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Liguria e Basso Piemonte

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L’architetto / In futuro mangeremo il petrolio


Ricordo frasi popolari paradossali di questo genere negli anni ’50, che esprimevano lo stupore, forse anche un po’ preoccupato, causato dall’ invasione di prodotti derivati dalla chimica del petrolio, in particolare quelli di plastica, come lo storico “moplen”inventato da un chimico italiano.

Chissà se fu saggezza popolare o intuizione o pessimismo cosmico, fatto sta che oggi si tratta di un rischio reale.

Infatti dopo mezzo secolo, è risaputo che in tutti i mari del globo galleggiano isole di rifiuti di plastica, in lenta decomposizione.

Purtroppo però i microframmenti che ne derivano, è ormai accertato, vengono ingeriti dai pesci perchè invisibili come fossero plancton.

L’ effetto di questo inquinamento è duplice e gravissimo. Da un lato uccide in numero sempre crescente esemplari di tutte le specie marine, per soffocamento o per lesioni agli organi interni.

Dall’altro i pesci che sopravvivono sono intossicati dalle sostanze tossiche prodotte dalla reazione chimica delle microplastiche ingerite.

Infine proprio questi pesci ormai in quantità rilevante, finiscono spesso nel nostro piatto.

Dunque purtroppo, l’antica profezia si sta avverando.

Mentre contemporaneamente, un’altra motivazione si aggiunge per la richiesta della fin dell’era del petrolio.

Infatti tutte le sue utilizzazioni, dopo circa due secoli, hanno effetti ambientali insostenibili:

-come cobustibile e carburante produce gas serra e tossici;

-come materia plastica, se bruciata produce anche diossina;

-se finisce in mare ne uccide le forme di vita e attraverso la catena alimentare colpisce anche l’uomo con conseguenze immaginabili.

Sorge immediata la considerazione che, limitatamente all’inquinamento delle materie plastiche da petrolio, sono carenti le contromisure efficaci e altrove utilizzate, che consistono principalmente nella limitazione del loro uso quotidiano, sotto quasiasi forma, come imballaggi, contenitori, bottiglie e oggettistca, che consentirebbero di giungere alla loro eliminazione dall’ambiente.

Di fatto, la raccolta differenziata è insufficiente poiché in gran parte finisce negli inceneritori con esiti letali.

Mentre il riciclaggio è percentualmente modesto e la dispersione nell’ambiente è un’ abitudine poco civile diffusissima.

Infine la sostituzione dei sacchetti e quant’altro, con prodotti biodegradabili è ancora marginale.

Ma la cosa più grave è la mancanza di una normativa nazionale che minimizzi la produzione dei contenitori e degli imballaggi, la loro tipologia e i diversi materiali anche compositi, che poi diventano rifiuti impossibili da neutralizzare come grave causa di inquinamento.

Localmente ad esempio, con apposite norme, i sindaci possono eliminare la produzione dei rifiuti di plastica, promuovendo da una parte la filiera del riuso dei contenitori in vetro, con incentivi o sconti a chi li restituisce al punto di vendita, che poi li restituirà alla ditta di riutilizzo, mentre dall’altro aumentando il prezzo dello stesso prodotto nel contenitore di plastica, della quota necessaria al suo successivo smaltimento. Analogamente per eliminare quasi totalmente la dispersione nell’ambiente dei contenitori in generale, si può premiare con un rimborso, chiunque restituisca un contenitore a qualsiasi negozio o grande magazzino, peraltro tenuto sempre a ritirarlo.

Insomma si tratta di attivare queste e altre iniziative virtuose e a costo zero, che mirano ad eliminare la produzione dei rifiuti da conferire ai contenitori della raccolta, con benefici per l’ambiente e per la salute e le tasche dei cittadini.

 Giovanni Maina.

 

 


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