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Draghi, dopo Craxi, ha un disegno strategico per Italia e Mediterraneo


La situazione strategica globale si sta di nuovo progressivamente strutturando. Come sempre, ciò avviene in modo organico, cioè al seguito di “correnti naturali” che hanno il duplice segno economico e strategico.

di Sergio Bevilacqua

Il presidente Mario Draghi

La situazione strategica globale si sta di nuovo progressivamente strutturando. Come sempre, ciò avviene in modo organico, cioè al seguito di “correnti naturali” che hanno il duplice segno economico e strategico.
L’economia del mondo, fattore progressivamente emergente nell’ultimo mezzo millennio, sta definendo una sua nuova natura. La macchina dell’industria manifatturiera, suo veicolo e carico, ha ormai conformato di sè l’intero globo ed è divenuta forza olistica. Non miniere non abilità non patrimoni non sovranità non politiche sono esenti dalla sua enorme capacità di trasformazione. L’umanità, con la manifattura figlia della rivoluzione scientifica e tecnologica, ha “digerito” il mondo. Nulla è più lo stesso dopo di lei: nasce il Globantropocene mediatizzato, l’antropizzazione estesa e intensa, tutti in contatto con tutti, dove tutti è almeno il triplo di sempre.
Esplodono le varietà e i distinguo, proiettati come siamo in un inevitabile confronto. Quale destino per la Volontà di potenza, la Will zur macht ? É essa dimensione ancora dell’umana infrastruttura e natura? O la forzata omogeneizzazione di cuore e spirito indotta dal Globantropocene mediatizzato ci porta verso un ispessimento dello strato evangelico, con il suo correlato di neuroni-specchio?
Esiste un destino della pace?
Quale la possibile insorgenza rinnovata del Satana Bellico di fronte alla Grande Omogeneizzazione (che significa vissuto di differenza per ogni cosa ovunque, sotto l’unica regia dell’Umano)? C’è un’area del mondo che rappresenta tutto ciò. Il paradosso è che si tratta di un’area che poco contribuisce alla ricchezza dell’umanità, ma non altrettanto al suo benessere: il MEDITERRANEO.
Perchè, se è vero che i giochi vedono la geografia fisica sempre più trasformata dalla geografia economica, non va dimenticata un’altra geografia, quella strategica. Se guardiamo le aree di conflitto attuale (guerre in corso) o potenziale (distribuzione degli armamenti) notiamo quali sono i veri confini del mondo.
Intanto, il grande occhio satellitare, che si prolunga SOPRA le nostre case e strade attraverso videocamere e droni, e DENTRO le nostre case e noi stessi, attraverso la mediatizzazione del web e della comunicazione individuale: nulla più sfugge, siamo un libro aperto, un riferimento unico, classificato, classificabile. E, se ci troviamo lungo le vie del ciclo della ricchezza, cioè della manifattura (non confondiamoci le idee col resto, la “manifattura”, pur con virgolette, comanda), vie di un benessere dove i cicli logistici si fanno le pulci, allora sono… fatti nostri! il Grande Organismo lì digerisce, e butta acido cloridrico (guerre licali) sui nostri poveri corpi, che purtroppo poco rilevano rispetto al suo grande, enorme Corpo senz’anima ma vivo…
Faglie socioeconomiche s’incontrano terribili, coi loro terremoti: ecco il medio-oriente, ecco il Mare del Nord, ecco lo Stretto di Bering, ecco gli stessi visi spezzati e contrapposti dell’Indocina, della Corea, di Hong Kong, Taiwan e Singapore…
Ed ecco il MEDITERRANEO.
La partita del Mediterraneo si gioca tra questi veri, nuovi confini:
1. Il canale di Suez
2. La rotta di Magellano
3. Il Bosforo e i Dardanelli, con dietro il secolare tema della Crimea e della Russia
4. La presenza strategica della NATO e di Israele
5. La presenza strategica della NATO e della Francia
6. La presenza strategica della NATO e della Turchia
