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Liguria e Basso Piemonte

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I ‘Verdi’ savonesi e la Regione Liguria
Dissesto idrogeologico: la sorte di 161 progetti (1.977 ml.) I piccoli agricoltori


Interventi di “Ingegneria ambientale”contro il “dissesto idrogeologico”. Per combattere il “coronavirus”e ritornare a vivere rispettando gli equilibri ambientali. Problema Agricoltura.

di Gabriello Castellazzi

Per superare il “coronavirus” ben vengano i nuovi piani operativi di ripresa riguardanti le opere pubbliche di “ingegneria naturalistica” che, partendo dalla normativa nazionale, vengono finalmente accolti anche in Liguria e inseriti tra gli interventi prioritari della “fase due”.

Operare nei settori di tutela ambientale, per la riduzione del “rischio idrogeologico” a difesa degli abitati, è il modo migliore per ritornare a vivere in modo ecosostenibile. La Regione Liguria ha molto da recuperare nelle politiche di difesa del territorio; tanti sono, infatti, le vittime e i danni registrati negli ultimi anni. Si ricordi  il famigerato “Piano casa”(vera deregulation cementizia) e si consideri  che proprio nei giorni scorsi il Governo ha impugnato la L.R.6/2/2020 sui regolamenti di disciplina edilizia in vilazione dell’art.117 della Costituzione nei principi fondamentali in materia di governo del territorio e di tutela del paesaggio.

Tutti i Comuni liguri hanno una parte del territorio a rischio idrogeologco, con elevata pericolosità per frane e dissesti vari che condizionano la vita di tante persone . Il nostro territorio, reso più debole dalla cementificazione e dall’abbandono dei “terreni marginali”, subisce sempre più spesso i violenti attacchi delle “bombe d’acqua”.

A livello nazionale sono 7275 (91%) i Comuni a rischio per frane e alluvioni. Il 16,6% del territorio nazionale è caratterizzato da sensibile pericolosità e 7 milioni di cittadini vivono o lavorano in queste aree (dati ISPRA).

La Liguria, insieme a Campania, Toscana e Emilia Romagna, è la regione che riporta i valori più elevati di popolazione residente in aree a rischio frana e, con l’ausilio delle nuove tecnologie, si rileva ora un graduale e costante aumento degli areali instabili. In seguito agli intensi eventi alluvionali dell’autunno 2011 si sono inoltre attivate ben 1920 nuove colate torrentizie con tipologie di frana che comportano alta pericolosità per persone e cose situate sulla loro traiettoria.

Negli stessi documenti che riguardano lo studio dei “Piani di Bacino” della nostra Regione si legge: “l’indicatore non può più rappresentare una posizione positiva nel contesto dei rischi naturali, in quanto il contenimento delle aree a rischio idrogeologico per frane, perseguito negli anni scorsi attraverso l’imposizione di vincoli urbanistici su aerali di frane esistenti via via maggiormante studiate, è stato superato e messo in crisi dal consistente numero di nuove frane prodotte in breve tempo dagli eventi alluvionali. La situazione che ne deriva a scala regionale riportata da IFFI (Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia) è pertanto la seguente: circa il 14% del territorio ligure è interessato da fenomeni franosi e di questo circa il 7,3% interferisce con aree urbanizzate mettendo a rischio 530.000 persone. In provincia di Savona la pericolosità per frane (categorie P3-P4)  interessa 194 Comuni (82%) su 235 totali”.

Nella Regione Liguria sono 66 i progetti (per un ammontare di 386 milioni di Euro) riguardanti il dissesto idrogeologico, presentati al Ministero dell’Ambiente ma non ancora finanziati (dati del Rendis -Repertorio nazionale degli interventi per la difesa del suolo), e altri 95 sono inseriti nell’area “istruttorie” per un ammontare di 791 milioni di Euro: ma di questi più di due terzi non  finanziati dal Governo. Altri interventi di somma urgenza sono riconosciuti in seguito ai danni del maltempo del 22 dicembre scorso: 500 milioni per lesioni strutturali a strade comunali e provinciali, più 300 milioni inseriti nel Piano Triennale delle Opere Pubbliche.

L’Assessore Regionale all’Ambiente pochi mesi fa segnalava 140 milioni di Euro di finanziamenti per tutta la Liguria (27 milioni provenienti da Protezione Civile e Fondo di Solidarietà Europea per la messa in sicurezza) e annunciava per il 2021 altri 100 milioni finalizzati ad aumentare il livello di resilienza di territori e luoghi danneggiati. Non può sfuggire il complicato intreccio burocratico di questo settore vitale per tutti e fonte di lavoro per molti comparti produttivi.

In questo contesto è sempre utile ricordare il ruolo di riequilibrio territoriale svolto dall’agricoltura oltre alla sua funzione primaria che consente la sopravvivenza di tutti. I terreni coltivati, insieme a quelli boschivi, giocano un ruolo essenziale per stabilizzare, consolidare i versanti e trattenere le sponde dei fiumi. Un modello di sviluppo sbagliato in Italia ha fatto scomparire negli ultimi venti anni 2,6 milioni di ettari di terra coltivata (il 15% del terreno agrario) ed è invece aumentata la cementificazione di superfici vitali (dati Coldiretti).

Non ci si può permettere di perdere terreno agricolo fertile; è invece necessario favorire l’apertura di nuove aziende aiutando economicamente i giovani imprenditori. Garantire un giusto reddito agli agricoltori è indispensabile anche per riconoscere il loro ruolo di difesa ambientale.

Nel programma dei Verdi Europei si auspica un sistema in cui i fondi pubblici siano distribuiti in maniera più equa a vantaggio dei piccoli agricoltori, della produzione di cibo biologico e della vendita a km 0 al fine di avvicinare i coltivatori ai consumatori. Si dichiara che il suolo è un bene comune non rinnovabile ed è necessario quindi arrivare a vincoli precisi di contenimento del suo consumo in difesa delle superfici agricole e dell’ambiente.

Gabriello Castellazzi, Il Portavoce dei “Verdi” della Provincia di Savona,

 


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