Intervista/ Daniela Piazza autrice di thriller storici. Il nonno noto pianista e compositore. Lei diplomata al pianoforte. Gli auspici per Celle Ligure e Savona
Anni or sono mi concedesti un’intervista, uscita con molto ritardo. Ma nel frattempo la tua fama è accresciuta e sei diventata scrittrice di successo che pubblica con Rizzoli. Mi sento alquanto imbarazzato e chissà a quante interviste hai risposto, ma oso proportela nella veste di compaesano e di Tuo sincero e convinto estimatore!
di Gian Luigi Bruzzone
Tu associ con signorile disinvoltura le arti della musica e della pittura…Vuoi parlarci un po’ del corso frequentato al Conservatorio, donde uscisti diplomata in pianoforte ?
Il mio oscillare da una disciplina all’altra non è poi così disinvolto: è stato invece a lungo l’espressione di una faticosa ricerca di una mia sigla esistenziale personale. Una cosa mi è stata chiara fin da bambina: che il mio mondo espressivo era quello dell’arte, verso cui mi indirizzavano anche gli i modelli famigliari. Ma quale fosse la MIA arte, l’arte in cui più mi riconoscevo, quello ho faticato a scoprirlo e forse non l’ho ancora capito del tutto nemmeno ora. Può sembrare un vantaggio, saper fare discretamente molte cose. Non sempre lo è stato per me, che avrei voluto avere una vocazione più precisa, più sicura, magari anche più esclusiva. Il rapporto con la musica forse è stato il più conflittuale, perché gravato dal peso delle aspettative legate all’eredità famigliare: mio nonno materno è stato infatti un pianista e un compositore molto noto in Germania quando era in vita. Avrei tanto voluto conoscerlo e soprattutto emularlo, ma il mio talento musicale purtroppo non era all’altezza. Sono comunque riuscita a diplomarmi e il pianoforte oggi per me è un prezioso amico, che mi tiene compagnia quando ho bisogno di staccare un po’ dai problemi quotidiani o lavorativi.
Forse ti è caro confidarci qualche ricordo di tua Madre: che dipingeva? Che cosa suonava?
Mia madre, come ricordano tutti coloro che l’hanno conosciuta, era una persona eccezionale, che trasmetteva simpatia e positività. Era il pilastro della nostra famiglia e la sua morte troppo precoce è stata per noi tutti una tragedia difficile da superare. Da lei mi viene l’amore per l’arte e in particolare per la pittura: infatti nemmeno lei aveva seguito le orme paterne e si era dedicata, piuttosto che al pianoforte, che comunque suonava, alla pittura. Credo che anche lei si sentisse un po’ in difetto nei confronti della memoria del padre e forse per questo insisté così tanto perché io e mio fratello intraprendessimo gli studi pianistici. Il suo talento artistico era forte e evidente e la portò a risultati molto apprezzati soprattutto negli ultimi anni di vita, quando trovò, nell’ambito della pittura di paesaggio dedicata alla Liguria – regione che lei, pur di origine tedesca, tanto amava – un proprio stile che univa in modo equilibrato e piacevole tradizione e modernità, naturalismo ed espressionismo. La sua ultima mostra fu un vero successo, con tutti i quadri venduti. Ne fui felice, anche se questo mi ha privato dei suoi quadri più belli. Ma sono contenta che anche altri possano godere della luce della sua pittura, solare come era lei.
Al tuo romanzo d’esordio – ma già provetto – Il tempio della luce, apparso nel 2012, riguardante il Duomo di Milano, è seguito l’Enigma Michelangelo, apparso nel 2014, e tradotto in castigliano. Ce lo vuoi presentare?
Dopo il successo de Il tempio della luce, d’accordo con i miei editori, ho voluto rimanere sui temi a me più cari, quelli legati alla storia e all’arte rinascimentale. Michelangelo, in particolare, è quasi una mia ossessione, fin da bambina, quando, a otto anni, dopo una gita a Firenze, lessi Il tormento e l’estasi di Irving Stone e decisi che da grande avrei fatto lo scultore. Non ho mantenuto questo proposito, ma in compenso ho scritto un romanzo su Michelangelo! Ho scelto un tema poco conosciuto, ma che mi affascinava da tempo: la curiosa storia di un’opera giovanile probabilmente perduta del grande Maestro, un Cupido dormiente che fu inizialmente al centro di una vera e propria truffa, in quanto venduto al cardinale albissolese Raffaele Riario come opera antica. Una volta scoperto l’inganno e restituito all’intermediario, il Cupido viaggiò comunque nelle più vivaci corti italiane dell’epoca, finendo nelle mani di personaggi importanti come Ascanio Sforza, il fratello di Ludovico il Moro, Cesare Borgia, Guidobaldo da Montefeltro signore di Urbino, per approdare poi a Mantova, nella collezione della marchesa Isabella d’Este, da dove probabilmente partì poi per l’Inghilterra nel Seicento. Questa storia movimentata mi ha permesso, seguendo i suoi spostamenti, di creare un vero e proprio spaccato della vita di corte dell’epoca e di legare i vari personaggi in una trama segreta e misteriosa.
E dimmi, come scegli il soggetto dei romanzi? Quali studi propedeutici coltivi? Postulano molto tempo e ricerche?
