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Ricci e il Gabibbo: la Cassazione rinvia in Appello il processo per “plagio evolutivo”


Nuovo capitolo del caso Big Red vs. Gabibbo: la Cassazione ha rinviato il processo in Corte d’Appello. Chi ha vinto? Gli americani proclamano a gran voce la natura plagiara del Gabibbo, mentre “Striscia” ironizza, minimizza e minaccia querele. In mezzo i legali di Big Red che ricollocano la vicenda nell’iter tipico di una decisione di legittimità che detta i principi cui la Corte d’Appello dovrà uniformarsi.

Partiamo dai fatti. Ralph Carey, ideatore e progettista nel 1979 del Pupazzo Big Red, cita RTI e altri dinanzi al Tribunale di Milano chiedendo l’accertamento del plagio del Big Red da parte dei creatori del pupazzo Gabibbo a decorrere dal 1990. In via subordinata l’attore chiede l’accertamento dell’elaborazione creativa non autorizzata, con condanna al risarcimento dei danni. Come è noto, il Tribunale con sentenza n. 4145/2012 accerta che il Gabibbo costituisce plagio evolutivo del Big Red. Successivamente la Corte d’Appello di Milano con sentenza n. 525/2014 riforma la sentenza di primo grado e ritiene insussistente sia il plagio “inteso come pedissequa riproduzione dell’opera originaria”, sia il cosidetto plagio evolutivo, inteso come “l’abusiva e non autorizzata rielaborazione” dell’opera.

Ralph Carey ricorre, dunque, in Cassazione. I motivi principali: l’erroneità dell’esclusione del plagio semplice e della contraffazione; l’erroneità dell’esclusione del plagio evolutivo; l’omesso esame dell’intervista “confessoria” dell’inventore del Gabibbo. Il primo motivo è rigettato dalla Cassazione in quanto già adeguatamente affrontato in appello. La Cassazione accoglie invece gli altri due motivi. Con riferimento al plagio evolutivo, la censura della Cassazione si rivolge dunque a quella parte della sentenza di appello che motiva l’esclusione del plagio evolutivo con l’originalità del Gabibbo (“un grediente di originalità creativa tale da farne comunque un’opera differente”). No – afferma la Cassazione – non è l’originalità dell’opera derivata ad escludere il plagio evolutivo, ma la non abusività della rielaborazione dell’opera precedente.

Con riferimento all’omesso esame dell’intervista dell’inventore del Gabibbo, tale omissione per la Cassazione configura un mancato esame di un fatto “certamente decisivo per la controversia” (questa la ricostruzione della Cassazione: “Ricci aveva, infatti, dichiarato a Novella 2000 – in un’intervista del 16 febbraio 1991 – di avere ‘adottato’ Big Red, ‘povero diavolo che faceva la mascotte in una squadra di basket del Kentucky’, facendolo diventare un divo della televisione e della canzone. Ed alla domanda di Novella 2000: “così l’hai importato?”, Ricci rispondeva: “Sì Big Red è diventato Gabibbo”).

La Corte d’Appello di Milano, nell’attività di riesame della controversia, dovrà a questo punto tener conto dei seguenti principi di diritto enunciati nell’ordinanza di rinvio:

“In tema di diritto d’autore, la fattispecie del plagio di un’opera altrui non è data soltanto dal “plagio semplice o mero plagio” e dalla “contraffazione” dell’opera tutelata ma anche dal cosiddetto “plagio evolutivo”, che costituisce un’ipotesi più complessa del fenomeno plagiario in quanto integra una distinzione solo formale delle opere comparate, sicché la nuova, per quanto non sia pedissequamente imitativa o riproduttiva dell’originaria, per il tratto sostanzialmente rielaborativo dell’intervento eseguito su quest’ultima, si traduce non già in un’opera originale ed individuale, per quanto ispirata da quella preesistente, ma nell’abusiva e non autorizzata rielaborazione di quest’ultima, compiuta in violazione degli artt. 4 e 18 della legge n. 633 del 1941”.

“In tema di prove, la confessione stragiudiziale è diretta a veicolare nel processo un fatto storico dubbio, in riferimento al quale la dichiarazione del confitente è destinata a fare chiarezza, sicché essa va valutata dal giudice di merito ai fini dell’accertamento del cosiddetto “plagio evolutivo”.

Diceva Francesco Carnelutti che le parole sono pietre e allora saltano evidenti imprecisioni della vulgata mediatica della vicenda. Intanto non esiste un ricorso “principale” respinto come gli avvocati sanno, in Cassazione il ricorso è unico e all’interno ci sono più motivi, è sufficiente che la Cassazione ne accolga uno per cassare la sentenza di appello in relazione a quel motivo. E qui ne ha accolti tre.

