Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Commento/ Chi canta oggi in chiesa sappia…
Quale musica per la Liturgia? Il Festival?
Il ‘caso Celentano’ e il divieto a Filarmonica Imperia di suonare nell’oratorio S.Caterina


Conosco personalmente il Rev.mo M.o Dematteis: mi auguro che egli, grazie alla sua specifica preparazione, possa orientare al meglio la musica nella Liturgia e nei locali ad essa destinati. Sono particolarmente pregnanti le parole del Rev.mo Mons. De Gregorio, già Direttore dei Conservatori Statali di Musica Domenico Cimarosa di Avellino e San Pietro a Majella di Napoli; organista nel Duomo di Napoli; Abate Prelato della Cappella del Tesoro di San Gennaro; consulente per la Musica dell’Ufficio Liturgico Nazionale; dal 2012 Preside del Pontificio Istituto di Musica Sacra in Roma.

Don Silvano Dematteis parroco di Diano San Pietro e responsabile della sezione musicale per l’ufficio liturgico della Diocesi di Albenga – Imperia

Giubileo dei Cori – Roma, 21 ottobre 2016 Intervento di Mons. Vincenzo De Gregorio, Preside del Pontificio istituto di Musica Sacra in Roma. Quale musica per la Liturgia?
La domanda che mi è stata consegnata perché oggi ve ne parli, suppone un dubbio: quale è la musica per la nostra Liturgia? Questo suppone l’esistenza di parametri validi per decidere l’autenticità della musica nella Liturgia. Lancio una definizione che faccio mia: un’esperienza di fede illuminata dalla gioia estetica che scuote le fibre più profonde dell’esistenza.
La gioia estetica: è questa la musica, ma non è l’estetica del sentimentalismo o delle emozioni superficiali. La musica della liturgia ha un carattere “orante”. Questo carattere orante è quello innanzitutto dell’essere comunità, famiglia di Dio, Chiesa. L’essere Chiesa quando preghiamo, a sua volta ha un risultato: la preghiera che si fa carità e che diviene nel mondo testimonianza viva di verità, libertà, giustizia e pace.
La Musica di cui parliamo e alla quale ci riferiamo qui, in questo convegno dei Cori per il Giubileo, non è l’arte dei suoni (così viene definita) generica e anonima: E’ questa musica (con le armonie che conosciamo, con i ritmi codificati per i quali un valzer o un swing o un tango o un concerto rock sono quello che sono), ad essere la ”nostra” musica, quella per la quale tutto il nostro mondo acustico, dalle colonne sonore dei films e delle fictions, all’opera, ai concerti delle star negli stadi, al Jazz, a tutto il paesaggio sonoro che ci circonda, anche di notte, esiste. Questa musica è nata lì dove voi, oggi, cantate: in chiesa.
La nostra musica, la “NOSTRA” del mondo occidentale, che è la più complessa che mai il pianeta abbia elaborato, con la sua orchestra di strumenti a fiato, ad arco, a percussione, con il suo immenso repertorio che spazia dagli inizi del mondo “moderno”, quello del primo ‘600, del Monteverdi del vespro della beata Vergine e di Orfeo, fino a Strawinsky e Berio, ed alla musica elettronica,ha alle spalle il cantore, i musicisti delle abbazie e delle scuole delle cattedrali, i Cori che cantano in Chiesa.
Questa musica che è diventata quella di Mozart e di Brahms, di Verdi e di Puccini è espressione di una tradizione colta, non soltanto popolare, anche se il popolare vi appartiene. Ma si tenga presente che fino alla fondazione delle prime Università, l’unico luogo di conservazione della cultura, di ricerca, di produzione di cultura sono stati i monasteri e le biblioteche e gli archivi delle cattedrali.
Sgombriamo, perciò, il campo da una pericolosissima idea: la musica della Chiesa è la musica spontanea, è la musica ispirata ma non coltivata. Se così fosse stato non avremmo provocato, noi Chiesa, la più grande epopea di arte, e non solo di musica, che l’umanità abbia avuto in assoluto.
