Trucioli

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Il dibattito dopo don Farinella
Spigolando su gite scolastiche di istruzione: no a barricate e pregiudizi, si al confronto e alla discussione didattica. I costi e le famiglie


L’argomento “gite di istruzione” può essere trattato sotto diversi punti di vista, che qui proveremo a sintetizzare…La gita di istruzione pone un problema in più rispetto agli altri mezzi didattici: il problema dei costi che ricadono generalmente per intero sulle famiglie. Questo problema non può essere rimosso o ignorato con sufficienza, soprattutto nei tempi in cui viviamo che portano quotidianamente sotto i nostri occhi le conseguenze di una crisi economica che (prodotta da una globalizzazione che gli Stati nazionali non riescono ad orientare) espone numerose famiglie a difficoltà economiche di difficile soluzione….Come conciliare l’utilità formativa di una gita di istruzione (dando per scontato che la proposta formativa del singolo istituto sia stata capace di riconoscere e sottolineare tale utilità) col fatto che il costo della gita potrebbe (come spesso accade) costringere alcune famiglie a rinunciare…La scuola (in particolare i suoi organi collegiali) non può ignorare quale impatto il costo di una gita di istruzione possa avere sulla vita delle singole famiglie.

di Luigi Vassallo

  1. Cosa ne pensano fruitori e organizzatori-  
    Luigi Vassallo, docente ed ex dirigente scolastico a Finale Ligure, scriveva sul sito Ipse Dixit il 13 giugno 2008. Lascio la scuola italiana, nella quale sono entrato a 3 anni e nella quale ho ricoperto i ruoli di scolaro, studente, docente, preside e dirigente scolastico. Lascio nella consapevolezza che la mia idea di scuola è oggi in minoranza. Ho creduto a una scuola come strumento di liberazione di massa (liberazione dall’ignoranza e dai condizionamenti economici e sociali) e sento oggi che nella scuola italiana la stragrande maggioranza non vuole essere liberata perché convive bene con la schiavitù dei beni materiali, condita dalla propria ignoranza e dalla incapacità di trasformarsi da sudditi in cittadini liberi e responsabili……

    Generalmente le gite di istruzione sono vissute dagli Operatori turistici come un’occasione per ampliare legittimamente i loro guadagni, sicché, anche quando certe scolaresche creano problemi con comportamenti inappropriati, non manifesterebbero mai ostilità o indifferenza verso di esse.

        Per i Dirigenti Scolastici le gite di istruzione sono uno dei banchi di prova della loro capacità di muoversi tra le insidie della normativa per quanto attiene alla loro responsabilità personale, ad esempio per quanto riguarda la sicurezza (dei mezzi di trasporto, degli alberghi ecc.). Per i Docenti costituiscono spesso un aggravio delle loro responsabilità in materia di vigilanza (in considerazione di episodi spiacevoli, talvolta anche gravi e luttuosi, che si verificano a causa della spensieratezza degli allievi), responsabilità peraltro poco riconosciute sul piano economico.

        Per gli Studenti (di qualunque ordine di scuola) le gite sono per lo più vissute come occasioni di socializzazione anche trasgressiva, comunque al di fuori della “vita normale” a scuola: non a caso, quando gli allievi e le allieve parlano di gita di istruzione omettono la parola “istruzione” e calcano l’accento solo su “gita”.

        Per i Genitori, infine, la gita di istruzione è prevalentemente una voce che ha a che fare con i costi a carico della famiglia, una spesa che non tutti (non solo i meno abbienti) sono entusiasti di affrontare.

  2. Il senso e il significato della gita di istruzione all’interno di una strategia didattica

        Ma, se quello che abbiamo delineato sopra è il vissuto della percezione di chi lavora nella scuola o con la scuola e di chi della scuola usufruisce, qual è o quale dovrebbe essere il senso, il significato, della gita di istruzione in una strategia didattica coerente?

