Trucioli

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Il Papa “meticcio” amico dell’Africa


Il “Messaggio del Santo Padre Francesco per la giornata del migrante e del rifugiato 2018” è stata l’ennesima occasione per chi è sordo per non sentire; ormai non ci faccio quasi più caso alle mistificazioni che accompagnano sistematicamente ogni gesto e affermazione di papa Francesco. Del resto, sono tutte occasioni propizie per ricevere lume dal Vicario di Cristo: basta avere la pazienza (e il piacere!) di ascoltarlo. Di ritorno dalla Colombia, il Papa sudamericano si è messo a disposizione dei giornalisti per la consueta intervista in aereo. Per l’Italia, Fausto Gasparroni, vaticanista dell’Ansa, gli ha posto un’articolata domanda sul tema scottante dell’immigrazione. «Santità, a nome del gruppo italiano voglio farle una domanda sulla questione “migranti”; in particolare sul fatto che recentemente la Chiesa italiana ha espresso, diciamo così, una sorta di comprensione verso la nuova politica del governo di restringere sulla questione delle partenze dalla Libia e quindi degli sbarchi. Si è scritto anche che su questo c’è stato un suo incontro con il Presidente del Consiglio Gentiloni. Ecco, vorremmo sapere se effettivamente in questo incontro si è parlato di questo tema, se c’è stato questo incontro e si è trattato questo tema, e soprattutto che cosa pensa lei, appunto, di questa politica di chiusura delle partenze, considerando anche il fatto che poi i migranti che restano in Libia, com’è stato anche documentato da inchieste, vivono in condizioni disumane, in condizioni molto ma molto precarie. Grazie». La risposta di Papa Francesco: «Prima di tutto, l’incontro col ministro Gentiloni è stato un incontro personale, e non su questo argomento, ed è stato prima di questo problema; [il problema] è usci..è venuto fuori alcune settimane dopo, ma quasi un mese. È prima del problema [l’incontro con Gentiloni]. Secondo, io sento il dovere di gratitudine per l’Italia e la Grecia perché hanno aperto il cuore, hanno aperto il cuore ai migranti. Ma non basta con l’aprire il cuore; il problema dei migranti è prima un cuore aperto, sempre, anche è un comandamento di Dio riceverli, “perché tu sei stato schiavo, migrante in Egitto”, dice la Bibbia. Ma un governo deve gestire questo problema con la virtù propria del governante, cioè la prudenza. Cosa significa? Primo: quanti posti ho? Secondo: non solo riceverli; integrarli. Integrarli. Io ho visto esempi, qui in Italia, di integrazione bellissima, no? Quando sono andato alla università Roma Tre, mi hanno fatto domande quattro studenti; una, che era l’ultima, mi ha fatto una domanda, io la guardavo…ma questa faccia la conosco: era una che meno di un anno prima è venuta da Lesbo con me nell’aereo, ha imparato la lingua, studiava biologia nella sua patria, ha fatto l’equiparazione e ha continuato, ha imparato la lingua…Questo si chiama integrare. In un altro volo, io, quando tornavamo dalla Svezia credo, ho parlato della politica dell’integrazione della Svezia come modello; ma anche la Svezia ha detto “con prudenza, il numero è questo, più non posso”, perché c’è il pericolo della non integrazione. Terzo, c’è un problema umanitario, quello che lei diceva; l’umanità prende coscienza di questi lager lì? Le condizioni delle quali lei parlava…in deserto…io ho visto delle fotografie…Primo, gli sfruttatori, no?…Io credo che – lei parlava del governo italiano – mi dà l’impressione che sta facendo del tutto per lavori umanitari di risolvere anche problema che non può assumere. Ma…cuore sempre aperto, prudenza, integrazione e vicinanza umanitaria. E c’è un’ultima cosa che, questo voglio dirlo, vale per l’Africa soprattutto, no? C’è nell’incosciente collettivo nostro un motto, un principio: “Africa va sfruttata”. Oggi a Cartagena abbiamo visto un esempio della sfruttazione umana in quel caso. E un capo di governo su questo ha detto una bella verità: quelli che fuggono dalla guerra è un altro problema; ma tanti che fuggono dalla fame, facciamo investimenti lì, perché crescano; ma nell’incosciente collettivo c’è che ogni volta che tanti paesi sviluppati vanno in Africa è per sfruttare; e dobbiamo fare capovolgere questo: l’Africa è amica e va aiutata a crescere. Poi gli altri problemi di guerre vanno per altre parti…non so se con questo ho chiarito…».

“Incosciente collettivo”. Non so se il Papa lo fa apposta, ma penso proprio che lo Spirito Santo si diverta un sacco ad ispirargli queste espressioni ad effetto. Se avesse detto correttamente “inconscio collettivo”, alla Jung, non avrebbe reso neanche la metà. E soprattutto ci avrebbe largamente deresponsabilizzato. Eppure c’è chi continua ad idolatrare l’Occidente scambiando per “terzomondismo”, “vittimismo”, “meaculpismo”…tutto ciò che semplicemente ricorda all’Occidente che con l’arroganza non si va da nessunissima parte. Per fortuna il Papa non è infetto da occidentalismo! Non per niente la Chiesa è universale, non occidentale; e, grazie a Dio, la nostra religione è il Cristianesimo non l’Occidentalesimo. E il Cristianesimo, come non si stanca di ripetere il Pontefice, ci tiene all’identità, all’integrità e alla stabilità dei popoli e delle nazioni, pur sempre nell’unica famiglia umana. Che poi un Papa sudamericano non tema il meticciato non dovrebbe stupire più di tanto; e le popolazioni precolombiane in quanto a violenza, sacrifici umani e quant’altro non scherzavano mica! Non preoccupiamoci troppo dell’”invasione islamica”; sarà la Gospa, con l’aiuto dei suoi apostoli dell’amore, ad “invadere” i cuori conquistandoli a suo Figlio, e ci sarà il tempo di pace. Sbrighiamoci piuttosto a farci suoi apostoli, di Lei che disse una volta che la persona più buona di Medjugorje era una vecchia musulmana. Cominciamo, chessò, col digiuno a pane e acqua che ci chiede la Madonna: oltre ad affinare il palato spirituale ricordandoci che non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio, saremmo anche più solidali con e sensibilizzati verso gli ultimi della Terra. Eppoi, niente paura, l’Oriente cristiano stringe la mano al “poverello d’Assisi”: “povertà e tribolazione sono alimenti che danno leggerezza alla preghiera” (S.Evagrio Pontico). Stiamo in “perfetta letizia”, solidali con gli ultimi della Terra: ce lo insegnano, disarmati, Francesco frate e Francesco papa. E se, certo, come sempre il Papa ci ha detto, “l’ingiusto aggressore ha il diritto di essere fermato”, cerchiamo di capire che spesso lo “straniero”, anche il musulmano, è più aggredito che aggressore; e che spesso il “connazionale”, anche il cristiano (il battesimo imprime un carattere indelebile, al di là di ogni possibile nefandezza compiuta), è più aggressore che aggredito.

GianlucaValpondi

 


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