Cerchiamo di comprendere la causa di tutto ciò. Partiamo da un versetto del prologo del Vangelo di Giovanni e sviluppiamone le conseguenze: “Il Verbo si fece carne…” (… e la Chiesa lo ha incarnato con le Arti e con la Musica …) dinamiche di spazio e di tempo nell’arte della Chiesa:
a) La premessa di ogni azione umana è di essere inseriti pienamente nello spazio e nel tempo. L’architettura, la pittura, la scultura occupano lo spazio; la musica occupa il tempo; la danza occupa sia lo spazio sia il tempo Il Verbo di Dio nasce dal silenzio eterno del Padre: assume il tempo ed entra nello spazio umano. Il fondamento storico della musica nella liturgia è nella centralità della Parola di Dio.
La Parola di Dio alimenta la storia quotidiana. L’accoglienza della Parola, del verbo incarnato, esige silenzio. Silenzio che a volte è tacere, ma è sempre ascoltare. L’accoglienza della Parola, nel silenzio esige spazio e tempo per essere accolta, compresa, vissuta.
b) La Chiesa crea spazio fisico per accogliere e ascoltare: l’architettura. L’architettura risponde ad una necessità innanzitutto fisica: far giungere il messaggio ad una vasta cerchia di uditori. Il messaggio non può essere gridato: per essere comprensibile viene cantato.
L’architettura è anche lo spazio nel quale il tempo viene occupato: la Parola di Dio annunciata e la risposta della fede diventa canto: la Musica è l’unica arte che ha bisogno assoluto del tempo. L’architettura permette di trovare un suono con il quale la parola cantata è ricca di armonici e può raggiungere un vasto uditorio. La Chiesa, per comprendere e ricordare crea le arti figurative (pittura) e plastiche (scultura)
c) Il tempo crea spazio spirituale la proclamazione è interpretazione. La interpretazione avviene con il tono del voce, il mutare del timbro, la fluidità o la gravità della pronuncia della parole, il tono sommesso o forte. Lo spazio e il tempo organizzati dalla Chiesa rispondono esattamente alle dinamiche umane:
effetti di comunione o effetti di confusione La Chiesa percepisce il valore di Ethos che i Greci avevano attribuito all’Arte Effetti Apollinei (ethos): equilibrio, armonia, serenità. Effetti dionisiaci: passionalità istintiva, sfrenatezza, visione edonistica della vita.
d) In particolare per la Musica: La Chiesa è consapevole della inafferrabilità della musica: si svolge nel tempo e solo in esso. La Chiesa è consapevole dell’ambiguità della musica dovuta alla presenza dei
musicisti/interpreti. La musica serve ad addormentare i bambini, non a lodare Iddio ( H. Zwingli ).
Se gli uomini si prendono delle simili pene per comporre della bella musica per i canti profani, bisognerebbe dedicare almeno altrettanta cura ai canti sacri, anzi anche di più che alle semplici questioni mondane ( G. P. da Palestrina ).
Chi fa musica ( l’interprete ) dovrebbe adempiere tre funzioni: conservatore di museo; esecutore testamentario; ostetrico ( A. Brendel ).
e) Perché la Chiesa ha coltivato e continua a coltivare la musica e le Arti? La Chiesa si pone in equilibrio tra la concezione dell’Arte come a. virtus cujusdam celestis influxus ( un misterioso influsso divino, celeste – dono di Dio). b. vehementia assiduae exercitationis (intenso e lungo esercizio ed allenamento – frutto della intelligenza umana).
Conclusione: lo spazio ed il tempo sono le condizioni dell’espressione dell’umanità nella pienezza delle
sue prerogative. La visione umanistica e rinascimentale viene assimilata dalla Chiesa: L’Arte è frutto di Ingenium et Opus (intelligenza, sforzo, fatica, impegno) e sfocia nell’ opus consummatum et effectum (opera d’arte completa ed efficace) l’affermazione di Platone suggella la storia della musica nella Chiesa:
Colui che possiede anima musicale potrà amare gli uomini.
