Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Storie di migranti nel ponente ligure di città e paesi. Da Cisano sul Neva in Thailandia tornando carichi di onori. Le 70 famiglie a St. Tropez e 50 di Oneglia per ripopolare Biot


L’associazione italiana insegnanti di geografia, sezione Liguria, ha pubblicato gli atti  (241 pagine) del 57° convegno nazionale che si è svolto a Sanremo nel 2014, dal 25 settembre al 1° ottobre. Titolo:’ La Liguria i caratteri di un sistema  regionale aperto ‘. Introduzione Giuseppe Garibaldi, imperiese, presidente AIIG-Liguria. Sette tappe percorse dagli studiosi, dal mare alla montagna, con significativi riconoscimenti e ‘scoperte’ spesso inedite. E’ il caso originale del centro storico di Bajardo (Im) o la storia migratoria Cisano Sul Neva. Una ricostruzione documentata della Liguria attraverso millenni, secoli, fino ai nostri giorni. Emigrazione e immigrazione offrono un autentico ‘vademecum’ che tutti dovremmo leggere. Come si è formato il territorio, le sue bellezze uniche al mondo. Dalla formazione di montagne, a valli, ai corsi d’acqua, al ‘suolo’ del Mar Ligure e la sua costa. Le aree a rischio terremoti e dissesto idrogeologico. Un lavoro di informazione, anche critico (vedi distruzione conseguenze ambientale), interessante e da scoprire. Da testo scolastico per tutti i nostri alunni. (Vedi…..)

Giuseppe Garibaldi presidente AIIG Liguria al centro della foto

E’ opportuno precisare che, in alcuni casi, si è trattato di vere migrazioni di gruppo, spesso sollecitate da interventi pubblici, come fu per lo spostamento nel xv° secolo di circa 50 famiglie della zona di Oneglia (Imperia) per ripopolare Biot, piccola località oltre Varo nel retroterra di Antibes, o per il trasferimento nel 1470 di 70 famiglie liguri a St-Tropez, per iniziarne la ricostruzione, dopo l’abbandono provocato dalla guerra civile tra i Durazzo e gli Angiò per il possesso della Provenza.

In molti altri casi le migrazioni furono di singoli individui o di piccoli gruppi di persone originarie dello stesso paese o di borghi vicini. E, senza andar troppo lontano, si potrebbero ricordare i numerosi esempi di comuni del Ponente della nostra Riviera (in particolare, tra Sanremo e Santo Stefano al Mare), da cui in passato, già dalla fine del Seicento, partirono dei giovani per lavoro verso Tolone e Marsiglia, dando vita a poco a poco a “colonie” liguri in quelle città. Parecchie famiglie allargate avevano in pratica alcuni membri residenti in borghi del Ponente e altri in località della Provenza ed esercitavano prevalentemente il commercio marittimo di cabotaggio.

Spostamenti di piccoli gruppi, che in genere poi rientravano nei borghi d’origine, sono ben documentati dalla prima metà del XXVIII° secolo. Un atto del 1741, conservato nell’Archivio della Curia vescovile di Albenga, che riporta il verbale dell’interrogatorio fatto ad alcuni giovani di Cipressa dal parroco locale per sapere che cosa avessero fatto nei lunghi periodi passati all’estero, ci illumina su un altro aspetto degli spostamenti di singole persone, che spesso percorrevano lunghi tragitti in paesi lontani, arrivando fino a Parigi, in Normandia e nelle Fiandre per puro spirito di avventura, salvo rientrare – a volte dopo anni di peregrinazioni – per accasarsi in paese. Il fenomeno è noto per altre aree della Liguria, e riguarda individui che si facevano passare per scampati a un naufragio, o fuggiti dalla schiavitù, oppure giravano facendo i cantastorie e simili, in ogni caso vivendo di carità pubblica o quasi.7
Nel Settecento, pur mancando dati numerici precisi, è noto il trasferimento di molti Liguri in Sudamerica, in particolare nell’area del Rio de la Plata, dove li troviamo sia a Buenos Aires (città che nei primi decenni di quel secolo cominciava a svilupparsi) sia nella fondazione (1726) di Montevideo. Provenienti in buona parte da Cadice, dove esisteva da tempo un’importante comunità ligure, per motivi di commercio essi raggiunsero diversi centri portuali sudamericani, in alcuni casi restandovi in altri rientrando poi in Spagna. Quello che importa osservare è che in queste antiche forme di migrazione,
durate fino a poco oltre la metà del xix° secolo, prevaleva il carattere elitario, diversamente da quanto avvenuto in seguito. Si trattava, cioè, di emigranti per scelta, curiosi, intraprendenti, prevalentemente commercianti e marinai, in seguito anche intellettuali (non di rado esuli politici). I primi avevano imparato a navigare anche sui grandi fiumi e con le loro imbarcazioni diedero vita a vivaci scambi commerciali tra l’area platense e l’Europa; i secondi, sia nel periodo napoleonico e con l’annessione della Liguria al regno di Sardegna, ma soprattutto dopo i falliti moti risorgimentali del 1821-31, trovarono lavoro come liberi professionisti (anche in Brasile e in altre plaghe del subcontinente), nella scuola e nelle università, e parteciparono alla costruzione dei nuovi stati che proprio nella prima metà dell’Ottocento si staccarono via via dalla dipendenza dalla Spagna.

