Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Pietra L. Giacumettu figlio di N.N.merita una statua simbolo degli Ultimi. E quel gozzo ligure in onore di Pinuccio Josi


C’è chi propone di dedicargli un libro e chi una statua a ricordo degli Ultimi, lui che era figlio di N.N. e che nella sua Pietra Ligure ha lasciato in eredità tanti buoni ricordi: un tenero, piccolo, grande Giacomo scrive Emanuele Viziano fotoreporter. E Marco Roba odontotecnico:  Lavorare a “ giornata” zappando per ricevere in cambio spesso solo un pasto caldo.  Il sorriso sempre stampato in volto. Il suo inconfondibile saluto ‘cuccu’ oppure ciao bella bambina. Altro argomento. La storia curiosa e singolare  del gozzo ligure ‘Pinuccio’ classe 1939 ed antogonista di ‘Giovinezza’ data 1945.  Ora appartiene alla quarta generazione della famiglia Josi.

Giacumettu: l’immagine postata sulla pagina Facebook di Marco Roba ha riscosso oltre 70 commenti. Non era un personaggio pubblico, aveva però conquistato la simpatia ed il buon cuore di molti pietresi e turisti. Il suo ricordo risveglia il valore umano degli Ultimi della nostra società.

Marco Roba – Lo sentivi arrivare da lontano, quel suo urlo era inconfondibile: “

Marco Roba

cuccu’” seguito quando entrava sotto il baraccone della segheria con uno stentoreo “ ciao bella bambina “ rivolto a mia madre. Era “ Giacumettu”, a Pietra lo conoscevamo tutti. Era un uomo, figlio di N.N. , ( come si diceva allora) che aveva impegnato tutta la vita andando a lavorare a “ giornata” zappando per poter ricevere in cambio spesso solo un pasto caldo. Ora anziano era stato accolto nella Casa di riposo del Soccorso, allora gestito dalle suore. Giacumetto per ricambiare l’accoglienza partiva tutte le mattine tra quei contadini che ben conosceva chiedendo a chi un cespo di insalata a chi qualche pomodoro o la frutta che non poteva essere venduta. Certamente , chi più chi meno, tutti partecipavano nel voler aiutare “ l’uspia’” ( l’ospedale) ; era quindi molto facile incontrare quell’ometto carico di borse con i pantaloni arrotolati sotto le ginocchia, quelle gambine bianche e storte, con il “ mandillo “ legato a far da cappello e con il sorriso sempre stampato in volto.

Nel pomeriggio poi, ormai libero dagli impegni, si divertiva a intrattenersi un po’ con tutti nel raccontare storie fantastiche, storie che raccontavano di balene da lui cavalcate e poi legate come ronzini al molo principale di Pietra. O dei colpi di cannone che avevano colpito la montagna a fianco di Verezzi, dove in realtà quei buchi testimoniavano solo una cava in disuso. Racconto, quest’ultimo, che aveva persino raccontato in una puntata di “ Sereno Variabile “ con un Osvaldo Bevilacqua alquanto stupito .
Tutti racconti che amava riservare solo ai foresti o a chi non aveva troppa confidenza con lui. Succedeva anche che ogni tanto si piazzava in qualche incrocio e adocchiato qualche “villeggiante” chiedesse “… due palanche pe un sigau” ( due soldi per un sigaro), richieste che non faceva mai a noi del posto.
Una domenica venne invitato dai miei genitori a pranzo, e lui si era presentato con un pacchetto di fazzoletti di stoffa come regalo, probabilmente fornitigli dalla madre superiora che non lo voleva mandare a quell’invito a mani vuote; e fu durante quel pasto che mi resi conto che l’uomo non era per nulla “ sempliciotto” come lui stesso amava poi farsi vedere in pubblico. Una volta sul pontino anche a me chiese le due palanche, segno inconfondibile che ormai troppo anziano non mi aveva riconosciuto. Al suo funerale una folla enorme lo volle salutare un ultima volta. Lui, seppi in seguito, aveva da tempo messo via i soldi per questo suo ultimo viaggio. Ecco a cosa servivano quelle due palanche.
P.S: prima o poi , come ci eravamo promessi quel giorno, una statua a Giacumettu la dobbiamo fare. Lui simbolo degli ultimi.
COMMENTI –

Emanuele Viziano La descrizione di Marco Roba, come sempre dettagliata e precisa, toglie la possibilità di aggiungere altro. Passava

Emanuele Viziano

sempre dal mio negozio nella zona levante, e sembrava caduto inaspettatamente lí materializzandosi dal cielo. Dopo un ossequioso saluto, diceva che sarebbe volentieri andato a prendere un “cappuccino“. Gli allungavo le 500 lire, ma poco dopo ripeteva la richiesta in maniera sempre educata neghittosa anche alla mia consorte, e ai vicini di negozio. Senza però essere petulante o invadente. Tutti sapevamo che racimolava una discreta cifra, però mai nessuno a questo tenero personaggio ha mai negato nulla. L’unica frase ricorrente era “ma Giacumu, nun ve faian miga mâ tutti questi cappuccin”. Un tenero, piccolo, grande Giacomo. Aggiungerei che Marco Roba, (come Cesare Pavese, che aveva scritto un libro, o più, di racconti), potrebbe raccogliere questi delicati e dedicati aneddoti di vita pietrese in un libro, con i suoi racconti di mare e di terra “Se ghe pensu“. Meriterebbero tutta la nostra attenzione.