Poi affermare che la Cassazione ha escluso “qualsiasi” plagio e contraffazione “respingendo il ricorso di Carey” non corrisponde alla realtà in quanto la Cassazione ha reso definitiva la sentenza di appello soltanto nella parte in cui si era escluso il “plagio semplice” e la contraffazione, mentre ha espressamente rimandato alla Corte d’Appello la valutazione se invece il Gabibbo configuri un “plagio evolutivo” e non, come si vuole fare intendere, l’esame di una innocua “mera ispirazione tratta dal Big Red”.

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Criticò la Fiat, Cassazione assolve Formigli. Non pagherà risarcimento da 5 milioni. “Da oggi giornalisti meno condizionabili”. La Corte ha respinto il ricorso dell’azienda contro la sentenza della Corte d’appello di Torino che respingeva la richiesta di indennizzo per un servizio realizzato per Annozero e andato in onda il 2 dicembre 2010: il giornalista aveva messo a confronto l’Alfa Romeo Mito con una Mini Cooper e una Citroen Ds ed erano emerse alcune carenze nella vettura italiana. (IN CODA la sentenza)-  di Andrea Giambartolomei/ilfattoquotidiano –

Corrado Formigli non dovrà versare alcun euro alla Fiat. Anzi, la società che ora si chiama Fca dovrà pagare le spese legali a lui e alla Rai. La Cassazione ha respinto il ricorso dell’azienda contro la sentenza della Corte d’appello di Torino che respingeva la richiesta di risarcimento da 5 milioni di euro per un servizio televisivo realizzato per Annozero e andato in onda il 2 dicembre 2010. “Non è soltanto la fine di un incubo – ha scritto il conduttore tv in un post su Facebook – è soprattutto l’affermazione di un principio: la libertà di critica nei confronti di un grande marchio, di un prodotto commerciale”. Per Formigli, assistito dall’avvocato Natalia Ferro, questa è “una sentenza che rende un po’ più forti e meno condizionabili i giornalisti”.Nell’ambito di una puntata della trasmissione di Michele Santoro dedicata alla casa automobilistica torinese, Formigli aveva messo a confronto l’Alfa Romeo Mito con una Mini Cooper e una Citroen Ds su alcuni aspetti della guida ed erano emerse alcune carenze nella vettura italiana. Il Lingotto aveva deciso di avviare contro di lui e la Rai una causa civile di risarcimento danni e in primo grado, con una sentenza depositata il 20 febbraio 2012, il tribunale di Torino aveva condannato il giornalista e l’azienda a pagare un maxirisarcimento da 5 milioni di euro alla Fiat non solo per il danno d’immagine, ma anche per il presunto danno patrimoniale causato dal calo delle vendite del modello. La decisione aveva fatto molto discutere, soprattutto perché rischiava di avere conseguenze sulla libertà di espressione.Un anno e mezzo dopo, però, la Corte d’appello aveva ribaltato la decisione e aveva stabilito che “il comportamento tenuto dal giornalista Formigli (…) è del tutto lecito”. Secondo i giudici di secondo grado era “certamente vero” quanto stabilito nel giudizio di primo grado, cioè che l’attuale conduttore di Piazza Pulita ha avuto un’“attitudine lesiva della reputazione dell’auto nelle affermazioni”, ma per loro“nessuna delle informazioni date nell’occasione era non veritiera” e per questo “non ha affatto ‘violato due volte la verità della notizia’”, come sostenevano i legali del Lingotto. La Fiat “deve sopportare il giudizio non solo del consumatore, ma di chi intende informarlo”, ragione per cui la causa intentata è stata ritenuta “totalmente infondata”.Contro questa decisione aveva fatto ricorso Fiat Group Automobiles, rappresentata dall’avvocato Enrico Adriano Raffaelli, ma i giudici della terza sezione civile l’hanno respinto dando di fatto ragione a Formigli e alla Rai, assistita da Carmine Punzi. “La Cassazione ha confermato il principio per cui è lecita la critica di un prodotto commerciale, che rientra nel diritto all’informazione”, conclude l’avvocato Ferro.mmmmmLeggi la diffusione di tutti quotidiani italaliani (http://www.primaonline.it/wp-content/uploads/2018/06/DMS_Quotidiani_42018_20180607_120550.xls….) . Il Secolo XIX, primo quotidiano ligure, si assesta a 40 mila copie. Intanto superofferte: leggi Il Corrire della Sera con lo sconto del 60%. E tu puoi farlo con un’offerta esclusiva: 99,99€ anziche  249,99 €

 


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