PRIMI PAPI E LA STORIA DI ARTE DELLA CHIESA – La Storia di Arte della Chiesa non è solo una storia di lode a Dio ma anche una storia di amore per l’Umanità. Perché tutto questo è accaduto in particolare nella Chiesa occidentale di rito latino? Il “genio latino e la Liturgia occidentale, luogo di sperimentazione delle Arti a) Damaso I papa (366-384) si afferma l’autorità del vescovo di Roma in quanto successore di San Pietro, capo degli Apostoli, in materia di disciplina e di liturgia.
Leone Magno papa (440-461) esalta il primato della sede di Roma contro l’imperatore. VII secolo: invasione dei Longobardi e fine definitiva del potere imperiale di Costantinopoli in Occidente.
Gregorio Magno (590-604) assume il governo civile di Roma; afferma l’autorità di Roma sui vescovi dell’Italia; intrattiene relazioni con le altre Chiese d’Occidente; invia missionari per la conversione dei popoli ancora pagani del centro e nord Europa (Agostino di Canterbury in Inghilterra)
b) Nuovi popoli diventano cristiani. I Visigoti, cristiani ariani insediati in Spagna, diventano cattolici: stretta unione tra Chiesa e Regno a partire dal Sinodo di Toledo 589.
I Franchi diventano cristiani cattolici. I re franchi esercitano prerogative che erano state degli Imperatori di Roma: Clodoveo convoca il Concilio dei vescovi di Gallia nel 511. I Longobardi occupano l’Italia e fondano centri di potere nel Nord (Monza, Pavia) e nel Sud (Benevento)
c) Vescovi di antiche città romane e missionari di origine celtica (irlandese e scozzese) e anglosassone si dedicarono all’evangelizzazione dei popoli pagani e ariani o semiariani. Il primo “Santo” non martire venerato nella Chiesa di Occidente è San Martino di Tour (Francia). Dove non esistono città e grandi centri urbani (Irlanda) i monaci evangelizzano e creano tradizioni liturgiche. Nei monasteri si canta per pregare, si praticano lavori agricoli, si studia e si coltiva anche la medicina, si soccorrono i poveri e si diffonde la cultura antica.
Il primato nella disciplina e nella liturgia della Chiesa di Roma crea le condizioni per la nascita della musica occidentale come fenomeno artistico/culturale di assimilazione: nell’anno 596 papa Gregorio Magno invia in Gran Bretagna una missione apostolica di 40 monaci guidati da Agostino, che diventerà arcivescovo di Canterbury, Sant’Agostino. Si
conservano due lettere che Papa Gregorio I (papa tra il 590 e il 604) invia a Sant’Agostino
la seconda delle quali è una risposta alla domanda che pone Agostino: che fare delle consuetudini religiose che trova presso i popoli che evangelizza? Combattere e distruggere tutto o mantenere?
Scrive il Papa Gregorio a S. Agostino di Canterbury:
“ … Conosci, fratello, l’uso della Chiesa romana, nella quale ben ricordi di essere stato
educato. Ma sono del parere che tu con sollecitudine debba scegliere ciò che avrai trovato sia
nella Chiesa romana sia in quelle delle Gallie e in qualsiasi altra, che possa essere più
gradito a Dio onnipotente, introducendo e istituzionalizzando nella Chiesa degli Angeli, che è
ancora nuova alla fede, gli usi più importanti che avrai appreso da altre Chiese …. Perciò
scegli da ogni singola Chiesa gli usi retti, pii, religiosi e questi deponili, come raccolti in un
fascio, nella mente degli Angli, perché diventino una consuetudine …”
Papa Gregorio è un romano. Ha assimilato il concetto di Jus Gentium. La parola Jus latina sviluppa la parola indoeuropea ious o yewsche: principio di adeguato funzionamento; risposta alle esigenze. Lo Jus è il progetto di soluzione pratica e teorica di problemi che sono inseriti nella visione unitaria delle cose.
Dal principio di adeguato funzionamento nasce lo sviluppo dell’Arte Cristiana: architettura, arti visive e plastiche, musica. Nessun religione nella storia del mondo ha promosso uno sviluppo così grande,
ampio e diversificato nell’Arte come la Chiesa Occidentale.
