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Tv Svizzera: polveri sottili e Covid 19. San Martino e prof. Bassetti studio randomizzato per arruolare pazienti


Dalla succursale della società svizzera di radiotelevisione SRG SS , due articoli affrontano il rapporto fra polveri sottili e Covid (19 – 24 novembre 2020) Una forte concentrazione di polveri fini nell’aria è un fattore aggravante del Covid-19. È quanto sembrano suggerire i lavori condotti da ricercatori dell’Università di Ginevra e del Politecnico federale di Zurigo secondo cui pare esserci un legame fra i due aspetti. All’origine di tale conclusione l’analisi di quanto avvenuto  anche in Ticino.

ULTIMA ORA – Professor Matteo Bassetti, direttore Clinica Malattie Infettive Ospedale Policlinico San Martino.
Al Policlinico San Martino è partito uno studio randomizzato controllato che aspettavamo da 8 mesi. Possiamo quindi arruolare pazienti cui somministrare il Favipiravir che è un farmaco antivirale. Dalla prossima primavera inoltre partirà un altro studio sul Molnupiravir e parteciperemo anche ad uno studio randomizzato controllato greco-italiano su un altro farmaco, questa volta antinfiammatorio, l’Anakinra.

di Alesben B.

Mario Rohrer ricercatore svizzero

Le concentrazioni importanti di polveri fini più piccole di 2,5 micrometri possono modulare e amplificare le ondate di contaminazione da SARS-CoV-2 e spiegare in parte l’andamento della malattia, scrive in un comunicato di oggi l’ateneo romando. Diversi studi illustrano come il coronavirus circolasse in Europa già a fine 2019. Nonostante ciò, il netto aumento della mortalità in città come Parigi e Londra è stato osservato solo nella primavera successiva. “Una discrepanza temporale sorprendente”, commenta Mario Rohrer, ricercatore a Ginevra.

Gli esperti hanno voluto dunque approfondire la questione e ritengono che, oltre al contatto fra le persone, vi sia un altro fattore a favorire la trasmissione e soprattutto la gravità dell’infezione. Hanno infatti constatato che l’aumento dei contagi è seguito a fasi in cui il livello di polveri fini era particolarmente elevato. Proprio qui entra in gioco il Ticino. Nel cantone italofono, l’inquinamento da polveri fini è nettamente cresciuto dopo un periodo di particolare foschia sul piano di Magadino e sul Sottoceneri, verificatosi alla fine di febbraio. In seguito, si è assistito a un’esplosione delle ospedalizzazioni dovute al Covid-19, sottolinea Rohrer, pur precisando che in concomitanza si svolgeva anche il carnevale, che ha ovviamente facilitato la propagazione del virus.

Questa possibile relazione fra la virulenza del Covid e le polveri fini, riportata in un articolo sulla rivista “Earth Systems and Environment”, è un’informazione importante per la Svizzera, Paese spesso alle prese con un fenomeno di inversione termica, con della nebbia che si forma sull’Altipiano. Le emissioni non possono più scappare e quindi si accumulano sotto questa sorta di cappa. Inoltre, l’équipe di ricercatori evidenzia come le alte concentrazioni di particelle, soprattutto quelle più minuscole, provochino infiammazioni delle vie respiratorie e addensino il sangue. Tale condizione può condurre a un decorso grave della malattia per chi si infetta con il coronavirus.

Rohrer arriva a non escludere che il Covid-19 sia trasportato dalle polveri fini. Uno studio italiano ha in effetti scoperto l’RNA del virus su queste particelle. Per il momento comunque è ancora tutto da dimostrare che l’epidemia possa diffondersi anche così, ma ciò “è una possibilità”, svela lo specialista.  È il potere ossidante associato a determinate polveri fini, come quelle generate dai freni dei veicoli, a causare i maggiori rischi per la salute, indica uno studio realizzato in Svizzera. KEYSTONE/KARL MATHIS sda-ats

Questo contenuto è stato pubblicato il 18 novembre 2020 (Keystone-ATS)

