Le cifre ufficiose sono ballerine: 100-140 mila abusi edilizi e richieste di condono in provincia di Savona. Molti esauriti, altri in lista d’attesa o ‘dimenticati’, abbandonati. In Liguria, a quanto pare, manca la statistica ufficiale. Una mappa aggiornata. Qualche articolo di giornale sul tema specifico risale agli anni ’90. Poi notizie parziali. Sono davvero pochi – si contano sulle dita di una mano – i comuni liguri che hanno praticamente esaurito l’ arretrato. Piccole realtà montane, a parte. Non ci azzardiamo ad indicarli, sperando semmai di ricevere segnalazioni all’insegna della trasparenza, perché temiamo di incorrere in qualche ingiusta omissione per chi è stato diligente e meriterebbe di essere citato ad esempio. In realtà ha fatto il suo dovere, nessun eroismo.
Fateci caso, ci ricorda un illuminante commento apparso di recente su Il Sole 24 Ore. Se andate in un altro Paese europeo, rispetto all’Italia – siamo del resto i primi in Europa per il consumo del suolo, con 7,3% di superficie, contro una media continentale del 4,3% ci ricorda Sergio Rizzo– si ha l’impressione che ci sia più ordine, più spazio, meno illegalità.
Breve parentesi. Il 16 marzo 2012 diversi giornali hanno reso noto il dossier di Legambiente sui ‘sequestri del cemento’. Ovvero abusi edilizi, Liguria maglia nera nel Nord. Con 1.797 reati denunciati, pari al 25,2% di quelli accertati nelle regioni del Nord, con 2.641 persone denunciate e 337 sequestri. Al primo posto la provincia di Imperia (453 reati), seguita da Genova (401), Savona (398).
Anche in zone strette tra mari e monti, proprio una delle caratteristiche liguri, la certificazione del disordine, dell’abuso continuo, viene legalizzata dai risultati dei tre condoni edilizi che si sono succeduti in altrettanti decenni, a partire dagli anni ’80. Sta di fatto che sono una vera e propria eccezione – meriterebbero la prima pagina – i comuni che hanno smaltito tutte le pratiche di condono. Forse un paio hanno anche provveduto a demolizioni, Tar permettendo.
Più frequente riscontrare centinaia di fascicoli, in qualche caso migliaia, incompleti o comunque inevasi e le case abusive rimangono dove sono. Spesso non capita casualmente, il risultato cui mirano sia i sindaci, sia i loro elettori è proprio quello di lasciare tutto com’è, perché in fondo conviene a tutti (ovviamente fino al prossima alluvione, o peggio terremoto). E quasi sempre sull’altra sponda, solitari (o quasi) magistrati inquirenti. Che alla fine dei conti non rappresentano neppure più un deterrente. C’è sempre una prescrizione di dietro l’angolo, come ancora di “salvezza dell’abuso” impunito.
Va avanti cosi da anni ed ora ce la teniamo questa terribile disgrazia da tramandare ai posteri incolpevoli. Anche quando ora c’è una bravo sindaco o assessore che decidono di smaltire l’arretrato a distanza di cosi tanto tempo molti cittadini non hanno l’interesse a completare la pratica. E poi c’è, dietro l’angolo, l’inossidabile clientelismo e ritorno elettorale. Il partito del cemento, inutile nasconderlo, in Italia, è più forte quasi ovunque. Raccoglie consenso e voti per i suoi paladini.
Sembra che tutto il sistema – fa ancora osservare il commento del quotidiano della Confindustria – sia costruito scientificamente per non arrivare mai alla fine. Ma c’è di peggio. Proprio l’incapacità di gestire il territorio e le autorizzazioni ha portato col tempo ad inasprire le regole che sono diventate in molti casi fin troppo rigide. In altri magari eccessivamente garantiste. Ci sono persino semplificazioni che hanno complicato le cose e non ce n’era bisogno. Ora c’è chi chiede di azzerare tutto e ripartire daccapo.
Ma prima dovremmo essere certi che tutti cambiano mentalità: chi fa le leggi, chi le deve applicare e chi le deve solo rispettare. Un Paese malato dai troppi campanili e dai troppi condoni.