Proviamo a vedere se, nella gestione della crisi da Covid-19, qualche lezione, da buoni vicini di casa, ci possa venire dalla Germania, oppure no. In fondo, spererei ne esca un’immagine non troppo negativa di quel Paese dove nacqui (ad Hannover) 41 anni fa.
Primo punto: la gestione dell’aspetto medico-sanitario. A Ovada (Al), dove abito, è partito quasi subito il progetto socio-medico-sanitario “Covid a casa”, ma il puntare sulla medicina di territorio, sui medici di famiglia, forse è stato molto più marcato in Germania che non da noi. Erano più preparati? E il fatto di ospedalizzare meno ha diminuito anche il numero di decessi (forse soprattutto tra gli operatori sanitari) evitando che gli ospedali diventassero intasati focolai della malattia, ed evitando di dare ossigeno col ventilatore in terapia intensiva quando invece ai pazienti non arrivava il sangue ai polmoni (diagnosi sbagliate) ?
Il paragone tra Germania e Italia è un paragone importante perché ci consente di capire, attraverso un’analisi di quanto è avvenuto in Germania, che cosa non è andato bene in particolare nelle regioni più colpite del sistema Italia, e cercare di organizzare per evitare di trovarci impreparati nuovamente nel caso in cui ci fosse una nuova ondata del Covid-19 o eventuali altri fenomeni di epidemie o pandemie di questa portata. Gli elementi che hanno caratterizzato la maggiore preparazione sono dovuti soprattutto ad alcuni aspetti. Innanzitutto, i protocolli di prevenzione in caso di epidemie o pandemie virali come questa che ci ha colpito nell’anno in corso. La Germania ha un protocollo predisposto con aggiornamento recente, invece il protocollo predisposto dall’Italia risale solo al 2010; ricordo che secondo le indicazioni dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) gli Stati sono chiamati a dotarsi di protocolli che prevedano le procedure con cui affrontare eventuali emergenze sanitarie: la Germania lo ha aggiornato tra il 2016 e il 2018, l’Italia invece ha un protocollo che risale al 2010. Questo è già un elemento problematico. Un altro elemento sono i posti che il nostro Paese ha in terapia intensiva e rianimazione, parliamo di meno di 6mila posti in tutto il sistema sanitario nazionale, a dispetto degli oltre 28mila posti che sono presenti nel sistema sanitario tedesco. Questo è un altro elemento contraddittorio, perché vuol dire pochi investimenti in sanità, tagli ripetuti da parte del governo, perché ricordo che la spesa sanitaria viene fatta dalle regioni ma chi decide il numero di posti nei reparti ospedalieri è il governo centrale. E quindi pochi investimenti e tagli continui anche per quanto riguarda il personale, che hanno portato la nostra sanità nazionale ad avere quella inadeguatezza nel momento in cui c’era un carico sovrannumerario di ricoveri che non siamo stati in grado di gestire e abbiamo dovuto creare strutture suplettive in tempi record per cercare di sopperire ai malati in ingresso. Un altro elemento problematico è quello della medicina di territorio: purtroppo in alcune regioni, vedi Lombardia con la riforma Maroni sopravvenuta alle ottime riforme sanitarie che dal 1997 sono state messe in campo dalle giunte Formigoni, si è ridotta, diminuita e smantellata la medicina di territorio.
Questo elemento ha creato grossi problemi perché si è scelta la strada dell’ospedalizzazione dei malati Covid, che ha potato a quei problemi che abbiamo visto nelle Rsa in particolare di Regione Lombardia, perché non si è capito che i malati Covid, come anche noi come Popolo della Famiglia abbiamo detto sin dall’inizio, andavano gestiti attraverso una familiarizzazione dell’emergenza, cioè una tenuta presso le abitazioni di domicilio dove sono i malati in stanze separate naturalmente per il periodo della quarantena da contagio, e curati in quelle condizioni, a meno che non ci fossero situazioni e necessità che richiedessero interventi diversi. È chiaro che l’ospedalizzazione e la mancanza di una medicina di territorio – con strutture ambulatoriali e operatività di medici di famiglia – ben formata e ben strutturata ha creato queste complicazioni, oltre anche a delle diagnosi sbagliate, come tu hai chiesto, che naturalmente hanno creato alcuni disagi, soprattutto nella cura dei pazienti, che purtroppo hanno portato ad alcuni decessi; ma questi possono accadere tante volte anche perché il volume di violenza che ha colpito l’Italia e in particolare la Lombardia è il secondo al mondo dopo la Cina, e quindi qualche errore nella gestione iniziale è possibile comprenderlo e, come dire, ritenerlo plausibile.
Secondo punto: la gestione economica della crisi. Quali e quanti aiuti a famiglie e imprese, e quale rapporto con le istituzioni europee, in Germania rispetto all’Italia?
