Come a tutti noto, per fare fronte ai danni economici correlati con la dilagante pandemia da Coronavirus, è stato varato un Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, grazie a fondi appositamente stanziati dall’Amministrazione centrale Europea.
di Roberto Borri
Una parte di questi fondi è dedicata al mondo dei trasporti, affinché questi evolvano verso quella mobilità sostenibile, che, oggi, è inserita nella denominazione del Ministero dei Trasporti. Quest’ultima cifra è divisa, in maniera tale da assegnarne un certo quantitativo alle singole Regioni, ma, analizzando i dati relativi a queste assegnazioni, salta all’occhio una certa disparità tra Piemonte e Lombardia.
Infatti, alla Lombardia, che conta circa dieci milioni di abitanti, sono stati assegnati poco più di trenta milioni di Euro, mentre il Piemonte, popolato da circa quattro milioni e trecentomila abitanti può contare solo su quasi undici milioni di Euro: ogni Lombardo si è visto attribuire quasi il 20% in più rispetto ad ogni Piemontese. Occorre, pertanto, domandarsi il perché la fetta Lombarda sia di circa un quinto più larga rispetto a quella Piemontese.
Le Pubbliche Amministrazioni, tanto a livello Europeo, quanto livello Nazionale, hanno emanato direttive volte a ridurre il più possibile il consumo di risorse naturali non rinnovabili e l’inquinamento atmosferico, una delle cause, se non la principale, dell’inquinamento atmosferico: il tutto a vantaggio di una maggiore vivibilità del nostro territorio e dei nostri centri abitati. Inoltre, si deve osservare che il corrente anno 2021 è stato dedicato da parte della Comunità Europea alla ferrovia: il sistema di trasporto caratterizzato dalla maggiore ecocompatibilità, dalla maggiore economicità, almeno per certi volumi di traffico, e dalla minore incidentalità e, pertanto, si deve riappropriare del suo ruolo di cardine dei trasporti terrestri.
Se la Lombardia ha una vitalità economica maggiore rispetto al Piemonte, il che comporta una maggiore esigenza di mobilità, è altrettanto vero che, a percentuale di territorio montano confrontabile, il Piemonte ha colline per circa due volte e mezza rispetto alla Lombardia, il cui territorio è, quasi per la metà, pianeggiante. Ciò comporta, dal versante Piemontese, un maggiore impegno per assicurare adeguate vie di comunicazione, e, in un’ottica di sostenibilità, non si può, di certo, pensare a nuove autostrade o, comunque, ad un ulteriore distesa di manti d’asfalto.
Tuttavia, essendo, ai sensi della nuova stesura del Titolo quinto della Costituzione, la materia dei trasporti prettamente locali, ricadenti all’interno delle Regioni o di poco debordanti i loro confini, demandata alle singole Amministrazioni delle Regioni stesse, il nostro Piemonte, rinnegando l’opera iniziata da S. E. il Sig. Conte di Cavour, ha, da almeno nove anni a questa parte, affossato il trasporto ferroviario in maniera ostentata e, senza alcuna vergogna, verosimilmente, dietro pressioni facilmente immaginabili, privilegiato la gomma, anche facendo circolare autobus con una sparuta minoranza di posti occupati, poiché, come noto, una considerevole parte degli autoservizi è appaltata a privati, i quali hanno il loro tornaconto assicurato dal contributo di tutti noi Cittadini.
Molto probabilmente, non vi sarebbero tutti questi autobus impiegati impropriamente, se il servizio fosse erogato direttamente da Aziende Municipalizzate o Provincializzate. Va da sé che, con queste condizioni al contorno, non vi è nemmeno la possibilità di ottenere quei fondi per le ferrovie, fondi della cui mancanza, puntualmente, si lamenta l’ill.mo Sig. Assessore Gabusi: il dissennato agire suo e dei suoi predecessori ha posto in essere le condizioni affinché, per evidenti ragioni, la nostra Regione non possa avere più di tanto ammontare, stante il giusto vincolo sull’utilizzo di quanto erogato.
Mi sia consentita un’osservazione legata alla personale esperienza che sto vivendo al momento. Essendo stato ammesso, dopo undici lunghi anni di tentativi, a frequentare un corso di specializzazione in Chirurgia Generale e facendo capo il corso all’Università di Torino, in base a tipiche storture Italiche, degne di essere approfondite in un articolo a parte, debbo recarmi tutti i giorni – per il momento, dal lunedì al venerdì – nell’Ospedale di Chivasso, che dista 95 km dalla mia residenza, allo scopo di eseguire le necessarie attività pratiche sotto la guida del personale del Reparto.
Fortunatamente, la mia abitazione è ubicata in maniera tale che, a seconda delle esigenze di mobilità, ricorrendo ad un breve percorso stradale, ahimè da effettuare in autovettura, io possa utilizzare lo scalo di Terzo – Montabone o di Acqui Terme o di Nizza Monferrato: proprio quest’ultimo scalo tornerebbe assai utile, se il servizio fino ad Asti avesse il primigenio cadenzamento orario, meglio se esteso ai giorni prefestivi e festivi, nonché, soprattutto, se la linea da Asti a Chivasso fosse nuovamente operativa.
Il percorso ferroviario conta 76 km, che, sommati ai 14 stradali, fa un totale di 90: meno del corrispondente stradale, soggetto oltre che alle regole del Codice, anche alle perturbazioni dovute al traffico e, almeno nella stagione invernale, alle inclemenze atmosferiche, senza contare l’affaticamento dovuto alla condotta di un mezzo a guida libera e senza sistemi di sicurezza, affaticamento che, come noto, comporta anche un incremento del rischio d’incidente, mentre la ferrovia, a guida vincolata e marcia comandata, subordinata a sistemi di sicurezza riduce al minimo questi rischi.
In barba a tutto questo, percorrendo la Valle Versa, la Val Cerrina e, infine, la Val Padana, sono costretto a vedere le linee ferroviarie che, da Asti, raggiungono, rispettivamente, Casale Monferrato verso Nord – Est e Chivasso verso Nord – Ovest, inutilizzate ed abbandonate ad un triste destino, anziché essere adeguatamente valorizzate a tutto vantaggio dei Cittadini, siano essi viaggiatori occasionali od abituali, magari adoperando per le loro migliorie i fondi Europei allo scopo stanziati. È davvero il caso di tergiversare ulteriormente e di gettare alle ortiche un’opportunità di questa portata, insieme alla reputazione del Piemonte e dei suoi rappresentanti?
Roberto Borri