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La guerra tra Russia e Ucraina entra in una nuova fase: militare, ideologica e geopolitica?2/Ivan Cuvato e la domanda sulla Sociatria


La guerra tra Russia e Ucraina entra in una nuova fase, militare, ideologica e geopolitica?  Leggi anche Ivan Cuvato e la domanda sulla Sociatria.

di Antonio Rossello e immagine di Igor Belansky

La strategia di Mosca in Ucraina segna una svolta. I negoziati sono a un punto morto, l’offensiva militare si concentra su Donbass e sud-est. Il secondo atto della guerra si dimostra ancora più difficile e l’occidente non ha altra opzione che coinvolgersi maggiormente?

La cronaca- La sciagurata guerra scatenata dalla Russia in Ucraina modifica lo scenario e apre vari interrogativi. Le truppe russe lasciano la periferia di Kiev, si scoprono gli eccidi, le forze militari si predispongono a nuovi scontri all’Est e nella regione meridionale da Mariupol a Odessa. La pausa di riassestamento prelude a ulteriori, sanguinosi combattimenti, passo apparentemente obbligato per Mosca per ridimensionare l’immagine del fallimento dell’attacco in profondità e per sollevare il morale dei suoi militari dopo le pesanti perdite subite, ora ammesse anche dal Cremlino. Almeno le tutto si sta chiarendo. A suo torno, lo scorso 11 aprile, il Cancelliere austriaco Karl Nehammer è andato a Mosca nella speranza che, in rappresentanza di un Paese non membro della NATO, potesse ricavare qualcosa, un cessate il fuoco, forse una concessione, da Vladimir Putin nella sua guerra contro l’Ucraina. Ma nulla tranne: “Non è stata una visita amichevole”, ha ammesso al suo ritorno. Essendosi trovato innanzi un presidente russo “fortemente imbevuto di una logica di guerra” si è dichiarato “piuttosto pessimista”.

Nuova fase militare- Dopo il fallimento dell’ipotesi iniziale di operazione lampo, mirante a rovesciare il potere a Kiev e prendere il controllo del Paese, Mosca ha cambiato strategia. Le forze russe che avrebbero dovuto prendere Kiev, sconfitte dalla resistenza ucraina, si sono ritirate. Il Cremlino non vuole impantanarsi nella guerriglia su un territorio troppo vasto e ribelle. L’azione ora si concentra nell’Est e nel Sud-Est, più vicini alle basi di partenza russe. Assediata da settimane, Mariupol sta per cedere. L’esercito russo sta preparando un’offensiva su tutto il Donbass; lì affronterà le truppe ucraine più esperte e equipaggiate. Vladimir Putin, spiegano i suoi scherani a Mosca, necessita di una vittoria sicura da proclamare durante la sua parata del 9 maggio, la tradizionale e sontuosa commemorazione della vittoria della “grande guerra patriottica” sui nazisti: un trofeo ucraino della “operazione militare speciale” cascherebbe a fagiolo. Nei giorni scorsi, inoltre, il presidente russo ha ammesso che i negoziati con l’Ucraina sono “a un punto morto”; “L’operazione sarà pertanto terminata”.

Nuova fase ideologica- La banalizzazione concettuale di Putin quale «nuovo Hitler», malato o impazzito, non consente di riflettere correttamente sulla strategia di allargamento della Nato e sulle ragioni che possono aver spinto Mosca a dispiegare la forza militare. Per Putin è stato un pretesto, per molti osservatori indipendenti anche un errore? Gli interventi di Usa e Nato in Serbia, Libia, Irak, Afghanistan, non sono la giustificazione per  l’invasione di un Paese democratico, ma rimangono decisioni che hanno frantumato il diritto internazionale e provocato decine di migliaia di vittime, non messe sul conto di nessun tribunale e quindi destinate a cadere nell’oblio. Perché?

Inoltre, il separatismo del Donbass e l’annessione della Crimea hanno un precedente (o un altro pretesto?) nel Kosovo. Gli accordi di Minsk non sono stati applicati, la conquista dell’autonomia e la riconquista della sovranità hanno provocato in questi anni in quelle aree migliaia di morti. Questi sono argomenti che ci dimostrano che la guerra, fino all’ultimo minuto, poteva essere evitata e che, dopo tanti lutti, si torna daccapo: l’autonomia dei territori contesi, la neutralità dell’Ucraina come base di trattativa.
In ultimo, da Mosca da settimane giungono ​​testi e interviste sempre più infuocati che dettano la narrativa dei motivi dell’operazione russa. Vengono così articolate come una logica conseguenza la guerra georgiana del 2008, l’annessione della Crimea e l’occupazione di Donetsk e Luhansk nel 2014, poi l’attuale invasione dell’Ucraina. Si stabiliscono i presupposti di un modello medievale post-sovietico, che un’ideologia antioccidentale e antidemocratica vorrebbe imporre alla  civiltà ortodossa russa  un ruolo dominante sull’Europa e sugli Stati Uniti.