Innanzitutto, sono state scelte due strategie diverse. Quella tedesca è stata quella di immettere liquidità immediatamente nei conti correnti sia delle famiglie che delle imprese; in Italia invece si è scelta la strada dei crediti d’imposta, del posticipare il pagamento delle tasse o rateizzarle, del bonus a varie categorie sociali. Ecco, sono due strade completamente diverse. In Germania si è dato riconoscimento alla maternità attraverso un’indennità specifica per le mamme, si sono date indennità ai nuclei famigliari con importi di diverse migliaia di euro (non entro nel merito perché più volte ho già affrontato nello specifico i numeri del sistema tedesco); poi si è dato anche un sostegno economico alle imprese: a partire da giugno ci sarà la possibilità per le imprese con meno di 250 dipendenti e un danno pari ad almeno il 60% del fatturato annuo di poter ricevere 50mila euro al mese fino a dicembre.
In Italia così non è stato, si è scelta la strada della non liquidità, ovvero dei crediti d’imposta, che non sono soldi ma solo possibilità di ridurre il carico fiscale attraverso il riconoscimento di crediti da parte dello Stato; bonus che sono briciole sotto al tavolo, come i 600 euro alle partite Iva, che non hanno di certo dato la possibilità di tenere in piedi tante attività che stanno chiudendo i battenti e stanno rendendo sempre più fragile e debole il sistema delle piccole e medie imprese italiane, che è l’asse portante della nostra economia; e si è scelta la strategia del rimando del pagamento delle imposte, non dell’anno bianco fiscale, che avrebbe dato una grande boccata d’ossigeno, essendo il nostro Paese il paese con la più alta pressione fiscale. La strategia tedesca ha permesso di avere investimenti molto più ampi grazie anche all’avanzo della bilancia commerciale enorme che la Germania aveva e ha un deficit positivo anziché negativo, zero deficit insomma per lo stato tedesco: questi naturalmente sono elementi di bilancio che l’Italia non ha e che hanno limitato la possibilità di agire sul piano di immissione di liquidità ampia e voluminosa per il nostro Paese.
Terzo punto: la gestione della comunicazione. Quale il livello di ragionevolezza, lungimiranza, chiarezza e linearità della comunicazione intorno al virus e alle sue conseguenze? Anche qui proviamo a fare un confronto, per quanto possibile, tra Italia e Germania.
Credo che la Germania, nella figura di Angela Merkel, e a confermarlo è il dato di consenso che la stessa cancelliera ha oggi (è il primo politico europeo in termini di consensi), e la Cdu ha recuperato i consensi che aveva perso nel corso delle ultime elezioni nei principali Länder tedeschi che erano andati al voto. Angela Merkel ha parlato poco, ha parlato chiaro, ha parlato con precisione tecnico-scientifica, data anche la sua formazione professionale universitaria che la caratterizza, e quello che ha detto ha fatto. Quindi è stata coerente tra il dire e il fare.
Giuseppe Conte ha avuto una sovraesposizione mediatica, ha avuto una sovrabbondanza di attenzione sulla sua persona e ha emesso, ahimè, dichiarazioni contraddittorie. Soprattutto alcuni elementi sono stati preoccupanti, perché si annunciavano determinati interventi quando quegli interventi non erano ancora stati approvati, e anche non si rispettava quella che era una scaletta di comunicazione, per esempio negli orari delle convocazioni delle conferenze stampa, che erano elementi davvero di poca serietà e poca professionalità.
Questi elementi hanno cominciato a portare i loro effetti negativi adesso, con un calo sensibile di consensi verso la figura del Premier e il governo; non li hanno mostrati durante il periodo del lockdown perché c’è stato l’elemento calmiere della presenza del Presidente della Repubblica, che ha chiesto a tutti di abbassare i toni e di evitare confronti accesi in un periodo difficile per il Paese: questo ha garantito una stabilizzazione del consenso sulla figura del Premier e del governo. Ora che tutto il dibattito e il confronto politico è ritornato alla dinamica normale i consensi stanno calando a picco. Quindi questo conferma che non serve una classe dirigente di “scappati di casa”, ma serve classe dirigente preparata, competente e seria, e soprattutto che quando parla sa di che cosa parla e parla di cose fatte, non di cose che si dovranno fare.
Quarto punto: la gestione del reparto scuola. In Italia si torna a scuola (salvo imprevisti) a settembre. In Germania? Bambini e ragazzi tedeschi sono più fortunati dei nostri ad andare comunque a scuola anche se con regole socio-sanitarie che potranno forse in qualche modo anche traumatizzarli? O sono messi peggio i nostri, che a scuola non ci torneranno fino a settembre, a differenza di gran parte del mondo occidentale? Forse dipende anche dal contesto socio-famigliare alternativo alla frequenza scolastica “standard” (scuole parentali etc…)?
