Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Il procuratore capo: Massoneria e mafie comandano. Gelli: Una grande bottega, basta sfruttarla. Liguria: silenzio stampa


9 gennaio 2020. Il Procuratore capo della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri: “La massoneria e le mafie in Italia comandano tutto, la testa ed il braccio, corrompendo anche i politici e storici. La massoneria è quella che comanda il mondo. Lo diciamo da sempre. Ha ‘unito’ l’Italia e oggi ancora comanda. Indovinate chi è il primo Gran Maestro della massoneria italiana ? Giuseppe Garibaldi. La storia è una e va raccontata per quello che è”. E il venerabile della P2, Licio Gelli, espulso dal Goi (Palazzo Giustiniani) in una intervista Rai: ‘La massoneria è una grande bottega per coloro che la sanno sfruttare…”.

In Liguria sono lontani gli anni con magistrati inquirenti impegnati ad indagare su logge, affiliati e legami affaristici. E oggi un piccolissimo blog (trucioli.it) che si sforza di dare notizie del mondo massonico alla conquista di un certo mondo politico e del potere, si ritrova in castigo. Iniziando dai media cartacei e on line locali e regionali. Una strisciante punizione e avvertimento a scalare ? Iniziando dalla ‘terra bruciata’ con l’arma bianca della delegittimazione. Non riprendere i buchi di cronaca che nella vita da cronisti tutti conoscono ed affrontano. E quando accade bisogna giustificarsi con il capo.

Le notizie che i ‘colossi’ dell’informazione provinciale e regionale perdono non certo per partito preso. C’è chi ricorda per esperienza personale che con altri direttori, condirettori,  capi redattori, era buona abitudine riparare al ‘buco’ cercando di informare e quando possibile approfondire. E’ soprattutto un dovere, un servizio al lettore per fatti realmente accaduti. E motivo di interesse sociale. Purtroppo non fanno un dispetto a trucioli.it (opera di volontari e senza concorrenza pubblicitaria o corsa alle visualizzazioni per esibire); semmai danneggiano la stessa azienda editoriale. Siamo di fronte ad una confraternita bianca’ che impone il silenzio? E’ ramificata fino a che punto ? Dal 26 luglio 2012, dopo il primo numero di trucioli.it, abbiamo all’attivo, si fa per dire, 217 notizie che altri media liguri – piemontesi hanno ‘bucato’. E solo in 11 casi il ‘buco’ è stato ripreso successivamente. In tre  occasioni è stato citato trucioli.it come fonte. Per fortuna non siamo ancora alle lacrime. E di massoneria di casa nostra ai lettori pare non interessi sapere. Una semplice prova del nove. Quando pubblichiamo qualche fatto particolare che riguarda uno o più ‘fratelli muratori’ seguono diversi cancellami dalla news letter settimanale di trucioli. Allergici agli ‘starnuti’  – così compaiono tra i commenti – di un blog davvero senza pretese. Se disturba invochiamo buona fede e diritto di cronaca anche se spesso irriverente al potere e ai potenti. Mai per partito preso. (l.c.)

GRATTERI:“Essere ‘ndranghetista e massone allo stesso tempo, vuol dire non decidere chi fa l’opera, ma se l’opera si fa o meno…questo nello stato Italiano è ancora più in grande. La storia non va riscritta, la storia è una, i fatti sono quelli, non esiste un’altra storia, esiste LA STORIA, che deve essere scritta con FATTI, DOCUMENTI, non a seconda di cosa serve a chi, Noi tutti siamo colpevoli, soprattutto il potere politico, quello legislativo (che non ci da ancora norme forti), oggi ci sono 20 mila carabinieri in meno, 20 mila poliziotti in meno, 8 mila finanzieri in meno, oggi avremmo fatto molto di più.
Noi facciamo i fatti come questi ma anche SCRIVENDO LIBRI, ANDANDO IN TV, PARLANDO AI RAGAZZI NELLE SCUOLE, aprendo gli occhi alla gente, PER NON LASCIARE AGLI ALTRI LA NARRAZIONE…
Fa comodo dire queste cose, le mafie votano e fanno votare, e noi siamo qui a combattere perchè i nostri figli sono fuori dalla calabria, e non torneranno, anzi, e questo è un fallimento per noi calabresi (e MERIDIONALI)”.
Anche il ruolo degli storici, è importantissimo, solo che neanche loro non lo sanno, e LA STORIA E’ UNA E VA RACCONTATA PER QUELLO CHE E’… Vedi il video

