Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Giovanni Toti, promesse di un presidente
Turismo, dissesto idrogeologico, rifiuti.
Cinque Stelle, se l’onestà diventa omertà


Le promesse del presidente Giovanni Toti, già giornalista di punta e di direzione della ‘fabbrica di informazione’ dell’editore Mediaset (Belusconi dinasty), passate sotto la lente di ingrandimento dei consiglieri del Movimento 5 Stelle Liguria, Tosi e De Ferrari. Un intervento pubblica dal blog di Savona, NiNiN, a firma di Maurizio Boccardo, mette in luce l’urlo di rabbia e la ferite dei dissidenti del Movimento di Grillo. “Questo è diventato un partito peggio di molti altri, in quanto sia i suoi eletti che i suoi sostenitori credono  che l’onestà la si dimostri essendo iscritti ad un sito internet, ma come il giuramento militare veniva storpiato, così l’onestà diventa omertà”.

La piattaforma PromiseChecking.it presenta gli interventi dei consiglieri del Movimento 5 Stelle Liguria, Fabio Tosi e Marco De Ferrari, sullo stato di attuazione del programma elettorale di Giovanni Toti.

Marco De Ferrari parla di ambiente, dissesto idrogeologico e gestione dei rifiuti, mostrandosi alquanto critico sull’operato del governo regionale: “Il 100% dei comuni in Liguria è a rischio frana e dissesto […] Anche sulla gestione dei rifiuti siamo molto indietro. I rifiuti sono diventati ormai il nostro prodotto tipico locale da esportazione, che non ha pari in Italia”.

Stesse posizioni per Fabio Tosi, che interviene su turismo e cultura. Per Tosi, il turismo dovrebbe essere la voce più importante per la Liguria, ma il settore è fortemente penalizzato dallo stato di arretratezza delle infrastrutture regionali. Criticità si rilevano sia per il trasporto pubblico (ferrovia e aeroporto) che privato (strade).Nell’intervista, inoltre, il consigliere parla di cultura e del serio problema del teatro Felice di Genova.

La piattaforma di PromiseChecking.it analizza programmi e promesse elettorali dei presidenti regionali, riportando le posizioni di governo e opposizione: “Non vogliamo esagerare l’importanza del programma elettorale, poiché, nel momento della sua attuazione, la politica deve tener conto di variabili, contingenze, emergenze che possono alterare le priorità attuative. Tuttavia, la ‘promessa’ resta una credibile base di confronto e dialogo tra l’eletto e gli elettori e un elemento imprescindibile della responsabilità dell’amministratore pubblico”, afferma Silvio Maresca, ideatore del progetto PromiseChecking.it e presidente dell’Associazione di Promozione Sociale Etipublica, già operante on-line con la testata di dibattito pubblico Pro\Versi.

Per maggiori informazioni leggere sull’argomento consigliamo gli articoli www.promisechecking.it/fabio-tosi-m5s-parla-turismo-cultura-regione-liguria, www.promisechecking.it/ambiente-gestione-dei-rifiuti-liguria-lintervento-marco-de-ferrari-m5s e di visitare il sito www.promisechecking.it e le pagine

SUL BLOG  NiNiN DI MARIO MOLINARI UN FENDENTE CHE FERISCE I CINQUE STELLE,

MA I DIRIGENTI MILITANTI TARGATI SAVONA NON HANNO NULLA DA DIRE ‘ E DA SCRIVERE ?

Ciò che è successo a Genova è a dir poco scandaloso, ma tutta la trafila lo è stata, dal disconoscere il metodo Torino, votato a stragrande maggioranza dal Meetup di Genova durante un’affollata assemblea plenaria, tramite un anonimo PS su blog, in poi.

Si è proseguito con la creazione del famigerato Metodo Genova che prevedeva, in totale disconoscimento dei principi cardini del M5S stesso, la creazione di listini bloccati e segreti, in barba all’elezione diretta dei propri portavoce tanto sbandierata fin dal primo VDay nel 2017, che servì proprio a raccogliere le 350.000 firme per i tre referendum che chiedevano la non eleggibilità di chi aveva la fedina penale sporca, il limite dei due mandati e per l’appunto l’elezione diretta dei portavoce.

Dopo aver disconosciuto uno dei propri pilastri portanti, si è arrivati addirittura ad annullare una votazione online, rimangiandosi così anche il mito della democrazia diretta, nonché di quella partecipata sui territori, estendendo il diritto di scelta per il sindaco di un comune a tutti gli aventi diritto sul territorio nazionale; infine si è riusciti a cacciare chi aveva vinto le prime consultazioni online tramite delle prove che consistono in un “mi piace” a Pizzarotti, un “mi piace” a Rifondazione Comunista su un post inerente al referendum sulle Trivelle, un “mi piace” a Paolo Putti, quando egli era ancora capogruppo del Movimento 5 Stelle in comune a Genova e un “mi piace” a Francesco Battistini nell’autunno dello scorso anno quando anch’egli era ancora dentro al Movimento.

Come se tutto questo non bastasse, hanno dato in pasto a dei veri e propri fanatici non solo chi aveva vinto la consultazione online, ma anche quanti la difendevano, e questo con il silenzio assenso, se non addirittura la partecipazione, dei portavoce più in vista, che hanno prontamente obbedito agli ordini di scuderia per non rischiare di essere esclusi dalla prossima tornata elettorale nazionale.

Questo non è più il Movimento 5 Stelle, questo è un partito peggio di molti altri, in quanto sia i suoi eletti che i suoi sostenitori credono, o forse solo fanno finta, che l’onestà la si dimostri essendo iscritti ad un sito internet, oppure ripetendo pedissequamente la parola onestà, ma i più vicini a molti portavoce si sono già accorti che proprio come il giuramento militare veniva storpiato, così onestà diventa omertà, ma tanto nell’urlo della folla tutto si perde, tutto si confonde e nessuno se ne accorge.

Maurizio Boccardo

Il blog di Grillo fa sapere: “Maurizio Boccardo che parla a nome di coloro che si ritengono “ortodossi” del pensiero movimentista, si prende gli strali Beppe Grillo: «Maurizio Boccardo non è un portavoce del M5s e non parla a nome di M5s. Si invitano i giornalisti a non spacciare come tali singoli non eletti che non esprimono la posizione del Movimento ma sono usati strumentalmente da chi sta promuovendo altre liste».

Anche il deputato di Savona Matteo Mantero si sgancia: «si arrangino, non è compito dei portavoce nazionali» intervenire sulle questioni interne locali. Ma il dispiacere per gli effetti di queste divisioni sul voto resta: «sarebbe stato sufficiente stare fermi» per vincere.


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