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Il giudice che ammira Lanzarotto Malocello


Rubriche

– RECENSIONI E SEGNALAZIONI –

 

Lao Petrilli Vincenzo Sinapi UFO. I DOSSIER ITALIANI Ugo Mursia Editore Febbraio, 2014 Pagg. 329 Euro 18,00

Lao Petrilli Vincenzo Sinapi UFO. I DOSSIER ITALIANI Ugo Mursia Editore Febbraio, 2014 Pagg. 329 Euro 18,00

UFO nei cieli delle regioni italiane, da Nord a Sud, quasi ogni mese, da anni. Li hanno visti tutti: uomini e donne, ragazzi e pensionati, piloti di aerei di linea e top gun, poliziotti e militari, perfino preti. Un fenomeno esteso, ma che è ancora in gran parte sconosciuto. Le centinaia di segnalazioni “qualificate” raccolte nei decenni dall’Aeronautica Militare sono infatti rimaste chiuse nell’unico archivio ufficiale sugli Xfile italiani, quello che cataloga e analizza · ai fini della sicurezza del volo e nazionale · le informazioni sugli Oggetti Volanti Non Identificati (OVNI). Questi dossier, protetti dal timbro Segreto o Riservato, adesso sono declassificati. Lao Petrilli e Vincenzo Sinapi hanno avuto accesso ai faldoni, potendo così rivelare casi inediti e fare piena luce su altri. Non danno valutazioni, ma riportano fatti, cioè le testimonianze e i disegni di chi è stato protagonista di avvistamenti che non hanno trovato alcuna giustificazione tecnica o naturale. Il risultato è un libro godibilissimo che si legge con curiosità, perchè curiosa è la materia trattata. Da sempre relegati al mondo fantastico e dell’immaginazione, da oggi, gli UFO saranno meno distanti dalla nostra realtà.

 

Michele Carosella

 

Continua a raccogliere grande successo all’estero il Lanzarotto Malocello, dall’Italia alle Canarie di Alfonso Licata. ˚ in uscita in lingua spagnola a cura del Cabildo Insular di Lanzarote.

Alfonso Licata LANZAROTTO MALOCELLO, DALLÊITALIA ALLE CANARIE Cabildo Insular Lanzarote, 2014

Lanzarotto Malocello, dall’Italia alle Canarie di Alfonso Licata, edito dalla Commissione Italiana di Storia Militare del Ministero della Difesa, pp. 254 con prefazioni di Franco Cardini e Francesco Surdich.

Ben pochi degli Italiani che hanno trascorso un periodo di vacanza a Lanzarote nelle isole Canarie immaginano che in realtà il loro è, per così dire, solo un ritorno. Leggono forse nelle prime pagine delle guide turistiche un fuggevole accenno al nome di Lanzarotto Malocello, indicato come scopritore di Lanzarote e passano oltre.

Non così Alfonso Licata, avvocato e studioso di solida cultura classica che, giunto anch’egli a Lanzarote da turista, non solo si è innamorato di questa splendida isola dominata da vulcani ma ha voluto investigare sull’impresa del navigatore che le ha dato il nome ed è riuscito a coglierne le importanza. Quella di precursore della scoperta del Nuovo Mondo, una vera precondizione del viaggio di Colombo, e quindi anch’egli uno, ma trascurato, dei punti di partenza della Storia moderna. Le Canarie erano già quasi certamente note nei primi secoli avanti Cristo, all’epoca dei Fenici e dei Cartaginesi. Terre oltre le Colonne d’Ercole chiamate Isole Fortunate, come se fossero un piccolo paradiso, erano state citate nelle opere di Plinio il Vecchio e più tardi di Tolomeo ma, nei secoli successivi, con il declino delle capacità marinare, dovuto soprattutto alla scomparsa di Cartagine, erano cadute nell’oblio. Alfonso Licata, a settecento anni dal viaggio di Lanzarotto avvenuto quasi con certezza nel 1312, consultando gli archivi notarili di Genova e testi medioevali anche francesi e inglesi, ha riscoperto con il suo libro la figura di questo pioniere così come Lanzarotto aveva riscoperto le Canarie e le aveva consegnate al mondo europeo. Dal punto di vista, diremmo oggi, geopolitico quell’epoca era divenuta difficile per il commercio.

