Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Liguria e Piemonte tra alluvioni e frane
Il serbatoio elettorale dei candidati
con Ferrovie, strade e sanità mercificate
Esempi clamorosi taciuti e disinformazione


Purtroppo, da circa un mese, il nostro bel Paese è stretto nella morsa del maltempo, con notevoli danni, dovuti al dissesto idrogeologico di un sistema già di per sé fragile e la cui fragilità è stata ulteriormente aumentata con il dissennato agire o con il non far nulla da parte dell’uomo.

Non passa giorno senza ascoltare l’annuncio di un ponte crollato, di una via di comunicazione interrotta da una frana o di un’alluvione ai danni delle nostre preziose terre agricole. Si passa da un’emergenza all’altra e, spesso ci si fa soverchiare da un evento avverso senza aver rimediato ai danni di quello precedente. Se è verissimo che il maltempo di quest’ultimo periodo sia stato di portata eccezionale, è altrettanto vero che, se non completamente evitati, i danni sarebbero potuti essere fortemente limitati.

Infatti, abbiamo avuto un lungo periodo di siccità, durante il quale si sarebbe potuto tranquillamente provvedere alla pulizia dei corsi d’acqua di qualsiasi calibro essi fossero: dal modesto rio di campagna al grande fiume, ma, per inerzia o per farisaicamente addotta mancanza di fondi, gli alvei sono rimasti ingombri, financo di alberi cresciuti in mezzeria. La scellerata opera di restringimento degli alvei stessi, specie se accompagnata da interramenti di lunghe sezioni di corsi d’acqua, al solo scopo di trarre profitto con l’edificazione selvaggia, non abbisogna di ulteriore presentazione, tanto che è sotto gli occhi di tutti l’impiego come superstrada di una parte di quello che, un tempo, era il canale diversivo dell’Ombrone, canale, in altre parti, addirittura tombato, o che i tempi per la realizzazione del canale scolmatore del Bisagno siano molto lunghi, ancorché non confrontabili con quelli biblici.

Parimenti, lo spopolamento delle campagne o la noncuranza da parte di alcuni proprietari impedisce una corretta regimazione delle acque superficiali in appositi canali, che, se correttamente realizzati, avrebbero potuto quantomeno limitare i danni.

Circa le vie di comunicazione, si entra in massima fibrillazione allorquando siano interrotti percorsi sulla viabilità ordinaria, mentre, se ad essere interrotta è una ferrovia, a meno che non si tratti di direttrici fondamentali a livello Nazionale, se non addirittura internazionale, la faccenda passa in second’ordine. I collegamenti stradali tra il Piemonte e la Liguria, specie quelli che riguardano Savona e Genova, sono quanto mai precari: sono, infatti, a tutti note le vicende dei viadotti autostradali, della Statale del Cadibona e di quella del Turchino, ma, in un clima politico quasi completamente asservito al mondo della gomma, nella quale questo o quel candidato cerca e coltiva il proprio serbatoio elettorale, non si pensa affatto ad utilizzare appieno le ferrovie rimaste pervie ed a ripristinare nel più breve tempo possibile quelle che, sfortunatamente, abbiano subito danni. Anzi, da tempo immemorabile, si fa proprio il contrario: tra Airasca e Saluzzo, i lavori di manutenzione del 1986 terminarono proprio qualche giorno prima della chiusura, pur attraversando la linea un importante distretto industriale, mentre, quando, nel 1994, la nota terribile alluvione, distrusse la tratta compresa tra Bra e Ceva, furono stanziati ben trentaquattro milioni di euro (in allora, sessantotto miliardi di lire) appositamente per le necessarie manutenzioni alla ferrovia, operazioni che non furono mai eseguite e fu colta l’ennesima occasione per cancellare una tratta ferroviaria, passata dal ruolo di porzione del primo storico collegamento tra Torino e Savona a semplice raccordo, per di più deelettrificato, tra Bra e Narzole.

A tutto questo, si aggiunga che, a breve, da Vado Ligure, originerà un considerevole traffico merci, che si pensa di effettuare con quegli autocarri popolarmente conosciuti come TIR, quando, invero i TIR dovrebbero essere cosa rarissima, trattandosi di Transports Internationaux Routiers, ovvero trasporti internazionali su strada e la strada è quanto di meno indicato per effettuare trasporti a lunga percorrenza.