Nuova fase geopolitica- Innanzitutto, così diviso e militarizzato il mondo non è e non sarà più lo stesso. Se immaginiamo il dopoguerra, qualche interrogativo si apre. Al di là delle responsabilità, ci saranno vincitori e vinti. Chi sta vincendo? Quali scenari si stanno delineando sulle macerie e sui massacri? La guerra in Ucraina stravolge gli equilibri e allontana le potenze con i soldati Nato alle porte della Russia, la pace a breve non è al momento più scontata. Volenti o nolenti, c’è però un vantaggio geopolitico portato indiscutibilmente a compimento gli Stati Uniti, dopo la brutta figura in Afghanistan e le tentazioni isolazioniste delle presidenze repubblicane, riprende lo slancio multipolare. Washington ha rilanciato valori occidentali, ricompattato la Nato, spinto gli europei a spendere e spandere in armamenti (di cui gli Usa saranno i maggiori fornitori), incrementando le proprie esportazioni di gas e petrolio (a quale prezzo?).

Antonio Rossello e immagine di Igor Belansky

 

Ivan Cuvato e la domanda sulla Sociatria.

Dall’Arte l’intuizione sensibile che alimenta il dibattito internazionale.

di Antonio Rossello

Ci è noto il maestro Ivan Cuvato, non solo per le sue opere, ma anche per le sue performance che sono spesso politiche, ma non sembrano essere propaganda ideologica o religiosa, per assumere valore di sociatria.

Non negando, per onestà intellettuale, la paternità del termine a Jacob Levi Moreno, lo psichiatra rumeno, naturalizzato austriaco e statunitense, creatore dello psicodramma, del sociodramma, della sociometria, che ne diede una prima definizione, come «cura della società attraverso il gruppo», per affinità elettiva Cuvato si avvicina sul piano internazionale più alla concezione del messicano Pedro Reyes, il quale, da artista interdisciplinare che attraversa i confini della sua pratica, impegnandosi nell’efficacia sociale dell’arte, dell’architettura e del design, intende invece la sociatria come «l’arte o la scienza di curare la società».

Tuttavia, nei vari angoli del mondo, esistono ulteriori sensibilità che si interrogano sul tema, tra le quali menzioniamo: nell’ambito delle discussioni del think tank «Sociatry – for societal health», lo studioso statunitense John Fordham e José Luis Zamora, il fondatore dell’Escuela Argentina de Sociatría – Ciudad de Buenos Aires – República Argentina, i quali, come riferito in articoli precedenti, hanno entrambi apprezzato l’approccio ai temi sociali che Cuvato condivide con altri artisti della nostra scena nazionale.

La questione sulla sociatria è infatti cruciale per il maestro, convinto com’è che l’arte abbia una grande capacità di intervenire e di influenzare il cambiamento sociale. Ne è una testimonianza la sua nuova performance divulgata in rete tramite un post recante una dichiarazione in lingua inglese: «What is sociatry? Over time, there have been so many disparate forms of individual and collective care in society, so that it is honestly only possible to agree on the etymology of the term. The rest are jokes, too often completely devoid of action» («Cos’è la sociatria? Nel corso del tempo, ci sono state così tante forme disparate di cura individuale e collettiva nella società, tanto che onestamente è possibile solo concordare sull’etimologia del termine. Il resto sono facezie, troppo spesso del tutto prive di azione»).

In tal senso, interpretando tutto il fascino misterioso e magnetico della figura di un profeta metastorico, grazie alla maggiore intuizione sensibile con cui l’artista si relaziona con l’essenza delle cose, Ivan Cuvato pone la domanda sulla sociatria e offre una chiave argomentata di lettura, prima che, se mai sarà possibile, una conclusione definitiva venga raggiunta al riguardo.

Sul gruppo Facebook di «Sociatry – for societal health», John Fordham gli fa eco: «Language in general, is a generalized abstraction. I write a word, and the reader interprets it. I don’t believe that diminishes its value, i.e., the value is what it is; no more, no less. The question is, does the value meet my expectations? I prefer to avoid expectations. Not only does that avoid disappointments, but it turns everything received into a gift. I believe the right choice is to accept gratefully, whatever is achieved as return on my efforts. However, an even better question is, does the definition I personally use for a term have high utility for the sake of my cognitive efforts? If the answer is yes, then it matters very little if others define the term differently – as long as I’m able to maintain a consistently high level of utility from my own definition» («Il linguaggio in generale è un’astrazione generalizzata. Scrivo una parola e il lettore la interpreta. Non credo che ciò ne sminuisca il valore, cioè il valore è quello che è; né più né meno. La domanda è: il valore soddisfa le mie aspettative? Preferisco evitare le aspettative. Questo non solo evita delusioni, ma trasforma tutto ciò che si riceve in un regalo. Credo che la scelta giusta sia quella di accettare con gratitudine, qualunque cosa si ottenga come ricompensa dei miei sforzi. Tuttavia, una domanda ancora migliore è: la definizione che uso personalmente per un termine ha un’elevata utilità per il bene dei miei sforzi cognitivi? Se la risposta è sì, allora poco importa se gli altri definiscono il termine in modo diverso, a patto che io sia in grado di mantenere un livello di utilità costantemente elevato rispetto alla mia stessa definizione»).

Traendo, forse, le mosse dalla filosofia analitica di matrice anglosassone, particolarmente attenta piano dell’analisi del linguaggio, Fordham restituisce comunque un apporto significativo che ben integra il pensiero del maestro. Quale che sia l’esito finale della questione, in assenza di polemiche ipocrite e pretestuose, l’arte riafferma la propria vocazione ad alimenta il dibattito costruttivo e a favorire i legami tra le persone attraverso la condivisione di esperienze.

 


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A. Rossello

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