Nel brevissimo articolo dell’ing. Borri, su trucioli.it (vedi…), si menziona giustamente l’inutilità di una nuova autostrada Albenga – Carcare – Predosa (spesso citata dal nostro blog e di recente dall’ex ministro Claudio Scajola nella convention di candidato sindaco di Imperia ndr), però non spiega bene come sopperire ai picchi di traffico. Vorrei chiedergli se concorda con me circa la necessità del tunnel sotto al colle di Nava sulla SS 28 (già dato per necessaria 30 anni fa ndr) e sul completo rifacimento dello svincolo di Savona della A10. Con il primo intervento i torinesi del week end soggiornanti nel ponente estremo non avrebbero più ragione di andare fino a Savona; con il secondo intervento si eliminerebbe definitivamente il “tappo” causato dalla progettazione miope dell’uscita di Savona per chi deve proseguire sulla A6. Sarebbero tutto sommato due interventi dal costo sostenibile anche in periodi di crisi e con un ritorno immediato in fatto di immagine per la nostra martoriata Riviera”. E quanto scrive Alessandro Panizza, già vice sindaco di Balestrino e da sempre militante leghista, seppure mai sul palcoscenico, né specialista in passerelle pubbliche.
Purtroppo, ogni nuova strada, specie se a scorrimento veloce, alleggerisce il traffico solo in apparenza, mentre, in verità, ne richiama altro, in aggiunta a quello che si vorrebbe alleggerire. A quanto ora indicato, si aggiunga che, a lato delle tangenziali, costruite per consentire ai flussi in transito puro di evitare i centri urbani, si costruiscono capannoni per le più varie e disparate attività industriali o, peggio, commerciali, trasformando quella che sarebbe dovuta essere una tangenziale in una strada urbana a tutti gli effetti, rendendo così necessaria la costruzione di un’altra strada ancor più all’esterno, giacché quella originariamente concepita come tangenziale o circumvallazione è diventata una lenta strada urbana: insomma, un vero e proprio circolo vizioso, di cui abbiamo esempi a Cairo Montenotte e ad Acqui Terme, per limitarsi a località vicine.
Sembrerebbe non esistere alcun rimedio a questa incessante crescita del traffico automobilistico, ma la soluzione sta in un’energica manovra di scoraggiamento nei confronti del medesimo, proponendo, ovviamente, valide alternative. Invero, anche a chi scrive, dovendosi recare alla fine della settimana da Imperia a Terzo d’Acqui, era venuta in mente la realizzazione di un tronco autostradale in partenza da Carcare, allo scopo di accelerare i tempi di percorrenza e di diminuire i disagi derivanti dalla cinetosi indotta dal mezzo stradale, ma i tempi risalgono a circa quarant’anni fa, quando il sottoscritto frequentava le scuole dell’obbligo.
Escludendo i viaggiatori con voluminoso bagaglio al seguito, poiché non è stata posta in essere alcuna iniziativa per favorirli, a cominciare dall’estromissione del bagagliaio dalla composizione dei treni, grazie ad un’Amministrazione ferroviaria che, nel corso degli anni, ha via via mancato al suo dovere, tutti gli altri potrebbero ben avvantaggiarsi di un servizio ferroviario appropriatamente calibrato.
Fin dagli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, i poco oculati Pubblici Amministratori del Ponente Ligure non vedevano l’ora di levarsi letteralmente di torno la ferrovia, vista come una cintura di ferro, qualcosa di fondamentalmente inutile, essendo, a loro detta, un ostacolo allo sviluppo dei luoghi, mentre il vero ostacolato era la speculazione edilizia: oggi, a fronte di un raddoppio ferroviario realizzato in maniera intelligente nella Riviera di Levante e, in quella di Ponente, tra Varazze e Finale Ligure, abbiamo gli aborti compiuti, nel 2001, tra San Lorenzo al mare ed Ospedaletti e, nel 2016, tra Andora e San Lorenzo al Mare, con il risultato di avere allontanato utenza dal treno anziché portarvela, in ispecie per i percorsi brevi.