        Punto di partenza dei frammenti di riflessione che qui proponiamo è l’art.3 della nostra Costituzione, in particolare il 2° comma, quello che assegna alla Repubblica (e, ovviamete, alle sue articolazioni, di cui la scuola pubblica è una delle più importanti) il compito di rimuovere gli ostacoli, di natura economica o sociale, che impediscono l’effettiva partecipazione di tutti i cittadini (ovvero dei lavoratori, come recita il comma stesso) alla gestione dello Stato, in libertà, competenza e responsabilità.

        Questo comma legittima la scuola pubblica, che è chiamata a fare da antidoto a una realtà squilibrata, per cui alcuni nascono in famiglie benestanti, altri in famiglie che stentano a tirare avanti; alcuni nascono in centri urbani ricchi di stimoli, altri in paeselli isolati; alcuni nascono in famiglie che danno valore all’istruzione, altri in famiglie che se ne disinteressano; alcuni nascono in famiglie che inculcano valori coerenti con i principi di solidarietà della Costituzione, altri in famiglie che discriminano gli esseri per la pelle, la lingua, la religione; e così via.

        Nel mettere in campo le sue energie e le sue possibilità per un antidoto a queste disuguaglianze di partenza, la scuola (ogni istituto scolastico) è chiamata ad elaborare strategie didattiche coerenti con il compito affidatole dalla Costituzione e al tempo stesso compatibili (in termini di fattibilità) con le risorse effettivamente disponibili, se non vuole ridursi ad enunciare principi disattesi e a soccombere alla imperturbabilità fattuale dell’effettiva realtà.

        Risorse, ma quali? Le risorse di ogni istituto scolastico sono quelle umane (le effettive competenze professionali dei docenti e delle altre figure che interagiscono con l’attività didattica; le attese e gli atteggiamenti dei genitori nei confronti della effettiva pratica didattica; le specifiche caratteristiche degli allievi), quelle strumentali (le attrezzature di cui la scuola dispone, dotandosene nel tempo, per una didattica efficace ed efficiente rispetto agli obiettivi programmati), quelle finanziarie (cioè i soldi di cui la scuola dispone, per finanziamenti statali, contributi delle comunità locali, contributi dei genitori, contributi a vario titolo da parte del territorio). Spetta alla scuola (alle sue figure professionali e ai suoi organi collegiali) realizzare, in una programmazione didattica coerente, una sinergia tra le risorse effettivamente disponibili per il conseguimento degli obiettivi costituzionali, articolati in obiettivi concreti in grado di rispondere agli specifici bisogni formativi dello specifico territorio, nel quale il singolo istituto scolastico è inserito.

        All’interno di questo ragionamento, perciò, la gita di istruzione risulta uno dei mezzi didattici che si possono adoperare per conseguire i fini della scuola e dare concreta attuazione alla proposta formativa del singolo istituto scolastico. In questo senso, la gita di istruzione è un mezzo di apprendimento e di formazione come lo sono il libro, la lezione cattedratica, il lavoro in gruppi, la ricerca su internet o su documenti cartacei, l’uso della lavagna di ardesia col gesso o l’uso della lavagna tecnologica moderna ecc. Ognuno di questi, o ognuno di altri mezzi didattici che si possano immaginare o mettere in campo, non può essere considerato come assoluto, perché non è un fine, ma deve essere valutato nella sua concreta efficacia, rispetto ad alunni in carne ed ossa e non rispetto a un’idea astratta di alunno, per conseguire effettivamente gli obiettivi didattici programmati e proclamati.

        Da un punto di vista teorico, se è vero che la formazione completa degli allievi richiede il conseguimento di obiettivi di sapere (cioè l’acquisizione di conoscenze irrinunciabili), di saper fare (cioè l’approdo alla capacità di utilizzare anche in contesti non usuali le conoscenze già acquisite) e di saper essere (cioè la capacità di comportarsi responsabilmente senza la necessità di una vigilanza continua da parte di docenti-poliziotti, in modo da convivere bene con se stessi, con gli altri e con le istituzioni), se, dunque, è vero tutto questo, allora non si tratta di individuare il mezzo didattico da privilegiare, bensì si tratta di utilizzare consapevolmente e responsabilmente tutti i mezzi disponibili per conseguire effettivamente i fini.