7. Gli equilibri del macro-continente eurasiatico
8. I fattori culturali, storici e morali di un-popoli (non è un errore) mediterraneo con la sua profondità monoteistica declinata su 3 diversi ecumenismi
9. L’Oceano Atlantico.
Mescolateli tutti e vedete se il mix è meno esplosivo della dinamite: ma non si vede un Alfred Nobel a gestirla, e nemmeno una prospettiva per il suo premio alla Pace.
La partita del MEDITERRANEO è triplice:
A. Area d’espansione africana, per i 2/3/4 blocchi “di faglia” USA, Cina, Eurasia e NATO. È una questione di materie prime ed energia.
B. Efficienza della logistica industriale eurasiatica e sua capacità competitiva globale: è l’efficienza di Suez e Hormuz rispetto alla rotta di Magellano, in attesa dell’altissima velocità terrestre magnetoviaria, mentre poco possiamo aspettarci dell’efficienza dell’aria, un inutile “oceano” a sua volta.
C. Dominio del simbolico. Last match, but not least. I popoli esistono ancora, e spesso continuano a ragionare per vie culturali e religiose: le democrazie incorporano questi messaggi come un diritto, e i totalitarismi come un dovere.  La vera sostanza comune è che il simbolico esiste e funziona: agisce come motore di sparigliamento socioeconomico (il terrorismo), di congiunzione societaria (Il cattolicesimo romano), di lobbismo trascendentale (le massonerie e le consorterie).
E tutto questo fermenta nel MEDITERRANEO. Ora si nota la volontà genialoide (o consapevolmente balzana?) di rivendicare uno spazio strategico al simbolico, cioè all’area geopolitica mediterranea. Non ci casco: non sono quelli geografici i veri confini geopolitici. È un’astuzia economica, e la prova del nove è che se ciò dovesse avvenire, soffierebbero venti marci. Venti di guerra,  marci perchè di guerra e perchè sarebbe una guerra inutile e dannosa. Per prendere tempo. Che, tanto, la macchina industriale reclama la sua biologia, l’Eurasia è una realtà e la breve era Trump sembra quasi sia bastata a creare l’energia (astuta…) di un nuovo Molotov-Von Ribbentrop…
A Biden il disturbo Mediterraneo. Con Biden le lobby globali, finchè un Bildenberg eurasiatico non le incorpora del tutto…
Come l’Italia e Draghi in questa temperie?
Per l’Europa e per la visione strategica mediterranea l’Italia è terra di confine, di attrito tra faglie. Un Nord inequivocabilmente europeo per struttura industriale e un Sud ancora nè carne nè pesce. La partita di Draghi, il primo dopo Craxi a ispirare un disegno strategico per l’Italia d’Europa, d’Eurasia e NATO, può essere tenerla unita, e unita all’Europa, facendo fallire il progetto di area geopolitica mediterranea, o di trattare, scomponendola, una doppia appartenenza, nell’ipotesi di affermazione di un’area geopolitica mediterranea: ciò però significherebbe un serissimo ostacolo alla strategia eurasiatica per l’Africa. Infatti, l’area geopolitica mediterranea è un’invenzione prevalentemente mirata al sabotaggio dell’economia eurasiatica nella logistica e alle sue influenze nella “battaglia d’Africa” tra USA, Cina e Russia.
Un vero vespaio, il Mediterraneo, e un grande problema per l’Europa. Senza dimenticare i flussi migratori, che rappresentano un naturale sfogo pneumatico per un continente, l’Africa, che ha sestuplicato la sua popolazione in 60 anni e che trova nella contiguità territoriale il naturale sfogo.
Sembra, inoltre, che il nostro Draghi, infatti sia percepito come molto filoeuropeo, quindi, rispetto ai punti sopra, porterà avanti un disegno strategico NATO-francofilo e non NATO-israeliano, con la variabile NATO-turca non irrilevante, nè in sè è nemmeno riguardo agli interessi delle altre 2 NATO.
NATO che, per essere un’alleanza, si presenta piuttosto controversa.
Sergio Bevilacqua


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