 CANTI E IL SEGRETO DELLA MUISCA DELLA CHIESA – Il segreto della musica della Chiesa: adeguato funzionamento e risposta alle esigenze in equilibrio tra utile e piacevole. Il “nuovo” della Musica diventa l’”oggi” della Chiesa lo spazio per la sperimentazione artistica.
a) Ellenismo e Impero Romano forniscono alla Chiesa gli strumenti culturali Il “nuovo” nell’Arte: è nuovo non solo ciò che si sperimenta nella propria cultura. E’ “nuovo” anche ciò che è tradizione per un’altra cultura e che si conosce per la prima volta.
b) L’Arte e la Musica della Chiesa occidentale guidata dalla Chiesa di Roma elabora il suo linguaggio ma non lo cristallizza. Il Canto Gregoriano è un grande contenitore di molteplici esperienze musicali. Papa
Gregorio non compone nessun canto, ma da impulso alla sperimentazione. Canto romano antico si incontra con la musica celtica = Canto Gallicano; con la musica della penisola iberica = Canto Mozarabico; con la musica delle popolazioni; del Nord Italia = Canto Ambrosiano; con le popolazioni del Nord est Italia = Canto Patriarchino (Aquileia); con la musica delle popolazioni del Sud Italia = Canto Beneventano.
c) Dall’antichità e fino al IX/X secolo d.C. il canto è stato esclusivamente monodico. Ai primi accenni di Polifonia, la Chiesa non rifiuta la novità. Di conseguenza nella Chiesa si elabora la scrittura della musica che diventerà la più perfetta che mai l’umanità abbia creato. Polifonia: Scuola di Notre Dame in Parigi
Il linguaggio musicale polifonico elaborato in Occidente e nato dalle scuole musicali della Chiesa crea la più originale e complessa epopea di musica della storia umana.
d) Gli strumenti musicali: primi secoli di rifiuto e diffidenza (riti pagani) Dall’VIII secolo elaborazione di una “teologia” degli strumenti musicali.
Contributo della Salmodia alla Teologia della musica (Salmo 150) L’acustica e le sue leggi  scientificamente o empiricamente applicate. L’insieme dei valori simbolici degli strumenti musicali
La qualità ed il grado di sviluppo della cultura materiale, tecnica e scientifica per la costruzione dello strumento musicale.
e) La strana storia dell’Organo: da strumento rifiutato a strumento dominante nella Chiesa occidentale.
757 dono di un organo da parte dell’Imperatore di Costantinopoli a Pipino re dei Franchi
f) Arte Sacra nel contesto sociale dell’Arte: arte per esaltare; arte per raccontare; arte per pregare; arte per decorare.
“Criteri per la scelta dei canti nella celebrazione”. Dovremmo smetterla di pensare alla musica della Liturgia e di discuterne ritenendo di essere, dal nostro punto di vista e dal nostro osservatorio, al centro della Chiesa. Non è vero perché non lo siamo, per diversi motivi.
Il primo di questi è di ordine storico: 1. Esistono diverse liturgie: il Rito Copto, in lingua egiziana con molto spazio per la lingua araba; il Rito Etiopico con lingua popolare centro africana (uso della danza,
circoncisione dei bambini prima del battesimo) di forte inculturazione che ha permesso la sua  sopravvivenza in mezzo a fortissime pressioni islamiche; il Rito Bizantino, in lingua greca antica con i libri liturgici tradotti in lingue moderne e in slavo fin dai tempi della conversione della Russia, in romeno, in serbo, in arabo; il Rito Giacobita in lingua siriaca che utilizza ampiamente l’arabo; il Rito Maronita, anch’esso in lingua araba; il Rito Armeno in lingua locale; il Rito Siro/Caldeo in
lingua aramaica; il Rito Siro Malabarese in lingua siriaca.
Il secondo motivo è di ordine teologico: 2. Tutta la nostra storia di Chiesa nasce dall’ascolto della Parola di Dio, della Parola di Gesù Cristo. Potremmo definire questo ascolto come in-sonanza. E’ stata predicata
nella lingua di chi ascoltava e la predicazione si é misurata con la mentalità e la cultura di chi avrebbe risposto con un atto di fede a tale predicazione. Da tale insonanza é scaturita la per-sonanza: le nostre persone diventano voce della parola e rispondendo insieme con la preghiera e il canto nasce la con-sonanza.