Mauro Ravera – Mi ricordo Filipettu omino molto basso che con il suo cestone a tracolla vendeva i suoi prodotti davanti ai cinema ( comunale e parrocchia ) o in piazza della chiesa.
Vincenzo BarloccoGiacumettu, u generale, lo vedevi a Tovo il giorno di San Giacomo…presenza immancabile, lo vedo seduto sulla banchina di sinistra davanti al comune…
Gian FazioGentile e educato salutava tutti.
Dario Molinari- Che bei ricordi , parecchie volte i miei genitori lo ospitavano a pranzo, e ogni volta aveva una storia da raccontare a noi ragazzini , bellissima persona.
Marina Morelli- Mi diceva sempre ciao Mariarosa…stai attenta agli zingari…che ti portano via. Vi ricordate erano fermi con le roulotte lungo il fiume. Ogni tanto veniva a chiedere un bicchiere di vino. Ricordi della mia infanzia.
Alessandro Marinelli Si ricordo anche i carabinieri con il maresciallo dei carabinieri Pizzonia che andavano a mandarli via. A volte dentro al fiume, dove si passava con le macchine a guado d’estate. Io ho un bellissimo ricordo di un S. Nicolò di inverno degli anni 80. Eravamo in diversi amici tra cui Riccardo Alienda seduti nel bar/pasticceria di Aldin Lavagna in piazza. La Egle aveva preparato un grande cabaret di chantilly, incartato e appoggiato con un fiocco su una sedia. Quando entra Giacumettu. “Ciao bambina”, rivolto alla Egle e si va a sedere sulla sedia sopra il cabaret di paste. La Egle intanto gli prepara un caffè, lo porta al suo tavolino e cambia colore in volto…. Giacumetto, alzandolo dalla sedia forse sperando di poter recuperare qualcosa…
Daniela Boragno- Sono felice che esistano una sua foto e tante testimonianze  persona indimenticabile, garbata, le sue storie fantastiche ci facevano davvero sognare. Io ricordo il suo “cu-cù” ed a volte le palanche che chiedeva a mia mamma servivano per i “bricchetti” come a dire che gli bastava davvero poco…
Maria Teresa Buccellato  Ultimamente se lo incontravo, vicino alla chiesa del Soccorso, mi chiedeva un passaggio in macchina e lo portavo in centro. Caro Giacumettu !
Elvira Vassallo- “U generale” mi chiamava “nessa” perché mia nonna l’ha ospitato per tanto.
Valentina Maculotti Miano – Prossimo Obiettivo dei PULP : far fare statua di GIACUMETTO , simbolo degli Ultimi.
Mauro Maggi – In quel periodo, proprio li al soccorso ( l’uspia) c’era anche mio nonno (perotto) io tutti i giorni andavo a trovare il nonno, con mia madre, e molte volte volte Giacumettu ci allietava con le sue battute. Che ricordi, bravo bella descrizione di questa persona buonissima.
Emanuele Zambarino –  Indimenticabile,ciao bella bambina, me lo ricordo come fosse ieri. Un altro personaggio che mi ricordo di quel periodo è baciccin, era di  Borgio ma veniva spesso a Pietra e più di una volta lo visto insieme a Giacumettu.
Renata Mazza – In quegli anni a Pietra c’era anche un’altra figura caratteristica con una grossa cesta che vendeva caramelle: Filippu.
Paola Vallerga Vero Filipettu vendeva anche le stringhe, e u recanissu.
Mauro Ravera – Mi ricordo Filipettu omino molto basso che con il suo cestone a tracolla vendeva i suoi prodotti davanti ai cinema ( comunale e parrocchia ) o in piazza della chiesa.
NEL GIARDINO, SOTTO LA TETTOIA, UN ‘GOZZO’LIGURE 
NONNO JOSI L’HA LASCIATO AL FIGLIO ‘PINO’ E LUCA JR. HA CHIESTO….
La frenesia quotidiana dei ‘tempi moderni’ spesso ci distoglie da valori che ripropongono la storia di tante famiglie. Ecco allora scoprire che in un giardino, nel cuore e a ridosso della città vecchia, fa mostra un gozzo – la Pinuccio (1939), antagonista, vittoriosa, nel ’45 della “Giovinezza” e di tante barche,da Varigotti ad Imperia, perfettamente restaurata dal grande Mago pietrese Pierino Traverso -La famiglia Josi: dal bisnonno, Bartolomeo Josi, nato nel 1840 a Gravedona sul Lago di Como, emigrante in Uruguay e dove sposò una emigrante genovese Giuseppina Parodi. Il nonno,morto il padre in un incidente di lavoro, con i fratelli e la madre, era tornato in patria, si stabilì a Calice Ligure, assieme agli Scanavino, la famiglia del noto pittore”.
Il nonno Giuseppe, era nato (1875) a Paysandu, Salto Oriental dell’Uruguay. Il cognome Josi, raro in Italia ha una certa frequenza in Svizzera, Belgio, Francia e USA. “Il ceppo ultimo a cui sono risalito – spiega il pietrese l’ing. Pino Josiè quello di Bartolomeo Josi. Mio nonno, lavorò come tecnico di laboratorio presso la farmacia Richeri e per sua passione diventò un esperto imbalsamatore,erano pure i cacciatori a portargli la ‘materia prima’. contribuendo ad arrotondare le sue modeste entrate. Mio padre Enrico diventò Farmacista, coronando il sogno del nonno”.
A fianco alla farmacia Josi, in centro storico, c’era un magazzino: è qui che il farmacista Enrico progettava e realizzava piccole barche a vela e gozzi. A dargli un mano un maestro d’ascia varazzino. Il farmacista che non lesinava opere di bene per i bisognosi che avevano necessità di medicine, coltivava anche l’hobby di imbalsamatore di uccelli.
Coronando il sogno del padre,”Pinuccio”, 60 anni orsono diventò Ingegnere Navale e Meccanico!
E PRIMA DEL RESTAURO DEL ‘MAESTRO’ PIERINO TRAVERSO

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