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Albenga e il Puc / Melgrati, architetto: con 1500 alloggi e magazzini vuoti hanno maggiorato i calcoli del 90 %. Una follia !
Igi Viveri: Un disastro per l’agricoltura


ULTIMA ORA – Leggi a fondo pagina l’intervento di Marco Melgrati, architetto, ex sindaco di Alassio, ex capogruppo di Forza Italia in Regione. Leggi le controdeduzioni presentate  dall’Osservatorio di Albenga a firma di Igi Viveri che da sempre è studioso delle tematiche urbanistiche della sua Albenga.

COMUNICATO STAMPA DELL’OSSERVATORIO PUBBLICO DI ALBENGA – Dal Comune in risposta alle nostre osservazioni sono stringate, stilisticamente curate e dense di contenuti, ma non convincenti, poiché presentano, forse pure amplificate, le medesime criticità a suo tempo evidenziate per il dimensionamento del PUC.

Igi Viveri dell’Osservatorio pubblico di Albenga,

Nel replicare a un corpus concettuale così articolato è bene procedere con ordine lineare e, per sicurezza di analisi, adottare quello che va dal generale al particolare. A tal fine, con correttezza verificabile nel confronto col testo originale, sono enucleati i punti salienti della controdeduzione alle nostre osservazioni contenuta nella Relazione Tecnica di accompagnamento. Complessivamente, i fattori che determinano l’attuale dimensionamento e il suo orizzonte di lungo periodo, nell’asserita previsione di una ripresa del mercato immobiliare sono:

• il carattere incerto, in proiezione, delle previsioni sulla riqualificazione: l’incertezza può proiettarsi per >15 anni, orizzonte originario del PUC;

• il mantenimento di un assetto insediativo e demografico articolato nel rapporto urbano/rurale con contenimento dell’insediabilità nelle zone produttive agricole, sia pure con nuovi spazi insediativi nelle frazioni, volti a soddisfare una domanda insediativa ormai slegata dalla produzione agricola.

Quanto alle motivazioni con cui il Comune e gli estensori del PUC respingono le obiezioni mosse dall’osservatorio pubblico, esse sono così formulate:

1. il PUC originario già era prudente e conservativo in un quadro globale fortemente espansivo e quello attuale riduce ancora il carico insediativo originariamente previsto;

2. il PUC attuale deve prevedere una ripresa dello sviluppo demografico e conseguentemente delle dinamiche immobiliari;

3. il parametro dei 25mq/ab. (utilizzato nelle osservazioni per valutare la reale portata del pianificato) non trova riscontro attendibile e informazioni più recenti quantificano il rapporto in 40mq/ab. nella media nazionale, da correggere al rialzo per la Liguria.

Questi argomenti di carattere generale sono poi corredati dalla dichiarazione degli obiettivi che il PUC mira a conseguire:

4. ricucire un disegno della città fortemente sfrangiato ai margini, risultato dell’attuazione di un PRG già criticato nel provvedimento di approvazione dalla Regione.

5. dare un disegno più convincente delle aree di trasformazione ereditate dal PRG precedente o di quelle interessate dalle dismissioni del demanio militare.

A tal fine, sono predisposti nuovi strumenti di governo delle trasformazioni, come i Distretti di Trasformazione o i crediti edilizi/perequazione con cui completare il potenziamento e la valorizzazione della città pubblica. Queste controdeduzioni non possono essere accettate, né complessivamente, né singolarmente, sul piano sistematico come su quello empirico, perché non confutano in alcun modo quanto a suo tempo osservato e, anzi, aggiungono nuovi motivi di critica a quelli già considerati.

Innanzitutto, chiunque può confrontare quanto da noi argomentato con gli sporadici cenni in controdeduzione e accorgersi che ne resta una ricostruzione parziale, scorretta e di comodo, cui segue una confutazione altrettanto speciosa e spesso pure approssimativa.