Le polveri fini con potenziale ossidante, pericoloso per la salute, sono prodotte dalle attività umane e le principali fonti sono le emissioni generate dai freni dei veicoli e la combustione di legna nelle abitazioni. Lo indica uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature da ricercatori dell’Istituto Paul Scherrer (PSI) di Villigen (AG) in collaborazione con vari enti europei. Il potenziale ossidativo da tempo viene indicato come uno dei possibili motori degli effetti dannosi sulla salute del particolato atmosferico, ma non era del tutto chiaro quali fossero le sue fonti. Per capirlo meglio i ricercatori guidati da Kaspar Dällenbach, del Laboratorio di chimica atmosferica del PSI, hanno analizzato 90 campioni di PM10 (particolato formato da particelle con dimensioni minori di 10 micrometri) raccolti in nove siti di Svizzera e Liechtenstein, e combinando le loro misure con i modelli della qualità dell’aria, hanno scoperto che le principali fonti di potenziale ossidativo sono le attività umane, in particolare le emissioni prodotte appunto dai freni dei veicoli e dalla combustione della legna.

Essendo collegato alle attività umane, questo potenziale ossidativo si concentra in alcuni posti, quelli a più alta densità di popolazione. Le strategie finora messe in atto in Europa per ridurre solo la concentrazione di particolato, afferma lo studio, da sole non bastano per far calare il potenziale ossidativo, ma dovrebbero concentrarsi anche sulle fonti di particolato. I ricercatori hanno anche esposto le cellule del tratto respiratorio umano a campioni di particelle sottili e hanno monitorato la loro risposta biologica, indica un comunicato del PSI diramato oggi. Sono stati in grado di dimostrare che le polveri fini con un alto potenziale ossidante hanno causato una reazione infiammatoria nelle cellule.

“Questa constatazione non prova ancora chiaramente l’esistenza di una relazione causale tra un alto potenziale ossidativo e il rischio per la salute”, ammette Dällenbach, citato nella nota. “Ma lo studio è un’ulteriore indicazione dell’esistenza di un tale rapporto”.

Siamo d’accordo che oggi parlare di PM10, le pericolose polveri sottili che contaminano l’aria e danneggiano la nostra salute non è semplice, interessano nessuno salvo, quando poi capita, puntare il dito contro chi, forse non si è preso la briga di informare adeguatamente il popolo, meglio ancora i vari amministratori; ed uscire con la solita frase: “io l’ho sempre saputo, sono gli altri gli ignoranti”. Accade ogni inverno, si superano i limiti di legge e torna puntuale l’emergenza smog, e quest’anno l’emergenza Covid.  Ma cosa è esattamente il PM10 e perché dobbiamo preoccuparcene?

PM10 è un acronimo inglese che significa Particulate Matter ≤ 10 µm, ovvero materiale particolato con diametro inferiore o uguale a 10 millesimi di millimetro. Polveri, fumo, fuligine, aerosol e altre particelle infinitesimali allo stato solido o liquido che si disperdono finemente negli strati più bassi dell’atmosfera. Eterogenee per dimensione, origine e composizione chimica, le polveri sottili hanno un elevatissimo potere inquinante e sono particolarmente persistenti in condizioni meteorologiche simili a quelle attuali, con alta pressione e mancanza di piogge. Se il PM10 è spontaneamente sprigionato da diversi fenomeni naturali come, ad esempio, le eruzioni vulcaniche, l’erosione del suolo, gli incendi boschivi e la dispersione aerea di pollini in primavera, ma sono, invece, le attività umane la principale causa dell’emissione di queste polveri sottili in aree ad alta concentrazione urbana e industriale. Sorgenti primarie e dirette di PM10 sono i processi di combustione, ad esempio quelli dei motori a scoppio, delle caldaie, degli impianti di riscaldamento domestico e di molte attività industriali. Altra fonte di rilascio di polveri sottili è l’usura progressiva dell’asfalto, degli pneumatici e delle pastiglie dei freni, questi ultimi due formulati con un mix di polimeri, additivi, gomme, fibre sintetiche e metalli fini. Imputato spesso non solo al traffico automobilistico, ma all’andamento del tracciato stradale, non rettilineo, non pianeggiante, ma con presenze di curve e contro curve, da sali scendi più o meno marcati, dalle condizioni del sedime stradale, dove in molte strade l’asfalto è un optional e predomina anche a tratti lo sterrato