Sul fronte viaggiatori, timidamente e solo grazie ad accordi tra Amministratori Regionali e personale dell’Amministrazione Ferroviaria, inopinatamente trasformata in impresa di Diritto privato, si è ottenuto il rinforzo delle composizioni e l’inserimento di treni supplementari, ancorché su base di criteri di difficile comprensibilità. È bensì vero che, in altre epoche, le stesse Ferrovie, operanti secondo criteri istituzionali e non aziendali, provvedevano autonomamente a modificare l’orario, in maniera tale da alleviare il più possibile i disagi all’utenza. Oggi, invece, a maggior ragione su linee complementari, si programmano solo treni locali con fermata in tutte le località, penalizzando il traffico su distanze più lunghe e, sul percorso Savona – Torino, che risente degli effetti deleteri derivanti sia dalla regionalizzazione che dalla regressione della linea al rango di complementare, sono pochissimi i servizi che consentano di muoversi agevolmente tra i capilinea e tra i centri più importanti lungo il percorso: sovente, i viaggiatori debbono sobbarcarsi la rottura di carico a Fossano od a San Giuseppe di Cairo.

Viene da domandarsi anche se, da parte di certi soggetti, non vi sia un certo timore che l’utenza, una volta scoperto il vantaggio di viaggiare con un mezzo sicuro, veloce, ecologico ed economico come il treno, cessata l’emergenza, non torni più a viaggiare su strada. Aggiungiamo ancora che, oltre alla dissennata programmazione degli orari, è stata proprio la mancanza di manutenzione, a portare dapprima a sostituire i treni con autoservizi e, incancrenitasi la situazione, a sospendere l’esercizio su direttrici utili tanto per i viaggiatori, quanto per le merci, come, ad esempio, in Piemonte, le gallerie Brozolo, Ghersi ed Ozzano od a penalizzare il servizio, come, ad esempio, in Liguria, a Mele, dove una frana giace dall’ormai lontano autunno 2000.

I SERVIZI SANITARI – Occorre ora focalizzarsi su un altro aspetto, certamente non meno importante: i servizi sanitari. Purtroppo, in nome di una razionalizzazione dal punto di vista dell’efficienza, si è perso considerevolmente in efficacia, la quale, come noto, in Sanità, ha la priorità assoluta, essendo da proscrivere ogni mercificazione dei Pazienti e dei loro bisogni di salute. Avere depauperato di risorse, di Reparti e di servizi gli Ospedali minori, quando non sono stati addirittura chiusi, ha portato a situazioni quanto mai incresciose, poiché, con vie di comunicazione impraticabili e nell’impossibilità di procedere con il trasporto aereo mediante elicotteri, molti Pazienti in gravissime condizioni o con urgenze indifferibili sono stati trattati solo grazie all’abnegazione ed alle capacità professionali del personale sanitario, di cui, fortunatamente, fanno ancora parte persone impegnate a prestare il proprio servizio in scienza e coscienza, talora anche oltre l’orario nominale e con i pochi mezzi messi a disposizione da un’Amministrazione volta più ad ottimizzare i costi che non a servire Pazienti.

In queste situazioni, occorre anche e soprattutto pensare alla salute di quanti si adoperano per porre fine all’emergenza: trattasi di personale proveniente dall’esterno, ma anche già presente sul posto, quando non semplici Cittadini, che, nella loro proprietà o, per spirito di solidarietà, in quella altrui o su suolo pubblico, lavorano, esponendosi a rischi non indifferenti, che potrebbero portare a conseguenze anche gravi, per le quali occorre, se non la possibilità di rimedio integrale, almeno l’opportunità di stabilizzazione fino a quando non sia disponibile un servizio di trasporto. Superfluo osservare che il trasporto dovrebbe avvenire verso l’Ospedale più attrezzato a minore distanza e non già ostinarsi ad andare verso quello compreso nel territorio della stessa Regione.

Roberto Borri

 

 

 


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