in tale disposizione e prevista nel caso di falsità di atti cosiddetti fidefacenti.
Ratio Legis: la norma è diretta a tutelare la fiducia dei consociati nei riguardi degli atti pubblici, specificatamente in ordine alla garanzia di veridicità.