Di conseguenza: la Chiesa, nelle sue diverse espressioni storico/linguistiche ha adottato criteri diversi per
la scelta dei canti ma è rimasta fondamentale la motivazione di fondo tra: il canto è eco della Parola che si è fatta carne. L’eco diventa formula semplice, anche limitata ad una sola parola: Hosanna, Alleluja, oppure strutturata in forme più elaborate: Santo … che hanno bisogno di essere eseguite collettivamente. Nella Messa le acclamazioni al Vangelo, gli Amen, il Rendiamo grazie a Dio. Quando si è servi della Parola, la si proclama “per” gli altri, i recitativi, le proclamazioni. La Parola ci invita ad essere già qui, nella vita che trascorre, nella comunione di amore con la Trinità santissima. Questa consonanza è il
canto corale, il canto processionale.
Tutti i repertori nei loro generi e nelle loro forme, sono riconducibili a questi tre aspetti.
Di conseguenza, si comprende quale tipo di repertorio dobbiamo adottare per quanto riguarda la forma: acclamazione, litania, invocazione, processione sono canti dell’assemblea. La proclamazione, il recitativo, sono canti del solista. Il canto processionale, il corale, devono avere carattere di comunione, di assemblea che compie un rito, anche se sta al suo posto ferma ma “fa” quello che fanno alcuni: l’Assemblea pur
stando ferma “segue” la croce della processione introitale. Incensa il libro dei Vangeli insieme con il Presbitero o il Diacono e così via.
I generi e le forme dei canti appena enunciati, poi, sono frutto di una storia che è la più lunga che mai sia stata prodotta dall’umanità intera. Sono millecinquecento anni di produzione di repertori musicali per la liturgia. Noi, nel rito latino, che adottiamo i libri liturgici della Chiesa occidentale, poi, viviamo una stagione incredibilmente feconda e ricca ma anche tremendamente impegnativa: a fronte dei millecinquecento anni di produzione di repertori in latino, abbiamo appena cinquant’anni di repertorio in italiano o nelle lingue correnti.
a) Sembrerà bizzarro, ma un primo criterio, fondamentale, è quello di affermare con decisione che l’orizzonte vitale, che permette alla Parola di Dio di risuonare è il silenzio. Si é scritto nella prima parte di questo intervento che nella Liturgia il silenzio talvolta è tacere, ma è sempre ascoltare. Il canto nella Liturgia vive di silenzio, germoglia dal silenzio.
b) Riceviamo da una straordinaria storia di arte e di accoglienza culturale scritta e strutturata dalla Chiesa Cattolica occidentale, un patrimonio che dall’Ebraismo attraversa il mondo classico grecoromano, assimila le culture del Nord e dell’Est dei cosiddetti popoli barbari e ci consegna la più grande storia di arte mai elaborata dall’intera umanità. Ogni generazione, prima di noi, ha vissuto lo sforzo di vivere l’incontro con Dio sia sul piano personale sia su quello comunitario, lasciandocene
tracce profonde ed incisive. Cito Giacomo Baroffio: … Si possono ammirare, sotto questo aspetto, i tanti e diversi monumenti dell’arte cristiana dalle basiliche alle pitture murali, dai mosaici e dalle miniature dei codici liturgici ai poemi e agli scritti traboccanti una infinita passione per il Dio crocifisso. Tra questo mondo di incanti, che ancora oggi lasciano attoniti, pieni di stupore, senza parole, le melodie liturgiche sono una testimonianza privilegiata della fede vissuta …
c) Passato, presente, futuro. Si avvertono istanze, nella ricerca del repertorio liturgico, di abbarbicamento al passato. Sono istanze a volte motivate da comprensibili timori ed incertezza, a volte dalla mancanza di coraggio di affrontare il presente. Ma la Liturgia non è mai stata operazione archeologica. La tradizione che ci viene consegnata da questa lunghissima storia di canto, è una storia di continua innovazione. La miseria di tante produzioni contemporanee del presente, repertori che non avrebbero accoglienza da nessuna parte, ma inserite nelle liturgie di oggi, ci ricordano che il canto della Chiesa non è mai stato banale e brutto, soprattutto non é mai stato tecnicamente povero. Dal passato di questa storia di canto, abbiamo possibilità di elaborare una condizione di equilibrio tra canto liturgico del passato e del presente (la lingua ed il testo compongono la differenza), canto religioso popolare (i testi non sempre ne permettono l’utilizzo ampio) canto degli specialisti e canto di tutti.
