Alla fine del ‘300 gli uomini più in vista di Rocchetta e quelli di Cairo si diedero appuntamento sull’antica strada romana, che collegava i due paesi, per verificare congiuntamente dove passava il confine territoriale tra i due luoghi.
Arrivarono i sindaci a cavallo e guardarono i termini di pietra che erano giustamente collocati lungo il corso del ruscello detto “rian ed l’Om Mort” (rio dell’Uomo Morto) che scendeva sulla sponda destra della Bormida, mentre sulla sponda sinistra era il rio dei Vigneroli che indicava il limite del territorio di Rocchetta che era nello stesso tempo anche il confine della Diocesi di Acqui… Cairo in quel tempo era compreso nella Diocesi di Alba e vi rimarrà fino al 1815, dopo la fine della Repubblica Francese in Italia.
Dal lato opposto di Rocchetta, i confini con Dego passavano nei pressi della chiesa campestre di San Martino, in località Oriondo, che ebbe i suoi affreschi realizzati da un pittore monregalese nel 1450 circa ed ancora oggi in parte conservati.
La chiesetta fu oggetto di contese tra i due paesi confinanti che volevano entrambi annettere al proprio territorio fino a quando venne riconosciuta ed accettata anche dai più accaniti fedeli deghesi come chiesa di Rocchetta.
Molti campi coltivabili e prati nel territorio di Rocchetta e di Cairo sono tuttora segnati dalla presenza di termini lapidei sui quali sono incise in rilievo le lettere DM ovvero del marchese Ademaro De Mari (foto in basso), morto nel 1861, che era uno dei principali proprietari dei feudi di Ferrania, Cairo e Rocchetta. Li aveva avuti in dote dal padre la sua sposa, la marchesina Nicoletta Durazzo (foto in basso) di Genova. Questi termini siglati DM si possono vedere ancora alle Moglie Verdi, ai Vigneroli e a Ferrania.
Bruno Chiarlone Debenedetti