Volendo perseguire la dissennata scelta, frutto della distorta mentalità degli anni in cui si riteneva la ferrovia superata, si sarebbe potuto adoperare il vecchio sedime come ferrovia metropolitana, raddoppiandola in sede dopo l’entrata in esercizio del raddoppio utile solo per chi percorre lunghe distanze: ci sarebbe stata la possibilità di scavare una trincea a margini sottominati per interrare la linea in corrispondenza dei centri urbani, mentre, al di fuori degli stessi, la linea avrebbe avuto lo storico percorso, ma raddoppiata in sede, all’aperto, il che sarebbe stato d’indubbia valenza turistica, a patto che non fosse solcata da materiali di tipo vicinale, per tacere dei vantaggi apportati alla movimentazione delle merci a collettame ed a piccole partite.
Purtroppo, si pensa solo a muoversi su strada e desta non poco scandalo l’istituzione da parte dell’Amministrazione ferroviaria Nazionale di collegamenti con autobus a lunga distanza, per non parlare di un Italo, la cui esistenza, seppur legalmente ammissibile, è moralmente inconcepibile, che organizza anch’esso un autoservizio su tratte percorribili in ferrovia. Occorre, pertanto, riprogrammare gli orari e, naturalmente, eliminare tutte quelle mutilazioni inferte alla rete ferroviaria da trent’anni a questa parte: solo così, con l’opera di oraristi e dirigenti del movimento di provata capacità ed esperienza, si potrà servire adeguatamente l’utenza, che mi guardo bene dal chiamare clientela, come, vergognosamente, si usa fare oggi.
Perché, invece di pensare a nuove autostrade, non si pensa ad utilizzare i collegamenti ferroviari esistenti in maniera migliore e più efficiente, come, ad esempio, ripristinando treni sulla falsariga del vecchio Espresso 645, che partiva da Torino con due sezioni, separate a Breil sur Roya, una delle quali diretta ad Imperia e l’altra diretta a Nice Ville o dei Rapidi effettuati con ALe 601 tra Torino e Ventimiglia via Savona? Volendo realizzare nuove infrastrutture, si potrebbe collegare la linea che, da Ceva, risale lungo la valle del Tanaro, con Albenga, da Garessio, oppure con Imperia, dall’attuale capolinea di Ormea, mentre, per quanto riguarda le infrastrutture esistenti, si potrebbero potenziare la Savona – Torino e la Savona – Alessandria ed istituire su queste linee dei servizi a media e lunga percorrenza, ben diversi da quelli di stretta prossimità, che, oggi, rappresentano la quasi totalità dei servizi sulle linee complementari o financo sulle linee un tempo classificate di grande comunicazione ed ora ridotte al rango di complementari, quando non addirittura sospese.
Il treno Espresso che, in passato, collegava Savona con Vercelli, godeva di pieno successo, non ostanti le soste lunghe nei nodi per consentire il trasbordo dei viaggiatori tra treni coincidenti; in epoca più recente, il treno che collegava Biella con Albenga era vittima del proprio stesso successo, ma tanto le Pubbliche Autorità quanto le Amministrazioni ferroviarie sembrerebbero completamente sorde alle istanze di questa fascia di utenti e cieche tanto da disconoscere il successo di treni che, quando presenti, sono utilizzati anche oltre la loro capienza massima. Il traffico si riduce aumentando la frequenza e la composizione dei treni, e progettando lo sviluppo infrastrutturale con lungimiranza, pensando al domani dell’intera Nazione e non già a coltivare il proprio serbatoio elettorale di vicinato; il che significa dare la priorità alla ferrovia, essendo questa il cardine del trasporto terrestre, potenziare l’esistente, ma anche portare il treno dove non è mai arrivato e, solo in un secondo tempo, potenziare le infrastrutture stradali ordinarie.
Un cartello esposto nella Confederazione Elvetica recita: Tu non sei bloccato nel traffico. Tu sei il traffico. Resta tuttavia difficile fare opera di convincimento e di educazione ad un maggior uso del mezzo pubblico, specie in un Paese come il nostro, dove sono stati inventati gli elettrotreni rapidi, ma anche le autostrade, senza peraltro demonizzare il mezzo privato, ma sensibilizzare i viaggiatori ad usarlo in maniera intelligente.
Roberto Borri