L’aumento delle polveri sottili ha in realtà ha un’altra sorgente principale, soprattutto al Centro e al Nord del nostro Paese, in Lombardia, dove frequentemente viene superata la soglia massima ammessa di PM10, la causa primaria dell’origine e dispersione di queste particelle è il riscaldamento residenziale e la “combustione di biomasse legnose” (stufe e caldaie a pellets o a legna) che contribuiscono per il 45% alle polveri sottili diffuse nell’aria, mentre i motori diesel contribuiscono per il 14%. Non tutti i veicoli sono fonti di PM10: i veicoli a benzina emettono quantità trascurabili di questo inquinante, i maggiori responsabili delle emissioni sono i diesel, sia leggeri che pesanti, i ciclomotori con motore a due tempi. Un altro 13% delle polveri fini è causato dalle particelle che si staccano dalle pastiglie dei freni e dagli pneumatici.

Particolato sospeso fine (pm10) – Il particolato atmosferico è un insieme di particelle, solide e liquide, con una grande varietà di caratteristiche fisiche, chimiche, geometriche e morfologiche. Le attività umane che sprigionano il PM10, sono particelle nocive che avvelenano l’ambiente e il nostro organismo. Il particolato misurato in aria ambiente è una miscela di due componenti:

◙    una di tipo “primario”, costituita da particelle emesse direttamente come tali da una o più fonti e rappresenta principalmente la frazione grossolana;

◙    una di tipo “secondario”, originata da complessi fenomeni chimico-fisici che avvengono in atmosfera su grande scala spaziale e temporale e comportano la trasformazione in particolato di sostanze che originariamente erano state emesse in forma gassosa (i cosiddetti “precursori”, tra i quali principalmente gli ossidi di azoto).È costituita principalmente dalla frazione “fine”.

Responsabile del 15% del PM10 è, dovuto all’agricoltura intensiva, poiché la volatilizzazione dell’ammoniaca – emessa dai fertilizzanti azotati, organici e di sintesi – contribuisce attivamente alla formazione di aerosol e, quindi, di particolato in atmosfera. Diventa, quindi, solo un provvedimento tampone lo stop delle auto nelle grandi città, ma che tutto sommato ha un impatto limitato sul problema e ritarda l’attuazione di urgenti politiche di efficientemente energetico non solo nel settore della viabilità, ma anche nell’agricoltura, nell’industria e nei sistemi di climatizzazione. Perché le polveri sottili sono così dannose per la nostra salute? Le particelle fini, soprattutto quelle piccolissime, con diametro di 2,5 µm, penetrano facilmente nell’organismo umano insidiandosi nelle vie respiratorie: minore è la dimensione del particolato e maggiore è la penetrazione all’interno del corpo, con il conseguente aumento del rischio di polmoniti e di tumori non solo ai polmoni, ma anche al colon e all’intestino. In aumento, inoltre, anche molte patologie respiratorie, come asma, bronchiti e allergie. E’ ormai ampiamente dimostrato come l’esposizione prolungata ai PM10 riduca di 1/2 anni l’aspettativa di vita umana; e chi ha in animo di campare 100 anni, se lo scordi.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità, in base ai dati del 2008, ha stimato che le polveri sottili siano responsabili di circa 2 milioni di decessi nel mondo all’anno. Una recente pubblicazione della EEA (European Environmental Agency) sulla qualità dell’aria in Europa ha stimato che nel 2012 il PM2,5 ha causato circa 432.000 morti. Per ridurre l’impatto sulla salute umana, la Commissione europea ha stabilito dei limiti alla concentrazione di PM10 nell’aria. Le polveri sottili costituiscono solo una delle componenti dell’inquinamento atmosferico. A contaminare l’aria delle nostre città ci sono anche altre, differenti molecole chimiche di natura gassosa – ad esempio, monossido di carbonio, idrocarburi policiclici aromatici (IPA), alogenuri e ossidi di azoto e zolfo. Sono proprio gli IPA, sprigionati dai gas di scarico delle auto, dagli impianti termici, dalle centrali termoelettriche e dagli inceneritori, a legarsi chimicamente con i metalli pesanti come il piombo, il nichel, l’arsenico e il cromo ed essere assorbiti dalle particelle di PM10, aumentando gli effetti dannosi sulla salute umana, tra cui un elevato potenziale cancerogeno.