        E, quindi, nel decidere su una gita di istruzione (come su qualsiasi altro mezzo didattico) la scuola deve rispondere alla domanda: quanto può incidere sulla formazione desiderata degli allievi questa specifica gita d’istruzione? Qual è, nello specifico, il rapporto tra costi (finanziari e organizzativi) e benefici ?

  3. Il problema dei costi di una gita di istruzione

        Tuttavia, la gita di istruzione pone un problema in più rispetto agli altri mezzi didattici: il problema dei costi che ricadono generalmente per intero sulle famiglie. Questo problema non può essere rimosso o ignorato con sufficienza, soprattutto nei tempi in cui viviamo che portano quotidianamente sotto i nostri occhi le conseguenze di una crisi economica che (prodotta da una globalizzazione che gli Stati nazionali non riescono ad orientare) espone numerose famiglie a difficoltà economiche di difficile soluzione.

        Come conciliare l’utilità formativa di una gita di istruzione (dando per scontato che la proposta formativa del singolo istituto sia stata capace di riconoscere e sottolineare tale utilità) col fatto che il costo della gita potrebbe (come spesso accade) costringere alcune famiglie a rinunciare, magari giustificando l’assenza del figlio con improbabili motivi di salute?

        Una proposta formativa coerente con i fini generali della Costituzione e con gli obiettivi specifici in risposta alle esigenze formative degli allievi e del territorio, deve farsi carico della compatibilità tra risorse messe in campo (umane, strumentali e finanziarie) e obiettivi da conseguire. La valutazione di questa compatibilità non riguarda solo il modo di fare lezione quotidianamente, che non può prescindere, se vuole essere efficace, da una valutazione dei prerequisiti cognitivi e relazionali degli allievi (altrimenti la lezione, per quanto bella, resta sterile), ma deve riguardare anche i mezzi didattici che vengono utilizzati solo occasionalmente, come, ad esempio, le gite di istruzione.

        In altre parole, la scuola (in particolare i suoi organi collegiali) non può ignorare quale impatto il costo di una gita di istruzione possa avere sulla vita delle singole famiglie. E allora?

    So bene che è troppo facile mettersi a dare consigli agli altri, quando si è “fuori dalla mischia”: ho lasciato la direzione di una scuola più di 10 anni fa e non aspiro, per citare De André, a dare buoni consigli, ora che non posso più dare il cattivo esempio. E tuttavia credo che non sia presunzione consigliare di soffermarsi su queste poche considerazioni: è proprio necessario, ai fini di obiettivi di conoscenza e di sviluppo di capacità relazionali (ovvero di socializzazione) degli allievi, quella particolare meta per una gita di istruzione? È possibile, almeno qualche volta, sostituire a un’esperienza fisica di gita di istruzione costosa un’esperienza virtuale con l’utilizzo delle tecnologie delle singole scuole? È possibile optare per mete o periodi dell’anno in cui non scattino costi da alta stagione? E, soprattutto, quali possibilità di decisione l’autonomia scolastica offre alle scuole per sostenere, in ossequio alla Costituzione, i capaci e meritevoli, quando manchino dei mezzi economici per fruire delle stesse opportunità di chi quei mezzi li ha? Penso, ad esempio, a quote delle risorse finanziarie destinate a sostenere economicamente la partecipazione alle gite di istruzione (se ritenute indispensabili sul piano formativo) di allievi capaci e meritevoli, non in grado di sostenere in tutto o in parte il costo di partecipazione.

  4. Per concludere –
    Non pretendo di aver convinto nessuno con le mie spigolature. Credo, però, che la questione meriti una riflessione e, magari, un dibattito aperto, che eviti barricate tra opposti pregiudizi, del tipo “irrinunciabilità della gita di istruzione” o “inutilità di qualsiasi gita di istruzione”.

        In fondo, in un mondo che cambia vorticosamente mandando in soffitta o in frantumi modelli di riferimento, si può auspicare che le donne e gli uomini di scuola comincino o ricomincino a discutere di didattica (al limite, anche accapigliandosi) per sottrarsi al rischio della standardizzazione burocratica della loro professione e alla dittatura deresponsabilizzante del “si fa così, perché si è sempre fatto così”.

    Luigi Vassallo



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