Credo che la Germania abbia fatto una scelta corretta, che è quella di non aspettare settembre, ma di procedere a utilizzare il periodo precedente le vacanze estive per sperimentare le regole di frequentazione della didattica in presenza anche durante il periodo in cui è ancora presente il virus. Questo è quello che avevamo chiesto come PdF, che alcuni Comuni del Piemonte, che la provincia di Bolzano, che alcune scuole del pratese hanno fatto intelligentemente, e che il governo con la figura del ministro Azzolina non ha acconsentito.
Purtroppo noi stiamo sprecando questi tre mesi che sono precedenti all’inizio in pieno regime delle scuole; anziché provare ad applicare dei protocolli per vedere se sono fattibili, si sta discutendo su un protocollo che ha fatto emanare il governo e che risulta essere contrastato da più parti per la sua inadeguatezza, quasi certa impraticabilità in alcune sue disposizioni e soprattutto perché non è nato da una campagna di ascolto di tutti i protagonisti della scuola, operatori tutti della scuola e famiglie, ma da una decisione calata dall’alto dal governo.
In Germania si è scelto di ritenere innanzitutto essenziale l’attività scolastica e quindi farla ripartire ancor prima di altre attività, ma soprattutto di usare questo periodo per verificare i protocolli, in modo che se alcune modifiche dovranno essere fatte, si potranno fare nella pausa estiva per ritornare a settembre con una disciplina organizzativa efficace e fatta come si deve.
Quinto punto: gestione delle libertà democratiche, a partire dalla libertà di coscienza religiosa fino alla libertà di movimento, al diritto alla privacy, al diritto dei genitori alla scelta educativa per i figli, al diritto alla salute etc…
Su questo tema voglio citare un Paese diverso, che è la Francia. La Francia ha dato una grande lezione, prima ancora che l’Italia e la Germania. C’è infatti una ordinanza del Consiglio di Stato che ha ritenuto illegittima una disposizione del governo che non consentiva la riapertura delle celebrazioni religiose con la partecipazione del popolo. Chiedendo questo ha applicato quelle che sono le disposizioni della carta costituzionale, ritenendo che il diritto alla libertà religiosa è un diritto che dev’essere garantito e non possa essere ridotto nel momento in cui tutti gli altri diritti vengono garantiti; ovvero, nel momento in cui si cessi il lockdown, non è possibile che tutti i diritti – diritto al lavoro etc… che sono i diritti costituzionali francesi come per l’Italia – siano garantiti e non quello alla libertà religiosa.
Questo è un grande elemento, è una grande ordinanza che lascia un segno importante nel cammino giuridico in Europa e che ci consente di dire che la Francia ha dato una grande lezione sia all’Italia che alla Germania. Detto questo, l’Italia ha avuto una situazione difficile nella riapertura delle funzioni religiose, anche dei cimiteri e dei funerali; debbo dire che la Cei (Conferenza episcopale italiana) si è mossa bene e il governo ha saputo, attraverso un’azione intelligente anche del Papa, agire poi di conseguenza in base anche alle indicazioni che arrivavano dagli organi ecclesiastici, in un dialogo che è stato comunque alla fine, se pur con alti e bassi, positivo. In Germania la situazione è stata gestita con molta più serenità, le funzioni religiose sono riprese più o meno in concomitanza con quelle di altri Paesi come l’Italia.
Domanda facoltativa: come modello politico, quindi anche al di là del giudizio politico sulle persone, meglio Merkel o Berlusconi?
Credo che questa domanda sia una domanda che oggi è difficile porsela perché Merkel e Berlusconi sono sulla stessa linea. Al di là di appartenere alla stessa famiglia politica europea che è il Ppe (Partito popolare europeo), ora esprimono posizioni sull’Europa e sulle politiche nazionali speculari. Quindi non c’è più quella contrapposizione che ha caratterizzato gli anni dei governi Berlusconi. Quindi credo che ci sia una differenza forse tra quello che propone la Merkel e quello che propongono governi improvvisati come quello attuale italiano. Io non sono un amante della Germania in quanto tale, non sono un fan di Angela Merkel, ma sono una persona che adora analizzare e capire la politica attraverso i numeri e attraverso i processi: se guardo i processi e guardo i numeri del percorso che ha caratterizzato la pandemia da Covid-19, posso dire che la Germania è stato il Paese che l’ha fronteggiato meglio e che sta fronteggiando meglio anche l’avvio della ricostruzione, e la Germania oggi è guidata da Angela Merkel e dalla Cdu, quindi posso dire che in questa fase quel modello sta funzionando.