Focalizzando l’attenzione sul settore “trasporto su strada“, che risulta essere, [Vedi Città di Torino], la principale fonte della componente primaria del particolato, si evidenzia che i veicoli alimentati a diesel fino all’euro 4 emettono una quantità di polveri decisamente più alta rispetto a quelli alimentati a benzina. Diversa è, invece, la situazione per i veicoli diesel euro 5 ed euro 6, che, grazie all’installazione del FAP, sembrerebbero essere caratterizzati da emissioni di PM10 analoghe a quelle dei veicoli a benzina e quindi contribuiscono allo stesso modo alla formazione del particolato primario. Non ancora risolto è invece il problema delle emissioni di ossidi di azoto anche sui veicoli diesel più recenti.

Con il termine NOx vengono indicati generalmente l’insieme dei due più importanti ossidi di azoto a livello di inquinamento atmosferico ossia l’ossido di azoto (NO) e il biossido di azoto (NO2), che si producono come sottoprodotti di una combustione che avviene utilizzando l’aria come comburente. La quantità e la qualità della miscela di NOx dipende dalla sostanza combusta e dalle condizioni in cui avviene la combustione. In particolare, il biossido di azoto è da ritenersi fra gli inquinanti atmosferici maggiormente pericolosi, sia perché è per sua natura irritante, sia perché è un precursore di altre sostanze inquinanti, come il particolato e l’ozono.
Secondo l’Inventario Regionale delle Emissioni in Atmosfera (IREA).

Fonte dati: IREA 2010

  • Produzione energia e trasformazione combustibili – 551,66 t
  • Combustione non industriale – 557,09 t
  • Combustione nell’industria – 1475,87 t
  • Processi Produttivi – 99,57 t
  • Trasporto su Strada – 3959,21 t
  • Altre sorgenti mobili e macchinari – 40,24 t
  • Trattamento e Smaltimento Rifiuti – 1039,85 t
  • Agricoltura – 0,30 t
  • Altre sorgenti e assorbimenti – 3,36 t
  • TOTALE – 7727,15 t

L’entità delle emissioni di NOx può variare anche in funzione delle caratteristiche, dello stato del motore e delle modalità di utilizzo dell’autoveicolo (velocità, accelerazione ecc.). In generale l’emissione di ossidi di azoto è maggiore quando il motore funziona ad elevato numero di giri.

Anche per quanto riguarda gli NOx, i veicoli alimentati a diesel sono maggiormente responsabili delle relative emissioni rispetto ai veicoli alimentati a benzina (soprattutto sui veicoli più recenti). Peraltro il report sulla qualità dell’aria 2016 dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA) evidenzia discrepanze significative tra i valori di NOx rilevati dal regime di monitoraggio in ambiente controllato e quelli osservati in condizioni reali di guida anche per i veicoli diesel più recenti, come di seguito visualizzato.


OZONO (O3)

L’ozono, che è un gas altamente reattivo dotato di elevato potere ossidante, non ha sorgenti dirette, ma si forma all’interno di un ciclo di reazioni fitochimiche che coinvolgono in particolare gli ossidi di azoto e la presenza di composti organici volatili. Tali reazioni vengono attivate da alte temperature; per questo si registrano valori più elevati di ozono nei mesi estivi, in concomitanza di un intenso irraggiamento solare ed in estati particolarmente calde. Per ottenere dei risultati significativi nella diminuzione della concentrazione di Ozono si deve pertanto incidere più marcatamente sulla riduzione degli Ossidi di Azoto che ne sono i precursori.

Alesben B.


Fonte: lifegate.it

 


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