Si puntava sostanzialmente a definire un “luogo antropologico” nella definizione data tra gli altri e le altre dall’antropologo Marc Augè ovvero un sito, che conchiudesse tre elementi: identità, memoria storica e relazioni sociali.
Il primo elemento si definisce per l’antichità della strada, che costituiva una antica via di penetrazione verso l’entroterra dove il termine “romano” è più atto a rammentare l’antica origine della percorrenza piuttosto che un termine , che abbia una specifica origine archeologica , di cui oggi non vi sono rimanenze di alcun tipo.
A ciò si associa la memoria storica poichè il percorso si delinea dal mare di
Noli fino alla zona interna in un paesaggio di ulivi, viti e soprattutto muri a secco e acque
correnti da regimare.
Si tratta insomma di cogliere la Liguria nella sua essenza profonda di continui lavori di manutenzione profonda dove proprio alla partenza dal lato nolese si coglie una grande cisterna per la conservazione dell’acqua ad attestare quanto il territorio ligure abbia bisogno di conservare la materia prima e soprattutto l’intervento di regimazione compiuto dalla Cooperativa Tracce verso Voze dà la netta sensazione di quanta manutenzione abbia richiesto la montagna ligure sia per conservare la risorsa idrica che per incanalarla in un territorio, che imponeva importanti opere di terrazzamenti per riuscire a creare aree coltivabili.
A ciò si associava ovviamente la necessità di una costante e continua attività di manutenzione, che è continuata per secoli.
Il sentiero porta poi alla creazione di relazioni sociali per due ragioni:
a) parte da una località abitata e giunge in un’altra dove le persone in arrivo sono
ospiti e , come tali, hanno doveri ma dovrebbero pure trovare strutture di socialità ed accoglienza (ristoranti in primo luogo);
b) un percorso pedonale di circa due chilometri , che sale abbastanza dolcemente , è sicuramente più facile instaurare relazioni e dialoghi fra chi si muove e chi eventualmente si incontra.
A Voze il sentiero giunge sulla piazza principale dove si trovano la chiesa di San Pietro di origine barocca e interamente affrescata, il casotto di guardia poiché vi era l’antico confine fra Noli , alleata della Repubblica di Genova e il Marchesato del Finale ed infine un “albero cavo”, che richiama la Lotta di Liberazione nonché l’ulivo alla cui base è posta la lapide in ricordo di due martiri della repressione fascista cilena.
Voze è poi famosa per l’eccidio dei Martiri di Voze compiuto dai nazifasciti il 14 luglio 1944 contro un gruppo di partigiani e ricordato ogni anno dal Comune di Noli.
Evidentemente questo percorso, quando nacque , si inseriva nel progetto complessivo del
Museo Diffuso, che fu poi abbandonato dal Comune nel 2015 con l’insediamento della amministrazione
Niccoli e poteva essere completato con un altro percorso sul lato di
Tosse ovvero l’
antica strada dei mulini cioè un percorso pedonale,che ripercorresse gli antichi mulini che il
Comune di Noli affittava e che si trovavano sul lato di
Spotorno nella vallata del torrente
Coreallo.
Ciò che però merita attenzione , a parte le segnalazioni di questo percorso che si possono trovare in rete come gite effettuate dai gruppi più disparati ( ho trovato la Polisportiva Nolese sez. Outdoor e il Gruppo Micologico Vogherese) , è la necessità di trovare un soggetto, che riesca a garantire un sistema di circolazione interna adatta al trekking in questo caso e anche ad altri sport (mountain bike in primo luogo) ma soprattutto riesca ad intervenire nel caso di piccoli smottamenti o frane per segnalare i pericoli e rimuoverne le cause se si vuole garantire un rete sentieristica efficiente e percorribile tutto l’anno.
Io credo e qui è un pò il senso di tutta questo scritto che non ci si possa basare sul volontariato, sempre pronto e spesso efficiente ma pur sempre di persone volontarie si tratta e neppure sull’impegno dei singoli comuni sia per le scarse risorse economiche che spesso per l’assenza di volontà politica e neppure ci si può richiamare a contenitori come il “sistema turistico locale del Golfo dell’Isola”, di cui ormai non si riesce a comprendere più la funzione se non come strumento per veicolare qualche manifestazione e mettere a frutto la produzione locale di depliants ed altro materiale di divulgazione.
Io credo infatti che solo il Parco del Finalese possa garantire la nascita di un sistema concreto di valore aggiunto al territorio, imporre la tutela e il sostegno promozionale adeguato alle produzioni agricole della zona e soprattutto disporre norme, che consentano la tutela ma anche lo svolgimento delle attività sportive o cosiddette outdoor in modo rispettoso per l’ambiente e chi vi risiede.
Questo è il vero nodo della questione , che fu affrontato spesso pure dall’Associazione Le Tre Terre, guidata dalla Prof.ssa Ombretta Fumagalli Carulli,purtroppo recentemente scomparsa, che aveva tentato di mettere in dialogo tutti i soggetti della zona per giungere alla creazione del Parco.
A questo punto io mi chiedo cari amministratori e amministratrici di Noli, Spotorno, Vezzi Portio, Orco feglino, Finale Ligure, Calice Ligure, Rialto quando finalmente vedremo un vostro pronunciamento a favore del parco dinanzi ad una Regione latitante e soprattutto avversaria dei parchi?
Quando finalmente introdurremo un nuovo soggetto, che possa tutelare e mettere in rete il territorio finalese, garantendo l’attività delle persone residenti e le attività “outdoor” con una richiesta unanime alla Regione affinché istituisca il Parco Regionale dei Finale?
Danilo Bruno