Incontro ravvicinato. Un po’ di tempo fa ho scritto un racconto intitolato “La lupa”, un memoria trasmessami da mio papà che riguardava il triste periodo della guerra. Non avrei mai immaginato di poter vivere una esperienza simile, ovviamente depurata delle differenti emozioni dovute al contesto drammatico in cui la visse il mio genitore.
di Nello Scarato
Sveglia alle cinque e preparativi di vestizione complessi per il freddo che comincia a farsi sentire, rapida colazione, e poi il primo disappunto per la macchina che non parte forse per il freddo, partenza in discesa e si va. Un fuggevole incontro con la squadra, rigorosamente con la mascherina, e un’altra partenza per la destinazione in montagna. Durante il tragitto, il panorama si presenta in tutta la sua drammaticità per il recente maltempo , che ha disseminato tutte le strade di frane e alberi sradicati; l’impegno dei valligiani della Valle Arroscia ha cercato di rimediare con fatica allo sgombero della carreggiata, al taglio degli alberi, ripristinando una buona funzionalità.
Mi fermo nel posto segnalato dove inizia il percorso all’interno del bosco e aspetto l’amico che accompagna altri cacciatori ai ‘passi’. Il percorso è segnalato ma io non lo conosco e l’amico mi accompagnerà fin dove necessario. Mi preparo con lo zaino sulla schiena, il fucile nella custodia alla spalla e mi accosto sul ciglio della strada. Il tempo passa e la giornata si schiarisce, l’alba è già un ricordo. Un forte rumore sulla cui origine non ho dubbi, segnala animali nel bosco che si avvicinano. Sono desolato. Saranno certamente cinghiali ed io sono col fucile scarico nella custodia alla spalla. Che sfiga, penso . Pochi secondi, il primo animale si presenta e si ferma a non più di quindici metri, gli altri stanno arrivando velocissimi. Sono tanti, forse una decina. Guardo la bestia. Non è un cinghiale e non è neanche un cane. Realizzo subito, ma sono secondi, che si tratta di un branco di lupi. Resto immobile. Sinceramente non ho paura , ma sono sorpreso e curioso. La bestia mi guarda negli occhi ed io rimango ancora perfettamente immobile. Qualsiasi movimento li farebbe andar via. La macchina del mio amico sta arrivando e li vede anche lui dal finestrino. Un lupo più in basso emette un suono simile ad un abbaio di cane ma più stridulo e il branco si gira e torna indietro . Tre vanno verso sinistra e il resto nella direzione di arrivo. Con l’amico commentiamo l’accaduto. Un evento sicuramente eccezionale per la quantità degli animali e per l’ora, essendo predatori abituati ad agire di notte.
Non è che non si sappia che ci sono; sono passati pochi giorni, forse proprio questo branco, ha ucciso una mucca al mio amico pastore Mirko, però vederli, e per di più di giorno è stranissimo. Deduciamo che siccome dove andiamo a fare la caccia erano stati segnalati cinghiali, è probabile che si recassero a caccia pure loro. Ma le leggi del bosco sono imprevedibili perché i cinghiali non ci sono già più. Al passo , seduto sul ‘tronetto’ di pietre, appoggiato ad un larice mi abbandono ai pensieri.
Ci sono voluti secoli di lavoro e sacrifici per sanificare il territorio di questa Valle Arroscia per permettere l’insediamento dell’uomo e delle sue attività di pastorizia, agricoltura, turismo. Il progresso in queste zone ha portato al regresso. Chiusi alberghi, attività artigianali , botteghe per cercare lavoro in città. Cessate le manutenzioni di strade e sentieri, ormai quasi esclusivamente relegate alla buona volontà dei cacciatori, i cambiamenti di clima trovano condizioni favorevoli a devastazioni di proporzioni mai viste prima.
Amo la mia Valle e soffro al ricordo di quanto fosse vivace la vita al tempo della mia gioventù . Ora anche i lupi. Meritano rispetto anche loro ma se non c’erano più era più giusto non introdurli. I cinghiali occupano le città e i lupi si avvicinano ai centri abitati. Si sa che i selvatici, se rimangono tali, non costituiscono pericoli per l’uomo, se non provocare danni economici, ma quando si abituano alla presenza umana è allora che possono diventare pericolosi.
Caro papà , come vedi , anche io ho avuto la mia avventura col lupo. Ricordo quando mi raccontavi la tua e sapevi emozionarmi e commuovermi. Ti immagino lassù che sorridi e accenni con la testa alla mia descrizione. Sono stato efficace ? Ciao.
Nello Scarato
Quel giorno soldato in Croazia (con i commiliatori uccisi)
e nella mia fuga l’incontro ‘miracoloso’ con la lupa
di Nello Scarato
La lupa. Chissà cosa direbbe Pinin, oggi che il lupo potrebbe vederlo tra poco anche davanti all’uscio di casa ! Mi ricordo le sere della mia adolescenza, in inverno attorno alla stufa scoppiettante , col fiasco di vino sul tavolo e i bicchieri sempre quasi vuoti , a sentire le storie di un passato lontano dalla bocca di quel vecchio che metteva il cuore nelle parole e faceva inumidire gli occhi.