Partiamo dal primo dei fattori complessivi che determinano il dimensionamento: l’incertezza delle previsioni. Estensibile a piacere, anche oltre l’orizzonte originario dei 15 anni, essa è un ottimo pretesto per licenziare un Piano che dimensiona e norma un futuro immotivato a piacere, oltre che lontano a piacere. Al contempo, è usata come un appiglio per evitare il rigore di analisi circostanziate – specie quando queste dimostrino inesistenti quelle previsioni che pudore argomentativo fa definire incerte, ma che pure determinano il pianificato. La nostra analisi (partendo, invece, da dati ISTAT), valutava le previsioni del dimensionamento del PUC, considerando il periodo mediano dell’intervallo 2010-2023: a fine-2015, in luogo dell’atteso aumento di popolazione risultava un calo di 165 unità.

Ora: l’attendibilità e la correttezza di una pianificazione si dovranno pur valutare con qualche dato obiettivo! E la discrepanza fra dato obiettivo e dato previsto dovrà pur sollevare qualche dubbio non solo sull’erronea previsione, ma anche sul ragionamento che l’ha prodotta! Invece no: la controdeduzione del Comune afferma che la nostra osservazione, basata su quel lasso di tempo considerato dal dimensionamento, e dunque pertinente, non è però attuale; l’affermazione, naturalmente, non è provvista di alcuna seria motivazione, non potendosi definire tale né il richiamo all’imprevista crisi del mercato immobiliare, né la compilazione del PUC attuale per “un più ampio arco temporale, il quale deve comprensibilmente prevedere una ripresa dello sviluppo”.

Inoltre, se la nostra analisi fosse inattuale per sopravvenuta inattualità delle fondamenta del PUC in osservazione, allora, per lo stesso motivo, trascurando pure l’unilateralità con cui viene postulata la “doverosa” ripresa, la controdeduzione risulterebbe contraddittoria: essa, infatti, rigetta una critica puntuale su un Piano divenuto inattuale, ma al contempo formula un nuovo Piano, basato su previsioni che abbracciano un arco temporale più ampio e, per ciò stesso, più ampiamente soggette a rivelarsi scorrette e diventare inattuali. La stessa attività di pianificazione diventerebbe velleitaria: come sperare di dare un assetto adeguato e duraturo a una realtà così mutevole?

Evidentemente, però, questo non è un problema per il Comune, che pensa di poter ignorare qualsiasi critica fondata con una semplice taccia di inattualità – buona ora come in futuro. Nonostante ciò, tuttavia, vanno ribadite alcune risultanze obiettive e le loro dirette, inevitabili conseguenze.

La controdeduzione del Comune lega la ripresa del mercato immobiliare e la ripresa dello sviluppo demografico, che l’attuale PUC consentirà di affrontare “con un campo di previsioni ben strutturate”. La realtà è assai diversa: secondo circostanziate stime, non può esserci alcuna prossima ripresa dello sviluppo demografico in quanto

• si manifesta sempre più chiaramente la cessazione degli effetti del “baby boom” (1955-1975 – cfr. “2016: più ottantenni che nuovi nati”, di Gianpiero Dalla Zuanna, Neodemos, 17 gennaio 2017);

• diminuiscono le giovani donne in età di procreare.

Anche per il calo del saldo migratorio positivo (sempre superiore a 300 mila persone nel primo decennio del secolo, diminuito dopo la crisi fino a quasi zero nel 2015 e nel 2016), il numero di donne in età fertile sta rapidamente diminuendo, in concomitanza con l’uscita dei figli del baby boom dall’età riproduttiva. Con “età fertile”, si intende l’intervallo 29-39 anni, in cui, statisticamente, viene generato più del 90% del totale dei figli; da 10,4 milioni all’inizio del 2001, le donne in età fertile sono passate a 7,7 milioni nel 2011 e a solo 6,9 milioni all’inizio del 2016.

Se nel prossimo ventennio il saldo migratorio rimarrà vicino allo zero, il numero si ridurrà a 5,9 milioni nel 2026 e a 5,4 milioni nel 2036, con conseguenti, prevedibili diminuzioni delle nascite: il numero di nascite nel 2026 sarebbe del 15% inferiore rispetto al 2016 (altri 70 mila nati in meno) anche se il tasso riproduttivo delle donne restasse uguale a quello di dieci anni prima.