d) Ma questo orizzonte che presenta problematicità e criticità a volte laceranti, é soprattutto o quasi esclusivamente italiano. Siamo entrati nella riforma liturgica che ci ha consegnato il Vaticano II da popolo a-musicale. Ne abbiamo sofferto pertanto le conseguenze in termini di assimilazione difficilissimi: come italiani, da cittadini, non siamo formati al canto corale, ancor meno alla musica strumentale. Quegli elementi che hanno tracciato la lunga storia musicale italiana popolare, le bande, pur presenti in tantissime comunità locali con una forte connotazione, rispetto alla loro gloriosissima storia, sono oggi una parte minima dell’esperienza musicale degli Italiani.
Che il nostro Paese stia vivendo nuove e diverse stagioni riguardo alla sua storia melodica, lo dimostra uno dei più singolari eventi di spettacolo sonoro musicale che esistano tra i mezzi di comunicazione del mondo: il Festival di Sanremo, dal quale ricaviamo un ben preciso messaggio: oggi la canzone non è più melodia, è innanzitutto “testo” proposto su poche note come un “rap”.
Dalla impreparazione musicale da Italiani è derivata la impreparazione musicale per la liturgia in lingua corrente: lo dimostra ampiamente la incapacità o la disattenzione che la Chiesa in Italia ha dato per alcuni decenni, alla cura del repertorio dei canti per la Liturgia. Non é significativo che la stragrande maggioranza dei sussidi per il canto nelle comunità e nelle parrocchie siano con i soli testi e senza neanche una nota su un rigo musicale? Il confronto con l’impegno profuso da altre Chiese nelle lingue nazionali, è impietoso: il nostro Repertorio Nazionale è datato a pochi anni fa. Per molti, troppi, anni il canto della Liturgia è stato gestito da improvvisati cantautori, da case editrici, da fondatori e capi
carismatici di movimenti ecclesiali autopromossi compositori di testi e di melodie. E’ significativa, in questo ambito, la distrazione della Pastorale per la catechesi dell’iniziazione cristiana: nuovi bellissimi testi per il catechismo in preparazione alla celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana e neanche un accenno ad accompagnare questo percorso con un repertorio di canti adeguati che in quella fase avrebbero creato con facilità e quasi spontaneità un popolo di adulti che sapesse cantare una pur minima parte delle celebrazioni, soprattutto dell’Eucaristia.
CONCLUSIONI – In conclusione: i criteri per la scelta dei canti nella celebrazione sono ricavati da tutto quanto fin qui esposto: fedeltà intelligente alla storia (il Gregoriano é canto di specialisti non è mai stato canto di popolo, ma alcune melodie, anche antichissime, possono esserlo nella loro nobile semplicità); la Polifonia è una meravigliosa esperienza che non può essere mortificata in nome della pigrizia e della ignoranza, e può aver posto nella Liturgia; chi canta e prepara la Liturgia deve sapere di che si tratta: la forma ed il genere che esige ogni momento rituale (ma i registi della Liturgia, lo sanno?); basta leggere l’Ordinamento Generale del Messale Romano nei paragrafi dedicati al canto, al coro, ai musicisti, agli strumenti musicali, per sapere cosa si deve fare e per dare rispettoso spazio ai diversi attori
ed alle diverse forme del canto e della musica per la Liturgia.
Chi canta, oggi, in Chiesa sappia di essere parte della Storia della Musica occidentale (quella di Bach, Mozart, Beethoven e Strawinsky …) e di avere il dovere di trasmettere questa esperienza alla Chiesa di domani. E’ un grande gesto di amore.

Roberto Borri

 


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