28 APRILE 2008 LA STAMPA IN CRONACA NAZIONALE TITOLAVA

I VELENI NEI PALAZZI DIU REGGIO CALABRIA. LETTERE ANONIME DOPO LA CIMICE

28 febbraio 2021 – Luca Palamara è tornato da Massimo Giletti, dove ha svelato altre verità sul caos procure e sulla mancata audizione in Commissione antimafia. “Il sistema ha la regola del 3″: ecco l’ultima verità di Palamara. Mentre sulle colonne del quotidiano Il Riformista del 21 febbraio 2021 Tiziana Maiolo scrive: “Avanti un altro. Il tribunale della libertà di Catanzaro ha annullato la misura cautelare nei confronti del notaio Rocco Guglielmo, indagato e al divieto di dimora dal 21 gennaio, quando il procuratore Gratteri lo aveva coinvolto nell’operazione “Basso profilo”.

 

ARTICOLO PUBBLICATO DA ‘IL GIORNALE’ (Silvio Berlusconi e famiglia editori) –
Luca Palamara è tornato a parlare in diretta a Non è l’Arena dopo la pubblicazione del libro Il sistema, scritto da Alessandro Sallusti, in cui il direttore de Il Giornale ha raccolto le verità del magistrato sui retroscena della magistratura italiana.
Luca Palamara ha scoperchiato il vaso di Pandora e ha generato il coas nelle procure del Paese. Dopo aver raccontato le sue verità, il magistrato si è detto disponobile a mettersi completamente al servizio della magistratura per ridare dignità e credibilità all’organizzazione e fare finalmente luce su tutte le zone d’ombra. “Io mi sono messo a disposizione, anche io ho letto i giornali e ho letto che ci sono state addirittura richieste da parte alcuni esponenti politici, anche ex magistrati, di fare la conta per evitare di farmi andare“, ha dichiarato Luca Palamara da Massimo Giletti a proposito dell’audizione saltata in Commissione antimafia.
Quello che dovevo raccontare del mio libro non ho nessuna difficoltà a raccontarlo in sede di audizione antimafia. Anzi, potrebbe essere anche quella l’occasione per affrontare dei temi che nell’ambito dell’esperienza consiliare abbiamo trattato sui rapporti Stato-mafia, sui mandanti delle stragi, su importanti esposti fatti dalla famiglia Borsellino“, ha proseguto il magistrato a Non è l’Arena. Luca Palamara ha anche confermato il cambio di capo di imputazione a suo carico da parte della Procura che sta conducendo l’indagine: “Sì, la procura di Perugia ha modificato il capo d’imputazione nei miei riguardi, ora è corruzione in atti giudiziari. Ma non ne voglio parlare“.

L’indagine è stata possibile grazie all’utilizzo di un trojan installato nel telefono di Luca Palamara, che però nutre qualche dubbio in merito al suo corretto funzionamento: “È uno strumento che rischia di funzionare a intermittenza, alcune volte la voce si sente chiara e altre volte no, alcune cene le riprende e altre no. Io ho il massimo rispetto di chi indaga e di chi ha svolto indagine. La guardia di finanza è fatta da persone perbene, può capitare di sentire male le persone“.

Il funzionamento delle nomine nelle procure del Paese è stato spiegato da Luca Palamara nel libro scritto con Alessandro Sallusti e anche da Massimo Giletti è stato molto chiaro: ”

In una pagina del libro che abbiamo fatto con il direttore Sallusti diciamo che il meccanismo è spiegato molto bene. Si parlava della regola del 3: uno a me, uno a te, uno a lui. Quindi io non ci troverei nulla di male se il sistema continuasse in questo modo”.

di Francesca Galici (da Il Giornale)

ARTICOLO PUBBLICATO DA ‘IL RIFORMISTA’ A FIRMA DI TIZIANA MAIOLO.

Tiziana Maiolo su il Riformista dei 21 febbraio 2021. “Avanti un altro. Il tribunale della libertà di Catanzaro ha annullato la misura cautelare nei confronti del notaio Rocco Guglielmo, indagato e al divieto di dimora dal 21 gennaio, quando il procuratore Gratteri lo aveva coinvolto nell’operazione “Basso profilo”.

Era l’inchiesta che aveva costretto Lorenzo Cesa a dimettersi da segretario dell’Udc per un pranzo che lui neanche ricorda. Erano anche le stesse indagini condotte con tanto rigore da mandare ai domiciliari l’ex assessore Selvino solo perché si chiamava Giuseppe ed era stato confuso con un altro che aveva partecipato a una festa cui lui non era mai andato. Ora tocca al notaio.