Relativamente al rapido attenuarsi del saldo migratorio positivo anche per Albenga, nelle nostre Osservazioni al PUC confrontavamo i dati obiettivi relativi al saldo naturale e a quello migratorio con l’estero nei due quinquenni 2006-2010 e 2011-2015:

• il saldo naturale, sempre negativo, scendeva da –355 unità nel primo quinquennio a –514 nel secondo (39 nati in meno e 120 morti in più);

• il saldo migratorio con l’estero, pur positivo, calava sensibilmente dalle +854 unità del primo quinquennio alle +599 del secondo.

Il saldo totale dava –514 + 599 = +85 unità quinquennali, o 17 annue: aumento risicato e reso precario dal nuovo PUC che sottrae all’agricoltura circa 60 ettari, togliendo posti di lavoro a un settore che impiega molti immigrati. Addirittura, scorporando dagli abitanti totali il numero degli stranieri (comunitari e no), risultavano –669 cittadini albenganesi residenti (dati ISTAT).

Quando si parla di implosione demografica in Italia, si può cominciare a farsene un’idea da qui. E sempre da qui si può ricavare un’idea altrettanto precisa della plausibilità dello sviluppo così fideisticamente affermato nel PUC e nelle controdeduzioni. Se, poi, ricorrendo al tanto comodo “fattore incertezza”, gli estensori del Piano o il Comune volessero presupporre una positiva e determinante incidenza di nuove, futuribili politiche governative a favore della famiglia, bisognerebbe immaginare bonus ben differenti da quelli di cui oggi s’inizia solo a parlare: come argomenta il Prof. Dalla Zuanna, essi non frenerebbero il calo delle nascite, “perché sono per lo più concentrati nella prima fase della vita del bambino, che non è necessariamente la più costosa”. Servirebbero misure strutturali, tali da garantire, alla nascita del bambino, un automatico reddito aggiuntivo per la coppia, da protrarsi fino all’adolescenza – come in Francia e Svezia.

Questo, peraltro, dovrebbe accompagnarsi a un aumento di posti di lavoro tali da costituire “la migliore assicurazione per un bambino contro la povertà”, garantendo alla famiglia tenore di vita adeguato, ragionevole sicurezza per il futuro, possibilità di conciliare lavoro e accudimento; solo allora un altro figlio non sarebbe più percepito come gravoso per il ménage familiare. Quindi, se la positiva ripresa delle dinamiche immobiliari dipende dalla comprensibile ripresa dello sviluppo demografico, citato dalle Controdeduzioni, le contingenze attuali sono strutturalmente ostative e, anche in un arco di tempo ampio, non giustificano le stime unilateralmente affermate nel Piano e ribadite nelle controdeduzioni. Nel caso di Albenga, le previsioni di sviluppo demografico sono estremamente negative; infatti basti osservare che il numero delle donne in età 29-39 anni è sceso dalle 1936 unità del decennio 1992-2001 alle 1629 unità del decennio 2002-2011: 307 in meno, che testimoniano di una tendenza attuale e, in prospettiva, non migliorabile!

Su questa base, il secondo fattore complessivo del dimensionamento (mantenimento dell’assetto insediativo e demografico articolato nel rapporto fra città e campagna, con contenimento dell’insediabilità nelle zone produttive agricole e occasionali nuovi spazi insediativi nelle frazioni, per insediamenti slegati dalla produzione agricola) resta conseguentemente privo di motivazione.

Vediamo, ora, i motivi specifici per cui le nostre osservazioni sono state respinte; per comodità, accorpiamo i primi tre:

Considerando assorbito da quanto appena visto l’accenno al dover prevedere uno sviluppo demografico e una consequenziale ripresa del mercato immobiliare, valutiamo l’asserita inattendibilità del parametro dei 25mq/ab., fissato dal DM 1444/68 e da noi utilizzato in osservazione per evidenziare la reale consistenza del pianificato. Esso risentirebbe “della vetustà della norma […] che risale […] a quasi mezzo secolo fa”, tanto più che “informazioni più recenti quali quelle dell’ultimo censimento […] del 2011 quantificano la misura della superficie abitativa […] nelle abitazioni occupate da residenti rispetto ai componenti delle famiglie occupanti” in circa 40mq/ab. a livello nazionale – più ancora in Liguria. La controdeduzione non è accettabile: essa mischia elementi a priori (la previsione di legge) con elementi a posteriori (le risultanze del censimento), facendone strumentalmente puntello per un’argomentazione inconsistente.