Tra i trasferimenti definitivi in Francia si possono citare quelli di molti boscaioli dell’area montana posta all’interno della costa tra Savona e Voltri (Genova) che, andati a lavorare in Francia per abbattere alberi da cui ottenere le traversine per molte nuove linee ferroviarie, si stabilirono poi in maniera definitiva nei luoghi di lavoro, ma mantennero per qualche generazione regolari legami familiari, oggi spesso ritrovati – dopo quasi un secolo e mezzo – grazie a Internet.

Naturalmente anche dal Ponente ligure vi furono, pur se meno intense, le migrazioni verso le Americhe: ne è una prova indiretta la nascita in Argentina di un centro abitato, ora comune nella provincia di Santa Fe, che è denominato dal principale cognome di Briga Marittima, Lanteri, i cui “fondatori” (quattro fratelli Lanteri, appunto) circa un secolo fa erano già da tempo residenti in Argentina e proprietari terrieri. Ma, in sostanza, il grosso degli spostamenti dai comuni ponentini è avvenuto verso la vicina Francia e, in particolare, verso la Provenza, come mostrano anche i risultati d’una ricerca relativa a tre comuni della valle Arroscia.

In altri casi, come a Cisano sul Neva (nell’Albenganese), le tipologie dei movimenti migratori appaiono di tre generi diversi: a causa della crisi economica resa più acuta da disastri ambientali (la peste del 1842,
l’alluvione del 1886, il terremoto del 1887) assistiamo a migrazioni stagionali verso la Francia meridionale (soprattutto nei dintorni di Marsiglia e in Camargue) e permanenti, verso l’Argentina (Buenos Aires, Olavarria e Tandil [entrambe importanti città della provincia della Capitale], Bahia Blanca), mentre fu lo spirito di avventura a spingere alcuni abitanti del paese a trasferirsi in Thailandia, da cui torneranno in vecchiaia carichi di onori.

Il miglioramento dell’economia rivierasca, con lo sviluppo delle nuove attività agricole e del turismo, fece diminuire – nel periodo tra le due guerre mondiali – le emigrazioni: vi contribuirono la progressiva diminuzione dell’incremento naturale della popolazione (positivo, peraltro, fino agli anni 60 del Novecento) e le difficoltà burocratiche all’espatrio, salvo che verso le “colonie” africane.
Nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale le migrazioni verso l’estero ripresero in notevole misura, e interessarono anche la Liguria. Alla fine degli Anni 50, quando la destinazione extraeuropea rappresentava il 30% degli espatri, dalla Liguria partirono per tali aree nel solo 1957 ben 1.472 persone (e contemporaneamente vi furono 1.034 rientri), mentre un quindicennio dopo (dati 1972) il movimento verso aree non europee (ridottosi, a livello nazionale, al 20% del totale degli espatri) era sceso a 420
unità (con 782 rientri); più consistenti gli spostamenti verso gli stati europei (nel 1957, con preferenza verso Svizzera e Francia; nel 1972, verso Svizzera e Germania).

Un altro quindicennio dopo, nel 1987, quando la componente extraeuropea era risalita di qualche
punto, il movimento migratorio dalla nostra regione verso tali aree era in sostanziale pareggio (418 espatri, 438 rientri), mentre quello verso l’Europa vedeva la prevalenza delle partenze (523 a 372).
Anche in seguito, e indipendentemente dalla situazione economica.

Gli stranieri, in gran parte immigrati recenti (fino al 2014), sono intorno al 7,5% del totale dei residenti nelle tre province più orientali, si avvicinano al 10% (esattamente 9,6%) in quella di Imperia, dove si trovano sette degli otto comuni con la maggiore percentuale di stranieri sul totale dei 235 comuni liguri; ma qui va precisato che questi valori elevati (il massimo è quello di Airole, con il 31,4% di stranieri)20 sono legati anche alla presenza di piccole “colonie” di Europei agiati, che negli ultimi decenni hanno acquistato vecchie case contadine riattandole e vivendoci in gran parte dell’anno. Ad Airole, ad
esempio, viene da paesi europei “ricchi” l’87% dei residenti stranieri, a Dolcedo il 40%, ma in altri comuni gli stranieri provengono quasi esclusivamente da paesi di emigrazione per lavoro: a Pietrabruna, in collina, c’è un bel nucleo di Turchi (59% di tutti gli immigrati), a Vessàlico prevalgono Marocchini, Albanesi e Romeni (i tre gruppi: 71,6% degli immigrati), a Chiusavecchia Albanesi, Tunisini e Turchi costituiscono i tre quarti degli immigrati. Dato che in gran parte si tratta di giovani, Chiusavecchia si posiziona da qualche tempo al primo posto nella provincia d’Imperia per l’indice di vecchiaia più basso (valore 128, oltre 100 punti in meno rispetto alla media provinciale di 229,8).
Ma tutti questi risultati, un po’ sorprendenti, sono possibili perché ci troviamo di fronte a piccole comunità,dove basta poco per cambiare una situazione: si pensi che Vessàlico ha appena 287 abitanti, Airole, Chiusavecchia e Pietrabruna sono sui 500, solo Dolcedo si avvicina ai 1.500. Ben diversa sarebbe la situazione in comunità più grandi, anche se fanno in ogni caso impressione le percentuali
di stranieri residenti ad Imperia (11,4%) e a Diano Marina (11,7%).


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