I miei romanzi possono essere definiti dei thriller “storico-artistici”, in cui metto in campo le mie competenze di laureata in storia dell’arte e insegnante della materia. Avere una solida base specialistica mi facilita le ricerche, ma la fase di studio risulta sempre lunga e approfondita. Lo è stata in particolare per Il tempio della luce, un romanzo molto complesso che si articola su un lungo periodo, circa mezzo secolo, ma con flashback in tempi remotissimi, addirittura dall’età celtica. La scelta del soggetto nasce per tutti i miei libri da un “innamoramento“: da un passo, una notizia, un oggetto che mi colpiscono particolarmente. A quel punto, iniziano le ricerche bibliografiche e gli studi. I momenti più esaltanti e divertenti sono quelli in cui trovo nella realtà storica degli appigli o addirittura delle coincidenze che rendono plausibili, anzi quasi probabili, gli avvenimenti che mi ero costruita nella fantasia: infatti, pur essendo inseriti in contesti storici reali e documentati, i miei romanzi approfittano delle zone d’ombra della storia per sviluppare anche una fondamentale componente di immaginazione, soprattutto legata all’esoterismo. Anche l’avventura e la suspense hanno un ruolo centrale, ma cerco sempre accuratamente di evitare contraddizioni rispetto ai dati storici noti.
Nel 2019 è uscita La musica del male, su Leonardo da Vinci. Ormai sei una delle più quotate scrittrici italiane di thriller storici, posso affermarlo?
Il fatto di essere stata scelta da una Casa editrice come Rizzoli (ora parte di Mondadori) come autrice di punta del filone storico mi riempie di orgoglio, così come il fatto di essere spesso ospite del più importante Festival italiano del romanzo storico, “Chronicae“, che ha come direttore artistico un grande scrittore come Matteo Strukul, vincitore del Premio Bancarella nel 2017 per il primo libro della sua Trilogia sulla famiglia Medici, un successo mondiale. Grandi autori del genere e molti lettori mi manifestano la loro stima, questo è per me un grande onore e una gioia costante.
Un recente viaggio ti ha coinvolto e donato emozioni indimenticabili…
Sono, o meglio sarei, perché non sempre mi è possibile far seguire al desiderio il suo compimento, una viaggiatrice compulsiva. Ogni viaggio è una scoperta, un bombardamento di emozioni e di sollecitazioni visive, psicologiche, sensoriali a tutti i livelli. Amo i viaggi di natura forse anche più di quelli di cultura e forse sono alcuni paesaggi in cui natura e arte si intrecciano quelli che mi hanno dato le maggiori emozioni: tra le esperienze più recenti la visita dei meravigliosi templi di Angkor Wat in Cambogia, immersi nella giungla, una prova straordinaria di come l’uomo, se governato dalla saggezza, possa essere in grado di inserirsi nel paesaggio senza distruggerlo, ma lasciando allo stesso tempo il segno tangibile della propria creatività.
Un tuo prossimo progetto…
Mi piacerebbe dedicare un po’ di attenzione alla mia terra, la Liguria, che amo moltissimo, forse proprio perché è terra dove arte e natura si compenetrano. Ho già scritto un romanzo storico di ambientazione medievale con protagonisti liguri e mi sto cimentando anche con il giallo contemporaneo, sempre di ambientazione ligure. Purtroppo non è un bel periodo per l’editoria, così come per la cultura e la vita sociale in generale, vedremo cosa succederà…
Sei contenta dei tuoi allievi al Liceo?
Insegnare mi piace moltissimo e per me è molto importante mantenere il contatto con i giovani, anche perché le mie altre attività si svolgono tutte in solitudine. Anche se sono sempre più distratti dalle sollecitazioni, non sempre positive, cui sono soggetti, per lo più i giovani sono curiosi e desiderosi di apprendere e capire e spesso si crea tra insegnante e allievo un rapporto profondo e ricco di scambio reciproco. Io poi ho la fortuna di insegnare in un Liceo frequentato da ragazzi seri e molto motivati, ma anche giustamente desiderosi di divertirsi e fare esperienze. Con un collega, io seguo al Liceo anche un progetto extracurricolare di attività musicale d’insieme e questo momento di collaborazione più spontanea e libera con i ragazzi ci dà grandi soddisfazioni e ci fa conoscere aspetti della loro vita e delle loro passioni di cui spesso non abbiamo la minima idea.
Che cosa auspicheresti per Celle?
Il turismo è stato e deve rimanere il nostro punto di forza, ma bisogna far sì che sia un turismo di qualità e che continui ad esserci “movimento”, fisico e intellettuale, anche in bassa stagione. Le proposte culturali sono un po’ carenti, andrebbero sicuramente incentivate. Tuttavia devo ammettere di non seguire eccessivamente le vicende locali, anche perché nel periodo in cui tutto si muove, l’estate, io sono spesso via, in viaggio o in giro per promuovere i miei libri.
Che pensi della cultura nel Savonese?
Non mancano a Savona figure di spicco, personaggi impegnati, studiosi capaci e offerte culturali interessanti. Conosco molte persone davvero in gamba, in tutti i campi, cui va tutta la mia ammirazione per l’entusiasmo con cui cercano di animare un ambiente culturale a volte un po’ stagnante. Ci vorrebbe un po’ più di sinergia per ottenere il meglio dalle proposte che comunque ci sono, e non poche. Un certo provincialismo, la scarsa collaborazione e le invidie reciproche minano spesso la possibilità di realizzare eventi davvero importanti.
Quali sono le tue riflessioni quando il giorno declina?
Nonostante sia spesso sola (anche in bicicletta: mi piace pedalare da sola, a volte per diversi giorni), non sono incline a meditazioni solitarie, sono una persona piuttosto concreta, esigente con me stessa. A sera tiro le somme di quanto compiuto nel corso della giornata e spesso non sono del tutto soddisfatta, specie ora che l’età avanzante mi rende un po’ più incline alla pigrizia. Però di solito sono già proiettata verso il giorno successivo e mi propongo di recuperare quanto rimasto indietro. È il momento dei progetti e delle buone intenzioni, non sempre poi realizzate.
Grazie, cara Daniela, per la tua disponibilità. I giorni donino sempre ore serene per te e per i tuoi cari.