Dal punto di vista giuridico, infatti, la vetustà non inficia minimamente la vigenza e la cogenza di un parametro di legge, che, nella sua natura a priori, universale e necessaria, informa di sé tutto quanto rientri nella propria sfera di normazione. Il fatto che la superficie abitativa disponibile nelle abitazioni occupate da residenti rispetto ai componenti delle famiglie occupanti superi i 40mq/ab. è, appunto, un semplice fatto, a posteriori, particolare e contingente: esso semplicemente constata la diminuzione del numero dei componenti delle famiglie; per esempio ci sono oggi in Albenga 6135 anziani (età 65 anni e più) di cui 1883 (30,7%) soli.

Più in generale, negli alloggi già esistenti, si ha aumento degli anziani soli (+447 unità tra il 2001 e il 2011), oltre che dei single, e diminuzione della media dei componenti per famiglia; ciò, giova ribadire, non implica che, nel frattempo, nuovi Piani abbiano assegnato maggiori superfici abitabili per abitante. E, come ciò non avviene per il già esistente, a maggior ragione non è necessario che avvenga per le nuove pianificazioni, tanto più che una cogente e tuttora vigente disposizione di legge stabilisce altrimenti.

Ad abundantiam, per confutare l’asserita media dei 40mq/ab. nelle nuove costruzioni (salvo quelle piccole abitate da singoli), vale la pena di richiamare quanto illustrato dal professor Paolo Berdini nell’articolo “Il consumo di suolo in Italia:1995-2006”: “il vertiginoso aumento dei valori immobiliari di questi anni ha causato una diminuzione delle superfici alloggiative. Oltre al fenomeno della diffusione residenziale, siamo dunque in presenza di un evidente fenomeno di diminuzione dello standard abitativo”.

Nel 2006, rispetto al 1995, raddoppiano le abitazioni ≤45mq, aumentano del 50% quelle tra 46-75mq, diminuiscono del 33% quelle tra 76-95, del 40% quelle tra 96-110mq, del 50% gli alloggi oltre i 110mq.; le prime due classi dimensionali rappresentano il 62% del totale! A questo punto, per comodità di analisi è bene adottare alcune convenzioni. La prima classe di abitazioni viene considerata in due modi diversi: occupate da due persone, se si considerano come seconde case, oppure nel totale; occupate da una sola persona nel caso di abitazioni primarie. Dalla seconda alla quinta sono assegnati 3 ab., solo per la sesta 4 ab.. Queste sono le percentuali delle abitazioni realizzate, per classe di superficie utile abitabile
(mq), nella media degli anni 1995-2006, secondo il calcolo del Prof. Berdini: superficie ≤ 45mq 46-75mq 76-95mq 96-110mq 111-130mq ≥130mq % 10,5 42,5 23,2 10,5 6,4 6,8.

Applichiamo questi parametri al caso di Albenga, per una superficie totale residenziale di mq 210.000. Il calcolo è fatto per appartamenti con superficie media rispettivamente di 38mq, 60mq, 85 mq, 105mq, 120mq, 140mq; seconde e prime case sono computate insieme e il totale di 209790mq è dovuto al ripercuotersi delle approssimazioni per difetto e sta in luogo di 210.000mq).

Ora, proponiamo la stessa applicazione avendo cura di separare dal totale di mq. 210.000 la parte di residenze destinate a seconde case (30% previsto dal PUC), calcolate tutte con superficie di 38mq. Mq. 210000 per 30% = 63000 mq diviso 38= 1658 residenze turistiche. Rimangono da elaborare i 147000 mq. del fabbisogno primario. Aggiungendo ai 5691 abitanti residenti quelli delle seconde case (1658*2= 3316) abbiamo un carico insediativo di 9007 abitanti.