I musulmani occupavano ormai saldamente la Terrasanta e buona parte del Mediterraneo rendendo difficile gli accessi a Oriente e l’importazione di spezie, seta, metalli preziosi e di altri beni desiderati dai mercati europei. Bisognava allora aprire un’altra via, rivolgersi nuovamente a Ovest oltre le temute Colonne d’Ercole e il merito del rinascimento della navigazione fu tutto di Genova i cui armatori e marinai, dalla metà del Duecento, riuscirono a eccellere nell’uso della bussola, dell’astrolabio, dei portolani e avevano sostituito le navi a vela triangolare con le caravelle a vela quadrata. Ancora oggi si discute se Cristoforo Colombo fosse genovese. C’è chi lo vuole, sulla base di ricerche interessate e pseudo-documentali, di ascendenza spagnola portoghese o addirittura greca. Ligure certamente era Lanzarotto, la famiglia Malocello proveniva da Varazze, cittadina che grazie al libro di Licata lo celebra con manifestazioni ogni anno e gli ha dedicato la principale Via del Centro Storico e un bassorilievo.

Il suo casato aveva dato a Genova numerosi nobili, cavalieri anziani e consoli di cui vi è traccia nei documenti studiati da Licata e in alcuni di essi, trovati faticosamente, si parla anche di lui e della moglie Eliana, anch’ella di nobile famiglia, quella dei Fieschi. Circa vent’anni prima di Lanzarotto, spinti dalla necessità di trovare nuove e libere vie commerciali, altri due navigatori genovesi, i fratelli Vivaldi, si erano spinti lungo la costa occidentale dell’Africa, avevano forse raggiunto il golfo di Guinea ma non avevano più fatto ritorno.

Forse il viaggio di Malocello puntava anche a trovare le tracce dei due sfortunati navigatori. Ma il suo orizzonte si allarga, le due o forse tre navi del capitano varazzino sbarcano a Lanzarote, ne recupera la memoria storica e da solitario scopritore più che colonizzatore dell’isola, costruisce un castello nei pressi dell’antica capitale Teguise e vi si trattiene per vent’anni. La sua scoperta è testimoniata già dal 1339 dalla carta nautica del maiorchino Angelino Dulcert, riportata nel libro, che la indica come Isola di Lanzarotus Malocelus. La riscoperta mette in contatto il mondo “civilizzato” con un popolo che era rimasto isolato: i Guanci abitatori non solo di Lanzarote ma di tutte le Canarie. Vi erano giunti in epoca imprecisata dalle zone berbere dell’Africa del Nord, avevano perso ogni conoscenza delle arti marinare ed erano rimasti in un mondo a parte, vivendo poco più che all’età della pietra. Erano di pelle chiara, si vestivano di pelli di capra, veneravano Dei che collocavano sulle cime delle montagne, tra cui figure di Dee madri di cui sono state trovate alcune statuette, mummificavano in modo artigianale i loro morti.

A loro è dedicata una piccola e curiosa opera di Boccaccio, riportata nel libro di Alfonso Licata, il De Canaria del 1341 in cui l’autore ne testimonia l’atteggiamento amichevole e, con un certo stupore, i capelli lunghi e biondi. Quando, dopo la partenza di Lanzarotto, l’avventuriero normanno Jean de Bethencourt occupa militarmente le isole e inizia la colonizzazione vera e propria con cui tutte le Canarie entrano nell’orbita del Re di Castiglia, i Guanci si difendono fieramente per molti anni con pietre e bastoni ma alla fine sono sopraffatti, venduti come schiavi o assimilati e il loro popolo sparisce dalla storia dell’umanità. Anche se ancora oggi la pelle chiara e i tratti somatici di alcuni abitanti della Canarie portano le tracce della loro esistenza.

Ma oltre a questo contributo “antropologico” su un popolo che è ancora oggetto di studi, l’impresa di Lanzarotto si colloca, come si è accennato, tra i punti di passaggio obbligati della Storia moderna. Da una delle Canarie ritrovate infatti, la piccola La Gomera, si staccherà dopo una sosta nell’ultimo luogo conosciuto Cristoforo Colombo con le sue caravelle per il suo definitivo balzo verso le Americhe. Se la conoscenza delle Canarie non fosse tornata patrimonio del mondo europeo il suo viaggio non sarebbe stato possibile o sarebbe avvenuto molto più tardi. Anche per questo il precursore Lanzarotto Marcello dovrebbe essere ricordato nei libri di storia e geografia italiani.

Ho visitato molte volte Lanzarote, un’isola che ha conservato uno sviluppo sostenibile e in cui i vulcani, i paesaggi lunari, le distese nere e ocra e le scogliere sull’Atlantico comunicano ancora un grande senso di solitudine. A differenza forse di tanti turisti frettolosi, mi sono chiesto talvolta quali sentimenti nascessero nell’animo di Lanzarotto e dei suoi pochi uomini in quell’immensità, senza alcuna comunicazione con il mondo da cui provenivano. Erano, soli con sè stessi, come saremmo noi oggi sbarcati, non con una caravella ma con un’astronave, su un altro pianeta.

Guido Salvini
magistrato

 

Rivista Marittima Aprile 2014 – pg 158 – 159 -160


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