Certo che con i “colletti bianchi” va proprio male al procuratore Gratteri. E anche ai gip che manifestano pensieri conformi a quelli del rappresentante dell’accusa. Proprio sull’argomento, una botta micidiale è arrivata, oltre al solito Gratteri, che è ormai un habitué del flop, al giudice delle indagini preliminari Giulio De Gregorio, quello che si era impegnato per ben 357 pagine per dimostrare che Mimmo Tallini, ex presidente del consiglio regionale di Calabria, era mafioso (“esterno”) e dedito al voto di scambio con gli uomini della ‘ndrangheta. Una smentita che è un vero schiaffone arriva dal tribunale del riesame, che ha depositato le motivazioni che hanno imposto la cessazione delle misure cautelari nei confronti di Tallini, che era ai domiciliari. “Un’ombra dietro le ombre”, così il gip aveva definito l’esponente di Forza Italia. Contro il quale si erano subito scagliati i peggiori tagliagole militanti, Marco Travaglio e Nicola Morra.

Sentenze definitive di “mafiosità” erano state emesse con la consueta pruriginosa fretta. Eppure sarebbe bastato leggere con calma le 357 pagine, anche senza aver svolto per tanti anni il ruolo di cronista giudiziario (come è capitato a me, ma anche a Travaglio), per scoprire tra riga e riga il nulla assoluto. L’inchiesta si chiama “Farmabusiness”. Mimmo Tallini, che all’epoca era assessore, avrebbe agevolato la costituzione di una società per la distribuzione di farmaci cui era interessata la famiglia della cosca Grande Aracri di Cutro. Famiglia con cui lui non ha avuto mai alcun contatto. Non c’è un incontro, non c’è un’intercettazione che lo colleghi. Ma questo per il giudice è molto sospetto. Non si capacita del fatto che Mimmo Tallini non salga mai su macchine altrui e voglia sempre guidare la propria, e anche il fatto che non si riesca mai a beccarlo al telefono con qualche mafioso. Forse perché le persone con cui lui era in contatto per quelli che lui riteneva fossero buoni affari, tanto che vi aveva trovato un posto di lavoro per il figlio, erano ai suoi occhi persone insospettabili.

Uno in particolare, Domenico Scozzafava, era un antennista di sua conoscenza sia per la sua attività professionale, ma anche perché in passato si era mostrato utile come “grande elettore”. Scozzafava era un “cavallo di Troia”, scrivono oggi i giudici del tribunale presieduto da Giuseppe Valea. Una sorta di Giano bifronte, insomma. Da un lato favoriva l’ingresso della famiglia Grande Aracri nel business farmaceutico, dall’altro usava il suo rapporto professionale e politico con Tallini per avere qualche entratura in più nelle istituzioni che agevolassero la sua società con permessi e passaggi burocratici. Certo, magari se ne vantava un po’ nei suoi rapporti con gli “altri”, ma teneva la bocca ben cucita sulle sue relazioni inconfessabili quando varcava la soglia dell’assessorato.

Non esiste nessun indizio, proprio nessuno, del contrario. Eppure, nella conferenza stampa del novembre dell’anno scorso il procuratore Gratteri era parso molto sicuro: «Grazie all’operato dell’onorevole Tallini – aveva detto – è stato possibile per l’associazione ottenere queste facilitazioni…In cambio ci sono i voti: per questo motivo gli contestiamo il concorso esterno e lo scambio elettorale politico-mafioso». E aveva chiesto per lui il carcere. Allo squillo di tromba aveva subito risposto il Fatto quotidiano, che ne aveva anche fatto un uso politico. Con grande spolvero di titoloni aveva chiesto “Dialogare con questi?” E poi: “Altro che inciucio. Mentre metà del Pd vuole B. come alleato, Gratteri scopre i voti di scambio del ras forzista con la cosca nel business sanità”.

Tutto azzerato. Il tribunale del riesame contesta l’ipotesi dell’accusa e l’ordinanza del gip punto per punto. Nessun contatto tra Tallini e i mafiosi. Nessuna intercettazione. Quanto ai voti, l’antennista “cavallo di Troia” è stato così utile che i numeri portati a casa in quella tornata in cui il candidato avrebbe avuto l’aiuto della cosca locale erano scesi da 11000 a 750.

Tiziana Maiolo


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