Se, ora, prendiamo come parametro le percentuali delle abitazioni realizzate per classe dimensionale nell’anno 2006, otteniamo (fonte Prof. Berdini): applicando queste nuove percentuali alle superfici residenziali di Albenga, si ha, dopo aver tolto mq.63000 di residenze turistiche, quantificate in 1658 unità abitative.

Quanto al punto rimasto, relativo al carattere prudenziale e conservativo del PUC originario, “ in un quadro ancora fortemente espansivo del ciclo edilizio”, basti dire che il quadro fortemente espansivo del ciclo edilizio era di 106 alloggi/anno…
Passiamo ora, accorpandone i relativi punti, agli obiettivi che il PUC intende conseguire:

La controdeduzione utilizza la metafora del “ricucire, ai margini della città, un disegno diespansione fortemente sfrangiato e debolmente sostenuto dalla attuazione urbanistica di unPiano Regolatore Generale di cui lo stesso provvedimento regionale di approvazione evidenziava limiti e fragilità”. Purtroppo, manca un richiamo più preciso ai limiti e alle fragilità evidenziate dal provvedimento di approvazione del PRG, che permetta di avere un’idea della loro importanza o una determinazione della tolleranza con cui essi vengono considerati in Regione nel prendere decisioni così importanti. Nondimeno, si può adottare la metafora sartoriale per esprimere qualche riserva di massima: in genere, quando un tessuto si sfrangia, le frange vengono eliminate con le forbici, perché, pareggiandole cucendovi altro tessuto, si possono creare lacerazioni nelle giunte e cedimenti nel tessuto soprastante.

Fuor di metafora: rendere meno frastagliato e disordinato il confine dell’urbanizzato può avere un senso in un quadro stabilizzato – risultante, auspicabilmente, da stime equilibrate e scientificamente fondate. Ma, in una contingenza in cui viene rimesso in campo il tema dello spostamento a monte della ferrovia (notizia di pochi giorni fa), cioè lo stravolgimento dell’attuale assetto urbano e la conseguente traslazione del baricentro della città, tale intento appare se non altro illusorio.

Il medesimo, potenziale spostamento a monte, peraltro, costituisce un’alterazione tanto macroscopica dell’attuale assetto geografico, economico e strutturale della città, da rendere vane (o, se si preferisce, inattuali) tutte le pianificazioni di cui si è parlato sinora – a dispetto della precarietà o assenza di motivazioni obiettive che accomuna quello e queste. Atteso ciò, sarebbe futile impiegare altro tempo nell’esegesi di che cosa intendano le controdeduzioni a proposito di “dare un disegno più convincente” a cosa qualsiasi, non solo alle “aree di trasformazione ereditate dal PRG precedente o di quelle interessate dalle dismissioni del demanio militare”.

Pertanto, consideriamo inevase le questioni poste nelle osservazioni al PUC e ribadiamo l’incomprensibilità di una pianificazione così fatta, che inflaziona immotivatamente il mercato edilizio, sottraendo spazio al settore storicamente più rappresentativo del territorio, l’agricoltura. Resta intero anche il dubbio di una compilazione del PUC a ritroso (dal quanto edificare, alla creazione di motivazioni per mezzo di teorie ad hoc e rilievi demografici travisati), per consentire al
Comune di procurasi risorse svendendo ciò che ha, il proprio territorio, ed esponendo interessi collettivi e beni pubblici all’influenza del mercato e dei privati, con tutti i relativi problemi giuridici, amministrativi ed economici.

Per l’osservatorio pubblico di Albenga, Gianluigi Viveri (rappresentante per l’occasione)

COMUNICATO STAMPA DI MARCO MELGRATI SUL PUC DI ALBENGA:

SPERO CHE IN REGIONE TECNICI E POLITICI SCONGIURINO I DANNI

L’arch. Marco Melgrati

Albenga: Puc di vecchia concezione prevede meccanismi contorti per l’approvazione dei progetti (PUO) in contrasto con le semplificazioni introdotte dalla modifica della legge Urbanistica Regionale. 180.000 metri quadrati di nuova costruzione e sottrazione di terreni agricoli.