Erano gli anni della guerra , raccontava Pinin, ed io da quasi tre anni vagavo in paesi lontani dal mio, vittima inconsapevole di volontà altrui che mi turbavano e rubavano gli anni migliori e la famiglia. Eravamo accampati nel paese di Perusic in Croazia a presidiare territori che non erano nostri, mentre i nostri nemici occupavano altri territori dai quali ci avevano cacciati via. Per via della storia del “ tappeto” ero diventato quasi famoso nel plotone e non c’era missione pericolosa nella quale non mi includessero. Come sempre, a seguito di azioni atroci su paesi quasi deserti da parte di nostri contingenti, i partigiani di Tito avevano moltiplicato gli attacchi a sorpresa a tutte le nostre postazioni. Il tenente mi convocò assieme ad altri cinque compagni e ci illustrò la situazione.
“ Soldati, siamo in mezzo all’inferno. C’è un sentiero che attraversa il bosco verso nord . Dopo questo bosco di parecchi chilometri è accampato il grosso del nostro contingente. Dovete perlustrarlo con molta attenzione. Potrebbe essere già in mano ad un gruppo partigiano con lo scopo di attaccare questo nostro accampamento. Portatevi armi leggere, baionetta in canna e bombe , provviste sufficienti per un paio di giorni. Inutile raccomandarvi che la vostra presenza deve passare il più possibile inosservata . La notte vi sistemerete in modo da controllare il sentiero. Non parlate, non accendete fuochi. Un altro plotone andrà a sud. Buona fortuna.
“Pinin “ disse il tenente”, vedi di non sparare alle ombre. Uno sparo potrebbe rivelare la vostra presenza con conseguenze che potete immaginare. Andate!”
I compagni risero ma francamente c’era poco da ridere.
Ci inoltrammo nel bosco. Era talmente fitto con alberi alti che sembrava essere quasi di notte. Non parlavamo certo per rispettare le consegne ma sicuramente non ne avevamo alcuna voglia, ciascuno immerso nei suoi pensieri.
Successe tutto in pochi attimi. Un gruppo di partigiani, forse una decina, sbucarono dalla vegetazione e si lanciarono su di noi con coltelli e baionette e senza sparare un colpo, massacrarono i miei compagni. Io, che mi ero allontanato dal gruppo per bisogni corporali, non so per quale miracolo, scappai nei folti cespugli e nella confusione non fui notato e mi allontanai il più possibile dal sentiero. Il silenzio mi circondò e nell’aria rimasero soltanto i tipici rumori della natura. Continuai ad allontanarmi dal luogo dell’attacco e anche dal sentiero con la paura di essere scoperto. Comunque cercavo di tornare indietro verso Perusic ( è un comune della Croazia ora di 3.494 abitanti della Regione della Lika e di Segna) sperando di non perdermi e poter avvisare il comando dell’accaduto.
Il terreno accidentato ostacolava il mio cammino e più volte caddi finché, con l’ultima caduta, mi ritrovai a rotolare in un avvallamento dove mi fermai dolorante e pieno di graffiature di rovi. Rimasi un momento in quella posizione con l’orecchio teso a percepire eventuali rumori annuncianti pericolo, ma il pericolo arrivò senza farsi annunciare. Quando alzai lo sguardo a pochi metri da me una lupa mi fissava mostrando un paio di centimetri di bianco dei denti. La scarica di adrenalina scatenata dalla paura dovette essere potente perché la lupa mosse lentamente un passo verso di me mostrando i canini in tutta la loro lunghezza.
Madre recente, l’animale aveva tre o quattro mammelle turgide e rosate segno di aver da poco allattato. Forse i cuccioli erano poco distanti e il senso materno spingeva quella madre ad una estrema aggressività. Cosa mi passò per la testa in quei momenti é difficile da ricordare ma, come spesso succede in casi di pericolo estremo, si diventa religiosi tutto di un colpo. Pregai la Vergine, San Francesco che mi ispirasse, lui che parlava ai lupi. Temetti che non ci sarebbe stato dialogo, così allungai la mano verso il fucile ed ebbi un’altra scarica di adrenalina. La baionetta non c’era più. Ora il fucile era puntato verso l’animale ma ero consapevole che uno sparo avrebbe comunque segnato la mia fine. “ Ti prego, vattene” sussurrai piano, non voglio far male ai tuoi piccoli. Lasciami andare. Anch’io da qualche parte ho i miei piccoli. Ti prego! La lupa mosse le orecchie in varie direzioni poi le voltò entrambi all’indietro restando almeno un minuto in quella posizione. Poi avvenne il miracolo. La lupa si voltò e senza il minimo rumore sparì nell’intrico della vegetazione. Mi alzai sicuro che la lupa non sarebbe tornata e risalii la china cercando di raggiungere il sentiero. Poi, abbandonando la prudenza, incominciai a correre. Giunsi sfinito all’ingresso del paese. Venni soccorso, il tenente e i compagni mi chiesero notizie del resto del comando. La tristezza ed il dolore ci penetrarono nei cuori e maledimmo quella guerra che nessuno voleva.
Pinin rimase in silenzio, forse trattenendo un pianto che affiorava sempre nella rievocazione di quei ricordi. Poi, come per nascondere l’imbarazzo, si soffiò il naso, prese il fiasco e si versò da bere e disse con un accenno di sorriso: “ Sai che è proprio buono questo vino. Salute!”
Nello Scarato