In architettura non è più tempo di bei cavalli, superbi nel loro incedere, ma che si stancano facilmente: questo è il tempo dei cammelli, forse un poco sgraziati, ma capaci di attraversare il deserto. I prossimi saranno gli anni del riuso e della rigenerazione, con gusti architettonici moderati e responsabili.
Però l’architettura è figlia, come si dice, del padre committente e della madre architetto: l’etica del progetto, della sua sostenibilità ambientale, economica e sociale, dipende soprattutto dal committente e fa capo alla sua educazione e cultura.
Oggi il nuovo patto fra committenti e architetti deve essere quello della salvaguardia ambientale e sociale. Ad esso deve conformarsi la cultura architettonica e la responsabilità dei committenti.
La missione di un sindaco oggi, non è più la realizzazione di importanti opere (anche se volesse, dove li trova, i soldi?) bensì, per esempio, la scuola che resiste al terremoto, non consuma energia ed è capace di essere il luogo di socializzazione del quartiere ormai interetnico.
Il grande immobiliarista dovrà trovare maggiore interesse economico nel rigenerare un patrimonio immobiliare inquinante e inquinato, piuttosto che consumare suolo realizzando nuovi edifici, mentre lascia deserti interi stabili invenduti o sfitti.
Il cittadino comune, nei rifarsi casa, dovrà essere consapevole che la sicurezza contro i terremoti, l’abbattimento del consumo energetico e idrico, l’uso di materiali eco-compatibili sono innanzitutto l’interesse suo e dei suoi figli. Agli architetti tocca la sfida culturale e tecnica di disegnare architetture assieme belle e responsabili, a basso costo e grande qualità abitativa, che rispondano alle esigenze di un rapporto sempre più difficile tra architettura e natura, usando al meglio l’innovazione tecnologica.
Senza dover citare Vitruvio, torniamo a una architettura civile nei modi e nelle forme.
Leopoldo Freyre, presidente del Consiglio nazionale degli architetti