Melgrati (Forza Italia, Politica per Passione): un PUC che contrasta con la vocazione agricola e quella della ricettività all’aria aperta della piana albenganese. E intanto il Comune pretende standard illegittimi per recupero dei sottotetti, cambi di destinazione d’uso e applicazione art. 3 del Piano Casa.

Il Puc approvato ieri dal Consiglio Comunale è un PUC vecchio nelle idee e nei contenuti, che propone una pianificazione di quasi impossibile attuazione e nuovi volumi eccessivi per una città che ha un trend abitativo in lieve contrazione. Lo fa sapere il vicecoordinatore regionale di Forza Italia e Presidente di Politica per Passione Marco Melgrati, che continua: le norme di questo piano penalizzano il tessuto agricolo, vero motore economico della città di Albenga, e quello della ricettività all’aria aperta, risorsa albenganese. Quando gli operatori economici si accorgeranno che dovranno pagare Imu spropositate su aree edificabili che mai si sogneranno di edificare, ci sarà una sommossa popolare. Ma allora sarà tardi.

Un Puc che prevede strumenti attuativi assolutamente complicati nella loro attuazione, che ricordano i “piani quinquiennali” di sovietica memoria, che non può prescindere da una “regia” comunale”, distante dalle aspettative dei cittadini, non in linea con la semplificazione urbanistica introdotta con le modifiche degli ultimi anni della Legge Regionale Urbanistica, in contrasto con le necessità dei privati, sia imprenditori che semplici utenti.

Il dato che balza agli occhi, del quale non si è tenuto conto assolutamente, è che da verifiche fatte all’ufficio tecnico comunale sarebbe emerso che le pratiche edilizie (unità abitative) dal 2008 a giugno 2016 sono solo 124 che hanno dato il fine lavori. Si tratta per lo più di recupero di sottotetti e cambi di destinazione d’uso, per i quali il Comune peraltro pretende standard illegittimi, che penalizzano fortemente sul piano economico i soggetti attuatori, spesso semplici cittadini, come per le pratiche di ampliamento in applicazione art. 3 del Piano Casa; inoltre sono state licenziate in questi anni una decina di case agricole.

Non voglio qui entrare nel merito dell’esame del Puc, che ha comunque visto più di 200 osservazioni, , alcune profondamente strutturali, ma alcuni dati emergono con forza; secondo il PUC dal 2010 al 2023 la necessità abitativa sarebbe di circa 2500 nuove unità abitative. Non è stato ascoltato, se non in minima parte, il grido di dolore dei Comitati che rappresentano cittadini e imprenditori, soprattutto agricoli. La verità è che la reale necessità è solo del 10%, quindi i calcoli del PUC sono maggiorati del 90%. Bisogna inoltre considerare che i distretti di trasformazione persistono su 600.000 metri di terreni principalmente agricolo, anche se qualche apertura tardiva è stata fatta (vedi i terreni agricoli di Vadino) in controtendenza con i PUC di altre realtà nazionali che cercano di preservare questo tipo di attività produttiva, fonte di reddito e di benessere per la città di Albenga.

Basterebbe girare per Albenga per rendersi conto di quanti appartamenti e negozi vuoi (o non finiti) ci siano…un censimento non è mai stato fatto ma da fonti attendibili si calcola che almeno 1500 tra alloggi e magazzini si trovino in questa situazione. Senza contare i progetti in itinere e i volumi esistenti che saranno trasformati con il Piano Casa, o gli edifici pubblici e demaniali in stato di abbandono. Un altro dato interessante che è sicuramente da correlare con il Puc è il calo della popolazione che ad Albenga dal 2010 al 2014 è diminuita di 111 unità; non tantissime, ma tali da costituire una lieve contrazione che comunque costituisce un trend negativo.

Auspico che i funzionari regionali prima e la parte politica poi vogliano respingere questo PUC, consentendo alla città di Albenga di dotarsi di uno strumento snello, più in linea con le nuove tendenze dell’Urbanistica, che non penalizzi il comparto agricolo e soprattutto più vicino alle esigenze dei cittadini.

Alassio, 28.01.2017.

 


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